di Federica Pergola

Federica

 

 

 

 

Il cantante nella notte

foto di Federica Pergola
foto di Federica Pergola

 E’ ancora possibile cantare l’amore al tempo delle soap opere – e delle memorie perdute?

Persi nelle nostre vite rumorose, sappiamo ancora ascoltare il canto dell’usignolo;  siamo capaci di vedere “le stelline dorate degli appartamenti” nella notte; riusciamo a sentire “i fiori del cappero che chiudono i loro calici colmi di inebriante profumo”?

Perché altrimenti, se invece dovesse capitarci di avere sotto le nostre finestre: pini aromatici, voci canterine, un mare incredibilmente azzurro e una pioggia di meteore sulle nostre teste… e non riuscire ad esserne consapevoli…

“Se non sapete quanto siete fortunati, allora davvero non avete fortuna. Gioitene, almeno nella mente!”

Così Olja Savicevic  (scrittrice, poetessa e drammaturga)  ne “Il cantante nella notte”, definito dall’autrice “romanza”  più che romanzo, in quanto la  sua struttura poetica è davvero una specie di canto, a più voci.

C’è infatti la voce di una donna, sceneggiatrice di successo, che però per affermarsi ha rinunciato all’uomo che ancora ama (e che infatti adesso – mentre i suoi ricordi le vengono a poco a poco sottratti da un incidente stradale subito tempo prima – ancora cerca, da Spalato alla Bosnia più lontana); e c’è il suo uomo, Slavuj, artista eccentrico, che conosceremo attraverso le lettere da lui infilate nelle buche della posta dei vicini di casa, attraverso i graffiti sui muri, i fumetti a lui commissionati.

Attraverso la sua voce potente, Slavuj ci ricorda cosa vuol dire amare e godere e soffrire, ed essere “affamati di carne di speranza”; cosa è mai stata la guerra jugoslava, quel conflitto così vicino alle nostre frontiere e che però a noi è sembrato tanto lontano…

“A voi che là nella notte state facendo dei figli con zelo, auguro che quando li metterete al mondo gli diciate che nel fare la guerra non c’è niente di eroico, diteglielo nel frattempo, in ogni caso, e ripetetelo ancora qualche volta. Un giorno, quando nei libri di scuola ci sarà scritto Nel fare la guerra non c’è niente di eroico, quando i giornali titoleranno Nel fare la guerra non c’è niente di eroico, quando i generali usciranno in pubblico con il segreto militare Nel fare la guerra non c’è niente di eroico, quando dagli altari e dai minareti predicheranno Nel fare la guerra non c’è niente di eroico, quando un veterano di guerra alla sua bella mentre sono distesi e nudi come bambini sussurrerà Nel fare la guerra non c’è niente di eroico, e neanche di romantico… allora avremo davvero, dopo tanto tempo, una notizia importante.”

Ci ricorda quanta profondità di pensiero e di bellezza (e quanta frustrazione!)  può giungerci dai libri:

dalle “pagine meravigliose di Puskin, Gogol, Turgenev, Dostoevskij, Tolstoj, Goncarov, Saltykov-Scedrin, Potapenko e questo mi esaltò e insieme (a lungo) mi respinse dal pensiero di scrivere. Quanto avevo letto mi sembrava così inarrivabile.”

Mentre noi viaggiamo attraverso la Dalmazia sulla cabriolet della sua ex moglie, una donna che cerca il suo amore (già) perduto, prima che l’intera sua esistenza le sfugga insieme alla memoria

“Ha lasciato delle lettere prima di andarsene, non sono proprio scritte a me, ma le ha lasciate per me. Quando le leggo, sento la sua voce, è la voce del mio giovane marito (…) E da quando ho letto le lettere, ma forse anche da prima, ho deciso di trovarlo.  Eravamo fantastici insieme, così giovani e innamorati, erano fuochi d’artificio, caro. E sapevamo di essere felici e di essere vivi. Ti senti vivo tu? Questo non ci ha risparmiato dall’infrangere il cuore l’uno dell’altra, quando mai, dissi io. Quando mai.”

E alla fine di questo viaggio così intimo e delicato, questa storia apparentemente piccola sembra ben sposarsi con una frase della sua protagonista:

“anche se inesperta in amore, ero abile con le parole, sapevo rendere il poco, abbastanza”.

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“Il cantante nella notte” di Olja Savicevic Ivancevic, traduzione di Elisa Copetti, L’asino d’oro edizioni, pp. 190, €16.00

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