di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

I GIORNI DELL’INDIPENDENZA.

“Agli amici che hanno chiuso bottega,
a quelli che hanno riaperto,
a quelli che ancora resistono
e a quelli che in strada non si arrendono.
Ai librai indipendenti,
che con il loro coraggio
hanno ispirato questa storia.”

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Sabato 29 aprile in tante librerie italiane si è festaggiata la Giornata delle Librerie indipendenti e noi dei Diari abbiamo scelto il raffinatissimo libro di una casa editrice piccola, indipendente e tenace per festeggiare questa giornata. Il libro in questione era “Miseria Nera”, gli ultimi taccuini del grande poeta maledetto Paul Verlaine 18336780_10213450313360910_1115154130_ntradotti e curati da Michela Landi per Edizioni della Sera. Dopo la presentazione abbiamo festeggiato brindando a chi con Orgoglio resiste, ma anche a chi frequenta queste piccole realtà, sostenendole. Una giornata di festa per i librai e per i lettori, di riflessione sulla lettura, in un paese che registra un aumento di non lettori. Secondo di dati Istat divulgati a Tempo di Libri (la fiera dell’editoria italiana appena conclusasi), in Italia oggi ci sono oltre 4 milioni e 300 mila di non lettori di libri in più rispetto al 2010. Nel 2016 circa 33 milioni le persone con più di 6 anni non hanno letto nemmeno un libro di carta in un anno (57,6% della popolazione, in aumento del + 6,8% rispetto al 2010).
Scegliere una libreria indipendente, non legata alle grandi catene e a gruppi, a volte diventa quasi una questione etica, come a sostenere e condividere gli ideali di Greenpeace o del Wwf per intenderci! Sostenere una libreria indipendente, all’interno del contesto di scarsa attenzione alla lettura che c’è in Italia, significa evitare che i piccoli librai diventino una specie in estinzione o che si trovino nella condizione di dover resistere per non chiudere i battenti.Quasi un dovere civile sostenere queste piccole librerie, acquistando titoli di diversi editori indipendenti. Un dovere civile perchè in questo modo si contribuisce a creare una offerta culturale variegata e a più voci. Più piccole realtà presenti all’interno di una piccola o grande città si traducono in una maggiore diversità culturale, ma anche nella possibilità di dare vita a progetti culturali non omologati. Le piccole realtà agiscono spesso in centri storici e in un’ottica più lungimirante di quella dei grandi gruppi, costretti a fornire elevati utili immediati ai propri azionisti, a qualunque costo, senza troppi problemi etici. Un libraio all’interno di una piccola libreria è una risorsa per la comunità ma soprattutto per il Lettore, perchè sa molto bene cosa consigliare ma soprattutto sa dare molte attenzioni alla persona.
Per questo abbiamo scelto di festeggiare presentando un libro dell’editoria indipendente pubblicato dalla casa editrice Edizioni della Sera nella collana “I grandi inediti” curata da Giorgio Leonardi. Il libro è curato da Michela Landi, docente di Letteratura francese all’Università di Firenze e redattrice della rivista di poesia comparata “Semicerchio”. 18308859_10213450310000826_999544524_n
Un incontro diverso dal solito, organizzato in occasione della Giornata delle librerie indipendenti, per entrare nelle pieghe del Verlaine più intimo e confidenziale.
L’anno successivo alla pubblicazione di Mes hôpitaux (1891), resoconto al contempo patetico e divertito delle sue cicliche esperienze di internamento per miseria o malattia,Verlaine approfitta di un momento di grazia per recarsi in Olanda a tenere alcune conferenze su invito di amici artisti. Il suo periplo ferroviario, che interessa l’Aia, Leida, Amsterdam, gli consente di rivolgere uno sguardo di poeta-fanciullo, sempre incantato, alle cose della natura o della cultura che, attraversate e trasfigurate dal colpo d’occhio, appaiono in spaccati inediti. Verlaine ha il dono della verginità dello sguardo: ogni cosa vista e vissuta – siano camere d’ospedale, sale di conferenza, boschi, opere architettoniche– sembra irradiata dalla confusa luce di un sogno d’infanzia. Le forme si vivificano e rivelano spesso l’ironia di insoliti rapprochements. I numerosi riferimenti, in entrambi i taccuini, a luoghi e situazioni precise tratteggiano, attraverso il particolare vissuto, una storia alternativa della Francia, ai margini dell’ufficialità. Ma non solo. La scena volentieri spalancata su spazi intimi e talvolta compiaciutamente osceni, fa sì che una luce cruda investa l’intimità di un uomo spesso mitizzato dalla storia letteraria. Verlaine, giunto alla fine della decadenza (per parafrasare un suo celebre verso), non pensa che alla morte e non rassegnandosi a cadere tra le braccia della “Camarde” le lancia, ogni giorno, la sua sfida. “Il diario dei ricoveri” e il diario di viaggio qui presentati insieme e mai pubblicati in italiano, costituiscono una testimonianza quanto mai vivida e autentica dell’ultimo Verlaine, sempre lacerato tra desiderio di fuga e desiderio di un riparo; o, forse, di una riparazione a un qualche ancestrale dolore.

