di Cecilia De Angelis

Cecilia De Angelis, lettrice e docente al Liceo "Mamiani" di Roma
Cecilia De Angelis, docente al Liceo “Mamiani” di Roma

 

 

 

 

 

Com’è andato quest’anno scolastico?

Liceo Mamiani di Roma
Liceo Mamiani di Roma

“Longus et unus annus”, sì, mi vengono in mente le parole dello storico Tacito  a proposito di uno degli anni più cruenti e difficili della storia romana (tra la fine del 68 d.C.e il 69 d.C.), in cui tra scontri violenti e rigurgiti di guerre civili si susseguirono quattro imperatori. Un anno straordinario come l’anno scolastico appena terminato, nel senso ambiguo della parola: fuori da ogni previsione, spero assolutamente unico nella nostra vita perché capace di infliggere un vulnus per noi impensabile, un anno sospeso tra realtà e la più inimmaginabile delle finzioni…a tal punto che non mi sembra ancora concluso.

– Qual è il ricordo più vivido dell’ultimo giorno di scuola?

Gli ultimi giorni a scuola sono stati assolutamente surreali: le notizie che arrivavano dal nord Italia ci informavano della progressiva chiusura delle scuole; vi era un clima di sospensione, di attesa, di dubbio: tutti eravamo consapevoli che qualcosa sarebbe successo, ma nessuno immaginava uno stop così imminente. L’ultimo giorno, il 4 marzo, in ultima ora mi trovavo proprio nella classe di ultimo anno (questo “ultimo” quasi un presagio!): stavo cercando di terminare alcune interrogazioni per far recuperare i ragazzi che avevano avuto insufficienze al compito scritto, con una premura insolita, ma, con il senno di poi, giustificata! Improvvisamente sentiamo vociare per i corridoi, io intimo il silenzio per non far perdere la concentrazione al “malcapitato di turno”, che poi era una studentessa timidissima…il vociare aumenta e arriva la notizia che la scuola stava chiudendo, per una settimana, così, improvvisamente (sarebbero stati poi tre mesi!): poverina, quella ragazza ricorderà l’interrogazione di Greco come ultimo momento della sua carriera scolastica!

– Quali sono stati i limiti e le potenzialità della Didattica a distanza?

La didattica a distanza ci ha investito come una bufera: questa è l’immagine più realistica che mi viene in mente, riguardo alle sensazioni provate soprattutto nei primi giorni del confinamento a casa. Incertezza e paura per il futuro. Anche se io avevo già utilizzato piattaforme didattiche e avevo una certa familiarità con gli strumenti digitali, questi, però, nella normale attività didattica  erano dedicati a pochi progetti, per lo più corsi di approfondimento per pochi studenti: mai avrei pensato che sarebbe divenuta la nostra normalità. Inoltre, nonostante le puntuali e chiare indicazioni della Dirigente, non è stato facile “mettere in piedi” la cosiddetta didattica a distanza per tutti: i ragazzi, a differenza di quello che normalmente si dice (forse perché piace crederlo!) conoscevano pochissimo programmi di video scrittura, di progettazione  di diapositive ecc..: l’approccio al computer per loro consisteva quasi esclusivamente in giochi on line; sicuramente hanno maggiore dimestichezza con il cellulare, ma quasi solo per i social, che pure ci hanno aiutato molto.

Primo passo necessario è stato, quindi, quello di creare un collegamento immediato, per far sapere che la scuola, i professori, la dirigente, insomma noi c’eravamo, tramite qualsiasi mezzo (email, WhatsApp, messaggi vocali). Poi personalmente ho provveduto a insegnare a tutti i miei studenti come iscriversi a delle piattaforme didattiche, gratuite, che molti siti hanno messo a disposizione del mondo della scuola, anche grazie al supporto degli studenti più esperti, che sono stati tutores dei loro compagni; all’inizio ho inviato materiali auto-prodotti, audio e video da me realizzati, per creare un primo contatto, anche se in streaming. Dopo qualche giorno siamo passati alle lezioni on line che hanno comportato un vero e proprio stravolgimento della didattica, non solo perché mancava il contatto umano, fondamentale per quello che tecnicamente definiamo “il dialogo educativo”, ma anche perché vi era necessità di materiali completamente diversi: non si può scimmiottare la scuola, abbiamo dovuto re-inventarla!

Tutto ciò è stato straniante, alienante: parlare da un monitor e vedere tante facce all’interno di minuscoli quadrati non è “scuola vera”; spiegare un brano dell’Eneide attraverso un video non crea la magia dello scintillio degli occhi, del muoversi di un ciglio che cogli in una classe reale: insegnare è come recitare, la performance si costruisce con il corpo del pubblico! Ma in emergenza non si poteva fare altro!

Non si ha, poi, la percezione di quanto i ragazzi abbiano realmente compreso degli argomenti trattati, tutto sembra “scivolare via”: esercizi e interrogazioni on line, al di là di grotteschi e folcloristici tentativi di plagio o di aiuto esterno, hanno il gravissimo limite di non farci capire quanto gli studenti abbiano realmente capito (scusi il gioco di parole), cioè si annulla quasi del tutto la retroazione del loro apprendimento, che è fondamentale nel percorso formativo.

