di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Emancipazione femminile in Letteratura.

A Natale regalate un Buon Libro, e se é il libro di una Scrittrice Donna, molto meglio!

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In questi giorni infuriano le polemiche intorno ad una campagna pubblicitaria sessista e anacronistica di un noto marchio di gioielli che palesemente, e lo dico senza esagerare, sostiene la violenza di genere. Sullo sfondo verde di un grande manifesto, a caratteri cubitali si chiede: “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora: secondo te cosa la farebbe felice?”. Lanciare una campagna pubblicitaria per Natale, così ben studiata e con l’intento, forse, di essere spiritosi, sicuramente avrà raggiunto lo scopo di attirare l’attenzione su una merce da vendere, ma ha tenuto poco conto del messaggio che è passato. La delusione più grande è stata scoprire che ad idearla sono state delle donne che hanno dichiarato di averla pensata in modo ironico. Spiacevole dover ammettere che si è palesemente ragionato contro un genere. Al netto di tante Donne che vengono quotidianamente sottomesse, picchiate, massacrate, quelle scritte diventano molto offensive se raccontano solo di uomini incapaci di regalare cose che abbiano a che fare con il cervello. Perchè non citare un libro, ad esempio? Le Donne sono il settanta per cento delle Lettrici in Italia. Un numero considerevole. E invece si preferisce scegliere tra un ferro da stiro per stirare le camicie dei maschi, un grembiule per preparare del cibo, o un bracciale sbirluccicoso da bel trofeo di appartenenza. La mia amica lettrice Paola Montermini sulla sua bacheca di Facebook ha giustamente scritto che ” sono messaggi come questo a creare quella banalizzazione nella percezione dei generi, quel binarismo a cui nessuno pare possa sottrarsi se non ribellandosi. Quella banalizzazione che crea luoghi comuni, pregiudizi, mistificazioni e che è alla base della violenza di genere (oltre che a una serie di altre problematiche)”.

Ecco perchè sul Blog di una Donna, Giuditta Casale, io ho deciso per questa settimana di invitare tutti a regalare Libri per Natale, e se sono libri scritti da Donne ancora meglio!

2Ai Diari abbiamo sempre dato molto spazio alle Scrittrici Donne ed Esordienti. La settimana scorsa, ad esempio, è toccato ad Anna Alagi con il suo “L’equilibrio perfetto della felicità” e assieme a Fabrizia Dalcò, che da anni combatte la sua guerra contro le Discriminazioni, a lungo abbiamo trattato proprio di questi temi. Il Giovedì successivo abbiamo ospitato Manuela Diliberto e il suo ” L’oscura allegrezza” e martedì 12 è stata la volta di una una scrittrice internazionale, proveniente dalla Francia, Stéphanie Hochet e il suo “Un romanzo inglese” edito dalla casa editrice Voland di una donna come Daniela Di Sora. Tante saranno le Donne che ospiteremo anche con il nuovo anno a partire dal grande ritorno di Elisabetta Bucciarelli, altra grande Donna e Guerrigliera, con il suo “Chi ha bisogno di te”. 

Le difficoltà che una Donna di Talento ha nel poter pubblicare un libro sono tante. Gli autori, in una libreria, sono in sovrannumero rispetto alle autrici e questo perchè, diciamolo, in ambito editoriale non ci sono le stesse possibilità e gli stessi trattamenti per un uomo e per una donna, come in molti altri ambiti. In questo paese irrimediabilmente maschilista anche nel mondo dei Libri imperversa una forma di differenza e di discriminazione. Ovvio che i brutti libri, come quelli belli, non hanno sesso. Però rimarchiamolo che esistono penne femminili molto brave e molto interessanti e capaci di scrivere libri con dentro delle buone storie.

Giovedì 7 Dicembre Manuela Diliberto ha presentato da noi e con grande disinvoltura “L’Oscura Allegrezza”(La Lepre Edizioni) assieme a Ivano Porpora.
Manuela fa l’archeologa e vive a Parigi e ha un fratello famoso, il regista e il conduttore televisivo Pif. “L’oscura allegrezza” è il suo primo romanzo pubblicato, ambientato in un 1911 che fra nazionalismi, femministe in lotta ed Europa in crisi, ci ricorda molto questo nostro 2017.

