Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

19112998_10213843394787700_503349141_nI librai indipendenti, purtroppo, in pochi lo immaginano, sono quotidianamente arruolati dentro a una battaglia per sopravvivere. Con la politica selvaggia degli sconti delle grandi catene, un libraio indipendente è messo in ginocchio un giorno sì e l’altro pure. Spesso si sente dire una vecchia infelice battuta che pare mettere sempre tutti d’accordo, editori e scrittori, vale a dire “I librai si lamentano sempre”. In pochi riconoscono gli sforzi e la creatività che tanti librai spendono in mille operazioni diverse e attività per galleggiare e dare sempre proposte culturali valide. Un libraio indipendente prova non solo a dare spazio alla piccola e media editoria, ma punta anche sulla ricerca e rifuggendo dal marketing propone spesso mostre di arte e fotografia che hanno attinenza con i libri. Non manca al libraio indipendente la consapevolezza del fatto che il giudice supremo è il mercato e che quindi deve necessariamente faticare il doppio per non appiattirsi sulle proposte di altri. Dal settembre del 2014, ad esempio, noi abbiamo creato questo spazio di Borgo Santa Brigida al numero 9 e ci siamo costruiti una clientela affezionata e orgogliosa dentro un posto che abbiamo voluto fortemente identitario fin dall’inizio. Abbiamo dato vita a una realtà focalizzata sul tema del viaggio per ospitare editoria indipendente di qualità e stimolare il lettore con Eventi e proposte insolite, alternative e di qualità, come lo sono del resto tutti i nostri titoli. Ci siamo affermati all’interno della città proprio per questo genere di eventi settimanali che ci caratterizzano per la formula innovativa. Libri e non solo. Diari di bordo ha voluto offrire ai propri curiosi lettori anche eventi, presentazioni e persino mostre speciali. Dentro le mura di Borgo Santa Brigida il concetto di viaggio si fa esperienza. Un vero punto d’incontro per gli appassionati esploratori del mondo e della vita.

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Appena aperti, abbiamo contattato un’associazione che si occupa da anni di documentare il sociale e si chiama “Le Giraffe”. Nata in modo “informale” subito dopo i fatti di Genova 2001 , prende il nome da un celebre discorso del Sub Comandante Insurgente Marcos. Le giraffe raccontate da Marcos sono una “specie in pericolo di estinzione”, che ha una sua resistenza, ribellione, dignità: è quella parte di umanità che non si piega a logiche oligarchiche e monoculture. Proprio come la nostra Libreria. Insieme ai ragazzi delle Giraffe abbiamo organizzato tre mostre fotografiche di Giulio Nori, la rassegna “Piovono Libri” e siamo già arrivati al terzo anno di Gente di Fotografia.

19142111_10213843394747699_8744513_nSabato 10 giugno negli spazi espositivi della Libreria abbiamo inaugurato, con sottofondo la musica dal vivo di Diego Baioni, la mostra fotografica “Idomeni blues – un posto sulla terra” del fotografo parmigiano Giulio Nori, fondatore e presidente dell’associazione “Le Giraffe”.

“Idomeni blues – un posto sulla terra” è l’esito di un lavoro realizzato da Giulio Nori tra il 25 e il 28 marzo 2016. Il 25 marzo 2016 una carovana del progetto “Over the fortress”, espressione di diversi gruppi e centri sociali italiani, partì da Ancona per raggiungere il campo di Idomeni, ai confini tra la Grecia e la Macedonia, quello che è stato definito da un politico greco “la Dachau dei nostri giorni”. Nel terreno lungo i binari abbandonati della vecchia stazione del villaggio greco hanno vissuto da marzo a maggio dell’anno scorso oltre diecimila profughi dal Medio Oriente – in maggioranza siriani, afghani e iracheni – arrivati ai confini dell’Europa occidentale con mezzi di fortuna, la maggior parte lasciando i loro risparmi o debiti ai trafficanti di esseri umani. Mogli con figli piccoli che cercavano di percorrere la “rotta balcanica” per raggiungere nel nord Europa i mariti partiti prima di loro, minori non accompagnati che erano stati affidati ad amici o parenti o divenuti orfani durante il viaggio, giovani, anziani, donne incinte, neonati partoriti nelle tende innalzate accanto ai binari. Nel reportage di Nori, barriere che identificano la costrizione convivono con elementi naturali liberi, dotati di una segreta eloquenza, e con profili di persone mai rassegnate, mai piegate, che, semplicemente, vivono e attendono. Scatti fotografici che intercettano la messa in atto di risorse ancora presenti nonostante il contesto disperante, o forse proprio in virtù di quello.