Difficilissimo, inoltre, lavorare on line su materie come il Greco e il Latino, anche se, come già detto, avevo sperimentato alcuni percorsi didattici e l’uso di strumenti digitali anche per le materie classiche; ho, tuttavia, deciso di puntare sullo sviluppo di nuove competenze quali insegnare agli studenti ad elaborare un file di testo secondo determinate note di editing, a progettare delle presentazioni, a scrivere delle email, a presentare dei progetti in videoconferenza, a gestire una videoconferenza, a studiare e commentare testi su file cooperativi, a registrare audio di argomento letterario con linguaggio tecnico – specifico, a dibattere sui social in modo corretto e urbano su tematiche di studio: insomma le tecnologie in parte sono state un volano per sviluppare nuovi talenti, ma in altri la distanza ci ha fortemente limitato. Particolare attenzione ho prestato nell’assegnare spesso anche lavori di gruppo, con determinate e rigide scadenze, che coinvolgessero tutti gli studenti, da svolgere su piattaforme social in modo che anche nelle ore in cui non vi era “scuola“ i ragazzi potessero vedersi: è stato commovente sapere che su House party avevano fatto le ore piccole discutendo sui personaggi delle tragedie di Sofocle, sui carmina di Catullo o sui terribili effetti della peste di Atene, descritta nelle Storie di Tucidide!

Fondamentali sono stati i genitori: anche se i miei studenti sono grandi – infatti ho classi di triennio, quindi ragazzi dai sedici ai diciannove anni – la collaborazione con i genitori, soprattutto tramite email, è stata importante: hanno sostenuto i figli, li hanno forniti di mezzi tecnologici (e dove non li avevano, la scuola ha offerto le proprie dotazioni), hanno ascoltato le nostre indicazioni e supportato i figli: vi è stato in questo periodo un esempio di preziosa collaborazione scuola- famiglia, soprattutto dopo anni di polemiche e conflittualità. Una mamma mi ha ringraziato perché la figlia, completamente affranta, dopo pochissimi giorni dalla chiusura della scuola, aveva pianto, commossa sentendo di nuovo la mia voce che in qualche modo le restituiva una quotidianità negata.

viaggio_greciaUn episodio tra i molti che mi piace ricordare riguarda la classe di quarto anno; alla fine di marzo noi saremmo dovuti andare in viaggio d’istruzione in Grecia; il viaggio era stato preparato in ogni particolare, non un normale tour, ma quasi un “pellegrinaggio” nei luoghi della democrazia di Pericle e delle grandi battaglie che hanno visto contrapposti i Persiani ai Greci (Maratona, Salamina..), nelle quali ha vinto la nostra libertà di cittadini, di uomini liberi e “politici”, grande eredità del mondo classico greco al nostro Occidente. Alcune studentesse e alcuni studenti avrebbe dovuto leggere un brano di storia, oppure un monologo di una tragedia, proprio lì, nel teatro di Dioniso ad Atene o sulla spiaggia di Salamina. Invece quella libertà, che ora ci era negata, quelle pagine di democrazia, lette “con noia” sui libri, diventavano vivide Chimere, oggetto di tristezza e rimpianti a causa del confinamento forzato: allora ho pensato…facciamolo ugualmente il viaggio! Così ogni giorno, secondo il programma del tour, abbiamo iniziato le lezioni on line con una presentazione degli studenti dei luoghi che avremmo dovuto vedere: loro, trasformati in giovani guide turistiche, tramite immagini, cartine geografiche, foto, hanno creato un vero e proprio viaggio virtuale, condiviso su piattaforma e vissuto con nuova commozione: chissà se l’anno prossimo riusciremo ad andare, se potremo mai calcare il suolo dell’Acropoli, su cui è passato Socrate!

Un altro episodio, forse ricco di pathos, lo ricordo in un giorno di inizio aprile: quando abbiamo capito che non saremmo tornati a scuola dopo Pasqua né dopo il “Ponte del Primo maggio”, che non saremmo forse  mai rientrati in aula, che non ci sarebbe stata per noi l’ultima Assemblea, goliardica ma indimenticabile, non i “cento giorni”, non il viaggio di fine anno, non la festa di 18 anni della più giovane della classe, neppure un ultimo giorno tra i banchi…l’atmosfera era divenuta cupa, i ragazzi hanno cominciato a spegnersi e a chiedersi che senso avesse tutto ciò, perché continuare le lezioni on line, perché “studiare ancora”: quel giorno abbiamo a lungo discusso, abbiamo pensato alla sofferenza generale che ci circondava, ai malati, al personale ospedaliero, a tutti coloro che erano impegnati sul campo e abbiamo capito che eravamo “fortunati”: potevamo leggere i classici, la letteratura ci poteva donare la libertà interiore, la distrazione dalla realtà che aveva superato il più fantascientifico dei romanzi! Ma, visti ancora gli occhi vacui e lontani, ho lanciato da Youtube “Don’t stop me now” dei Queen e la musica ci ha aiutato più delle mie parole!

