Dieci Buoni Motivi
di Marita Bartolazzi
per NON leggere “La donna che pensava di essere triste“
- Non ci sono storie sentimentali: nessun marito, moglie, amante, fidanzato/a (nemmeno uno piccolo così…).
- Non ci sono morti, assassini, detective (ne’ buoni ne’ cattivi).
- E non ci sono nemmeno fruste (né frustati/e), manette di pelouche rosa o inquietanti abiti in latex corredati da stivali con tacchi a spillo.
- È un libro breve: del tutto inadatto per affrontare un viaggio in Transiberiana.
- Non ci sono storie strappalacrime di figli abbandonati, di bambini persi e poi ritrovati, contesi, rapiti e – men che meno – picchiati o sottoposti a sevizie.
- Non ci sono cattivi (e nemmeno buoni, almeno non del tutto).
- Mancano gli adolescenti inquieti, i nonni pieni di vita, i tradimenti, le corna, gli abbandoni, i dissesti finanziari.
- Non si parla di famiglie. Di nessun tipo
- Non si parla di potere, di denaro, di scalate al successo, di sfrenate ambizioni.
- Non si può fare un film da questo libro, né una telenovela, né una serie televisiva.
Dieci Buoni Motivi per NON leggere “La donna che pensava di essere triste”