di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Narrazioni che nascono dalle librerie.

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Le librerie sono contenitori di storie e per poter stare in piedi devono saper creare una comunità a partire da quelle storie. Le narrazioni che nascono all’interno di una libreria ma anche in Rete scaturiscono dalla scelta dei libri, dai racconti legati a quella libreria, dai librai ma anche dagli autori e le case editrici che vengono ospitati. In questi racconti e narrazioni che nascono in libreria ci deve essere sempre una umanità toccante che coinvolge il lettore.
A proposito di storie da narrare… Qualche giorno fa un giornalista mi ha scritto a proposito delle mie NonRecensione su “Vincoli” di Kent Haruf che io devo limitarmi a vendere libri, a fare il libraio e non allargarmi in territori che non sono i miei. Con il dovuto garbo, gli ho fatto capire che il mestiere del Libraio é profondamente cambiato negli ultimi anni e che se si vogliono vendere libri e non biro e non matite e non souvenir e bicchieri di vino devi attrezzarti a saper fare di tutto intorno a un libro. Anche raccontare Storie. Ho cercato di tranquillizzarlo, spiegando che non è mia intenzione sconfinare in campi che non sono di mia competenza. Occorrono competenza e professionalità per certi mestieri, ed io non ho strumenti tecnici per fare recensioni e non ho fatto un percorso di studi sull’analisi critica, per cui mi limito a mie impressioni, a piccole cronache e narrazioni, cercando semplicemente di coinvolgere. Io, certo, faccio di mestiere il libraio e lo rivendico pure a gran voce. Ma se il mio scopo principale è quello di andare ad intercettare il pubblico dei lettori pigri e dei non lettori e farli diventare lettori veri, iper-lettori, questo implica anche mettersi un cappello di lustrini e le piume di struzzo al collo. Sì per vendere libri si deve fare anche quello che io chiamo lo sciò. Stupire e raccontare storie. Se vuoi creare una comunità intorno ai libri, non puoi assolutamente pensare di startene nascosto dietro una scaffalatura e togliere la polvere. I libri se vuoi venderli li devi comunicare. Ecco perché anche questa settimana è arrivato in Libreria il nostro fotografo Emiliano con la sua attrezzatura e gli specchi e io e Alice siamo andati fuori a fare i “Poseur”. E siamo felici quando in libreria arrivano quei tre monelli di Jacopo Masini, Ivano Porpora e Roberto Camurri e ci aiutano, con ironia, a rendere vivaci le presentazioni, frizzanti le serate intorno ai libri. Queste sono le belle narrazioni che scaturiscono in libreria e quando a fine presentazione vedi i lettori circondare la cassa per acquistare i loro libri, anche quelli vecchi di qualche anno, allora dici: – questa formula funziona. Questo allargarsi aiuta.

E’ accaduto Mercoledì 7 novembre alle alla presentazione del libro “L’amore prima della fine del mondo” di Jacopo Masini, pubblicato da Epika. Con l’autore erano presenti i suoi amici/compari, gli scrittori Ivano Porpora e Roberto Camurri. Si è parlato dei protagonisti del libro, di matti e follia, del gioco degli scacchi e di un fattaccio e un finale che non si potevano raccontare. “L’amore prima della fine del mondo” è un romanzo di formazione. Racconta la storia di Vanni, un uomo di 27 anni che vive a Parma, fa l’educatore in una cooperativa sociale e si occupa di due matti: Gusta e Nico. Vanni vuole andarsene, vuole lasciare Alice, la ragazza con cui sta, e vuole – senza saperlo – distruggere tutte le cose a cui è legato: la sua città, il suo lavoro, il barlume di amore che prova e il suo passato. La storia si svolge nell’arco di un’estate destinata a cambiare per sempre la sua vita e quella di moltissime altre persone. Un’estate in cui la follia, il desiderio, i ricordi, il sesso, i rimpianti e la forma delle cose si mescolano fino a esplodere. E a lasciare sul terreno pesanti macerie. “L’amore prima della fine del mondo” è un romanzo in cui, sotto la veste leggera dell’ironia, si apre lentamente la lunga e inesorabile crepa della tragedia.

