di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo"
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

UN GIUGNO DI LIBRI RESISTENTI

Zaino 15 giugno

Nel delirio delle lamentazioni in Rete sulla Cinquina del Premio Strega sono arrivato a leggere in un post la risposta di un signore che faceva uno strano parallelismo tra i librai e medici impegnati nell’emergenza Covid 19. In sintesi si faceva un gratuito attacco a quei librivendoli che si spacciano per anfitrioni della cultura… Mi sarebbe piaciuto approfondire con quel signore e spiegare che il compito principale di un libraio è quello di vendere i libri, ma pure di farli conoscere ai lettori con tutti i mezzi e creare intorno a un titolo una vera e propria comunità. Ma, essendo in casa d’altri, non ho voluto intervenire per educazione, ma il giorno successivo in libreria ho avuto la dimostrazione di quanto quel signore fosse in errore.

Ospitavamo in libreria il giovanissimo Graziano Gala, classe 1990, che con il suo libro d’esordio, Sangue di Giuda, edito da Minimum Fax, ci ha regalato in libreria uno dei momenti più belli di questa nostra primavera di rinascita. Faceva il libraio per un giorno come evento della prima tappa del Festival internazionale della Letteratura di viaggio e fin dalla mattina alle dieci, e fino alla sera alle diciotto, nel nostro borghetto di Santa Brigida è stato un via vai di lettori accorsi per conoscere l’autore del personaggio di Giuda. Raffaella, Simona, Cristina e Andrea, Irene e Jacopo e Giovanni e Tiziana e Marcello e Erika da Faenza e Fiorenza e Antonio e Valentina e Ivan, e Francesca e Laura e Roberto e Daniela e Enea e tantissimi altri lettori attenti e appassionati che hanno regalato umanamente un bel momento all’autore ma pure ai due librai che intorno a quel libro d’esordio si sono tanto spesi in questi mesi. Ecco spiegato in una sola giornata il senso del lavoro tanto bistrattato e strapazzato del libraio.

«L’altra sera s’hann arrubbato ’o televisore». Comincia così questa storia, con una sparizione, proprio mentre Pippo Baudo riempiva lo schermo. Le stanze, di colpo, «si sono messe tutte a sudare», e all’improvviso è scoppiato il silenzio.

A raccontarlo a un commissario, nella sua lingua sgrammaticata, un misto sporco tra pugliese e campano, è Giuda o Giudariè, un vecchio che abita nel mezzo di un paese qualunque del meridione, Merulana. Oltre che con quel televisore, Giuda condivide la sua solitudine con Ammonio, un gatto dalla vescica ballerina, e con il fantasma del padre, che è ancora arrabbiato con lui e non perde occasione per terrorizzarlo. È stato proprio questo padre manesco e sregolato a cambiargli il nome di battesimo, compromettendone l’esistenza e imprimendogli a sangue questa nuova e infamante identità da delatore.

Ora, a cinquant’anni di distanza, il furto del Mivar restituisce Giuda alla stessa strada della sua infanzia e ai suoi traffici eterni, agli insulti e alle compassioni, alla sua umanità violenta, derelitta e disperata. Da qui inizierà la sua discesa nel regno delle anime notturne e soltanto alla fine di questo lungo viaggio, cantato con amara ironia nell’epica popolare del dialetto, il protagonista potrà finalmente recuperare, a un prezzo altissimo, un po’ della sua dignità usurpata e, forse, il nome perduto.

 

La domenica successiva sulla pagina Facebook  di Exòrma Edizioni abbiamo presentato in anteprima il libro di Sara Reginella che esce il 17 Giugno in tutte le librerie e dal titolo Donbass. Una guerra fantasma, pubblicato nella collana Scritti Traversi.

Attraverso i social e i post di un amico russo, l’autrice vede foto di bombardamenti e palazzi distrutti e decide di partire per capire cosa sta succedendo davvero nel Donbass. Non si fida di quel poco che i media trasmettono. Dopo lunghi interrogatori al confine e la sensazione di irrealtà del primo ingresso in territorio bellico tra quartieri bombardati e la vita dei bambini negli scantinati, percorrendo le terre del bacino del Donec, Sara Reginella incontrerà i comandanti della brigata “Fantasma” e combattenti come Igor, sopravvissuto alla strage del 2 maggio 2014 a Odessa, quando ha visto morire i suoi compagni nel rogo.

