di Chiara Mezzalama

Scrittrice
Scrittrice

 

 

 

 

 

Eric Vuillard – L’ordre du jour

IMG_7194

Sono entrata un po’ per caso un giovedì sera di prima dell’estate nella libreria di quartiere La tête ailleurs. È un luogo che frequento abitualmente perché oltre a essere vicino a casa, le tre libraie Maryse, Isabelle e Sophie sono adorabili. Mi sono seduta nella piccola sala dove entrano al massimo quindici sedie, non una di più. Non conoscevo lo scrittore che stava presentando il suo libro. Diceva, lo scrittore, che l’attualità è troppo complessa per essere descritta, meglio concentrarsi su alcuni episodi del passato che possono evocare il presente ma hanno con esso soltanto un legame indiretto, lasciando grande libertà di interpretazione a chi legge; in fondo la Storia è acqua passata e gli esseri umani non apprendono da essa… Sorride.

IMG_7196Lo scrittore in questione è Éric Vuillard e il suo breve romanzo L’ordre du jour ha appena vinto il prestigioso premio Goncourt. I due episodi che ha scelto di raccontare sono la riunione del venti febbraio 1933 dei ventiquattro industriali tedeschi che decidono, chi per convinzione, chi per convenienza, di finanziare il partito nazista, e il 12 marzo 1938, giorno in cui il potente esercito tedesco ha previsto di varcare i confini dell’Austria a seguito della sua annessione al Reich. Episodi che ancora oggi ci fanno tremare ma che Vuillard descrive con una sorta di apparente distacco, salvo poi saltarti alla gola con frasi come questa: «Ciò che sorprende in questa guerra, è il successo della sfrontatezza, perciò dobbiamo ricordarci una cosa: il mondo cede al bluff. Anche il mondo più serio, il più rigido, anche il vecchio mondo, laddove non cede mai all’esigenza di giustizia, laddove non si piega mai di fronte al popolo che insorge, si piega di fronte al bluff» (la traduzione è mia, il libro uscirà in Italia l’anno prossimo).

È la dissociazione tra lo svolgersi dei fatti e le conseguenze che conosciamo a produrre un effetto terrorizzante. Il libro descrive scene surreali come il pranzo di addio in onore di Ribbentrop che lascia l’incarico di ambasciatore del Reich in Inghilterra perché è stato nominato Ministro degli Esteri. Di fronte a Chamberlain sempre più imbarazzato e sull’orlo del panico quando riceve una nota contenente la notizia dell’Anschluss, l’ospite racconta le sue prodezze sui campi da tennis e lo scrittore descrive minuziosamente tutto ciò che stanno mangiando, cucina francese bien sûr! Ribbentrop sta bluffando, si sta prendendo gioco della buona educazione inglese. La potenza dell’esercito tedesco è anch’essa un bluff perché la marcia vittoriosa del 12 marzo 1938 sull’Austria (che è già completamente «nazificata») si trasforma in un enorme groviglio di carri armati bloccati sulla strada in una giornata di sole e di freddo glaciale, provocando il più grande ingorgo della storia. «Fu allora che un minuscolo granello di sabbia si infilò nella formidabile macchina da guerra tedesca» scrive Vuillard, e poco più avanti descrive così la scena: «Ah! ma sembra un film comico: un Führer ubriaco di rabbia, i meccanici che corrono lungo la strada, gli ordini urlati all’impazzata nella lingua ruvida e febbrile del Terzo Reich».

sindelar-4

Ma non è questo che fermerà la Storia, «In questo grande bric-à-brac infernale, dove si prepara il peggio a venire, domina un rispetto misterioso per la menzogna. Le manovre distruggono i fatti; e le dichiarazioni dei nostri capi di stato saranno presto spazzate via come un tetto di lamiera da un temporale di primavera». Il romanzo di Vuillard ha qualcosa di inquietante che riecheggia con l’attualità. La sua è una sofisticata analisi psicologica della vigliaccheria umana, di quei meccanismi di negazione e di accomodamento che conducono alla catastrofe, senza nemmeno che ce ne rendiamo conto.

Suivez-moi: nella libreria di quartiere La tête ailleurs con Eric Vuillard