di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Il sabato in Libreria e Viaggiare nei Balcani con la Letteratura.

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Cosa fanno due librai seri, se il giorno prima di un evento sui Balcani su cui avevano tanto lavorato in termini di promozione e coinvolgimento, si vedono costretti, per problemi tecnici, ad annullarlo all’improvviso? Semplice! Si rimboccano le maniche, fanno telefonate nel giro dei loro contatti, brigano, tramano pur di non scontentare chi ha fatto di quell’appuntamento settimanale del sabato in libreria una tappa obbligata. Così abbiamo contattato due bravissimi Artisti con la A maiuscola come Giorgia Bartoli e Andrea Dardari e abbiamo messo su una serata di grande impatto emotivo e raffinatezza. È  nato così “UN ATTIMO SENZA FINE” ai Diari con un omaggio alla più conturbante e sensuale interprete della musica italiana, Ornella Vanoni. Un percorso a tratti musicale e a tratti narrato che esplora i suoi successi, attraverso gli amori vissuti e gli artisti con cui ha collaborato. Un viaggio, quindi, nel repertorio milanese, dal teatro impegnato di Strehler a quello più cabarettistico di Gaber, passando per la Scuola genovese, sino alle collaborazioni brasiliane. Il tutto in un crescendo di emozioni, curiosi retroscena e tenere confessioni (la presunta rivalità con Mina, l’amore con Gino Paoli, ecc..) estrapolate, appunto, da alcuni estratti della sua autobiografia “Una bellissima ragazza”, edita da Mondadori nel 2013. 17274433_10212938806133549_186749870_n
Giorgia e Andrea fanno parte di un duo chiamato ICHINEN nato dalla loro collaborazione musicale a cavallo tra il 2006 e il 2007, per dare voce al desiderio comune di reinterpretare brani celebri della storia della musica mondiale, dal cantautorato allo Swing Jazz, alla bossanova, al Rhythm&blues, portandone in luce la veste più intima ed essenziale, quella acustica. Nel corso della loro intesa artistica, si manifesta sempre più l’impronta swing-jazz che caratterizza molti degli arrangiamenti, anche se non mancano pennellate blues e funky o, ancora, cover più sperimentali, che tuttavia permettono all’anima e alla personalità artistica di ICHINEN DUO di arrivare sotto una sfaccettatura inedita, ma altrettanto efficace.

Ai Diari, alla fine, ne è venuta fuori una serata veramente coi controfiocchi. Un incontro e una immersione nella Bellezza più totalizzante. E i Balcani? “Se i Balcani non esistessero, bisognerebbe inventarli”, sosteneva il conte Hermann Keyserling. E noi li abbiamo a nostro modo inventati e reiventati attraverso un viaggio unificante tra le due coste che si snodano lungo l’Adriatico. Durante tutta la settimana abbiamo fatto conoscere, con grande entusiasmo, la letteratura contemporanea che si è sviluppata lungo quelle terre.Un lungo viaggio letterario che da Trieste arriva al Mar Nero attraversando i territori della ex Jugoslavia, l’Albania, la Bulgaria e la Romania. E di quel viaggio fatto con precisione e passione vogliamo riportare nello zainetto le tappe salienti per poter apprezzare anche quel sottilissimo legame tra la musica di una terra e la letteratura di un’altra.