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Il giorno prima della inaugurazione della mostra abbiamo ospitato, sempre in associazione con “Le Giraffe” e per la Rassegna “Piovono Libri”, Paolo Nori che ha letto il nuovo libro”Strategia della Crisi” edito da Città Nuova.

«É difficile ricordarsi di un periodo in cui non attraversavamo un periodo di crisi». “Negli anni venti del novecento, un critico russo che faceva parte di quel gruppo di critici che eran stati chiamati, per offenderli, formalisti, e che avevano assunto questo nome e avevan finito per chiamarsi essi stessi formalisti, questo critico che si chiamava Jurij Tynjanov ha scritto: «La prosa russa attraversa un periodo di crisi. (D’altra parte, anche la poesia attraversa un periodo di crisi. In generale, è difficile ricordarsi di un periodo in cui non attraversavano un periodo di crisi)». Ecco, io, che sono nato nel 1963, in Italia, ho l’impressione che, da quando mi ricordo io, la poesia italiana, la prosa italiana, l’economia italiana, la giustizia italiana, la pubblica istruzione, italiana, la sanità, italiana, la politica, italiana, lo sport, italiano, attraversino, da allora, un periodo di crisi, mi sembra di esser sempre vissuto in un periodo di crisi e delle volte mi chiedo cosa succederebbe se passasse, la crisi, e ho come l’impressione che ne sentirei la mancanza”. (Paolo Nori)
19073937_10213843394627696_37069684_nC’era già stata ai Diari una lettura ad Alta Voce di Paolo Nori nel gennaio del 2016 in cui aveva letto ” Manuale di Giornalismo disinfornato”, edito da Marcos y Marcos. Ermanno Baistrocchi non l’avrebbe mai detto che gli sarebbe successa una cosa del genere, ma sul tavolo della sua cucina, tre giorni fa, era steso un morto.
Era un periodo difficile, perché erano successe altre due cose stranissime, la prima che aveva guadagnato troppo, la seconda che la donna con cui avrebbe voluto vivere aveva deciso che voleva vivere con lui. Era un periodo che non voleva, si svegliava e pensava “Non voglio”, e le cose che faceva non le faceva perché doveva farle, ma per non fare quello che avrebbe dovuto fare, e cioè scrivere il nuovo romanzo che il suo editore gli aveva chiesto di scrivere.
Pur di non scrivere il nuovo romanzo, guardava su internet, ascoltava la musica, mangiava, si offendeva, perdeva le cose, accettava inviti a tutti i festival, andava in giro a fare corsi di giornalismo disinformato. Baistrocchi, proprio adesso che la gente smetteva di leggere i giornali, si occupava di giornalismo, ma di un giornalismo nuovo, che provava a diffondere: il giornalismo disinformato.
Un giornalismo dove si scriveva di cose, di cui non si sapeva niente e non si voleva saper niente; un giornalismo dove non si intervistava la gente che contava, ma la gente che non contava; dove non si scrivevano le cose che si possono scrivere, ma quelle che non si possono scrivere.
Baistrocchi, che ai suoi corsi di giornalismo disinformato consigliava di scrivere le cose che non si possono scrivere, e di non scrivere, per esempio, la cronaca nera, o rosa, adesso che c’era un morto, con un buco nel petto, sul tavolo della sua cucina, era costretto a scrivere un libro di cronaca nera, o rosa, o gialla, si potrebbe dire.