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Siamo a Roma, proprio nel 1911 e alla vigilia di cambiamenti che trasformeranno l’Europa. Giorgio,il protagonista è un giornalista di famiglia borghese, e si abbandona all’inerzia rassicurante di un socialismo di facciata. L’incontro con una giovane donna indipendente lo allontanerà da ciò che gli è più caro per spingerlo verso un cammino scomodo, unica via per la felicità. Riuscirà a cogliere la possibilità di un amore irripetibile, unico nella sua intensità? Attraverso un racconto che ha la freschezza della narrazione spontanea, Bianca, una ragazza emancipata che ha scelto di vivere una vita comunista e militante, tiene un diario intimo. Una grave malattia e l’inaspettata irruzione nella propria vita di una passione tanto struggente quanto inverosimile, la porteranno a mettere in discussione le convinzioni più incrollabili. Il racconto di Giorgio, che dopo cinquant’anni ritorna sul proprio passato, si confronta così con le confessioni intime di una giovane donna dal destino drammatico, con un cambiamento di prospettiva che ricorda il capolavoro di Kurosawa Rashomon.
Al termine del romanzo, un’intervista a Pif sul tema “scegliere o far finta di niente?”.
Attualmente Manuela Diliberto lavora ad un progetto letterario sul rapporto della società occidentale con l’Islam. 
21617796_10214208517717546_3640312078195227053_nMartedì 12 Dicembre abbiamo ospitato in esclusiva la scrittrice Stéphanie Hochet, autrice di “Un romanzo inglese” nella traduzione di Roberto Lana.

Siamo sempre ai primi del Novecento. Esattamente nel 1917, campagna inglese. Anna e Edward, coppia della media borghesia, decidono di assumere una governante per il loro bambino di due anni. Quando Anna si reca alla stazione per accogliere la prescelta scopre che in realtà si tratta di un uomo. In breve tempo George, questo è il suo nome, saprà conquistarsi la fiducia e l’affetto del bambino, suscitando la gelosia di Edward, che sospetta una relazione tra lui e la moglie. Sullo sfondo della Prima guerra mondiale, un romanzo che tratta l’emancipazione femminile, la maternità e l’identità sessuale.

Nata a Parigi nel 1975, Stéphanie Hochet esordisce a ventisei anni con il romanzo “Moutarde douce”, a cui seguono altri nove libri, pubblicati dalle più importanti case editrici francesi (Laffont, Stock, Fayard, Flammarion). Nel 2009 riceve il Prix Lilas e nel 2010 il Thyde Monnier de la Société des Gens de Lettres. Ha curato una rubrica per “Le Magazines des Livres” e collaborato con “Libération”.
Di questa scrittrice innovativa abbiamo abbondandemente consigliato anche i suoi due romanzi precedenti tradotti da Voland: “Sangue Nero” ed “Elogio del gatto”.

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In “Sangue nero”, tradotto da Monica Capuani, il fascino esercitato dai tatuaggi spinge il protagonista a disegnare per un tatuatore, il suo amico Dimitri. A lungo incerto se cedere alla tentazione di offrire la propria pelle ad aghi e inchiostro, è una frase latina sul trascorrere delle ore, Vulnerant omnes, ultima necat, a fargli cambiare idea. Il tatuaggio che Dimitri realizza sul suo plesso solare è destinato a stravolgergli la vita e il rapporto con le donne. In breve però le prime parole iniziano inspiegabilmente a sbiadire e l’uomo avverte i sintomi di uno strano malessere… Uno stile denso e potente per un romanzo ai confini del fantastico, una meditazione sensuale sul sangue e la scrittura, l’oblio e la memoria.

12987200_478592782329220_2060942682898517391_n“Elogio del gatto”, tradotto da Roberto Lana, ci porta nel mondo dei Felini. In modo discreto ma prepotente, misterioso e affascinante, il gatto occupa intere pagine della letteratura mondiale. La sua complessa personalità gli permette di interpretare il ruolo del despota, dell’amante, del complice, del dio. Vive nelle nostre case, ci prendiamo cura di lui, eppure rimane per noi un eterno enigma, un punto interrogativo a quattro zampe. Stéphanie Hochet, attraverso le parole di grandi autori come Colette o Amélie Nothomb, ci svela gli infiniti volti di questo animale flessibile per definizione e la sua capacità di restituire il lato nascosto dell’uomo, la sua parte in ombra. E cosa più di un gatto assomiglia a un’ombra?

0913_COP_10650_BeMyQueen_OK.inddA febbraio dicevamo torna Elisabetta Bucciarelli con il suo nuovo romanzo “Chi ha bisogno di te” pubblicato all’inizio dell’autunno da Skira.
Un piccolo gioiello dalle intense pagine in cui vieme sviluppata una storia delicata di sentimenti e di crescita. La protagonista è una ragazzina di nome Meri con tutte le complicanze dei suoi diciassette anni. Figlia di genitori separati Meri non ha ancora trovato il suo primo amore, lo cerca ma non lo trova. Esistono molti modi per innamorarsi e altrettanti per chiudere un amore. Ci sono uomini che sanno aspettare, padri che cercano le parole per crescere i figli e poi c’è lei, Meri, questa giovane donna con un dono speciale. La ragazzina si divide tra scuola e casa, dove vive con una madre che la educa all’amore per le piante e ai loro semi e che la educa ai sentimenti citando, in ogni occasione, le frasi delle canzoni dei Queen. Vicino a lei una madre che la educa ai sentimenti con le canzoni dei Queen. Meri a scuola ha Sara, la sua migliore amica, e le due si dividono tra libri, quaderni, chiacchiere e giochetti da ragazzini fino a quando la protagonista, con il suo immenso desiderio di innammorarsi, comincia a ricevere biglietti anonimi scritti a mano. Mentre cerca di scoprire chi sia il mittente, un marito tradisce la moglie e un altro viene abbandonato per disamore. Tra un messaggio e una domanda sbagliata, un’ape in trappola e una canzone di Freddie Mercury, ciascun personaggio arriverà a svelare a se stesso più di un mistero e forse a intuire la bellezza legata all’imprevedibile dell’esistenza. «Chi ha bisogno di te» è una storia che parla d’identità e di come il nostro modo di amare non dipenda solo da noi ma, soprattutto, dagli incontri che la vita ci propone.