– E l’esame di Stato?

Il giorno dell’Esame non è stato il primo giorno in cui ho rivisto i maturandi “del Covid”; in realtà abbiamo deciso di fare una reunion prima dell’Esame; l’idea mi è venuta perché l’ultimo giorno di lezione on line è stato quasi interamente occupato dalla cosiddetta “simulazione d’esame”, un prova generale che, come ogni anno noi progettiamo al termine delle lezioni per preparare i ragazzi, per darci dei tempi, per sincronizzare le fasi dell’Esame e quest’anno tanto più importante visto il macchinoso apparato messo su dal MIUR per inglobare in un maxi colloquio le prove scritte e l’orale. Ma come al solito, la simulazione non va mai come il vero Esame: proprio come le prove di un matrimonio…poi alla cerimonia il velo si impiglia sempre nel tacco della sposa  e qualche volta si strappa!

Insomma, qualche giorno dopo la fine delle lezioni abbiamo deciso di salutarci in  un modo nuovo: non era possibile andare a cena insieme o organizzare una festa, causa assembramento e troppa contiguità, ma serviva un congedo, un saluto tra docenti e ragazzi, un saluto “alla scuola” che li aveva visti entrare da piccoli e uscire da giovani donne e giovani uomini! Quindi ci siamo dati un appuntamento presso una nota gelateria di Roma, che si affaccia su un parco pubblico abbastanza grande da consentire il giusto distanziamento: tutti muniti di mascherine, da abbassare solo per gustare in fretta il gelato e per rivederci con occhi diversi! E’ sembrato un re-incontrarsi dopo anni, un ri-conoscersi da capo…nessuno era assente, nessuno è mancato!

Il giorno dell’esame, invece, l’atmosfera è stata molto seria e formale: tutti eravamo seduti a distanza (di nuovo, come mantra – “distanza” – di questo momento storico), con le mascherine, vi era un unico compagno di classe o amico come testimone…insomma, l’ambiente era diverso da un consueto Esame. Ma ciò che per noi è consueto (chissà quanti Esami ancora come Commissario!!) per loro è unico nella vita: compito della Commissione è dunque stato mettere a proprio agio i ragazzi,  perché, anche se siamo docenti interni non è facile trovarsi davanti all’intero Consiglio schierato! Gli studenti, però sono molto più resilienti e flessibili di noi adulti: all’inizio quasi tutti nervosi o in ansia, in fondo si giocavano tutto con un colloquio, con un’unica prova, l’hanno affrontato con serietà e determinazione: “Per me è un riscatto dopo tutto quello che abbiamo subito (DaD, confinamento ecc..)”, ha esclamato una studentessa, finito l’orale, “dovevo congedarmi dalla scuola e la forza e l’emozione provengono entrambe dal ritornare in classe per la prima volta proprio per l’Esame!”.

Prospettive per settembre? Si tornerà in classe?

Tutti noi speriamo a settembre di poter tornare tra i banchi di scuola; fin dai primi di maggio abbiamo pensato a varie soluzioni possibili, anche condivise tra più scuole e colleghi, soprattutto nell’ambito della Rete dei Licei Classici che attraverso video-riunioni ha giocato un ruolo molto attivo di condivisione e supporto agli Istituti. In una città come Roma di possibilità ce ne sono infinite! Questa emergenza può essere un’occasione unica per progettare una scuola più ricca! Alternare giornate in classe e giornate nei Musei, dove svolgere le lezioni di Storia dell’Arte, affittare sale cinematografiche o teatri (così da sostenere anche il mondo dello spettacolo che è in piena debacle) e collaborare con il mondo del cinema, dello spettacolo, con intellettuali e artisti, utilizzare gli ampi parchi pubblici per le attività motorie, inglobare nell’orario scolastico la disponibilità di Enti e Aziende per l’alternanza scuola lavoro, utilizzare gli ampi spazi vuoti della nostra città, come le ex caserme,  gli ex Istituti scolastici chiusi, gli edifici con uffici pubblici dismessi, da riqualificare e ri-funzionalizzare così da alleggerire la presenza dei ragazzi nelle scuole e consentire pochi studenti per aula. Si potrebbe pensare anche al sistema anglosassone dei corsi in parallelo, così da avere piccoli gruppi per disciplina, non maxi classi per sezione.

Non so se riusciremo ad attuare queste “utopie”: temo che suddividere la classe e alternare studenti in presenza in aula a quelli a distanza a casa sia banalmente la soluzione più semplice e, soprattutto, a costo zero! Questo è, invece, il momento di grandi investimenti nel mondo della scuola che ha evidenziato tutta la sua fragilità in termini di edifici scolastici obsoleti, strutture non sempre adeguate, personale carente, ma ha tirato fuori risorse umane impensabili!

Le riflessioni di quest post sono scaturire dalla richiesta della giornalista Linda Marino di pubblicare un’intervista sul settimanale F, Cairo editore, del 1/7/2020.

Com’è andato quest’anno scolastico?