di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

 

Viaggi, balene e… automobili nella Libreria di due perfetti sconosciuti.

16901472_10212720989568271_1115823763_nMercoledì 15 febbraio in libreria abbiamo fatto una Lettura “particolarissima” ad Alta Voce tratta da Viaggi e Balene di Herman Melville, pubblicato da Edizioni Clichy nella Collana Père Lachaise con traduzione e cura di Fabrizio Bagatti.
Un libro non semplice dove sono riuniti, per la prima volta tradotti in Italia, gli scritti di Melville che solo di recente sono stati scoperti e inseriti nella sua Opera omnia pubblicata negli Stati Uniti. Una scrittura e una impostazione del testi non facilissima e che ha incontrato numerose obiezioni e critiche da parte del nostro gruppo di lettura. Per questa ragione, e anche per stemperare certe asprezze della scrittura, abbiamo deciso di fare una lettura animata in coppie, abbinando cioè ad ogni lettore del gruppo un elemento nuovo: che fosse un familiare, un compagno di vita, un figlio, un amico conosciuto in libreria, uno sconosciuto da imparare a conoscere. Tutto questo non solo per vivacizzare un testo non semplice, ma per dimostrare che la lettura deve innescare viaggi e incontri e condivisioni. Una serata bellissima fatta di sorrisi festosi ed emozioni per sottolineare ancora una volta come una Libreria possa diventare un Luogo, prima che un esercizio commerciale e dove anche una proposta culturale impegnativa con leggerezza possa diventare una bella occasione di incontro. Piccolissime idee di due librai sconosciutissimi ai più ma che, con la loro piccolissima libreria di nicchia, il loro entusiasmo e la loro tenacia cercano di movimentare il clima culturale di una cittadina di provincia e fare di quel piccolo luogo un presidio resistente. 16923314_10212720989208262_2079729951_n

Scoprire e andare oltre lo scrittore degli indiscusi capolavori come “Moby Dick”, “Bartleby lo scrivano” e “Billy Budd” con questo volumetto che comprende bozzetti satirici scritti parallelamente alla stesura di Moby Dick, unico esempio del Melville umorista, diretti contro la figura del Generale Zachary Taylor, futuro Presidente degli USA, e i testi delle conferenze tenute da Melville sul tema dei mari del sud, sul viaggiare e sulle statue classiche a Roma; completano il volume recensioni a due volumi sulla caccia alla balena, a un romanzo di Fenimore Cooper e sulla vita di mare. Presentati per la prima volta al pubblico italiano, questi scritti documentano un lato finora sconosciuto della produzione di Melville e ne completano, a tutto tondo, le capacità e la ricchezza inventiva come prosatore e saggista. Un esauriente apparato di note e commento permettono di inquadrare questi testi nel complesso dell’opera melvilliana. I testi: Aneddoti autentici sul “Vecchio Zack”, Bozzetti di caccia alla balena, Il viaggio di Francis Parkman, Il nuovo romanzo di Fenimore Cooper, Una riflessione sulla rilegatura, Statue di Roma, I mari del sud, Sui viaggi.
Siamo una libreria di Viaggio e abbiamo letto un libro che ha a che fare col viaggio e mentre i lettori erano immersi nella lettura mi è venuto in mente che per questo zaino avrei fatto fare un percorso strano attraverso la Letteratura. Proporrò, infatti, una serie di suggerimenti che hanno per protagonista l’automobile.