download“Miseria nera” è il terzo volume pubblicato nella collana I grandi Inediti, vale a dire la prima collana di letteratura straniera con l’intento e il progetto prestigioso di portare in Italia degli inediti di autori internazionali che hanno segnato la letteratura otto-novecentesca. Tra i testi importanti della letteratura straniera, in prima edizione italiana, tra le opere di autori celebri e meno noti nel Belpaese ma centrali nelle dinamiche letterarie internazionali c’è da ricordare il secondo titolo uscito per questa collana: “La via del vizio” di Bram Stoker. “La via del vizio” è il primo romanzo di Stoker che precede il capolavoro di Dracula.
Jerry e Katey O’Sullivan sono una felice coppia dublinese cui è da poco nato il terzo figlio. Jerry è un lavoratore onesto e capace, ma non gli basta.
L’ambizione lo porta ad accettare, contro il volere della famiglia, un’offerta di lavoro come carpentiere teatrale a Londra. Quella che egli crede una grande opportunità di carriera riserverà su di lui e a tutta la famiglia O’Sullivan delle conseguenze inaspettate e spaventose, in un crescendo di miseria, malattia, abiezione morale e violenza ingiustificata. Un tragico passaggio che porterà l’uomo, divorato dalla depressione e accecato dalla rabbia, a precipitare nel baratro dell’alcolismo e trasformerà gli squallidi ambienti familiari in autentici luoghi dell’orrore. Toccando temi ancora oggi di strettissima attualità, in questo singolare romanzo giovanile, Bram Stoker ci narra una storia di realismo gotico caratterizzata da tinte tetre e drammatiche, dove il mostruoso per cui lo scrittore è noto entra nel quotidiano e lo avvelena irrimediabilmente.
Il primo titolo della collana “I grandi inediti” era stato “L’asino morto” di Jules Janin, tradotto e curato da Giorgio Leonardi, il curato dell’intera collana. download (1)
Romanzo provocatorio e scomodo che, alla sua uscita, nel 1829, ottenne grande successo in patria e all’estero, suscitando l’ammirazione, tra gli altri, di Baudelaire e Gogol. Storia bizzarra, pietra miliare del Romanticismo “frenetico”, in cui il protagonista narra in prima persona la storia di un’attrazione morbosa per una giovane contadina di nome Henriette e per il suo povero asino. Il romanzo si pone, in chiave parodica, come l’anello di congiunzione tra l’eredità sadiana e gli esiti della successiva generazione di poeti “maledetti”.
Ecco la Recensione di L’asino morto su Satisfiction di Silvia De Laude:
logoChi conosce, oggi, Jules Janin? Eppure il romanziere, drammaturgo e critico francese, subentrato all’Académie Française nel posto vacante dopo la scomparsa di Sainte-Beuve, è (stato) una celebrità. Erano suoi ammiratori, tra i tanti, anche Gogol e Baudelaire. Nel 1855 scrisse un articolo rivelando i veri nomi dei personaggi della Dame aux camélias, ma Alexandre Dumas filglio non se ne era adombrato. Aveva voluto, anzi, che l’articolo di Janin fosse incluso come “Prefazione” nelle edizioni successive del romanzo, rivelando senza possibilità di equivoco la natura di auto-fiction del testo alla base della Traviata. Anche lui, Janin, aveva conosciuto insieme a Listz quella che Julia Branagh nella recente biografia di Alphonsine Duplessis preferisce chiamare “ragazza” (La ragazza dalle camelie, Einaudi 2015), e non aveva resistito alla celebrazione del suo fascino di gran mondana. Scrittore fluviale, Janin ha frequentato tutti i generi del suo tempo, ma L’asino morto (1929) si ritaglia un posto a sé, per la sua efferatezza e per la sua enigmaticità. Protagonista e io narrante della macabra vicenda, un giovane posseduto da un’insana attrazione nei confronti di una contadina e del suo asino, destinati entrambi a una brutta fine, sullo sfondo di una Parigi corrotta e visionaria. Era di moda, a partire dagli anni Venti dell’Ottocento, una vena di romanticismo visionario tinto di gotico, che già i contemporanei chiamavano “frenetico”, ma qui siamo decisamente più in là, e lo stesso sadico voyeurismo con cui il narratore assiste al rovinoso precipitare nel vizio della ragazza incontrata la prima volta col suo asino è tale da far sospettare una parodia, di cui parrebbe indizio già il titolo, nell’originale L’âne mort et la femme guillotonnée, in aria di surreale feuilleeton. Difficile, comunque, immaginare un più talentuoso e spericolato traghettatore da quanto resta dell’eredità dei Lumi ai poeti decadenti della generazione successiva.Quanto all’asino, non siamo per carità dalle parti del Pasolini di Porcile, e non tocca al narratore la sorte tragica dell’uomo che amava troppo i maiali. Per il resto, c’è quasi tutto: depravazioni, orrori e sevizie. Decida il lettore se il letterato gentiluomo tutto moine di fronte ad Alphonsine Duplessis abbia concepito questo ordigno nero per spaventarlo, o per farlo (anche) sorridere.