Dubravka-Ugresic-una-Croazia-sul-modello-fascistaIniziamo lo zaino da un libro di una delle scrittrici croate più odiate in patria al tempo della recente “Guerra patriottica”. Scrittrice molto tradotta in Italia, il suo nome è Dubravka Ugreši. Di lei Susan Sontag dice che è “una scrittrice da amare e seguire”. L’ultimo libro ad essere pubblicato in Italia da Nottetempo, il terzo per i tipi di questa bella casa editrice, è una raccolta di articoli e saggi di attualità, piuttosto recenti, dal titolo “Europa in seppia ” nella traduzione di Olja Periši Ars e Silvia Minetti.
Il libro racconta di come si sopravvive in un mondo dove non esistono piú le cabine telefoniche, dove l’effigie di Tito, un tempo esposta in ogni luogo pubblico, ora è stampata su calzini-souvenir. Racconta di un mondo dove si costruiscono musei sul domani per salvarsi dall’oggi. Dubravka Ugreši guarda a quell’Europa del Novecento che non c’è più. O, meglio, c’è, ma è l’Europa di oggi, in particolare quella dell’est, che si volta indietro e scopre un continente invecchiato nei suoi miti, ridotti per lo più a icone consumistiche. La scrittrice ci mostra l’Europa del primo secolo del nuovo millennio attraverso una galleria di scatti, di foto d’epoca color seppia: raccontando che cosa è rimasto di un Est che, puntato sull’orologio socialista, ha creduto al progresso e ormai non ha piú neanche il tempo per sognare; e di un Ovest che, convinto di dettare il passo al futuro, moltiplica le connessioni e si barrica nei propri confini. Cartoline da aeroporti, alberghi, festival, istantanee di paure e ossessioni, una flotta di corrosivi messaggi in bottiglia lanciati da un’irriducibile contestataria.
Emerge il suo fastidio per una storia, la storia del paese sotto il quale è nata e cresciuta, ridotta a questi espedienti consumistici che ne riducono l’importanza e allontanano da una vera riflessione su ciò che è stata la Jugoslavia di Tito. Scrive infatti l’autrice che questo tipo di jugonostalgia: “al posto di essere la chiave per un’indagine seria, per una migliore comprensione del socialismo jugoslavo, per una resa dei conti reale e a lungo termine tra il vecchio e il nuovo, al posto di essere il generatore di una memoria produttiva, se non addirittura di un futuro migliore, la jugonostalgia oggi si è trasformata nel suo opposto, in un’efficace strategia di conciliazione e oblio”.
La visione di una donna di cuore comunista è la chiave degli articoli e dei saggi raccolti in “Europa in seppia”. Cuore che emerge in particolare quando l’autrice, ospite in questo o quel paese europeo soprattutto per convegni e presentazioni, si trova in quelli dell’est, ex comunisti, dove non manca di criticare la volontà dei nuovi governi di cancellare, fin nei nomi, i retaggi nel passato comunista.