Anche il Sabato precedente, 3 Novembre, in una giornata dove altrove si celebravano polverose messe cantate, da noi si raccontavano storie. Storie belle dell’Editoria giovane con la presentazione del libro” Le stelle cadranno tutte insieme ” di Iacopo Barison, Fandango Libri.
_2011640Un ragazzo appena trentenne l’autore, che con grande garbo e sincerità ha raccontato un suo percorso nella scrittura di tutto rispetto, a partire da “Stalin + Bianca”, il romanzo d’esordio nel 2014 per Tunuè che sta diventando un film del regista Daniele Ciprì. Ci ha raccontato come è accaduto che a dicembre scorso è uscito un suo racconto inedito per McSweeney’s, la più importante rivista letteraria statunitense fondata dal celebre Dave Eggers, che fra gli altri ha pubblicato autori come Zadie Smith, Stephen King e David Foster Wallace. Barison è stato in assoluto il primo italiano a finirci sopra. Ci ha raccontato come un bel giorno sia arrivata la telefonata di Lorenzo Jovanotti che aveva letto quel racconto su McSweeney’s e abbia voluto pubblicato un altro suo racconto inedito su SBAM!, la nuova rivista di Jovanotti. Storie e narrazioni di autori che coinvolgo i lettori in libreria e fanno bene al sistema letterario. Ragazzi giovani che con la loro presenza e freschezza premiano realtà indipendenti come la nostra dandogli anche una forma di spessore concreto.
“Le stelle cadranno tutte insieme” racconta il legame fra tre ragazzi che abbandonano la provincia con un solo obiettivo: diventare famosi. I tre sono: la voce narrante, Aria e Danny. I tre hanno un unico obiettivo: la voce narrante vorrebbe diventare uno sceneggiatore e fare tanti bei film. Aria, eterea e bellissima figura come il suo nome , vede i morti intorno a sé ed è convinta di poterci parlare , ha un fratello problematico, con dipendenza da droghe. E Danny, che:

“a soli diciassette anni aveva iniziato a definirsi bisessuale. (…) anche se nella vita di Danny, a differenza di altri adolescenti, le cose accadevano e basta.”

e vive la sua vita come se fosse un film epico e lui il protagonista. Aria e Danny, giovani di bell’aspetto, mirano a diventare attori. Infine c’è l’io narrante, l’anima inquieta del trio, che vorrebbe scrivere una sceneggiatura per leggere il suo nome sul grande schermo. I tre hanno un ottimo rapporto di amicizia, fanno sesso con libertà, e inseguono questo unico comune sogno: diventare famosi. Ma si scontrano, inevitabilmente, con le insidie e le trappole del mondo attuale, buio ed oscuro che tende ad inghiottirli. Intorno ai personaggi principali, inoltre, ruotano individui che solo all’apparenza fanno da corollario: da Zoe, giovane acqua e sapone e Louboutin, genitori un po’ assenti, la moglie dell’agente che non si rassegna alla sparizione del marito. E poi: Ufo, alieni, conversazioni con le anime dei defunti, e persone scomparse. Su tutto una pletora di argomenti, dal sesso alla morte al cinema, spunti di riflessione profonda per un lettore attento. Il romanzo accompagna i protagonisti attraverso una città scintillante e frenetica, eppure piena di ombre, dove ognuno tenta di inseguire la propria idea di felicità tra fantasmi, misteriose sparizioni e avvistamenti UFO.

Invece Sabato 10 e Domenica 11 le nostre narrazioni hanno visto un intero weekend ai Diari con The FLR – The Florentine Literary Review, la rivista giunta al suo quarto numero. Si è iniziato di buon mattino con un partecipatissimo Laboratorio di scrittura autobiografica giunto alla sua 3a edizione ai Diari di Bordo con il titolo “PAESAGGI DELL’IO” a cura dello scrittore e direttore editoriale della rivista Alessandro Raveggi. Il laboratorio nella sua versione intensiva ha offerto ai suoi partecipanti un vero e proprio corso base fornendo tecniche, consigli, revisioni, letture, esercizi e dibattito, a partire dalla letteratura autobiografica: da «Autunno», l’ultimo romanzo di Ali Smith uscito per Big Sur, alla trilogia di “Abbacinante” (Voland) di uno dei più interessanti scrittori dell’Est Europa, Mircea Cartarescu; da ” La Tregua” di Mario Benedetti a “Il Posto di Annie Ernaux”(L’orma), dall’Antologia “Panamericana” de La Nuova Frontiera via via fino a “Archivi del Nord” di Marguerite Yourcenar e “Ritratto in piedi” di Gianna Manzini e a William T. Vollmann con “Ultime storie e altre storie” e a Roberto Bolano con “Notturno cileno ” per finire con Álvaro Enrigue e “La morte di un artista” (La nuova Frontiera). Ogni partecipante si è trovato a dialogare con il curatore e gli altri iscritti, condividendo i propri materiali già approntati, e partecipando a esercizi di gruppo, nonché scoprendo e leggendo autori vecchi e nuovi.
La serata di sabato 10 novembre ha visto a conclusione della giornata di corso la presentazione esclusiva del numero 4 della rivista The FLR “Paesaggio / Landscape”, assieme anche a Martino Baldi, caporedattore della rivista, e alcuni autori.
I racconti di questo numero sono di Giusi Marchetta, Giampaolo Simi, Ruska Jorjoliani, Azzura D’Agostino, Andrea Inglese ,Carmen Pellegrino, Simona Baldanzi, Francesco Targhetta. Le illustrazioni della rivista sono di Franz Lang.
Traduttori Johanna Bishop, Frederika Randall, Jamie Richards.