Per La Giornata delle Librerie indipendenti tutte le librerie avevano scelto di avere una copia del libro “L’Insolito destino di Gaia la Libraia” di Valentina Rizzi edito da Bibliolibrò. Noi ovviamente non potevamo non mettere in vetrina un libro che nel frontespizio ha questa dedica:

“Agli amici che hanno chiuso bottega,
a quelli che hanno riaperto,
a quelli che ancora resistono
e a quelli che in strada non si arrendono.
Ai librai indipendenti,
che con il loro coraggio
hanno ispirato questa storia.”

 

Gaia è infatti una libraia, costretta a chiudere la sua libreria, che non si arrende e decide di trovare un modo per continuare a portare fra i bimbi, le famiglie e gli adulti le sue e tante altre storie. Il libro ha delle bellissime illustrazioni di Natascia Ugliano. Si parla di Librai e delle loro storie, si parla di Librai che Resistono e con Orgoglio rivendicano la loro Indipendenza, di Valentina che trasporta sogni per bambini e grandi con la sua ape blu Bibliolibrò, di Libraie che hanno riaperto la loro libreria grazie all’aiuto delle famiglie che accoglievano, di Luca che con passione porta in giro i suoi libri sulla sua bici cargo rossa. La storia di tante persone che credono nel rapporto con chi ama i libri. La storia di un ecosistema in crisi, quello della bibliodiversità. Una storia, quella di Gaia la libraia, costretta a chiudere bottega per via della crisi, raccontata dal punto di vista di un bambino e dei suoi fratelli, che vivono sulla loro pelle il distacco da quel luogo magico e incantato di lettura e conoscenza, condivisione e crescita che è la libreria. La storia di Gaia è la storia di un quartiere in rivolta che scende in strada per difendere le sorti di una libreria indipendente, di tutte le librerie indipendenti. E poi ci sono loro, i librai itineranti: “In un mondo di libri tutti uguali, rischiamo di appiattirci, rischiamo di rinunciare all’esercizio più importante: quello di saper vedere il mondo da prospettive diverse, nel rispetto gli uni degli altri, per affrontare la vita con più chiavi d’accesso. Ecco perché abbiamo deciso di restare indipendenti nella scelta dei libri, anche se questo significa scendere in strada con un furgone.”
18308742_10213450310120829_639709536_nI giorni di questa settimana sono stati, per noi dei Diari, ”I GIORNI DELL’INDIPENDENZA” nel vero senso della parola. In occasione della prima traduzione italiana de “La fine dei vandalismi”, lo scrittore americano Tom Drury è passato dalla nostra libreria a presentare il suo romanzo. Definito da The Independent “il più grande scrittore americano che non avete mai sentito nominare”, Tom Drury ha incontrato i lettori italiani in un vero e proprio “tour dei vandalismi” che ha fatto Tappa a Parma Venerdì. Dopo la presentazione, a cena con questo grande scrittore ho capito che la grandezza è tutta nella disponibilità e nella umiltà. In un contesto molto familiare e semplice tra pochi amici della libreria che conosceva da poche ore mi scriveva delle dediche personalizzate da consegnare ai miei amici: Mario, Laura e Antonella; chiacchierava del libro, della sua vita e della politica negli Stati Uniti. Essere disponibili e attivarsi con poco, questa è la grandezza. Un onore per una piccolissima realtà poter ospitare un grande scrittore