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Partiamo da un gioiello per tutti gli amanti delle buone letture: “La polvere del mondo” di Nicolas Bouvier pubblicato da Diabasis nella collana Al buon Corsiero. Il più bel libro di viaggio del XX secolo, “L’usage du monde”, tradotto come “La polvere del mondo”, è il racconto di un viaggio, ma anche di molte altre cose assieme. In questa prima avventura in Oriente condotta da Bouvier nel 1953 c’è essenzialmente quella ricerca di un Altrove perduto che è poi metafora perfetta della vita stessa. Partito da Ginevra su una Fiat “Topolino”, raggiunge a Belgrado il suo amico pittore Thierry Vernet, in compagnia del quale continuerà il viaggio verso Est, fino a Samarcanda.Tra le pagine di quello che è considerato la bibbia di una generazione intera di viaggiatori e di scrittori di viaggio troverete non solo la narrazione di un’avventura dal fascino esotico. La grandezza di questo libro sta nella inimitabile prosa densa e calibrata, mai una parola di troppo, dove però si fondono ironia e angoscia; con questa scrittura l’autore ci svela i meccanismi segreti che albergano nell’animo di ogni viaggiatore passando dal divertimento alle lacrime, dall’innocenza dello sguardo al sapore della conoscenza consapevole. Una vera e propria avventura, di uno sguardo che si mette in cammino e si svela alla polvere del mondo rendendosi partecipe delle culture degli altri con quel gusto dell’Ignoto e una visione cosmica pronta a cogliere il vero profumo dei luoghi e ogni singolo, minuzioso, dettaglio. Bouvier nel giugno del 1953 ha ventiquattro anni e già scrive per un quotidiano. I due compagni viaggeranno per diciotto mesi e Bouvier distillerà questo imperdibile “compendio di arte viaggiatoria” con immagini che restano scolpite nella mente del lettore. 
Il libro ha conosciuto in Francia un successo continuo (molte riedizioni, numerose traduzioni), per il modo inimitabile in cui si fondono humor e angoscia, l’innocenza dello sguardo e il sapore della conoscenza, la visione cosmica e il rapimento di certi piccoli dettagli celati nella singolarità degli esseri e delle cose più ovvie e quotidiane.
Bouvier ci dice che “Un viaggio non ha bisogno di motivi. Non ci mette molto a dimostrare che si giustifica da solo. Pensate di andare a fare un viaggio, ma subito è il viaggio che vi fa, o vi sfa”. Bouvier ci ha lasciato nel 1998 ma ci piace pensarlo ancora lì, alla frontiera con l’Iran, dove “al caldo, in una larga giacca di feltro e con il berretto di pelliccia calato sulle orecchie” sente l’acqua per il tè che comincia a bollire e con calma annota questi pensieri immortali.

