Simona Scravaglieri, blogger di "Letture sconclusionate"
Simona Scravaglieri, blogger di “Letture sconclusionate”

Io sono una di quelle che il freddo, quando arriva, lo festeggiano. Non è solo legato al fatto che il caldo non lo amo particolarmente ma proprio alle stagioni e ai loro colori predominanti. Per me l’arrivo dell’autunno è blu come il cielo nelle giornate limpide, è rosso come il fuoco del camino che accendo per salutare i primi freddi e nero come il tè che mi piace bere con un bel libro in mano. Ringrazio Giuditta e Valentina de “La biblioteca di Babele” per avermi coinvolta in questa interessante rubrica.

BLU

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Come il cielo e il mare, un sottile collegamento con Palermo e Valentina che mi passa il testimone e il colore netto del cielo autunnale romano che si prepara al grande inverno. A casa mia oggi si ritrova con la raccolta di raccolti di un autore romano: Daniele Titta. Una copertina d’impatto, con tutte le gradazioni del blu e qualche incursione a contrasto. E’ un po’ come le storie racchiuse al loro interno, sembrano correlate ma ognuna rivendica la sua identità e particolarità. Il racconto è una scoperta che ho fatto da grande. Ebbene sì, mi pento e mi dolgo di aver detto da giovane che i racconti non mi piacevano! Ma, a mia discolpa, posso dire che i racconti che più apprezzo oggi sono quelli con una netta impronta contemporanea e americana; sono lavori sperimentali sospesi fra il “potrebbe essere un romanzo” e ti voglio riassumere il tutto in un’unica immagine. A detta dell’autore “ci sono storie che per essere tali non serve siano romanzi, anzi se venissero così trattate perderebbero la loro forza” e io aggiungo, che il talento di un bravo scrittore non sta nello scrivere storie ma a renderle perfette anche se si svolgono in mezza pagina. Daniele questo talento lo ha, portandoci in giro in luoghi diversi, in mondi a volte verosimili, a volte fantastici e in altri reali. Un modo come tanti per raccontarci attraverso la metafora della scrittura e per guardarci da fuori, un libro imprescindibile per chi ama la letteratura, ovvero quella che ci sa parlare, e che sa che non è finita vent’anni fa.

ROSSO

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Io la vedo rossa, ma anche rosa, e c’è anche del verde. Lui è il serpente che non può cambiare la sua natura e che non può nemmeno negarla. E’ così, come lo siamo tutti noi, possiamo scegliere di modificarci ma non possiamo annullare il nostro io. Il punto è scegliere come apparire e scegliere come vivere, non c’è un modo giusto e nemmeno uno sbagliato, non esiste una regola, a parte quella della natura e della nostra essenza. Il profondo controsenso dell’essere nel mondo contemporaneo è il tema di questa raccolta di Rita Bullwinkell, una ventata di aria fresca, con Titta, in un contesto come quello italiano ancorato in una concezione della letteratura a volte troppo leccata o che si limita al vecchio modo di raccontare il nostro mondo. Anche qui sono racconti, anche qui nascono e si svolgono come fossero romanzi anche se sono scritti a volte molto brevi, e sono geniali nella loro metafora assurda. Rita è provocatoria, diretta e semplice. Non servono tante parole se hai presente dove stai andando, non servono orpelli se il mezzo che hai per arrivarci è d’impatto. Se alla Austen dovremo sempre riconoscenza per l’inizio di “Orgoglio e pregiudizio” a Rita dobbiamo lo straordinario talento di essere riuscita a sintetizzare la visione multiforme femminile con pragmatismo e di aver trovato un nuovo modo per raccontarla e permettere a tutti di guardarci dentro.

NERO

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E’ il colore predominante di questo grapich novel sospeso fra la questione femminista e la rivalsa intelligente contro una storia che a me è sempre sembrata un po’ maldestra. Di uomini in armi narrava la parabola arturiana, sospesa fra leggenda e mito quasi mistico. Di Artù s’è sempre detto di tutto e di sua sorella in proporzione poco e nulla. Le donne, ai tempi della leggenda erano dolci donzelle cui dedicare lunghe ballate e intricati poemi; tanto amate e mitizzate vengono restituite a noi donne moderne un po’ come pupazze, senza voce e senza un io eterne icone di un misticismo creato più per chi fa arte che per chi la legge. E poi ecco che così, alla chetichella, in un momento storico in cui la questione femminista è foriera di confusione e di battaglie più di forma che di contenuto che arrivano loro… due uomini. Hanno portato un piccolo spiraglio con la loro Morgana che pur rimanendo nel mito che le è stato cucito addosso ora si può spiegare, parlare e raccontare. Una donna, una diseredata dal padre e dalla vita che nella rivalsa può apparir cattiva eppure con il suo atteggiamento è strettamente pertinente all’epoca delle vicende di cui si narra e al corrispettivo atteggiamento maschile. Ma seppur diversa, volitiva e veemente, Morgana trova il modo di rimanere femminile e sopratutto umana. Una storia da leggere e da far leggere soprattutto alle giovani per non perpetrare lo stereotipo della femminista ma il senso della salvaguardia di una questione femminista sempre aperto e sempre carente di modi nuovi e pertinenti di viverlo.

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Simona Scravaglieri cede il testimone a Irene di Librangolo Acuto, che il prossimo mese scriverà “i tre colori” delle sue letture.

I Tre Colori di Simona Scravaglieri