di caratura internazionale. Bello ed emozionante poter leggere le interviste fatte in queste giornate sui più grandi quotidiani del Paese. Interessante anche vedere come nessun giornale cittadino si sia preso la briga di venirlo a intervistare o a segnalare l’evento. Le nostre giornate dell’indipendenza e dei traguardi raggiunti, quelli di una piccolissima realtà dove pure le sedie in plastica da giardino sono in prestito dal Circolo dei Sardi e lo schermo per proiettare è di una cara amica come Flavia e il proiettore di Paolo o Giulio, a seconda delle disponibilità. Eppure…. eppure in tutti questi anni siamo stati capaci di farci sentire e notare perchè la scelta dei nostri titoli e delle case editrici che ospitiamo è molto studiata; perchè ci siamo fatti garanti con la nostra competenza e professionalità di una diversità culturale che è diventata il nostro fiore all’occhiello; perchè attraverso i libri e le storie belle abbiamo dato la possibilità di creare una vera e propria comunità di lettori. Così passo dopo passo abbiamo acquisito credibilità ed è arrivato un grande scrittore straniero Tom Drury intervistato dall’editor della casa editrice NNE 18308968_10213450310360835_17534932_nSerena Daniele con l’aiuto dello scrittore e musicista Seba Pezzani com interprete.

“La Fine Dei Vandalismi” di Tom Drury è uno di quei romanzi che servono a “riconciliarsi con l’America e con la letteratura”.
Uscito a puntate sul New Yorker nel 1994, è appena tradotto in Italia. È inevitabile associare Tom Drury a Kent Haruf: autori di due trilogie (i Vandalismi fa parte della Trilogia di Grouse County) e che in Italia sono arrivati insieme, grazie alla scommessa vinta dello stesso editore. Ma di fatto, Drury e Haruf intendono l’America come un serbatoio di storie. Sanno che è possibile raccontare solo lo scorrere delle stagioni e il paesaggio piatto per dare vita a mondi letterari sofisticati. Leggero e profondo, divertente e malinconico allo stesso tempo, “La fine dei vandalismi” racconta la vita, quella di ogni giorno, che macina gioie e tristezze senza sosta. Lo fa senza seguire traiettorie premeditate, accettando la fatalità dell’esistenza, in un inno alla sua pacata e ingovernabile casualità. Questo libro è per chi ama la furia della pioggia d’aprile, che allontana l’inverno e accoglie la primavera, per chi guarda la via Lattea come una strada che conduce davvero da qualche parte, per chi ascolta Feeling good di Nina Simone, e per chi si trova a camminare verso la felicità a piccoli passi, come se stesse procedendo su un cornicione sospeso nel vuoto.

logo-definitivoL’Amico dei Diari Gianluigi Bodi ha fatto di questo libro uscito da NNE una magnifica Recensione sul portale Senzaudio:

Qualche giorno fa stavo ascoltando la radio. In un programma radiofonico si parlava di Houdini, il grande mago, l’incantatore. Colui che era in grado di ammaliare il pubblico con lo sguardo magnetico e che vi faceva guardare da una parte mentre compiva il trucco da un’altra. Ecco, mentre sentivo il conduttore raccontare la storia di Houdini a me è venuto in mente NNeditore. Il paragone non è perfettamente calzate perché ci si immagina che alla base di tutto il ragionamento ci sia la capacità e la volontà di compiere un trucco. Il trucco non c’è.