foto Nenad Rebersak
foto Nenad Rebersak

Un libro di grande impatto emotivo scritto da una scrittrice e giornalista croata, Slavenka Drakuli, ha per titolo “L’Accusata”. Tradotta in molte lingue, Slavenka Drakuli è una delle voci più potenti della letteratura balcanica, coraggiosa, profonda e capace di interpretare la letteratura come impegno nel mondo. In Italia è nota sin dagli anni Novanta grazie alla pubblicazione di alcune sue opere sul mondo comunista e post-comunista come “Balkan Express” e “Caffè Europa”, nonché di romanzi come “Pelle di marmo”, “Il gusto di un uomo”, “Come se io non ci fossi”.
Ne “L’Accusata”, edito da Keller, ci troviamo davanti ad un processo nel quale è imputata una giovane donna, di cui non conosciamo il nome. La ragazza è sotto processo con l’accusa infamante di aver assassinato la madre. Quello che disorienta subito è il fatto che l’imputata non dica nulla e non faccia nulla per difendersi, anzi ad un certo punto è come se si isolasse in un mondo tutto suo. Non parla, ascolta, riflette e, soprattutto, ricorda. Questo pescare dalla memoria compiuto dalla donna, dà il via ad una serie di spiazzanti flashback del passato, della sua giovinezza, dell’infanzia.
La protagonista ha ucciso la propria madre, ma in tribunale, dove è chiamata a difendersi, si rifiuta di esporre le ragioni di questo grave atto. Parlare significherebbe, per lei, aprirsi di fronte a sconosciuti, mettere in cattiva luce la propria madre che comunque continua ad amare. La testimonianza dell’accusata avviene attraverso la sua voce interiore a cui si alterna una narrazione in terza persona degli abusi subiti nell’infanzia. In questo inquietante romanzo Slavenka Drakuli mostra come in realtà gli unici veri testimoni della violenza familiare sono le vittime stesse e come il trauma degli abusi diventi una prigione dalla quale è difficile uscire o liberarsi, proprio perché è difficile andare contro sé stessi, rivolgersi contro chi ti ha donato la vita. Attraverso il lucido flusso di coscienza della protagonista si viene man mano a conoscenza delle circostanze che l’hanno portata all’omicidio. Si scopre che l’accusata non è mai stata voluta dalla madre, la quale l’ha fatta nascere per una forma di ripicca nei confronti dei genitori che non la volevano lasciare vivere liberamente. Con profondità e acutezza Slavenka Drakuli ci accompagna nel cuore del rapporto madre-figlia, nei meccanismi di dipendenza, attaccamento e identificazione. Il rapporto tra madre-figlia viene analizzato attraverso il racconto di tre generazioni, la figlia, la madre, la nonna segnate da legami contrassegnati dal dolore emotivo e fisico. Ricordando il suo passato, quello della madre e della vita con la nonna, l’imputata fa riaffiorare una serie di eventi caratterizzati da una spirale di violenze e di maltrattamenti che portano le donne a fare del male agli altri e a se stesse. La violenza delle parole ma anche dei calci, dei pugni, degli spintoni mostrano una famiglia che è lontana dalle amorevoli attenzioni. Con una scrittura vorticosa, il lettore viene risucchiato nel mondo della violenza famigliare e del suo rigoroso silenzio. Viene posto di fronte alla paura del giudizio sociale e alla vergogna provata dalla vittima che ama il suo carnefice e preferisce ucciderlo piuttosto che denigrarlo. Un viaggio che sembra senza fine né speranza e che forse ha un’unica via d’uscita, quella che pagina dopo pagina la protagonista ci permette di comprendere.
Un viaggio nella letteratura il nostro che da Trieste ci porterà giù fino alla Bulgaria.
downloadUn autore Bulgaro davvero particolare è Georgi Gospodinov.
Nato a Jambol nel 1968, Gospodinov è poeta innovativo e raffinato, prosatore e studioso di letteratura, oggi considerato uno dei più noti e promettenti autori bulgari. Con il suo primo romanzo, “Romanzo naturale” (1999), accolto come una vera rivelazione, ha immediatamente incontrato il favore di critica e pubblico che ne hanno decretato lo straordinario successo, e ha ottenuto il primo premio del concorso Razvitie per il romanzo bulgaro contemporaneo. È tradotto in varie lingue, fra cui l’inglese, il francese, il ceco, il serbo.
Pubblicati dalla casa editrice romana Voland sono due libri:
“Fisica della malinconia” e “…e altre storie” a cura di Giuseppe Dell’Agata.

In “Fisica della malinconia” un ragazzo è affetto da una strana sindrome: soffre di empatia, è capace di immedesimarsi nelle storie degli altri. Inizia così un viaggio nel mondo del possibile, nel labirinto dei sentimenti mai provati, delle cose mai accadute eppure reali più del reale stesso. Questo “io” coraggioso e impertinente va e viene dal passato, fa incursione in un futuro di cui abbiamo già nostalgia, e ritorna con un inventario di storie sull’autunno del mondo, sui Minotauri rinchiusi in ognuno di noi, sulle particelle elementari del rimpianto, sul sublime che può essere ovunque.

Sono ventuno racconti sospesi tra la complessità narrativa di Borges e il crudo realismo quelli contenuti in “…e altre storie”. Storie dentro storie, favole contemporanee, schegge di un romanzo che parla con tenerezza e ironia del destino personale dell’autore e di quello di un intero popolo. L’anima di un maiale appena sgozzato, una veggente che dall’occhio sinistro vede il passato e dal destro il futuro, un’impossibile trasmissione televisiva. Destini che si sfiorano e interagiscono in un mondo, i Balcani, da sempre in bilico tra realtà e fantasia, tra ieri e oggi, tra quotidiano e letteratura.