In questo reportage racconta la dimensione umana di una guerra combattuta da persone comuni, miliziani atipici: Tanya, in colbacco e mimetica, è un’adolescente arruolata tra le truppe cosacche; Milagros è una giovane madre di origine argentina che da Mosca è giunta volontaria a Lugansk; Boris, ex programmatore informatico, adesso impugna un kalashnikov col volto coperto da un passamontagna; Iana, eletta tra le donne più belle d’Ucraina, è ora volontaria nei quartieri più pericolosi di Donetsk. Ultima tappa di questa testimonianza sul campo, la spettrale colonia penale di Chernukhino, devastata dall’artiglieria, dove Sara incontra “Starij – l’anziano” che da ex prigioniero è passato al ruolo di recluso volontario. Il suo congedo sarà l’incontro in un sottopassaggio ferroviario con il “Maestro”: un uomo che vive e dipinge per strada e testimonia la guerra attraverso disegni di Ufo, bombardamenti, alberi magici, uomini neri e dorati, in un racconto in cui frammenti di sé e del nostro tempo si uniscono in un’unica realtà fantastica, consacrata da una lucida follia.Al rientro in Italia Sara Reginella sceglie la via dell’impegno attivo per contribuire a svelare una guerra tutt’ora in corso che rischia di essere ignorata, e realizza un documentario, Start Up a War. Psicologia di un conflitto, che ha vinto numerosi premi in festival internazionali.

 

Tra le novità dei Diari è da segnalare Monster di Walter Dean Myers nella traduzione di Paolo Ippendico per Gli Alianti di Marcos y Marcos. Monster è uno dei romanzi più famosi di questo autore e negli Stati Uniti ha venduto quasi due milioni di copie; Guy A. Sims ne ha tratto una graphic novel, e Anthony Mandler un film, distribuito da Netflix.

Walter Dean Myers (1937–2014) è nato in West Virginia e poi cresciuto a Harlem in una famiglia adottiva. Considerato un ragazzo difficile, era impacciato a scuola, formidabile sui campi da basket; leggeva moltissimo e si rendeva sempre più conto che la letteratura tagliava quasi completamente fuori storie come la sua, o di milioni di ragazzi come lui. Sonny’s Blues di James Baldwin è stato il libro che gli ha cambiato la vita: da quel momento Myers si è dato l’obbiettivo di “rendere visibili gli invisibili”, a beneficio di tutti, neri e bianchi, e ha scritto più di cento libri con al centro la ricchezza e la complessità che la diversità etnica comporta. Nella sua lunga carriera ha vinto premi prestigiosi e la Library of Congress l’ha nominato portavoce nazionale della letteratura per ragazzi.

Steve Harmon è in prigione, accusato di aver fatto il palo durante una rapina finita nel sangue: rischia una condanna a vita. Steve è smarrito, pieno di paura; per farsi coraggio ricorre alla sua grande passione, il cinema. Decide di raccontare il suo processo come se fosse un film.
E noi veniamo catapultati lì, in prima fila: assistiamo a interrogatori e testimonianze, ricostruiamo da varie angolazioni la vita di Steve, che segue un corso di cinema, vive a Harlem, frequenta i bulli del suo quartiere. È colpevole o innocente? È davvero un mostro, come lo definisce la pubblica accusa? O è soltanto un ragazzo nero, e in quanto tale colpevole designato, sospetto per definizione? Fino all’ultimo non lo sapremo: faremo i conti, invece, con i nostri pregiudizi, le nostre ambivalenze, che oscillano di scena in scena. Come il suo avvocato difensore, come i suoi stessi genitori, non sappiamo se fidarci completamente di Steve.

 

Giugno è il Pride Month, mese dell’orgoglio gay. A giugno in tutto il mondo si celebra il mese dedicato all’orgoglio delle persone LGBTQIA+. Iniziative e parate arcobaleno in nome e per la difesa dei diritti delle persone omosessuali invadono le strade delle città. Proprio come accadde il 28 giugno del 1970 a New York, per il primo Gay Pride della storia. Nel primo sabato del mese dell’orgoglio gay abbiamo scelto come Libro del ai Diari Promesse di Bryan Washington nella traduzione di Emanuele Giammarco per NN editore.

Bryan Washington è nato nel 1993, e ha già ottenuto importanti riconoscimenti come il Dylan Thomas Prize e l’O. Henry Prize. Dopo l’esordio con la raccolta Lot (Racconti Edizioni 2020), Promesse è il suo primo romanzo, da cui verrà tratta una serie tv prodotta da A24, la stessa casa del film premio Oscar Moonlight.