16831254_10212720990728300_545451756_nUn romanzo storico, così definisce Giorgio Caponetti il suo libro edito da Marcos y Marcos “Quando l’automobile uccise la cavalleria”. Il torinese Giorgio Caponetti per molti anni ha fatto il pubblicitario firmando la regia di campagne importanti fin quando si è ritirato a vivere nella campagna del Monferrato. Ha impiegato trent’anni a scrivere questo romanzo. Un lungo periodo durante il quale ha dovuto ordinare fatti consequenziali e raccontare così questa bella storia italiana che ha per protagonisti quattro cavalieri, e una città, Torino, da poco non più capitale del nuovo Regno, ma pronta a divenire la capitale della nascente industria automobilistica, abbandonando il ruolo di capitale dell’aristocrazia che vedeva nell’arma della cavalleria la più perfetta incarnazione dei propri ideali. Il mondo del cavallo, ai primi del Novecento rappresentava ancora uno status sociale. Un mondo che nel giro di soli vent’anni viene travolto da quello moderno dell’automobile. All’interno di questo cambiamento epocale agiscono i quattro cavalieri: il nonno dell’autore e Giovanni Agnelli, Federigo Caprilli, e Emanuele Cacherano di Brichesio. Federigo Caprilli è il cavaliere volante, play boy bello, affascinante e sensuale, eroe ribelle ed innovatore della Cavalleria sabauda, che rivoluziona addirittura il modo di andare a cavallo e con la sua cavalcata leggera capace di saltare più in alto di chiunque altro prima. Emanuele Cacherano di Bricherasio è il conte rosso, nobile sognatore illuminista che ama l’arte, la musica e i motori: si innamora dell’automobile come simbolo del progresso in grado di concorrere a migliorare le condizioni delle classi lavoratrici. Amico di personaggi scomodi come Edmondo De Amicis e Pelizza da Volpedo, finanzia una piccola fabbrica di automobili e ne sogna una più grande. Il sogno sembra realizzarsi quando l’11 luglio 1899, insieme ad altri fonda la Fiat nel suo palazzo torinese. Agnelli è il capitale, il potere forte, l’uomo pragmatico e il più bravo a gestire gli altri. L’imprenditore e il finanziere che in quanto tale non guarda in faccia nessuno. Caprilli e Bricherasio sono amici per la pelle. Si confidano progetti e segreti. Come quando Caprilli diventa maestro e campione internazionale, ma tardano ad arrivare i riconoscimenti che merita. Come quando Giovanni Agnelli assume il predominio in Fiat e Bricherasio si sente messo da parte, nutre strani timori. I tre sono ufficiali quasi coetanei, nati nella seconda metà dell’Ottocento, che si sono conosciuti alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, poco distante dal paese di Villar Perosa, dove Agnelli è Sindaco.
Queste tre figure potrebbero quasi avere valore di metafora di un secolo che cambia il destino del Paese, ma i fatti narrati sono veri, anche se tutto oscuro, mai indagato. Perchè Bricherasio viene trovato morto ad Agliè, nel castello dello zio del Re, il Duca di Genova, con un buco nella nuca, a soli 34 anni? Un suicidio improbabile, ma trattandosi della residenza del cugino del re, non viene aperta nessuna inchiesta. La sorella Sofia, disperata, si appoggia all’amico Caprilli, gli affida le carte del fratello. Tre anni dopo anche Caprilli, che sta indagando sulla morte dell’amico, muore all’improvviso in un modo assurdo, cadendo da cavallo per le vie di Torino, una sera d’inverno all’imbrunire. Ha solo trentanove anni. Così afferma l’unico testimone oculare, Enea Gallina, noto commerciante di cavalli sull’orlo del fallimento dovuto proprio all’avvento dell’automobile, che sta gradualmente soppiantando i cavalli, e che dice d’averlo visto avanzare verso Piazza d’Armi e poi cadere improvvisamente. Caprilli e Bricherasio condivideranno lo stesso crudele destino e saranno sepolti giovanissimi nella stessa tomba. Di inquietante c’è che una settimana dopo la scomparsa di Bricherasio dal consiglio di amministrazione, la F.I.A.T. viene rivoluzionata. L’azienda fallisce, i capitali iniziali vanno in fumo e Agnelli rifonda FIAT senza puntini. Una operazione che porterà all’apertura di un processo per truffa e aggiotaggio nei confronti di Giovanni Agnelli e di un altro paio di soci. Un processo che iniziò, guarda caso, quattro mesi dopo la misteriosa morte di Caprilli. E che terminò dopo quattro anni con l’assoluzione, ma con l’intervento di poteri fortissimi: Vittorio Emanuele Orlando, ministro di Grazia e Giustizia, diede le dimissioni, divenne presidente del Collegio di difesa di Agnelli, lo vide assolto e poi si rimise a fare il politico. Combinazioni, strane combinazioni, secondo Caponetti, che mettono curiosità e richiedevano almeno una risposta emotiva, se non si può avere, dopo tanto tempo, quella razionale. “Così è la vita…” avrebbe detto il quarto Cavaliere, nonno dell’autore.