“Non è detto che per parlare di paesaggio si debba necessariamente rimirare (o tanto meno apprezzare) un altrove, perché il paesaggio è fatto di sguardi abbagliati quanto di sguardi introspettivi. Che poi questo Paesaggio si chiami nel nostro caso Italia, rende le cose ancora più complesse: per gli italiani, il paesaggio è sia patrimonio che fragilità, un retaggio da amare quanto una costante possibilità di deturpazione ambientale e storica.” (Dall’editoriale di Alessandro Raveggi)

Lunedì 12 Novembre le narrazioni in libreria sono continuate e in collaborazione con Il Circolo “Grazia Deledda” abbiamo preparato una serata all’insegna del racconto e della condivisione di narrazioni risalenti al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Lo scrittore e giornalista sardo Giacomo Mameli ha raccontato al pubblico, attraverso i suoi libri, le testimonianze di guerra di coloro che hanno vissuto con i propri occhi l’orrore di quegli anni. Un’occasione per conoscere un pezzo importante della nostra storia attraverso la narrazione di vere esperienze di vita.
A Dialogare con il direttore del mensile “Sardinews” è stato lo psicologo e scrittore Andrea Cabassi. In passato, Mameli, ha lavorato all’Unione Sarda” e collabora attualmente con “La Nuova Sardegna”. Ha condotto per vent’anni svariati programmi televisivi di approfondimento politico e culturale.
Si è partiti da “La ghianda è una ciliegia”, un libro scritto da Mameli e pubblicato da da CUEC Editrice nella collana Itaca.

«Eravamo alla metà dell’anno 1942. Anno nero di fame, anno rosso di sangue, anno bianco di neve, anno livido di geloni. A settembre sono ancora a Gaza Petovhoka e ho una bella sorpresa. A un certo punto compare davanti a me un mio compaesano, Pierino Monni, il cacciatore di lepri e conigli. Aveva con sé una borraccia di vino diventato un pezzo di ghiaccio».

Giacomo Mameli, giornalista coraggioso, conoscitore in profondo della Sardegna più remota, dà voce in queste pagine ai senza-parola, ai “vecchi ragazzi” della seconda guerra mondiale, protagonisti di una epopea tra le più tragiche della nostra storia contemporanea. Una specie di Spoon River sardo, è stato definito. Se non fosse, che molti di questi testimoni, sono ancora in vita: centenari, ma sempre lucidissimi.
Il titolo del libro rimanda a una frase raccolta dall’autore:

«Mangiavamo le ghiande e, quando le trovavamo, ci sembrava avessero il sapore delle ciliegie, tanta era la fame».

Il tempo è quello drammatico della seconda guerra mondiale. Una grande tragedia collettiva nella quale in tanti, come i poveri pastori e contadini di Perdasdefogu si trovarono loro malgrado coinvolti e poi finirono per esserne le vittime, senza nulla conoscere e nulla sapere, ignari e inermi di fronte alla schiacciante violenza della storia implacabilmente nemica.
Storie terribili con protagonisti sinora rimasti senza volto né voce: come Vittorio Palmas, noto Cachedda; o Peppino Carta, Coa Allutta; o Mario Casu de Saveriu; o Mario Demontis, Cancius; o Antonio Lai, Scòttula; o l’altro Vittorio Palmas detto Cazzài. Storie di infanzie scalze passate a giocare in campagna, di adolescenze piene di sogni bruscamente interrotti, di amori tenerissimi mai sbocciati sino in fondo, di amicizie paesane durate tutta una vita. E di partenze per fronti lontani, senza capire dove e perché; di sofferenze inaudite; di freddi polari affrontati all’addiaccio, con addosso misere divise di panno; di malattie mal curate; di ordini assurdi. Di amici e compagni caduti senza scopo. Alla dura realtà della guerra fa da contraltare la dolcezza dei ricordi foghesini: popolati quasi sempre dalle ragazze rimaste in paese, ad aspettare. Quelle giovani donne straordinarie cui il libro dedica pagine emozionanti, citandole, per la prima volta anch’esse, per nome e cognome: Maria Cercapane, che

«vagava in cerca di cibo come la volpe affamata in cerca di uova e galline»;

o Luigina Mura, sposa nel 1940 di un ragazzo che morirà in guerra dopo averle dato il piccolo Raimondo:

«Noi sole – racconterà ormai vecchia a Mameli –. Senza mariti e senza fidanzati. Ogni tanto arrivava un telegramma…».