Mike ha origini giapponesi e fa il cuoco in un ristorante fusion a Houston, Texas. Benson è nero, ha una famiglia ingombrante e fa il maestro d’asilo. Mike e Ben vivono insieme da qualche anno, ma non sono più sicuri di amarsi, nonostante l’affetto, il sesso, l’intimità conquistata a fatica. Quando la madre di Mike, Mitsuko, arriva a Houston in visita per la prima volta, Mike decide di partire per il Giappone: suo padre Eiju, che ha abbandonato la famiglia da anni, ha una malattia incurabile. Così, mentre Ben e Mitsuko si trovano costretti a condividere spazi e abitudini, in una strana convivenza che si costruisce in cucina, nella cangiante città di Osaka Mike si confronta con il padre e la sua eredità. Raccontato a turno da Benson e Mike, tra ricette giapponesi e comfort food,Promesse è una commedia dolceamara che parla di famiglia, tradimenti e scelte di vita. I personaggi di Bryan Washington sono eroi impacciati, alle prese con una nuova epopea delle relazioni, dove i sentimenti e i desideri non riescono a passare dalle parole ma dai piccoli gesti di ogni giorno, che hanno il potere di trasformare l’insofferenza in tenerezza, il rancore in compassione, e aprire il cuore alla felicità.

Questo libro è per chi ama sedersi al parco, nel silenzio, a sentire i suoi pensieri, per chi sceglie di porre fine a una conversazione smozzicata con il sesso, per chi mostra l’affetto preparando la cena con cura, e per chi ha capito che amare una persona significa lasciare che cambi quando ne ha bisogno, anche se la casa non sarà più la stessa.

 

Di lei avevamo già letto Caro Amico dalla mia vita scrivo a te nella tua e Ragazza d’oro, ragazza di smeraldo; adesso Yiyun Li arriva con Dove le ragioni finiscono nella traduzione di Laura Noulian per NN editore.

Yiyun Li, nata a Pechino nel 1972, dopo la laurea in Medicina, si è trasferita negli Stati Uniti, dove ha conseguito un Master all’Iowa Writers’ Workshop. Per Einaudi ha pubblicato Mille anni di preghiere (vincitore del PEN/Hemingway Award e del Guardian First Book Award), I girovaghi (vincitore della medaglia d’oro del California Book Award per la narrativa) e Più gentile della solitudine. Il New Yorker l’ha inserita tra i venti migliori scrittori americani. NNE pubblicherà anche Where Reasons End

Una madre e un figlio si parlano in un mondo senza tempo. Lei è una scrittrice, lui è Nikolai, il ragazzo sedicenne che si è tolto la vita pochi mesi prima. Le parole sono l’unica risorsa a cui la madre può attingere così da ridare vita al figlio, e portare avanti con lui le conversazioni toccanti, profonde, intime di quando era al mondo. Il ricordo di una poesia amata si lega a quello di una torta fatta in casa, la memoria di un viaggio dà corpo e colore ai luoghi visitati, i mirtilli sono la chiave d’accesso al bambino che è stato Nikolai. In un dialogo continuo, come un flusso di coscienza, le due voci raccontano una storia d’amore: quello assoluto che pretendono i figli, quello pieno di dubbi e di colpe che scorre nei genitori, e infine quello fatale che li accomuna, l’amore che consuma chi va in cerca del senso ultimo dell’esistenza a costo di privarsene, nel corpo o nello spirito. Nato dall’esperienza drammatica vissuta dalla scrittrice, Dove le ragioni finiscono non è un romanzo ed è più di un memoir. Come in una tragedia greca,Yiyun Li ci avvicina alla sua storia, e ci consegna pagine così nitide da compiere il miracolo, quello di accompagnarci nell’abisso dell’indicibile per uscirne purificati, liberi, più forti.

Sempre la casa editrice milanese NN Editore ha pubblicato in questo mese giugno Il buio non fa paura di Pier Lorenzo Pisano per la  serie Gli Innocenti. Serie che ai Diari ha conosciuto il successo di Roberto Camurri, Alessio Forgione, Serena Patrignanelli e poi Andrea Donaera.

Pier Lorenzo Pisano (Napoli, 1991) è regista e autore di cinema e teatro, diplomato in regia presso il Centro Sperimentale di Roma. Il buio non fa paura è il suo romanzo d’esordio, tra i finalisti del Premio Calvino 2020.