Non era la prima volta che la Rassegna “Piovono Libri” veniva fatta ai Diari. Nel Febbraio del 2016 avevamo presentato ”Necrologhi” di Maria Nadotti. Giornalista, saggista, consulente editoriale, traduttrice e curatrice delle opere letterarie di John Berger (tra cui “Modi di vedere”), Maria Nadottti s’interessa di arte, cinema, teatro, cultura. Ha vissuto lungi periodi a New York e in Palestina. Alla Libreria Diari di Bordo aveva presentato, in una bella conversazione con Marco Deriu, questo Pamphlet sull’arte di consumare. “Necrologhi” è il frutto di una ricerca ventennale sulle pagine dei giornali e i manifesti pubblicitari che tappezzano le nostre città e che utilizzano i corpi, soprattutto delle donne ma anche degli uomini, per vendere un prodotto. L’autrice osserva, analizza, decostruisce, confronta, giustappone, commenta, con occhio critico e senza moralismi. Chiedendosi se le rappresentazioni che ci troviamo di fronte, bambine o dark ladies, torturatori o torturati, sono pure creature dei geni della pubblicità o non, invece, la materializzazione dei nostri desideri e delle nostre brame.

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Per quanto riguarda i libri di Paolo Nori, sono tanti i titoli presenti tra gli scaffali dei Diari, tra questi ricordiamo ”Si sente?” edito da Marcos y Marcos.
Ci sono vari livelli per leggere “Si sente?” di Paolo Nori. Da qualunque livello si parta, comunque, ci si ritrova ad imboccare la strada della consapevolezza che scuote dall’abitudine, un po’ come il rumore del treno a cui l’orecchio di chi abita in un appartamento al settimo piano che dà su uno snodo ferroviario, non fa più caso. Il treno, in realtà, passa lo stesso, fa il solito rumore, ma noi rischiamo di non sentirlo più. Proprio come con la storia, quella che stiamo attraversando, che fa rumore in questo preciso momento nonostante il nostro orecchio non sia più abituato a sentire. Ecco, il primo livello per leggere questo libro è quello della concentrazione che riporta l’orecchio verso il suono che, nelle pagine, potrebbe benissimo essere quello del concetto di “razza”, a cui Nori dedica il suo primo dei tre discorsi su Auschwitz.
Per noi, la storia, la storia a noi contemporanea, è come se abitassimo tutti in un appartamento al settimo piano che dà su uno snodo ferroviario ma ci abitiamo da tanto di quel tempo che se ci chiedono “Ti dà fastidio, il rumore dei treni?” ci vien da rispondere “Il rumore dei treni? Che rumore? Che treni?” Questo non vuol dire che i treni non facciano rumore. E non vuol dire che a concentrarsi, a tendere l’orecchio, come si dice, non si senta quel rumore, il rumore che il treno della storia fa in questo preciso momento che noi siamo qui.

19114596_10213843394547694_398190428_nAltro libro di Paolo Nori è ”La banda del formaggio”, pubblicato da Marcos y Marcos nella collana Gli alianti .
Ermanno Baistrocchi fa l’editore.Va in giro a far notare le impercettibili differenze tra i suoi libri e quelli delle altre case editrici. Paride Spaggiari fa il libraio. Invita Ermanno nella sua libreria e poi gli fa delle telefonate bellissime, tutte piene di zioboja, ma non sono zioboja d’impazienza, sono come il basso che suona l’un due tre di un valzer, i suoi discorsi sono dei valzer, mettono di buon umore. Poi quando Ermanno ha la possibilità di comprare tre librerie, Paride si offre di diventare suo socio, che si trova con una certa liquidità. E per quindici anni Ermanno, tutto quello che fa, ne ha prima parlato con Paride. A un certo punto salta fuori il buridone: i soldi per le librerie a Paride venivano dalla banda del formaggio, come se i delinquenti a Parma fossero tutti della gente che non vedeva l’ora di comprarsi una libreria, come se avere una libreria fosse una specie di status symbol per i ladri. Finisce che Paride si butta giù dal settimo piano, e dicono che sia stato per via dei giornali, per via di quello che avevano scritto sopra i giornali, ma secondo Ermanno non era mica per quello.
La banda del formaggio è la storia di un editore che un giorno sull’autobus prova affetto per il suo cuore che batte, e gli verrebbe da ricominciare. È la storia di un libraio che il delinquente avrebbe voluto farlo come Raskol’nikov, o come il conte di Montecristo, e che ha lasciato a suo nipote, che ancora non c’è, una filastrocca che Ermanno impara a memoria, per lasciarla anche al suo, di nipote, che chissà se mai ci sarà.