Una storia dal basso. Intessuta non di documenti scritti ma di ricordi, pazientemente sollecitati, registrati, trascritti, ricuciti insieme.
Tra i libri che troverete in libreria dello scrittore ogliastrino c’è anche “Come figlie, anzi. Donne migranti raccontano”, edito da Cuec.
Il libro narra le vicende di dodici donne, provenienti da quattro continenti (Europa,Asia, America e Africa), che lavorano in Italia soprattutto come badanti. Le dodici biografie diventano narrazioni corali che tracciano i cambiamenti in tutto il mondo.Donne – come conferma nella sua postfazione la sociologa Sabrina Perra – con buoni livelli di istruzione e qualificazioni professionali elevate, che fuggono da Paesi lacerati da crisi economiche e conflitti politici per poter guadagnare di più e garantire una vita migliore ai propri figli.Donne che condividono storie di vita drammatiche, con la costante della violenza domestica. Donne senza le quali migliaia di famiglie sarde, che da loro dipendono per l’assistenza soprattutto di anziani e ammalati, sarebbero perse. Ci sono storie tristi e a lieto fine. E c’è anche la storia di una badante sarda, laureata in Lingue ed emigrata a Londra dopo avere tentato invano di trovare lavoro nella sua Isola.
“Le ragazze son partite” è un altro bellissimo libro di Giacomo Mameli, edito da Cuec . Lunedì 12 novembre alle 18.00 ospiteremo in libreria Giacomo Mameli, uno dei migliori giornalisti sardi della sua generazione. Sulla copertina del libro una donna non più giovanissima, vestita di bianco, vezzosa gonna a pieghe, scarpe bianche eleganti, un bimbo in braccio, un altro, irreprensibilmente vestito da ometto al suo fianco. E’ la storia di una ascesa sociale, individuale e di gruppo. Di un riscatto, anche. L’escalation delle ragazze di paese, poverissime, partite dagli anni Cinquanta in poi dalla Sardegna agropastorale per “andare serve” in continente.
Un salto epocale, inimmaginabile per chi non sa come era allora la Sardegna interna: alle spalle delle ragazze la miseria senza speranza di certe zone dell’Ogliastra, o del Campidano, o della Barbagia profonda; di là dal mare il mito luccicante del benessere, il riscatto sociale, i soldi sicuri da mandare a chi è rimasto a casa a far la fame; e le prime toilette da “signora”. Il libro si risolve in una serie di ritratti fulminei ma efficacissimi di giovanissime donne, diciassettenni, al più ventenni: scalze, a lavare i panni nel fiume, a mungere la vacca e a governarla, a dare una mano nella tanca.Innamorate spesso del ragazzo del cuore, senza dirglielo. Piene di speranze e illusioni ingenue, di sogni, in un paese che non offre nulla a chi sogna. Poi ecco il viaggio: la levata all’alba con la morte nel cuore, addio ai parenti, al ragazzo, alle amiche. E la corriera, per Cagliari o Olbia, e la notte in nave, stipate con tante altre compagne di avventura, e poi il treno da Civitavecchia a Roma, o sennò a Milano. I padroni, la signora continentale. Non sempre e non per tutte va bene. C’è anche il maturo professionista che ti butta subito le mani addosso, convinto di poter tutto su di te, solo perché ti paga un salario. Ci sono le umiliazioni: le “sardignole” , le chiamano. Ma ci sono anche le fortunate: alcune vanno a servire in case di gente per bene, intellettuali persino. Tullio Kezich, del quale la servetta sarda diventa alla fine – diplomandosi in dattilografia – l’indispensabile segretaria; o i Segni (persino la visita al Quirinale), o il grande De Chirico. Ad una capita di conoscere Antonioni e finisce nel set di “Deserto rosso”, ad accudire un bambino promosso sul campo piccolo attore. Per molte la vita cambia radicalmente. Il lavoro dà reddito, ma anche fa salire nella scala sociale. C’è ci si istruisce, tutte imparano l’italiano. La sera sono a Termini, dove si radunano le sarde a Roma, a scambiarsi esperienze e progetti. Lì ci sono i ragazzi in divisa, i militari di leva sardi di stanza a Roma. Si parla di nuovo il dialetto. Si scherza. Nasce qualche amore. Chi conosce ragazzi laboriosi, di Roma o di Milano magari, si sposa. Interi quartieri (a Roma il Tuscolano) parlano adesso con accento sardo. I due mondi, quello lasciato nel passato e quello del presente, proiettato verso il futuro, sono come due metà di una mela spaccata: si torna in paese per essere invidiate, o chiacchierate come “signore”. Alla messa il prete non vuole vedere trucco in faccia, né tacchi ai piedi. C’è in paese chi sfotte l’accento romanesco o continentale : una feroce battuta sarda definisce “mighezza” questa deformazione della pronuncia: da “mica”, interlocuzione che fa tanto continentale, ma che le guardie di finanza sarde e forse anche le servette oltre mare pronunciano con la “g”, “miga”, perché credono sia più raffinato. Eppure, nella trama di questa migrazione di ragazze giovani, incolte, inesperte, ingenue avviene un miracolo: c’è un ascensore culturale e sociale, un potente elevatore di vite altrimenti senza speranza, che le premia, le salva dalla maledizione eterna della miseria e dell’invecchiamento precoce consumate dai lavori pesanti del paese, le fa se non proprio signore per lo meno donne, consce dei propri diritti e della propria dignità.
Storie esemplari, che parlano più di saggi di sociologia.
Libro bellissimo, insomma, emozionante persino. Pieno di dettagli concreti. Resta il senso drammatico della rottura tra i due mondi, il dolore dello strappo, la nostalgia inestinguibile del paese, della infanzia. Non sono più scalze, le ragazze di Foghesu partite quel mattino con la corriera e con la morte nel cuore. Non hanno più le gambe graffiate e le mani callose. Portano adesso scarpe alla moda, la borsetta, e il trucco al viso che non piace al prete della chiesa foghesina. Epperò sembra che nelle loro storie vincenti rimanga in eterno un nodo irrisolto, un grumo nascosto di sofferenza umana e di nostalgia invincibile.