Gabriele ha due fratelli, e vive con la mamma e il papà in un piccolo paese di montagna. I tre ragazzini crescono spensierati tra giochi e corse nei campi quando, una sera, la madre va nella stalla a prendere il latte per Gabriele e viene inghiottita dal buio. I bambini si trovano così ad affrontare la sua assenza e lo strazio del padre, mentre in paese circola voce che di notte una bestia terribile sta uccidendo gli animali. Una sera Gabriele segue il padre e gli uomini nella caccia al mostro, e si trova improvvisamente da solo, al buio nel bosco, nché una spaventosa creatura d’ombre gli si avvicina, lo raccoglie e lo abbraccia. Da quel momento Gabriele dovrà lottare per salvare quella creatura contro un mondo di adulti che non può ascoltarlo, e che nell’odio trova la sua dimensione di comunità.
Il buio non fa paura è una favola nera, allo stesso tempo arcaica e moderna, cruda e sognante, cinematografica e sensoriale, sul dolore della perdita e sulla magia dei desideri. Pier Lorenzo Pisano racconta di bambini e incubi, di natura e mistero, e riesce a illuminare l’immenso potere dell’innocenza, che può scardinare la realtà e indicare il senso ultimo delle nostre speranze e paure. Questo libro è per chi fa il bagno nell’acqua gelata del torrente, per i ricordi che si stanno coprendo di una polvere dorata, per chi ha amato Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, e per chi riesce a vedere navi, città e tempeste di sabbia nei granelli di polvere sul pavimento, e poi gli basta chiudere e riaprire gli occhi per costruire nuovi mondi immaginari.

 

In questo giugno arriva è arrivato ai Diari anche Sette case vuote di Samanta Schweblin nella traduzione di Maria Nicola per Edizioni Sur. L’autrice non ha bisogno di presentazioni: è una delle scrittrici argentine più celebrate al mondo e, se avete letto Kentuki e Distanza di sicurezza, conoscete il suo talento. Tradotta in più di 20 lingue e due volte finalista al Booker International Prize, Samanta Schweblin è reduce dal successo negli Stati Uniti di Kentuki, inserito tra i 100 migliori libri del 2020 dal New York Times. Nella tradizione di quei racconti del terrore che sono anche splendidi racconti realistici, Sette case vuote è il libro perfetto da consigliare a chi ha amato Shirley Jackson e Amparo Dávila, a chi nella scrittura cerca ritmo e poesia e a chi non si accontenta di una sola versione della realtà. Provate a leggere anche soltanto uno di questi brevi racconti e non potrete fare a meno di scoprire tutte le altre storie (e le altre case) che compongono la raccolta.

Una figlia accompagna la madre a guardare, e invadere, le case degli altri; un uomo nasconde all’ex moglie che i bambini stanno scorrazzando nudi in giardino con i nonni; una donna vive l’incubo costante di raccogliere i vestiti del figlio morto dei vicini, che ogni giorno vengono gettati in cortile; uno sconosciuto accompagna una bimba a comprare delle mutandine a cuori; un’anziana attende la morte impacchettando tutti i suoi averi. Sette case, ognuna popolata da una storia, da un punto di vista altro, particolare. Sette storie costruite intorno a un dettaglio indecifrabile, a un timore: che a guidarci in queste pagine sia la voce di una bambina di otto anni, di una donna in crisi o di un’anziana delirante, vi troveremo personaggi messi a confronto con l’inquietudine che si cela nel quotidiano, con paure proprie e altrui, in un gioco di specchi che punta a ribaltare ogni pregiudizio, ogni idea sicura sul concetto di normalità. Nella tradizione di quei racconti del terrore che sono anche splendidi racconti realistici, Samanta Schweblin mette a nudo il lato più spettrale e perturbante della realtà, con una penna finissima e un ritmo che cattura dalla prima all’ultima pagina.

 

Trash di Dorothy Allison, appena pubblicato nella traduzione di Margherita Giacobino per Minimum fax, è un altro di quei libri tanto attesi per questo scorcio di stagione.

Nata nel 1949 Dorothy Allison è considerata l’erede di una grande tradizione letteraria «sudista» che annovera, tra i suoi più grandi esponenti, William Faulkner, Flannery O’Connor, Tennessee Williams e Carson McCullers. Autrice di racconti, memoir e saggi, tra i suoi titoli più significativi annoveriamo Trash e Two or Three Things I Know for Sure.

La bastarda della Carolina, il suo primo romanzo, è stato finalista al National Book Award e portato sugli schermi americani da Anjelica Huston.