A proposito di Donne e Amiche valide… grazie alla Libreria Modus Vivendi di Palermo ho conosciuto un paio di anni fa due belle persone dall’anima che profuma di buono. I loro nomi sono Stefania Auci e Francesca Maccani. Amicizia consolidatasi nel tempo sui social, tra scambi di vedute, consigli di libri, pareri di letture e sostegno vario. f9c87c_8cb2c38007f44793be520e8153804344_mv2_d_2273_2309_s_2Stefania e Francesca hanno scritto “La Cattiva Scuola” per Edizioni Tlön nella collana Dardi. Mentre scrivevano questo libro, credo di essere stato uno dei primi in assoluto ad averne avuto notizia. 
Una siciliana verace, l’altra trentina di Storo, si sono trovate a insegnare entrambe in una città difficile e frontiera come Palermo. Entrambe sono due professoresse molto social e i loro post che parlavano di scuola su Facebook, molto appassionati, hanno destato le attenzioni della casa editrice romana, che ha chiesto loro un saggio sulla scuola. Chi meglio di loro due, che da anni operano in ambienti di periferia difficili e deprivati dal punto di vista sociale, poteva raccontarci la scuola italiana oggi in un piccolo saggio che saggio non è?
Con un linguaggio asciutto e diretto hanno provato a raccontare alla loro maniera la loro idea di scuole e cosa servirebbe davvero per fare la buona una scuola che, nel tempo, si è trasformata da priorità che si occupava di educazione tout court a elemento di fastidio in una vita che è piena di stimoli sicuramente più accattivanti ma meno strutturanti e formativi. Oggi il problema è che non si ha più una visione dell’educazione come strumento di formazione della persona ma si percepisce la scuola come un contenitore, un parcheggio in attesa di una “presunta” vita vera. La questione dell’educazione riguarda, nel complesso, la persona e la società, riguarda tutte quelle situazioni nelle quali si verificano fenomeni che influiscono sull’apprendimento. Tali situazioni necessitano di interventi specifici, che vanno affidati a persone competenti e preparate, soprattutto quando si tratta di ambito scolastico. Le autrici di questo libro propongono una riflessione sullo stato attuale della scuola e sulle recenti riforme, analizzando aspetti sociologici e fenomeni di costume, e riportando le loro testimonianze di insegnamento in contesti particolarmente difficili, e proprio per questo esemplificativi delle responsabilità che l’educazione scolastica deve assumersi.

Cover-doppido-solo-fronte-01-600x800Concludo i consigli di lettura al femminile con una talentuosa scrittrice, lucana come me, Tiziana D’Oppido, che con “Il narratore di verità” ha esordito per LiberAria Editrice nella Collana Penne. Un libro originale che rappresenta una vera novità nel panorama letterario e narrativo. Tiziana D’Oppido è traduttrice e interprete. Collabora con case editrici e Festival letterari ed è ideatrice e organizzatrice di eventi culturali. Con i suoi racconti e con questo romanzo d’esordio, ha vinto diversi premi nazionali per l’originalità di trama e stile.
Lucio Blumenthal svolge un lavoro inusuale: gira il mondo come narratore di verità, aiuta le persone a confessare quello che non sono mai riuscite a dire agli altri.
Sarà proprio questo bizzarro mestiere a richiamarlo in Val di Brodima, dopo aver ricevuto una strana lettera nella quale suo padre Gildo, che non vede da vent’anni, gli chiede aiuto per riprendere i contatti con Sara, una donna che vive in un paese limitrofo e da cui ritiene di aspettare una bambina, Cryos.
Dopo essere tornato nel suo paese e aver iniziato segretamente a indagare su Sara, Lucio si ritrova coinvolto in un mondo fitto di misteri, intrighi e menzogne che, per la prima volta nella sua vita di narratore di verità altrui, lo costringeranno ad affrontare la sua verità, nascosta dietro falsi indizi e apparenze. Ma i segreti di Sara sono solo la punta dell’iceberg di enigmi molto più grandi e pericolosi, che finiranno per coinvolgere l’intera valle.
Tiziana D’Oppido esordisce con un romanzo incalzante e dai dialoghi serrati, dotato di un’intensa levità grazie a uno stile inusuale che coinvolge il lettore pagina dopo pagina,in un alternarsi di colpi di scena, sino al pirotecnico finale.

Nello Zaino di Antonello: Emancipazione femminile in Letteratura.