Altro titolo ancora è ”Siamo buoni se siamo buoni”, sempre pubblicato da Marcos y Marcos nella collana Gli alianti. Ermanno Baistrocchi si sveglia in un letto d’ospedale e subito salta fuori sua moglie. Eran degli anni, che non la vedeva, e gli vien da pensare, a vederla così, da vicino, che ha tanta di quella pelle. E le dice anche una cosa che forse non avrebbe avuto il coraggio, di dirgliela, se non avesse picchiato la testa, e gli sembra che sia così bella che gli viene da chiedersi «Ma perché, è così bella?» Poi salta fuori sua figlia, Daguntaj, che ride di fianco al letto intanto che legge un romanzo che ha scritto Ermanno, “La banda del formaggio” si intitola, poi salta fuori Cianuro, uno spacciatore romagnolo che deve chiedergli un favore, poi salta fuori la Mirca, l’ufficio stampa della casa editrice che prima era di Ermanno adesso lui l’ha venduta, poi salta fuori Salvarani che ha comperato la casa editrice di Ermanno e si è impegnato a pubblicare il romanzo, “La banda del formaggio”, solo dopo che Ermanno è morto. E l’ha pubblicato prima perché i giornalisti davan la morte di Ermanno come un fatto certo e imminente, e quando uno scrive un romanzo e poi muore, è una strategia di marketing vincente, dice Salvarani, e Ermanno è d’accordo. E quel romanzo che ha scritto, “La banda del formaggio”, Ermanno l’ha scritto per raccontare la storia del suo migliore amico, Paride, che si è suicidato, e adesso Ermanno si accorge che gli è successa una cosa stranissima che dicon però che succede: una persona scompare, e il mondo si ripopola. In questo mondo lui delle volte vorrebbe delle cose che gli vien da pensare che non succederanno mai, ma mai, ma mai mai mai mai mai, e delle altre volte si dice che basta essere buoni per due mesi, e poi per altri due mesi, e poi per altri due mesi, e poi dopo vediamo.
Tra i vari titoli presenti ai Diari c’è pure nella collana Contromano edito dalla Laterza dal titolo “Baltica 9. Guida ai misteri d’oriente” scritto assieme a Daniele Benati nel 2008.
Baltica 9 è la “roadmap” di due degli scrittori italiani più particolari in circolazione che dalla loro esperienza lassù dove l’Europa Occidentale tocca in modo non del tutto soave l’Est, ricavano un vero e proprio taccuino a due mani sul quale appuntano di tutto, da buoni consigli di viaggio a considerazioni campate per aria, da cronache di avventure non sempre finite bene a indicazioni pratiche su come non finire invischiati nelle labirintiche (nella logica) frontiere oltre l’Austria.«Se chiedeste a degli occidentali che hanno vissuto per un po’ di tempo in un paese dell’ex blocco sovietico in cosa sono diversi gli ex sovietici dagli occidentali, forse loro vi direbbero che diversa è l’importanza che qui e là si attribuisce all’idea che gli altri hanno di noi. E se chiedeste loro come mai anche dopo la fine dell’ex impero sovietico continuano a tornare in quei famosi paesi ex sovietici, che cosa c’è di tanto bello, in quei famosi paesi, forse loro vi direbbero che la cosa bella, di quei famosi paesi, è che fanno paura.». «Vi piomberà addosso un cupore e una cupitudine e una cupetaggine simile a una disperatezza d’animo che non vi aveva mai colto prima. Non sappiamo dirvi perché. Ma sarà così e non bisogna voltargli le spalle nel modo più assoluto a questa disastrosa rovina del vostro umore perché la vita è fatta anche di questi momenti, e soprattutto quella del turista al quale invece paradossalmente si rivolgono le guide per abbindolarlo in un sogno di piacere. Niente affatto».
Questa è una guida diversa da qualunque altra anche se, come tutte le guide, racconta di un viaggio. Ma anche di due scrittori, di San Pietroburgo, di allegrie, di cene alcoliche, di risvegli difficili e vagabondaggi malinconici.
Altro Contromano edito da Laterza è “Siam poi gente delicata”. Paolo Nori in questo libro, che non è una guida della città di Bologna, ma qualcosa di più, dice: “non si prova a scrivere una guida senza riuscirci, qui non ci si prova neanche, perché è successo dell’altro”. Certo, raccontare una città quando non si abita più lì, non è impresa facile. Specie quando l’autore ha dovuto lasciarla, e comunque ci torna ogni due giorni, per incontrare una figlia che non vive più con lui. Quando in quella città ha lasciato il suo gatto, che non riempie più di peli il divano nuovo, anche perché il divano è rimasto bloccato in un ingorgo sulla via Emilia… In mezzo a tanto caos, Paolo Nori dimentica di raccontare la sua (ex) città, Bologna. Ma racconta il suo mondo (dentro e fuori), in pagine svagate, trasognate, lievi. Leggiamo nel suo sito un appunto lasciato il 12 dicembre 2008, un venerdì: “Bologna per un po’, non mi è stata molto simpatica. Poi adesso, quest’estate, ho cominciato a trovare dei posti che mi erano, non so come dire, familiari. Passavo davanti a un portone, e pensavo Qui ho fatto la visita per l’assicurazione, di quell’incidente che ho avuto. Passavo davanti a una strada, e pensavo Qui ho iscritto mia figlia alla mutua. Passavo su un viale, Qui sopra c’è il mio medico di famiglia che sono tre anni che non ci vado, pensavo. Passavo davanti a una farmacia Qui facevamo le impegnative per l’ecografia. Così”.

