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XXI Secolo

di Paolo Zardi

 Patrizia http://www.leultime20.it/

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 Giuditta

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1. Dai un voto alla copertina e spiegalo
Voto: 8

Una copertina inquietante, come il romanzo a cui appartiene. La grande scritta rossa che indica il XXI secolo mi ricorda le insegne delle vecchie dittature di quello precedente. Una cover mesta ma coerente.

Voto: 8

La copertina si concentra sul titolo, o meglio sul numero romano del titolo che campeggia in tutta risolutezza.

Intriga, senza dubbio, e in parte sgomenta, come la narrazione.

2. L’incipit è …
Triste e fulminante. Il lettore alla parola “coma” è già in trappola e non vede l’ora di saperne di di più.

Sua moglie era entrata in coma nel tardo pomeriggio di un giovedì di marzo, mentre lui era fuori e i figli stavano tornando da scuola.

Immediato ed efficace. La notizia del coma della moglie, filo su cui si arrotola la storia, è data senza orpelli, in una scrittura nitida e precisa:

Sua moglie era entrata in coma nel tardo pomeriggio di un giovedì di marzo, mentre lui era fuori e i figli stavano tornando da scuola.

3. Due aggettivi per la trama
Angosciante e decadente. Futuribile e attuale, un ossimoro che Paolo Zardi realizza senza sbavature.
4. Due aggettivi per lo stile
Lucido e doloroso. Spietato e lineare
5. La frase più bella

In un mondo che va a pezzi un uomo si aggrappa all’unica cosa certa della sua vita: la sua famiglia. Una famiglia ferita, imperfetta, debole, ma pur sempre un luogo sicuro e da difendere.

Eppure prima delle lacrime, degli abbracci, con la schiena che tremava di fatica, lui li guardò – guardò sua figlia, suo figlio e poi posò lo sguardo sul viso di sua moglie, sulle sue labbra socchiuse. Ecco la mia famiglia, pensò, è tutto quello che ho.

Con “XXI secolo” Paolo Zardi scrive anche un romanzo d’amore. Lo fa senza orpelli, mostrando un sentimento carsico che si nutre e si nasconde nella quotidianità, di cui non si può mettere in discussione la drammatica e tragica, ma anche piena e onnipresente realtà. Al di là del disinganno che sembra connaturato all’amore, non si può vivere senza e questa mi sembra la luce che lo scrittore vuole intravedere e farci intravedere all’interno del buio in cui ha condotto noi lettori.

Come un torrente che, più a monte, s’era infilato in un’oscurità carsica, l’amore stava riaffiorando con la potenza di un fiume che intravede il mare.

6. La frase più brutta

Un romanzo che racconta una società in sfacelo non può non contenere frasi brutte, infatti in XXI secolo non mancano brani che descrivono il degrado morale e fisico dei cittadini. Nonostante questo ho scelto di non citare nessuna frase perché la bruttezza è sempre riferita al contesto e mai alla prosa di Zardi, che in ogni pagina dimostra di essere  una penna raffinata.

L’analisi del tempo imminente in cui è ambientato il romanzo è spietata, disumana, allucinante. Il lettore è imbrigliato in un’atmosfera apocalittica, in cui la rassegnazione è totale. Paolo Zardi dipana questo filone della narrazione con una prosa intrisa di realismo che sgomenta:

L’odio di classe aveva lasciato il posto all’odio razziale che andava lasciando spazio a una forma inedita di risentimento primitivo, inclassificabile, destrutturato, totalizzante.

Non frasi brutte in senso estetico, ma in cui il senso del brutto prende il sopravvento.

7. Il personaggio più riuscito
Tutti i personaggi di XXI secolo, inclusi quelli minori, riescono a lasciare un’impronta, ma il protagonista svetta per la sua indimenticabile performance nel corso di tutto il romanzo. Paolo Zardi riesce a sviscerare l’anima di questo marito e padre di famiglia rivelandone i lati forti e le debolezze con grande maestria.. Paolo Zardi non ricerca l’empatia del lettore nei suoi personaggi e questa chiave di lettura della diversa e varia umanità che si agita nelle pagine rende ognuno di loro non solo riuscito, ma perfettamente coerente con la ricerca di senso del romanzo, che è una disillusa disamina di quello che stiamo o che potremmo diventare.
8. Il personaggio meno azzeccato
L’unico personaggio che mi ha lasciato perplessa ha un ruolo davvero poco rilevante ed è la badante della suocera. Il rapporto fugace di questa donna sola con il protagonista mi è parso inverosimile e superfluo. Nessuno. Persino comparse della narrazione come i dottori con cui il protagonista interagisce in ospedale nella loro ruvidezza sono perfettamente congegnati.
9. La fine è…
Desolante anche se costruita intorno all’amore, come tutto il romanzo. Fievolmente speranzosa o irrimediabilmente rassegnata, a ciascun lettore l’ardua sentenza. Certamente ben costruita, con un pizzico di poesia, quel tanto che non storpia in una scrittura così incisiva e concreta come quella di Paolo Zardi.
10. A chi lo consiglieresti?
A chi ama i romanzi distopici e le narrazioni cupe che ci raccontano di una società destinata all’autodistruzione.. A chi non cerca storie melense e a chi ama gli scrittori concretamente visionari, che hanno la capacità di aprirci gli occhi e di portarci a riflettere su dove stiamo andando prima che la meta sia chiara al nostro sguardo.

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