di Federica Pergola

Federica

 

 

 

Le mezze verità

Le mezze verità
Foto di Federica Pergola

Chi, come me, ha amato la saga dei Cazalet (tutti i cinque volumi sono stati pubblicati dalla Fazi), sarà felice di poter leggere un altro romanzo di Elizabeth Jane Howard – scrittrice della seconda metà del Novecento, al centro della vita culturale londinese, e ormai considerata una delle più grandi autrici del periodo.

Ritroviamo anche qui dei personaggi bellissimi, nella loro fragile verità e umanità.

Ritroviamo quello sguardo – così femminile- concentrato sul mondo interiore – e quella non insolita lotta tra la capacità di vedere il fondo delle cose e la debolezza (il timore?) di farlo per davvero.

Di arrivare alla consapevolezza di aver fatto delle scelte sbagliate. E di accettarne l’idea. Di rendersi conto di stare indossando una maschera, di stare vivendo sotto un travestimento. O di capire che altri, intorno a noi, lo stanno facendo.

Qui May, una donna con due figli già grandi, ha sposato in seconde nozze il Colonnello Herbert e con lui vive nel Surrey, in una casa “grande e brutta” che ha comprato con i suoi soldi dietro le insistenze del marito. Una casa che neanche le piace.

“Alice sapeva che in fondo non piaceva nemmeno a May: aveva sempre freddo”

La dolcezza di May la porta a cercare di accontentare tutti: Herbert; i suoi figli: Oliver ed Elizabeth (che detestano suo marito); Alice, la figlia di Herbert, che sta per sposarsi…

“Pensò che May le sarebbe mancata. Era molto più buona con lei della sua precedente matrigna e anche di sua madre, che suo padre aveva sempre definito una creatura esangue. (…) Alice trovava sorprendente che una persona con così scarso senso pratico per le cose ne dimostrasse invece tanto quando si trattava di sentimenti”

Mentre prepara il pastone per i cani, May ricorda momenti della sua vita con Clifford, il suo primo marito e padre dei suoi figli.

“Poi la guerra era arrivata davvero un bel pomeriggio di primavera (…) Seduta in quella cucina concepì un odio sordo per gli uomini che avevano inventato, consentito e messo in atto una cosa mostruosa, disumana e inutile come la guerra. (…) Non era morto, almeno non per i primi tre anni dopo quel pomeriggio di primavera: la guerra faceva il gioco del gatto e del topo. (…) poi, all’improvviso, il colpo. (…) e insieme al fardello insostenibile del dolore, aveva dovuto sopportare anche il desiderio inesausto del corpo. Molte sue amiche avevano perso i mariti in guerra ma May aveva capito in fretta che la perdita si poteva lamentare solo sul più casto piano affettivo- la sedia vuota davanti al focolare- mentre per il letto vuoto e per il corpo dolente di desiderio non c’era spazio nel protocollo sociale del lutto”.

E poi ci sono Oliver ed Elizabeth, la loro strampalata vita a Londra, e i loro dialoghi brillanti, spumeggianti, deliziosamente divertenti.

“-Comunque non sposerò mai nessuno.

-Attenta, stai per piangere! Significa che l’unico uomo che vuoi sposare è John e non potrai farlo per colpa della maledetta Jennifer?

Liz annuì, mise giù il biccchiere e iniziò a cercare il fazzoletto.

-Lui è il tuo primo amore. Senti Liz cara. Di solito bisogna conoscere tante persone prima di trovare quella giusta. John non è l’unico uomo al mondo.

– Lo è invece

– Oh Gesù, ecco. Lo temevo. Hai già capito gli sviluppi che ho in mente, vero? (…) Mi occuperò di sedurre Jennifer e fuggire con lei. In questo modo lascerò campo libero a te e resterò fedele al mio personaggio di sordido arrampicatore sociale…”

E c’è Alice, che-scopriremo-si è sposata più per fuggire da qualcuno che per costruire qualcos’altro.

E ci sono gli errori del cuore – e, appunto, quelle verità nascoste (spesso persino a noi stessi) che solo a volte (o troppo tardi, ma forse no) vengono rivelate. Con un colpo di scena finale.

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Le mezze verità di Elizabeth Jane Howard, traduzione di Manuela Francescon, Fazi Editore, pp. 329, €18.50

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