foto_Mazzoni-4In questo viaggio nei Balcani tra i tanti libri che parlano e raccontano quelle regioni aldilà dell’Adriatio non possiamo non citare “Il Muggito di Sarajevo” edito da Spartaco e scritto da un amico storico dei Diari come Lorenzo Mazzoni.
Dopo il romanzo “Quando le chitarre facevano l’amore”, sempre pubblicato da Spartaco, Lorenzo Mazzoni regala ai suoi lettori con “Il muggito di Sarajevo” un’altra carrellata di personaggi unici, protagonisti di una storia cruda, toccante, avventurosa, grottesca, dall’ipnotico ritmo grunge.
Nata per essere assediata. È così che si sente Amira, diciotto anni e un grande sogno da realizzare nella città di Sarajevo del ’93, lacerata dalle rappresaglie tra serbi e bosniaci. Il cuore della suonatrice di cigar box guitar batte all’unisono con i colpi di mortaio e le raffiche di mitra, ma Amira canta la sopravvivenza, la speranza. Della band Senza Strumenti fanno parte anche il colonnello Mustafa Setka, mago del basso, e il gigantesco ballerino di kolo, Masne, alle percussioni. I due, per tutto il giorno, seguono Jack, meglio conosciuto come Mozambik l’irlandese, fidanzato di Amira, spacciatore. All’occorrenza, Jack si offre come guida agli inviati di guerra che affollano l’Holiday Inn semidistrutto. Così conosce Carlo e Oscar, due fotoreporter italiani che inseguono uno scoop davvero straordinario: tra macerie e bombe, intendono trovare una vacca indiana che si dice abbia poteri da chiromante. Sarà per caso la Zebù gir che il vecchio Ivan nasconde nella corte interna del suo negozio di tabacchi, adattato a fumeria d’oppio dopo l’inizio del conflitto? Del resto, non è la sola ospite che il commerciante cela a sguardi e orecchie indiscrete. In uno sgabuzzino è segregato, infatti, un serbo fuori di testa che, dopo una scorpacciata di funghi allucinogeni, si è ritrovato al di là delle linee nemiche. Lo scopo di Ivan è rispedirlo al mittente in cambio di un riscatto, da chiedere a un oscuro cecchino dei servizi segreti serbi, che trova la concentrazione solo canticchiando le hit di Barbra Streisand. Niente a che vedere con i Nirvana di Kurt Cobain, che Amira ha scoperto grazie a un lontano cugino olandese, di origine bosniaca, diviso tra rock e fede religiosa da quando ha abbracciato l’Islam in prigione.
Non possiamo a questo punto non ricordare due libri di due scrittori nati in Albania e che hanno deciso di vivere all’estero: “Toringrad” pubblicato per edizioni Spartaco dello scrittore Darien Levani, che abbiamo presentato lo scorso luglio ai Diari  e quello della scrittrice Ornela Vorpsi “Viaggio intorno alla madre” edito da Nottetempo.

darien_levaniDarien Levani nato a Fratar nel 1982 vive e lavora a Ferrara. Già autore di romanzi premiati in Albania, sua terra di origine, in Italia ha ottenuto diversi riconoscimenti letterari tra i quali i Premi «Nuto Revelli» e «Pietro Conti». Da sempre impegnato nella promozione culturale della comunità albanese in Italia, è vicedirettore del giornale online Albania News.
“Toringrad” è il curioso nome che Drini, ex studente universitario di Storia, decide di conferire al suo bar che apre a ventinove anni nel capoluogo piemontese, dopo aver accumulato un discreto gruzzolo nel mondo dello spaccio della cocaina. Bar che si rivelerà anche un centro di incontri e affari loschi in cui si ritrova coinvolto suo malgrado dopo che il cognato, Petrit, viene tradito e arrestato poco prima di Natale. A questo punto gli affari di famiglia richiedono una sua presenza e dovrà dunque essere lo stesso Drini a intervenire nel complicato e rischiosissimo giro di “consegne” della dama bianca. Sarà un viaggio difficile e rischioso, con incursioni nel mondo del sottoproletariato italiano fatto di prostituzione, slot machine,ex – poliziotti che fanno la cresta sul guadagno delle donne di strada, tossicodipendenza, una trasferta che lo condurrà nella Milano del potere marcio. Ma sarà anche la ricerca del traditore, perché nessun conto può essere lasciato insoluto. I sospetti cadono sull’acquirente, Envèr. Se è stato lui, dovrà pagare con la vita. Eppure la verità non è mai scontata, come Drini avrà modo di scoprire a proprie spese. “Toringrad” è un romanzo ruvido e diretto come il suo protagonista, lucido e freddo imprenditore dello spaccio ma con una morale che lo induce a rimanere fedele a se stesso e al suo destino.

