di Andrea Cabassi

IL CASO CHE DIVENTA DESTINO: L’INCONTRO TRA MARIA ZAMBRANO E JOSÉ LEZAMA LIMA

Recensione al libro di Maria Zambrano e José Lezama Lima

Corrispondenza (Edizioni degli animali)

Era l’estate del 2004 e mia moglie ed io ci trovavamo presso l’Istituto Buddista Lama Tzong Khapa di Pomaia là arrivati non ricordo per quale motivo. Rammento perfettamente, invece, che fu là che cominciai la lettura – non so se ispirata dal luogo – di “Paradiso”, il grande libro dello scrittore cubano José Lezama Lima. Lo leggevo nella edizione Einaudi (Einaudi 1995) ed era tradotto da Glauco Felici (ora è disponibile l’edizione Sur sempre curata e tradotta da Glauco Felici). Un libro difficile, con pagine ardue. Un libro affascinante con un linguaggio elegante e uno stile barocco. Non tutto comprendevo, ma mi lasciavo trasportare da quella lingua ottimamente tradotta da Felici. Avevo un atteggiamento ricettivo. Accoglievo le parole per cogliere i loro significati plurimi, i simbolismi, le allegorie, le teologie che si nascondevano nel testo. Solo molto tempo dopo scoprii che uno dei più importanti allievi di Lezama Lima, José Prats Sariol, – che aveva partecipato a quello che Lezama Lima, echeggiando i Greci, aveva chiamato Curso Delfico e che si svolgeva nella sua casa, in Agora de Trocadero 162, – aveva scritto che “Paradiso” andava affrontato come si affronta il fatum: lasciarsi portare, non frapporre ostacoli alle oscurità, essere ricettivi, porsi in una posizione di attenzione passiva.

Non molto tempo dopo mi imbattei in alcuni testi di Marìa Zambrano. Mi colpirono molto le sue riflessioni sulla ragione poetica, sull’importanza di avere nei confronti del mondo, per comprenderlo, un atteggiamento ricettivo, di accoglienza del suo accadere, di accettazione delle sue oscurità, delle oscurità della vita senza avere la pretesa di illuminarle tutte. Zone d’ombra destinate a rimanere tali. Mi colpirono molto le influenze di Seneca, dei neoplatonici tra i quali spiccava Plotino, ma anche degli gnostici.

Quello che allora non sapevo è che ci fosse stato un incontro, poi un carteggio tra Marìa Zambrano e José Lezama Lima.

Quel carteggio esisteva, ma non era mai stato tradotto in italiano. Ora è disponibile in italiano grazie alla casa editrice Edizioni degli animali che ha pubblicato la “Corrispondenza” con la cura e la splendida traduzione di Alessandra Riccio.

Un libro davvero prezioso, questo pubblicato dalle Edizioni degli animali, da leggere e rileggere, difficile da recensire perché ogni lettera andrebbe sviscerata, colta nella sua forza e profondità. Come andrebbero riletti gli importantissimi saggi della Zambrano su Lezama Lima posti alla fine della “Corrispondenza”. “Corrispondenza” in cui Zambrano alterna racconti della sua vita familiare e da esule dopo gli esiti tragici delle Guerra di Spagna a approfondite riflessioni sulle opere e le riviste che Lezama Lima, mano a mano, andava pubblicando. “Corrispondenza” in cui, a sua volta, Lezama riflette sulla idee filosofiche e letterarie di Marìa Zambrano.

Una delle chiavi interpretative per comprendere lo spessore dell’incontro tra la filosofa spagnola e lo scrittore cubano è il concetto, sviluppato da Lezama Lima, di  azar concurrente che potrebbe essere tradotto in italiano con “azzardo concorrente” come fa Alessandra Riccio nel testo,  ma anche “caso coincidente” come fa in un suo saggio sul barocco in Lezama Lima, Francesco Varanini sul quale tornerò più avanti

In una nota ad una lettera spedita da Lezama Lima da L’Avana alla Zambrano nel febbraio 1954 in cui lo scrittore cubano cita l’azar concurrente, Alessandra Riccio scrive:

“Lezama Lima chiama azar concurrente il caso che favorisce il destino” (Pag.36)

Nella sua bella recensione su “Robinson”  Alberto Manguel scrive:.