16924113_10212720989248263_694731645_nÈ un’automobile giallo limone che cade dal cielo a capeggiare sulla copertina del libro “Oltre le parole” di Luca Giachi, Hacca Edizioni.
In una Roma calda e deserta di una giornata estiva di agosto, dal cielo cade una vecchia 500 gialla. Alessia e Matteo sono gli unici testimoni di questo evento imprevedibile e impensabile. Dentro la 500 non c’è nessuno ma solo uno stradario del 1977 e poi delle lettere, indirizzate a Federico scritte da Nadia. La vicenda si svolge a Roma, tra il quartiere Trieste e Villa Ada, e la Toscana, nell’arco temporale di una settimana. Alessia e Matteo si conoscono proprio indagando su questa macchina piovuta dal cielo,trasformandosi in veri e propri detective. E mentre ricostruiscono una complessa vicenda si trovano a risalire sino ad’una storia d’amore perduto, quello di due ragazzi d’un’altra generazione che il destino ha separato per sempre. Dopo la caduta dal cielo del veicolo, conosciamo Alessia, una ragazza trentenne che vive una fase di stallo nella sua vita, vorrebbe che tutto cambiasse, ma allo stesso tempo, sembra non avere il coraggio di fare nulla perché questo possa accadere, si aggrappa così ad un fidanzato che non ama, ad un lavoro che non le piace e ad una tesi che non riesce a finire. Dal ritrovamento delle lettere trova anche un motivo per dare una svolta alla propria vita. Matteo è un neolaureato che lavora in polizia grazie ad una raccomandazione, e indagando con Alessia inizia a credere ad un futuro con lei; i due ragazzi riusciranno a trovare Nadia e a capire gli eventi che hanno travolto il secondo protagonista maschile di questa storia parallela, il destinatario delle lettere, Federico, un uomo di cui non sappiamo quasi nulla fino a quando non sarà Nadia stessa a parlarci di lui. Nadia è andata a vivere in Toscana, lasciando intatta la sua vecchia casa romana, e immutati tutti i ricordi. Federico perde la sua battaglia rivoluzionaria, non sopravvive al dolore, si ammala ma lascia un’eredità viva. Una storia d’amore che fa sognare e piangere, riflettere e sorridere. Una storia che va oltre la morte, che continua a vivere grazie a parole scritte molti anni prima, da due ragazzi innamorati e destinati a rimanere legati per sempre. Bisognerà aspettare le ultime pagine per sapere come la 500 sia potuta precipitare dal cielo.
“Diceva sempre che voleva darmi solo le parole importanti e che tutto il resto era inutile. Una volta mi disse: “Oltre le parole ci sei solo tu. La mia vera rivoluzione”. 16839437_10212720990928305_1478398849_n

E’ un corteo di automobili, precisamente di limousine, a sfilare per l’Europa, partendo da Stoccarda e arrivando a Sofia ad aprire il romanzo “Apostoloff” di Sibylle Lewitscharoff edito da Del Vecchio editore nella traduzione di una cara amica storica dei Diari, Paola Del Zoppo. Dentro le limousine ci sono le salme di bulgari esiliati, accompagnate dai loro parenti. L’ideatore della carovana è un miliardario bulgaro e megalomane. Ci sono pure due sorelle di Stoccarda a viaggiare in auto per l’odierna Bulgaria e stanno prendendo parte a questo delirante corteo funebre con lo scopo di riportare in patria le salme di diciannove esiliati bulgari rifugiatisi in Germania negli anni Quaranta. Tra questi, il padre, un medico bulgaro morto suicida quando le due sorelle erano bambine. Messo sotto terra per la seconda volta il genitore, le sorelle continuano il viaggio nel paese balcanico. A scortarle è Rumen Apostoloff, autista, Orfeo, e guida turistica: lui cerca di ammaliarle con le bellezze del suo paese, ma dal sedile posteriore dell’auto la sorella maggiore ha ingaggiato una resa dei conti con il padre e il paese d’origine, distillando un odio implacabile, ironico e liberatorio, che inghiotte tutto ciò che incontra.
Dietro questa traccia corrosiva, Sibylle Lewitscharoff, come una sapiente costruttrice di labirinti, semina i veri temi del romanzo: la messa in questione del modello cultrurale occidentale, la verità e rispondenza della Storia rispetto alle singole esistenze, il rapporto con Dio e il sacro.
A metà fra romanzo on the road e commedia nera, Apostoloff, è così una processione di visioni che si mescolano, sovrappongono e incollano per dare forma una narrazione potente che diventa un corpo a corpo tra la lingua e le possibilità della narrazione. Sibylle Lewitscharoff con Apostoloff si è aggiudicata il PREMIO DELLA FIERA DEL LIBRO DI LIPSIA 2009.