L’enfasi che è stata data alla pubblicazione di Kent Haruf da parte di questo editore è sfociata in un vero e proprio caso letterario. E come succede in questi casi si sono alzate anche voci che hanno cercato di minare questo successo basando le loro teorie su un’equazione tanto semplice quanto sbagliata. Se è piaciuto a tanta gente non può che essere un libro commerciale, un caso montato ad arte. Fortunatamente queste voci sono state poche e flebili, probabilmente perché davanti si sono trovate un ostacolo da sormontare che non offriva appigli.

Ora NNeditore si lascia alle spalle Haruf. Pur continuando a godere dei frutti e della soddisfazione di quella scelta editoriale, NN ha avuto l’estro di un Houdini in grande spolvero perché mentre tutti avevano gli occhi puntati su Haruf loro hanno pubblicato anche altri libri altrettanto belli e di successo. Molti dei quali, devo ammetterlo, sono finiti anche su queste pagine. Cito a memoria Poissant, Offil, Rita Indiana, etc.

NN ha il duro compito di far dimenticare di essere l’editore italiano di Kent Haruf e, nel farlo, di mantenere intatto lo spirito che la contraddistingue. Ed è per questo motivo che dopo aver pubblicato “Le nostre anime di notte” l’editore ha dato alle stampe il sorprendente “Il salto” di Sarah Manguso e il capolavoro di Brian Panowich che narra di una “Bull Mountain” intrisa di violenza. L’idea era quella di creare una certa distanza emotiva e poi, subito dopo, far uscire il primo volume della trilogia di Grouse County. Si tratta de “La fine dei vandalismi” dell’autore americano Tom Drury. Un libro che ha in comune con “La trilogia della pianura” di Haruf un’ambientazione americana basata sulla vita delle contee. Anche in questo caso il senso di comunità è molto forte, i rapporti tra le persone sono reali. La gente si conosce, parla, sparla, agisce ed interagisce. Nella pagine scritte da Drury si ha l’impressione che le scelte dei personaggi siano tese ad una conservazione di se stessi e, contemporaneamente, della comunità. Come se le due cose fossero inscindibili. Qualcosa che da noi non si vede più da almeno trent’anni. Trent’anni che sono bastati a confinarci nella diffidenza e nell’indifferenza.

Io credo che parte del successo dei libri di Haruf sia dovuto proprio alla capacità che ha avuto lo scrittore di attingere da una tavolozza di sentimenti umani che sono diventati desueti. Ha risvegliato nel lettore la necessità di cibarsi di qualcosa di buono. Tom Drury calpesta lo stesso viale sterrato, racconta in modo diverso e aggraziato personaggi che impareremo ad amare, luoghi che desidereremo frequentare. Lo fa con ironia (l’episodio della cisterna dell’acqua e quello in cui si racconta che ai bei vecchi tempi non era infrequente alzarsi la mattina e trovare sulla porta di casa tre o quattro bambini abbandonati sono raccontati con la maestria di chi sa dosare l’ironia senza abusarne), lo fa raccontanto, più che la storia di singoli personaggi, la storia di un intero paese e delle relazioni che esistono tra gli esseri umani.

Raccontare un paese è un compito duro. Si rischia di annacquare la narrazione, renderla dispersiva, perdere il lettore. Tom Drury per nostra fortuna mantiene salde le redini della storia che racconta. Il polso è fermo anche quando si lancia in digressioni che sembrano non portare a nulla, ma che hanno la funzione di rendere il ritratto di Grouse County ancora più realistico. Così facendo porta per mano il lettore fino alla fine. Mantiene alta l’attenzione e ci conduce all’interno di un’atmosfera che si fa via via sempre più reale.