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Ornela Vorpsi è fotografa, pittrice e videoartista, nata a Tirana nel 1968 e attualmente vive a Parigi. La scrittrice, che ha usato l’italiano per il romanzo d’esordio, “Il paese dove non si muore mai”, sceglie il francese per proseguire la sua indagine sulle emozioni e sulla scrittura, che è essenziale e tagliente come quella di Grace Paley. Per Nottetempo, dopo aver pubblicato “Vetri rosa” nel 2006, ha pubblicato nel 2015 “Viaggio intorno a mia madre” affrontando un argomento scomodo: come cambia la sessualità con la maternità. E per farlo, sceglie un personaggio spregiudicato e libero fino all’incoscienza, con un’altra madre scomoda alle spalle, e un carico di complessità. Il risultato è un viaggio intorno alla donna. Katarina è una madre in pena per il figlio febbricitante. La sua preoccupazione è che l’indomani, quando arriverà il suo amante, non le sia possibile lasciare il bambino al nido. Forse una Tachipirina e una pastiglietta di Lexotan lo terranno a bada? Ci troviamo subito non tanto davanti a un dramma della coscienza, quanto alla coscienza della forza del desiderio, del tempo che passa, della natura esigente e crudele dell’amore, che mette a nudo la relazione insondabile tra madre e figlio. Il romanzo comincia la notte e finisce la sera successiva, quando Katarina va a riprendere il bambino al nido e torna a casa piena di propositi effimeri. “Viaggio intorno alla madre” è un romanzo scandaloso e struggente, un romanzo che “brucia”, dove ogni parola scopre un tizzone di verità difficile da toccare. Ornela Vorpsi esplora i paradossi dell’amore materno, della passione e della tentazione con un’intensità grave, quasi religiosa.

Questa è stata anche la settimana della festa delle Donna. Non dobbiamo mai dimenticare la violenza che le Donne hanno subito nel mondo. Bisogna mettere da parte la retorica delle mimose e saper accendere le luci sui fatti e su quello che è stato. La forza delle donne che provano a superare l’orrore e le conseguenze di un conflitto devastante è la protagonista del libro edito da Keller “Come se mangiassi pietre” di W. L. Tochman.

w-l-tochman-spisovatel-novinar-nestandard2L’Autore ci trasporta nel presente della ex Jugoslavia con un reportage. “Come se mangiassi pietre” recita il titolo e si riferisce al continuo digrignare dei denti di una madre, traumatizzata dagli eventi vissuti, che non riesce a interrompere. Keller ha ristampato questo libro necessario per tenere viva la memoria, un monito per un’Europa che non deve considerare la pace come un bene acquisito. Le persone nel reportage sopravvivono in una condizione di perenne afflizione. «Le donne, quasi tutte disoccupate, tirano avanti a forza di calmanti». Gli stupri e la pulizia etnica perpetrata con lucida crudeltà hanno fatto terra bruciata. Eppure tutti vogliono andarsene, fuggire, dimenticare. Grazie al suo sguardo unico e al suo stile essenziale, sempre aderente alla vita, riesce a trasformare ciò che racconta in un universo narrativo da cui è impossibile staccarsi e rimanere estranei. Un gioco a incastro fatto di storie che sfumano una nell’altra e che ci riporta le testimonianze dei sopravvissuti, i ricordi.La dottoressa Eva Klonowski percorre l’ex Jugoslavia per recuperare i resti delle vittime scomparse durante il conflitto. Li ripesca dai pozzi, dalle grotte nelle quali sono stati gettati. Il suo è un compito infinito. Parte da un miscuglio di ossa per ricomporre le persone. La sua è una vera e propria lotta contro l’oblio, contro il nulla che minaccia la memoria degli uomini. Inizia da qui il reportage di Wojciech Tochman dedicato alla guerra intestina che, dal 1991 al 1995, ha insanguinato i Balcani. Nel paesaggio devastato «le ossa spuntano da ogni parte, galleggiano nei pozzi». Solo una donna, caparbia e ostinata, prosegue nel suo lavoro faticoso e incessante. «Niente ossa, niente lutto», dice Mubina, una delle tante voci alle quali viene lasciato il compito di narrare l’orrore del conflitto. Ricomporre i corpi spezzati non è dunque solo un testardo impegnarsi in quello che appare come un macabro gioco di pazienza, è anche e soprattutto una maniera per restituire una parvenza di pace ai sopravvissuti.