“…riconoscevano di essere nel bozzolo del azar concurrente, come Lezama chiamava le circostanze che favoriscono un destino rispetto a un altro. Per entrambi, Cuba era il palcoscenico di quell’azar sul piano geografico, storico, emotivo” (Robinson sabato 29 luglio 2023).

A conferma di quanto sostiene Manguel Zambrano scrive nel saggio “Cuba segreta” contenuto nel libro:

“E così mi viene da dire di aver trovato in Cuba la mia patria pre-natale. L’istante della nascita ci marca per sempre, marca il nostro essere e il suo destino nel mondo. Ma prima della nascita ci deve essere uno stato di puro oblio, un puro stare che giace senza immagini, una spoglia realtà carnale con una legge già formata; legge che chiamerei delle resistenze e delle aspirazioni ultime. Nudo palpitare nell’oscurità; la memoria ancestrale non è ancora sorta, dato che è la vita a risvegliarla; puro sogno dello stare da soli con la propria cifra. E se la patria di nascita ci porta il destino, la legge immutabile della vita personale, che deve affrettarsi senza pausa – tutto quanto sia norma, validità storia – la patria pre-natale è la poesia vivente, il fondamento poetico della vita, il segreto del nostro essere terreno.

E così, ho sentito Cuba poeticamente, non come qualità ma come sostanza stessa. Cuba: sostanza poetica ormai visibile. Cuba: il mio segreto” (Pag.126)

A proposito dell’incontro tra Lezama Lima e Marìa Zambrano, Francesco Varanini scrive nella parte 5 del lungo e interessante saggio, pubblicato sul blog della casa editrice Sur  “Per un barocco americano: Lezama Lima e l’avventura dell’immaginario 5. Ondate in successione”:

Primi giorni di ottobre, 1936. María Zambrano, filosofa spagnola già nota, trentaduenne, in viaggio sulla Santa Rita, una nave che trasporta  frutta, diretta verso il Cile. «Y en la inmensidad apareció, con la fragancia con que todo lo real debería aparecer, naciente da la inmensidad marina, la ciudad de la Habana; y como todo lo verdaderamente real, lo hizo al modo de una respuesta. Como un cumplimiento que actualizara una larga expectativa». Poche ore dopo, María è seduta a tavola. Al suo fianco siede un giovane dagli occhi intensi. È Lezama a ventisei anni: poeta in pectore, non ha ancora pubblicato un verso. Iniziano a conversare di poesia e di filosofia. «El destino se había presentado irrevocable». «Todo sucedió con naturalidad, con esa ligereza con que lo real viene a nuestro encuentro». Lezama, con il suo linguaggio immaginifico, preferisce dire: azar concurrente, caso coincidente. Come il caso, o destino, che fa incontrare Góngora e l’Inca Garcilaso a Córdoba, Cervantes e Mateo Alemán in carcere” .

Le parti in spagnolo del testo di Varanini sono ora tradotte nella “Corrispondenza”. Fanno parte di altri due bellissimi saggi. Il primo sull’incontro di Zambrano con Lezama Lima, “José Lezama Lima all’Avana”, il secondo si intitola “La città”  e qui Marìa Zambrano riprende  il tema della patria pre/natale e parla in modo poetico del sud e dell’Avana.

Parto dal  primo:

 “ … proprio il giorno in cui misi piede in terra d’America, all’Avana, poche ore dopo e senza alcun annuncio, conobbi José Lezama Lima. Tutto avvenne con naturalezza, con quella leggerezza con cui ciò che ci è naturale ci viene incontro, E le cosa più reale per un essere umano è il destino che, per quanto possa essere tremendo, per quanto possa essere tragico, si presenta senza essere notato e senza proclami. (Annunciato sì, suole esserlo, ma da segni minuti, misteriosi, inafferrabili). Quelli erano giorni in cui, per chi questo scrive, il destino si era presentato come irrevocabile. E l’ultimo atto del suo presentarsi, della sua accettazione, era lì, all’Avana, la prima città di lingua spagnola, ma dall’altro lato di un mare che un tempo infinito speso per attraversarlo aveva reso semplicemente immenso” (Pag.136-7).