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Ancora narrazioni Mercoledì 14 novembre con la presentazione di “Bisesto”, il nuovo romanzo di Andrea Vismara, edito da Spartaco. Lo scrittore, musicista, e instancabile camminatore, già autore di “Iddu. Dieci vite per il dio del fuoco “, del diario di viaggio “La mia Francigena” e I giorni di Postumia” (entrambi per Edizioni dei Cammini di cui oggi è il responsabile editoriale), torna ai Diari ancora una volta per raccontare questa piccola favola gotica, per provare a vedere la morte con occhi diversi.

10 gennaio 2016: David Bowie lascia la terra su cui era caduto, per la sua ennesima e definitiva trasformazione. Non è il primo e non sarà l’ultimo decesso eccellente di questo annus horribilis, un anno bisesto.
In una Venezia lugubre e assediata dalla nebbia, strani gruppi d’insetti si aggirano per le calli e La Carcasse Dansant, meteora della new wave italiana anni ’80, torna a vivere per celebrare con un one night show il trentennale del loro unico disco. Perfino la Morte ha scelto Venezia per un soggiorno lugubre e non è un viaggio di piacere ma di lavoro: c’è un’anomalia da riparare, una vita da salvare e una da recidere, e per farlo serve un gioco macabro. Sarà nei cimiteri monumentali che Flavio e il suo antagonista misterioso dovranno cercare gli indizi per risolvere l’enigma, vincere la sfida e salvare la pellaccia.
«Ti piace giocare, Flavio?». Una domanda banale se non fosse che a fargliela a bruciapelo è la Morte in persona, infida, bellissima, dopo una superba notte d’amore. Kidda, al secolo Flavio Tosetto, è il bassista del gruppo new wave La Carcasse Dansant con un unico disco all’attivo uscito negli anni ’80.
Una macabra sfida che parte da Venezia e ci accompagna per i cimiteri della Serenissima, di Roma, Milano, Genova, Firenze… Mancano pochi giorni al Carnevale, termine ultimo per scamparla o tirare le cuoia. Tra animali guida e, udite udite, Helenio Herrera, Basaglia, Trilussa, Gassman, per citare solo alcuni dei famosi fantasmi, la penna di Vismara, beffarda, ci trascina in un thriller dalle atmosfere surreali.

Nello Zaino di Antonello: Narrazioni che nascono dalle librerie.