«Mi alzai e scrissi un racconto, dal principio alla fine. Era una di quelli del taccuino giallo, una di quelli già riscritti, ma stavolta era ancora diverso. Non c’ero veramente io né mia mamma o le mie ragazze, non c’era nessuna delle persone reali, ma c’era tutto il senso, la rabbia assoluta e il dolore della mia vita. Non c’era quella voce lamentosa, ma l’accento del Sud sì, e anche la gioia e l’orgoglio che a volte sentivo per me e per i miei. Non c’era biografia ma neanche bugie, e pulsava al ritmo delle paure delle mie sorelle e della mia disperata vergogna, e finiva con tutte le domande e le decisioni ancora aperte – soprattutto la decisione di vivere».

Pubblicato per la prima volta nel 1988, e premiato con il Lambda Literary Award, Trash è il libro di esordio di Dorothy Allison, e la palestra nella quale ha perfezionato lo stile e lo sguardo che animano le pagine più belle della Bastarda della Carolina. Dando voce agli uomini e alle donne del Sud bianco e impoverito, i racconti di questa raccolta, dolorosi ed eloquenti, ci mostrano le terribili ferite che siamo capaci di infliggere a chi ci è più vicino. Sono storie di sconfitta e di redenzione; di colpa e di perdono; d’amore e di abusi, illuminate dalla forza e dal potere taumaturgico della scrittura.

 

Nell’ambito della collana Nová Vlna, la casa editrice Miraggi Edizioni pubblica la traduzione italiana del libro L’anno del gallo  di Tereza Boučková, sequel de La Corsa Indiana.

Coloro che hanno amato il primo non potranno fare a meno di avventurarsi nella lettura del secondo, per chi invece non conoscesse ancora questa autrice ceca, il consiglio è di non farvela scappare. Fidatevi, in queste pagine ci sono storie, sentimenti ed emozioni che non possono lasciare indifferenti.

Miraggi Edizioni si conferma editore e divulgatore di grande letteratura. Due anni fa, nell’aprile del 2019 abbiamo ospitato in libreria un incontro di grande livello, dedicato alla storia di una scrittrice dalla storia travagliata e sofferta che con il suo romanzo, La corsa indiana ha raccontato un pezzo di storia del Novecento dalla prospettiva di una famiglia delineata nei suoi contorni fragili.
L’infanzia marcata dall’assenza del padre, il noto intellettuale dissidente e firmatario di Charta 77 Pavel Kohout, agli amori, le lotte, le sfide nel perseguire i propri sogni nonostante l’oppressione subita, e la ricerca di un figlio, rendono questo romanzo, tradotto da Laura Angeloni, una lettura significativa di cui non privarsi.
Tra il tragico e l’ironico, quella di Tereza Boučková è una scrittura piana e essenziale, priva di orpelli e espedienti narrativi, arricchita da dettagli che raccontano la voglia di emanciparsi da un ruolo imposto da altri.
La scelta di consegnare al lettore la sua storia si basa anzitutto sulla necessità di verità, anche se attraverso una forma romanzo che implica necessariamente un artificio. Marcherà una posizione netta già nella volontà di non sottostare ai tentativi di fornire una versione edulcorata della dura realtà di quegli anni attraverso una libertà conquistata anche grazie alla letteratura.
Una prosa vivace che racconta senza pudori le vicende autobiografiche della figlia di Pavel Kohout, noto intellettuale dissidente, tra personaggi illustri (come l’ex presidente Vaclav Havel), l’abbandono del padre, le difficoltà sotto il regime comunista, la giovinezza e il matrimonio, la ricerca della maternità e l’adozione di due bambini, l’inaspettata gravidanza. E, infine, il ritorno del padre.

È il 2005 e in Cina corre l’anno del gallo, il segno zodiacale di Tereza Boučková, autrice e protagonista. Secondo l’astrologia cinese quando ricorre l’anno del proprio segno zodiacale non saranno mesi facili. Per la scrittrice è infatti l’anno in cui la sua famiglia, definitivamente, si disintegra. Tereza Boučková ha adottato due bambini, in seguito ne ha partorito un terzo. I due bambini sono entrati nella sua vita da piccolissimi, accolti nella convinzione che l’amore e il profondo affetto avrebbero portato al superamento di ogni difficoltà. Ma i due ragazzi, arrivati alla pubertà, sfuggono al controllo dei loro genitori, vivono senza regole, commettendo furti persino in casa, innescando una miccia esplosiva di azioni e reazioni in cui si trovano coinvolti tutti i membri della famiglia, senza possibilità di fuga.

Nello Zaino di Antonello: UN GIUGNO DI LIBRI RESISTENTI