Il secondo:

“La città dell’Avana apparve nell’immensità, con la fragranza con cui tutto il reale dovrebbe apparire, nascente dall’immensità marina; e come tutto ciò che è veramente reale, lo ha fatto a mo’ di risposta, come un compimento che attualizzasse una lunga aspettativa e addirittura una speranza in attesa di attualizzarsi vedendosi colmata. Era antica la città, e di ora, dell’istante: era stata lì sempre; respirava felice e contenuta, si spargeva per le sue strade e piazze, per i suoi viali, saliva sulle sue torri e palmeti; si faceva trasparente, in un insondabile mistero, nei vetri azzurri – di un azzurro che esiste solo in lei – degli archi a volta che chiudevano i patios; si apriva in spazi per tutti e in spazi di quella intimità che solo i paesi del sud conoscono, con la generosità nata da un mistero che irradia e trascende in aromi e reverberi, senza darsi.

L’ermetismo delle culture del Sud, che devono essere le più antiche o quelle che hanno meglio conservato il centro occulto e irradiante dell’antico. La generosità del Sud che si dà trascesa in odori e riflessi, in sguardi, in alberi che fioriscono, orme del paradiso: un paradiso chiuso ma non murato, in cui non si può entrare giacché bisogna starci già dentro da sempre…

È in quell’Avana dove mi sono sentita subito come in una “patria pre-natale” – credo di aver scritto una volta – , mi fu dato di conoscere il giovanissimo JOSÈ LEZAMA LIMA semplicemente all’istante. Non ricordo se avesse già pubblicato qualcosa e il non ricordarlo vuol dire semplicemente che la sua presenza aveva pienezza, che era questo: la presenza di chi, per essere pienamente e per essere di un luogo, non doveva aver realizzato nulla che gli aggiungesse, nulla che lo aggettivasse” (Pag. 137-8)      

Quanto sia cruciale il concetto di azar concurrente lo dimostrano, tra le tante, altre due cose.

La prima: la poesia, per Lezama, come sottolinea sempre Varanini, può emergere da un dettaglio: dall’azar concurrente; dalla vivencia obliqua, esperienza obliqua; dalle excepciones morfològicas. Anche in questo contesto il caso (un dettaglio), può trasformarsi in destino, nella destinalità della poesia nel suo conchiudersi

La seconda cosa: José Prats Sariol, già precedentemente citato, ha intitolato un suo libro di saggi, ripubblicato proprio quest’anno, “Lezama Lima o el azar concurrente”( Editorial Casa Vacìa. 2023). Il primo saggio è dedicato al Curso Delfico, corso a impostazione maieutico/socratica, a cui Prats Sariol aveva partecipato e in esso si parla dell’azar concurrente come un mistero dei sensi, come una analogia che lievita, come un oracolo di Delfi, una causalità contradditoria e sconosciuta.

Tutto questo ci da il senso della profondità del pensiero di Lezama Lima.

Queste mie riflessioni sono state centrate, in particolare, sull’azar concurrente, concetto che dà conto dello spessore dell’incontro tra la grande filosofa e il grande scrittore, che dà conto di come il caso possa trasformarsi in destino. Tante, tantissime altre cose si potrebbero ancora dire su questa corrispondenza dagli altissimi contenuti etici e filosofici. Rimando senz’altro al testo e alla bellissima prefazione di Alessandra Riccio dove il lettore potrà trovare i ritratti di Marìa Zambrano e José Lezama Lima. Non mi resta che concludere dicendo che bisogna essere grati a Edizioni Degli Animali per questo libro, per questa traduzione.

Lo Scaffale di Andrea: Corrispondenza