«Dopo la guerra le persone sono cambiate. Non passano più a trovarsi nelle case, hanno smesso di ridere». La guerra non distrugge solo il territorio, ma anche le coscienze degli uomini. Così Tochman ci presenta un tessuto umano afflitto da un agghiacciante mutismo.
Ma c’è qualcuno che rifiuta questo oblio. Qualcuno che si porta dietro i bambini per farli assistere alla difficoltosa procedura dell’identificazione, «perché non dimentichino». Il percorso può essere lungo e doloroso. Solo l’esame del DNA può fornire certezze. Partendo da questi poveri resti, Eva riesce a leggere l’appartenenza etnica. «Il femore di un musulmano è leggermente arcuato, perché i musulmani usano stare accosciati sui calcagni». Questa donna, costretta a tenere a bada le emozioni per non impazzire, sembra voler rimediare da sola alle ingiustizie del mondo. Anche la narrazione di Tochman evita qualsiasi sentimentalismo. Il giornalista scrittore registra con lucida chiarezza le innumerevoli voci prima che queste scompaiano, lasciandoci soli con mille interrogativi nella testa.
L’11 luglio del 1995 la popolazione di Srebrenica viene massacrata dai serbi. Anni dopo i testimoni indicano i luoghi delle fosse comuni. Di solito restano in disparte, perché hanno paura. Grazie al lavoro di Eva molte salme trovano sepoltura, molte persone una pace forse effimera, perché «alcuni credono che la guerra sia sempre lì che cova sotto la cenere».

«Dopo tutto quello che abbiamo passato, come faremo a vivere gli uni accanto agli altri? Come faremo a guardarci negli occhi? Le persone non sono mica di pietra», grida Stojanka, sopravvissuta all’assedio di Sarajevo al contrario di suo marito, caduto in guerra. Un interrogativo valido per qualsiasi conflitto. Come potranno Russi e Ucraini convivere nuovamente in pace, come potrà la popolazione siriana ricostruire il proprio tessuto sociale, ripristinando una parvenza di normalità?

Tochman assiste alle esequie dei martiri ai quali è stato possibile attribuire un nome. «Non domandiamo niente a nessuno», recita l’ultima frase del libro, perché qualsiasi domanda rinnova le ferite, propaga il dolore. Si può solo raccontare quanto accaduto, lasciando una testimonianza scritta che ponga un momentaneo argine all’oblio.
C’è una casa editrice molto bella di nome Miraggi

saraje-gobettiPer questa casa editrice Eric Gobetti, torinese e storico free-lance, ha pubblicato due libri. Da anni lui tiene lezioni e conferenze sulla storia jugoslava, da Gavrilo Princip ai giorni nostri. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: “Dittatore per caso. Un piccolo duce protetto dall’Italia fascista” (L’ancora del Mediterraneo 2001), sul movimento croato Ustascia negli anni Trenta; “L’occupazione allegra. Italiani in Jugoslavia 1941-1943” (Carocci 2007); “Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia” (Laterza 2013). Nel frattempo esplora i Balcani e organizza viaggi di turismo storico nei paesi della ex Jugoslavia. Molte delle sue avventure le ha raccontate nel diario-reportage “Nema problema! Jugoslavie, 10 anni di viaggi”.
Lo sguardo non convenzionale di un giovane storico, per emozionarsi e riflettere sulle strade slave del Sud.
In treno, in macchina, in aereo, in autobus, in nave, in autostop, a piedi. Dieci anni di viaggi, dal 2000 al 2010. Dieci anni dormendo in alberghi, pensioni, affittacamere, campeggi, appartamenti metropolitani e case contadine, talvolta per terra, sul pavimento, in strada, sul cemento, sulla sabbia, nei prati. Dieci anni di passione, di studio, di incontri e di scontri, in un labirinto di popoli, di confini, di memorie divise. Uno sguardo non convenzionale sulle Jugoslavie, frammenti di paesi nati sulle macerie di quella che fu la gloriosa Jugoslavia di Tito, spazzata via dalla storia e dalla guerra. A metà tra il diario intimo e il reportage sociopolitico, un libro per balcanizzarsi senza perdere la ragione.