Per quel che mi riguarda, e credo sia evidente da quello che ho scritto, mi è difficile parlare di Drury senza riportare alla memoria Haruf. Credo che le affinità tra i due autori ci siano, ma credo anche che le differenze siano bene visibili. A partire da una Grouse County meno paradisiaca di Holt per finire con le differenze stilistiche che vedono Drury offrire uno sguardo che dal generale va al particolare. Mentre con Haruf avevo l’impressione che i personaggi agissero con Holt sullo sfondo, quasi fosse una presenza benevola, qui sembra che i personaggi e lo sfondo siano indivisibili. In un rapporto di mutua influenza in cui le sfumature di Grouse Country trovano sfogo nella personalità dei protagonisti e i personaggi agiscono all’interno di uno schema che sembra disegnato dalla città stessa.

Sono stato accusato bonariamente (spero) di essere troppo amico di NNeditore. Non so come si risolva l’amicizia con un editore. Per quando possa sembrare strano non ho in programma di farmi pubblicare da loro perché credo che anche per la narrativa italiana il loro livello sia molto alto. L’amicizia si rinnova ad ogni libro. A certi editori perdoni un basso perché sai che nel corso dell’anno gli alti saranno parecchi e pure molto alti. Tutte le ipotesi e le congetture fatte sui piani editoriali di questo editore sono farina del mio sacco. Potrebbero corrispondere al vero, di certo hanno elementi plausibili. Oppure sono solo frutti della mia immaginazione che cerca di trovare un disegno complesso anche dove non c’è. Se così fosse mi resterebbe il piacere di leggere la trilogia di Grouse County che, detto tra noi, potrebbe essere una di quelle letture da riprendere in mano tra una ventina d’anni, quando il focus della lettura andrà su personaggi che in questo momento ritengo minori perché non affini anagraficamente. Ora il mio occhio viaggia tra Louise, Dan e Tiny.

Un’ultima considerazione. Gianni Pannofino ha fatto un lavoro egregio. Un testo diventa un’esperienza di lettura coinvolgente quando percepisci che c’è una certa unione tra chi lo ha scritto e chi lo ha tradotto. L’armonia che ne scaturisce diventa essa stessa parte della lettura.

Tom Drury (Iowa 1956) è uno scrittore americano che ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui la fellowship della Fondazione Guggenheim. Dopo aver insegnato nelle università americane, attualmente è docente all’università di Lipsia, e vive a Berlino. La fine dei vandalismi, il suo primo romanzo, è uscito negli Stati Uniti nel 1994 ed è stato subito acclamato come miglior libro dell’anno dalle maggiori testate americane. Uscito a puntate sul New Yorker, ha ricevuto il premio come Notable Book dell’Ala, l’associazione delle biblioteche americane. NN Editore pubblicherà tutti i libri della trilogia ambientata a Grouse County.

imagesNei nostri giorni dell’indipendenza abbiamo segnalato anche che il 27 aprile è uscito nelle sale “La Guerra dei Cafoni”, il film tratto dal romanzo di Carlo D’Amicis che la casa editrice Minimum fax ha pubblicato nel 2008 (questo è il trailer: http://bit.ly/LaGuerraDeiCafoni_Trailer)
Di Carlo D’Amicis sul Venerdì di Repubblica Corrado Augias ha detto “D’Amicis è uno scrittore capace di gettare uno sguardo obliquo su ciò che accade e sui personaggi, illuminando così di comici bagliori la realtà ”
Piersandro Pallavicini, invece su La Stampa : “D’Amicis è bravo a non esitare, a mirare in alto, a scegliersi grandi obiettivi. E a parlarcene con un sense of humour alternativo a tutto, amaro, corrosivo ”

