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Intervista ad Alberto Bisi, fondatore ed editore di 21lettere

21lettere, i segni di punteggiatura e le 5 lettere straniere: tanto basta per dare vita a un progetto editoriale che si basa su una scelta rigorosissima. Sei libri all’anno, scommettendo sulla bellezza senza confini di genere della selezione del catalogo. Pare semplice, ma…? Raccontateci di voi, quando dove e come nasce la casa editrice 21lettere.

La casa editrice nasce da lontano, erano 20 anni che volevo aprirla; nel frattempo ho aggiunto tasselli pian piano, concluso gli studi in lingue e letterature straniere, che servono tanto, perché io oggi leggo quasi solo in lingua straniera, seguiti da un master in editoria ed esperienze lavorative che mi hanno fatto toccare con mano il mondo dell’editoria.

Paradossalmente 20 anni fa sognavo di farla lavorando “da remoto”, ormai si dice in “smart-working”, con una tecnologia che allora non esisteva, mi ci arrovellavo per questioni economiche. Poi, dopo aver respirato l’aria di redazione, non ho voluto rinunciarvi. È un ambiente creativo e anche se ognuno fa il suo, essere tutti lì, insieme, finisce per diventare sempre una fonte di confronto e aiuta, porta a soluzioni diverse.

Mi è capitato di trovarmi a lavorare accanto a Ginevra Bompiani e devo dire che mi ha dato molto, non gliel’ho mai detto di persona. Spero che non si offenda nel dire che lei è davvero un pezzo di storia dell’editoria italiana, un pezzo importante che si ricollega all’epoca in cui gli autori contavano, non imperava ancora la TV.

 

Dopo la prima sestina del catalogo, si parte con un nuovo titolo che avete da poco messo nelle mani dei lettori: Tokyo-stazione Ueno di Yu Miri. Nuovo anche il progetto dedicato ai ragazzi che conta già due titoli della stessa scrittrice, Lois Lowry, nata alle Hawaii, cresciuta tra gli Stati Uniti e il Giappone, e che ora vive tra il Maine e la Florida, pluripremiata nella letteratura per ragazzi, con all’attivo oltre trenta romanzi. Come arrivano in redazione i titoli che avete scelto e qual è l’ingrediente essenziale perché possano piacere ed essere pubblicati per 21lettere?

Direi che il caso, o caos, sia il modo in cui incontriamo i titoli, ciascuno ha una storia diversa. L’unico elemento in comune, poiché non vogliamo vincoli di settore, nessuna nicchia, nessun tema prestabilito o area geografica… è la bellezza, certo si fa riferimento alla bellezza secondo il nostro gusto. Ci deve piacere. Pubblicandone solo sei, ciascuno deve essere importante, deve essere per noi davvero molto bello, un passo falso sarebbe un problema, due, un disastro. Per cui deve piacerci molto, altrimenti non lo pubblichiamo. Infatti sono molti più i “no” dei “sì”.

 

Cosa conquista subito di 21lettere? Le copertine. Ma complimenti davvero! Hanno un tocco surreale giocato sull’accumulazione di particolari che siano aerei, biciclette, farfalle, e sui colori accesi che catturano lo sguardo e solleticano la curiosità alla ricerca di un nesso che possa tenerli insieme con il resto dell’illustrazione. Che cosa raccontano del vostro progetto le copertine e come sono costruite in fase redazionale?

La prima (quella de L’addio a Saint-Kilda) ci ha impegnato per varie settimane, poi abbiamo trovato quella che secondo me è la nostra formula, visto che abbiamo copertine silenziose, con pochissime parole e relegate alla parte bassa, lasciando preponderanza alle immagini. Questo è il nostro approccio, in linea col nostro nome che è un “non nome” perché non rimanda nemmeno a un’entità editore, un logo in negativo, perché ci annulliamo nell’ascoltare. In controtendenza con questa epoca, noi siamo silenziosi, anche pubblicare 6 soli titoli l’anno è silenzio.

Da anni volevo fare le copertine a fumetto, con un approccio più irriverente alla Letteratura, che per me è una questione intima, personale, e non ci può essere troppa reverenza, ed è stato bello sentire Bernardo Atxaga che apprezzava la nostra cover di Obabakoak, che è un classico della letteratura mondiale, il Guardian lo annovera tra i 10 libri migliori di sempre sulla Spagna (includendo nella lista Il Don Chisciotte e Per chi suona la campana). Insomma gli abbiamo tolto un po’ di reverenza, col consenso dell’autore anche a Obabakoak possiamo dare del tu.

Come nascono? Me lo chiedono spesso.

Ho scoperto che fare le copertine è bellissimo! Purtroppo non so disegnare.

Per l’idea, cosa disegnare, come disporlo… l’ispirazione mi viene all’improvviso mentre lo leggo, di solito è tutta insieme, ci sono già tutti gli elementi. Poi passo la palla a Jacopo, l’illustratore, che è bravissimo. A volte mi è capitato di abbozzare uno schizzo per rendere bene alcuni elementi ed è bellissimo per uno come me che non sa disegnare, vederselo trasformare da un professionista talentuoso che ha tutte le accortezze del mestiere e un tratto notevole in aggiunta. Tanto per scomodare grandi nomi che tutti conoscono, potete pensare a Lennon-McCartney, certo con un John Lennon che non sa cantare né suonare.

 

Il segreto della casa editrice 21lettere è… ?

Un mistero. Tanta passione, forse il tempo dedicato che ne è conseguenza, quello presente e quello degli anni prima di aprire, mettendo insieme i vari tasselli.

 

Quella volta in cui in casa editrice avete esclamato: oh perbacco! (o altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare grande meraviglia mista a sorpresa).

L’anno scorso, quando il nostro secondo titolo, La spia che amava, è finito in concomitanza su Sette del Corriere della Sera con un’intervista a doppia pagina e sul Venerdì di Repubblica con un articolo a tutta pagina. Venendo dal primo libro uscito appena prima del lockdown, e inghiottito da questo, questa partenza del secondo libro ci ha fatto proprio esclamare… “Oh perbacco!”

 

Quella volta in cui in casa editrice avete esclamato: peccato! (O altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare stizza).

Come dicevamo prima, Space opera, che è stato il nostro primo libro lanciato a livello nazionale, finalista agli ultimi Hugo Awards come miglior romanzo, per una volta un romanzo dedicato a un concorso canoro, dichiaratamente ispirato all’Eurovision Song Contest, che avevamo lanciato in concomitanza col Festival di Sanremo 2020, era andato subito a vincere la Wonder Parade su Rai4… due giorni prima del lockdown, quindi, campagna stampa totalmente saltata… “Peccato! Sì!”

 

Quella volta in cui in casa editrice avete esclamato: perdindirindina! (o altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare che proprio quella cosa lì non ve l’aspettavate).

Ce ne sono molte. Quando una firma “pesante” come quella di Lois Lowry (vincitrice di ben due medaglie Newbery, autrice di The Giver poi trasposto a film) ha accettato questa sorta di gemellaggio, comprendendo il nostro progetto e iniziando a fare il tifo… No, nessuno dice perdindirindina in redazione. Comunque, rimane un onore.

A casa di… 21Lettere
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