988792-image-1447163762-124-640x480Ma anche molti sono i libri tradotti da Paolo Nori, come ”Memorie del sottosuolo” di Dostoevskij, edito da Voland nella collana Sírin Classica
“La poesia, credo, forse mi sbaglio, non sono un esperto, la poesia è come la musica, è il pathos, e questo libro, sia nel primo che nel secondo capitolo (un terzo capitolo che evidentemente c’era nella prima stesura si dev’essere perso per strada, chissà dove, non sono un esperto non posso saperlo), è pieno, di musica e di pathos. Vi consiglio, se posso dar dei consigli, e se ne avete voglia, di leggerlo ad alta voce. Credo che cambi. Ci son delle pagine che non si riescono a leggere senza accelerare, ci son delle pagine in cui manca il fiato.” (dalla postafazione di Paolo Nori)

L.N.Tolstoy_Prokudin-GorskySempre tradotto da Nori è un breve romanzo storico di Lev Tolstoj, “Chadži-Murat”, scritto fra il 1896 e il 1904 e sempre edito da Voland nella collana Sírin Classica
“Ecco, io ho l’impressione che Chadži-Murat ci parli di quella cosa che ci sta succedendo, e che non succede solo nel Caucaso, ma dovunque, quella cosa della quale sentiamo parlare talmente tanto che anche il nome, conflitti razziali, o come si chiama, non ci dice più niente, è frusto, consunto, io, dicevo, ho l’impressione che Chadži-Murat ci spieghi questa cosa (cioè ce la mostri, ce la faccia vedere) molto meglio di quanto ce la spieghino quotidianamente le opposte fazioni e i rispettivi esegeti, agiografi, critici, interpreti…”
(dalla postfazione di Paolo Nori)

 

Nello zaino questa settimana :

"Strategia della crisi" di Paolo Nori, Città Nuova edizioni.
“Strategia della crisi” di Paolo Nori, Città Nuova edizioni.
"Manuale pratico di giornalismo disinformato" di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
“Manuale pratico di giornalismo disinformato” di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
"Necrologhi" di Maria Nadotti, Il Saggiatore.
“Necrologhi” di Maria Nadotti, Il Saggiatore.
”Si sente?” di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
”Si sente?” di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
"La Banda del formaggio" di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
“La Banda del formaggio” di Paolo Nori, Marcos y Marcos.
"Siamo buoni se siamo buoni" di Paolo Nori,Marcos y Marcos.
“Siamo buoni se siamo buoni” di Paolo Nori,Marcos y Marcos.

 

"Baltica 9. Guida ai misteri d'oriente" di Paolo Nori e Daniele Benati, Editori Laterza.
“Baltica 9. Guida ai misteri d’oriente” di Paolo Nori e Daniele Benati, Editori Laterza.
"Siam poi gente delicata" di Paolo Nori, Editori Laterza
“Siam poi gente delicata” di Paolo Nori, Editori Laterza
Nello Zaino di Antonello: I Librai indipendenti
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