Il libro, tra i selezionati al Premio Strega del 2008, è ambientato nell’estate del 1975. In un villaggio della costa salentina si rinnova la guerra che oppone i ragazzini benestanti ai figli dei pescatori, dei pastori, dei contadini: i cosiddetti cafoni. A dichiarare e alimentare questo conflitto è il quattordicenne capo dei signori, che fa Angelo di nome, ma che nel soprannome porta il segno del campione e della perfidia: Francisco Marinho (rapinoso calciatore brasiliano dell’epoca), altrimenti detto il Maligno. Ossessionato dall’odio per i cafoni, Francisco Marinho combatte in nome dell’ordine sociale, della divisione di classe, della continuità storica. Ma quando, per un tragicomico equivoco, nella sua visione del mondo subentra una punta di compassione – o forse di affetto, o forse di amore – verso una giovane cafona, la separazione tra il bene e il male comincia a offuscarsi. Intorno a lui, i sintomi di una stagione nuova: dove il prestigio o la disgrazia dell’essere cede il passo all’arroganza dell’avere. La guerra dei cafoni non sarà più scontro tra i ranghi che ribadiscono lapropria natura, ma lotta di conquista, arrampicamento, disordine collettivo e interiore. Metafora, attraverso un microcosmo di ragazzini indemoniati, del cambiamento collettivo che inquegli anni trasfigurò il nostro paese, il libro di Carlo D’Amicis è poema cavalleresco e satira sociale, romanzo di formazione e divertissement pulp, tragedia dell’antica borghesia e commedia dell’Italia moderna.

“Nella vita di un uomo prima o poi arriva un giorno in cui, per andare dove deve andare, se non ci sono porte né finestre, gli tocca sfondare la parete.”

bernard-malamudI giorni dell’Indipendenza li concludiamo segnalando che il 26 aprile del 1914 nasceva Bernard Malamud, uno dei più grandi romanzi americani del dopoguerra, un classico perenne dell’indipendenza. Di Bernard Malamud, figlio di due ebrei russi immigrati in America, voglio segnalarvi “Il Popolo”. Bernard Malamud ha consacrato tutta la sua vita alla scrittura. Ha esordito con “Il migliore” e anni dopo ha vinto il National Book Award. Alla narrativa ha affiancato la professione di insegnante di scrittura presso prestigiose università americane. Le lezioni agli studenti, le interviste e i saggi che ha scritto per far luce sul suo dono («una benedizione capace di sanguinare come una ferita») sono un tesoro di consigli per aspiranti scrittori e un invito alla lettura delle sue pagine.

Nel leggendario Far West, Yozip, venditore ambulante ebreo e falegname occasionale, viene rapito da una tribù di pellerossa vessata dagli attacchi dei colonizzatori. Nominato quasi suo malgrado guida della tribù, diventa Capo Jozip: un «vero indiano ebreo» incaricato di condurre il Popolo nell’esodo verso una nuova Terra Promessa.
Come i più celebri personaggi di Malamud, Yozip/Jozip è animato da buone intenzioni e destinato a scontrarsi con la tragedia, l’ilarità e il disprezzo: si farà carico delle disgrazie e delle sofferenze di due popoli, con la malinconia di non appartenere realmente a nessuno dei due.
Pubblicato postumo, “Il Popolo” – accompagnato da sedici racconti scritti tra il 1940 e il 1984 – è tra le opere più ambiziose di Malamud, in cui l’autore dispiega un immaginario vastissimo e tutto il suo talento nel narrare storie in cui si mescolano realismo, mito e folklore, instillandoci, ogni volta, la meraviglia per le infinite possibilità della vita.

Nello zaino di questa settimana troviamo:

“Miseria nera" a cura di Michela Landi, Edizioni della Sera.
“Miseria nera” a cura di Michela Landi, Edizioni della Sera.
"La via del vizio" di Bram Stoker, Edizioni della Sera.
“La via del vizio” di Bram Stoker, Edizioni della Sera.
"L’asino morto" di Jules Janin, Edizioni della Sera.
“L’asino morto” di Jules Janin, Edizioni della Sera.
"L'Insolito destino di Gaia la Libraia" di Valentina Rizzi, Bibliolibrò.
“L’Insolito destino di Gaia la Libraia” di Valentina Rizzi, Bibliolibrò.
"La Fine Dei Vandalismi" di Tom Drury, NNE.
“La Fine Dei Vandalismi” di Tom Drury, NNE.
"La Guerra dei Cafoni" di Carlo D'Amicis, Minimum fax
“La Guerra dei Cafoni” di Carlo D’Amicis, Minimum fax
"Il Popolo" di Bernard Malamud, Minimum Fax.
“Il Popolo” di Bernard Malamud, Minimum Fax.
Nello Zaino di Antonello: I GIORNI DELL’INDIPENDENZA.