Altro libro dello stesso autore è “Sarajevo rewind”.
Il 28 giugno del 1914, a Sarajevo, due colpi di pistola misero fine alla belle époque, dando origine al “secolo breve”, il secolo delle guerre mondiali, dei conflitti di massa, dei regimi totalitari, delle grandi ideologie, delle grandi tragedie. Gavrilo Princip e Franz Ferdinand: il giovane irredentista serbo e l’arciduca dell’Impero asburgico. Due uomini, due viaggi verso la fine e l’inizio. A Sarajevo, sul ponte Latino – dove scorre la Miljacka, il fiume che attraversa la città – si compiono i loro destini. Cent’anni dopo, cosa rimane di quel mondo? Cosa rimane della memoria di questi due protagonisti della storia del Novecento? Da Vienna e da Belgrado a Sarajevo, due storici – Eric Gobetti e Simone Malavolti – si sono avventurati a cento anni di distanza sulle strade che portarono all’attentato di Sarajevo e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Due viaggi fra nazioni, nazionalismi e realtà politiche sovra e pluri-nazionali. Due viaggi attraverso un secolo, nel cuore dell’Europa di ieri e di oggi. “Da una parte abbiamo una realtà balcanica che è molto più “balcanizzata” oggi di allora. Nel senso della marginalizzazione, del ritardo e dell’esclusione sia politica che economica, dal resto dell’Europa. Belgrado era una grande capitale in espansione; da Sarajevo si andava in giornata in ogni parte dell’Impero”, racconta Eric Gobetti. “ Oggi sono luoghi “a parte”, soprattutto nell’immaginario del resto d’Europa. Dall’altro lato abbiamo un’Unione Europea che sembra afflitta dagli stessi problemi dell’Impero Austro-Ungarico: mancanza di democrazia, se non apparente; scarso rispetto dei popoli e delle nazioni, che infatti genera successi elettorali dei partiti nazionalisti; elefantiasi burocratica e sistema economico troppo ingessato. Insomma, gli ingredienti per un parallelo ci sono tutti, poi certo, c’è anche tanta differenza: è passato un secolo ma per molti versi pare un millennio!”.

Nello zaino questa settimana ci mettiamo oltre a

"Una bellissima ragazza" di Ornella Vanoni, edito da Mondadori
“Una bellissima ragazza” di Ornella Vanoni, edito da Mondadori
"Europa in seppia" di Dubravka Ugreši, Nottetempo.
“Europa in seppia” di Dubravka Ugreši, Nottetempo.
"L'accusata" di Slavenka Drakulic, Keller.
“L’accusata” di Slavenka Drakulic, Keller.
"Fisica della malinconia" di Georgi Gospodinov, Voland.
“Fisica della malinconia” di Georgi Gospodinov, Voland.
"...e altre storie" di Georgi Gospodinov, Voland.
“…e altre storie” di Georgi Gospodinov, Voland.
"Il Muggito di Sarajevo" di Lorenzo Mazzoni,Edizioni Spartaco.
“Il Muggito di Sarajevo” di Lorenzo Mazzoni,Edizioni Spartaco.
“Toringrad” di Darien Levani,Edizioni Spartaco.
“Toringrad” di Darien Levani,Edizioni Spartaco.
"Viaggio intorno alla madre"di Ornela Vorpsi, Nottetempo.
“Viaggio intorno alla madre”di Ornela Vorpsi, Nottetempo.
"Come se mangiassi pietre"di W. L. Tochman, Keller.
“Come se mangiassi pietre”di W. L. Tochman, Keller.
"Nema problema! Jugoslavie, 10 anni di viaggi" di Eric Gobetti, Miraggi editore.
“Nema problema! Jugoslavie, 10 anni di viaggi” di Eric Gobetti, Miraggi editore.
"Sarajevo rewind" di Eric Gobetti, Miraggi editore.
“Sarajevo rewind” di Eric Gobetti, Miraggi editore.
Nello Zaino di Antonello: Viaggiare nei Balcani