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Un altro libro pieno di suggestioni è “Viaggio in Francia in automobile” di Edith Wharton edito da Ibis nella collana l’Ippogrifo. “L’automobile ha restituito al viaggio il suo incanto”. Inizia così il resoconto del road trip di Edith Wharton nella Francia di inizio Novecento: una corsa veloce su vie poco battute, uno sguardo colto e ironico sul paesaggio e la storia del vecchio continente.
Con una delle prime automobili in circolazione Edith Wharton attraversa la Francia in lungo e in largo, visitando luoghi noti e angoli sconosciuti. Uno sguardo appassionato, colto, ironico; una scrittura letteraria, elegante, a tratti impervia, capace di spalancare mondi interi con una sola parola. Attraversato l’Atlantico nel marzo del 1907 per il loro annuale viaggio all’estero, Edith Wharton e il marito Teddy, insieme al fratello di Edith, Harry Jones, partirono da Parigi su una Panhard, per un paio di settimane d’avventura. Si diressero verso sud-est fino a Clermont-Ferrand e poi a nord, verso Bourges e Orléans. È forse la prima testimonianza di un viaggio del genere, un viaggio fatto con un mezzo più veloce di tutti quelli usati finora dagli scrittori di viaggio. Così, la più europea degli scrittori statunitensi ci presenta un punto di vista nuovo e diverso. La particolarità è proprio questa: all’inizio del novecento, Edith Wharton ci propone un nuovo sguardo, creato e, in un certo senso, condizionato dal mezzo utilizzato. Per lei, l’automobile diventa il modo per riconquistare l’avventura del viaggio, perché cancella le costrizioni e la promiscuità della ferrovia, il vincolo di orari fissi e di percorsi determinati.
La lettura di questo piccoli libricino mette addosso il desiderio di tornare a visitare la Francia sotto altre prospettive. La nuova edizione di “Viaggio in Francia in automobile” è frutto del lavoro di un gruppo di traduttori allievi della Scuola di Specializzazione in traduzione editoriale, Agenzia Formativa Tuttoeuropa di Torino.

16837748_10212720989528270_463042483_nTra i libri che hanno per protagonista l’automobile, un posto di riguardo merita il libro “La trente-cinq” di Alessandro Tedeschini edito da La Caravella Editrice.
Un racconto di viaggio e una bella storia di sentimenti, con una critica a questi tempi freddi e insensibili al fascino della semplicità. La vicenda raccontata da Alessandro Tedeschini si svolge in un clima incantato da fiaba. È la storia di un cinquantanovenne che si appresta a ritirare dal garage di un villaggio inglese una storica Bugatti 35B. Un modello di autovettura dal passato glorioso, quasi duemila vittorie, che dopo un lungo sonno si prepara a tornare alla vita. Non contento di aver acquistato tale gioiello, infatti, il protagonista decide di guidarla fino a casa, Milano. Lo stile di Tedeschini è misurato, pacato, ordinato. Canta quasi come il motore della 35 quando, scaldato a puntino, comincia a rivelare tutte le sue qualità. Non immaginate però “La trente-cinq” come la storia di un amore solitario e un po’ morboso tra un appassionato e la sua macchina. A causa di un piccolo incidente di percorso, il protagonista della storia, di cui non viene mai pronunciato il nome quasi per non oscurare quello della stessa Bugatti, si trova quasi subito ad ospitare nel suo strano viaggio una bionda ospite, una giornalista francese di nome Susanne. Inizia così a condividere, non solo il suo itinerario, ma emozioni e sensazioni. Il libro si trasforma in una sorta di inno, non solo alla vecchia regina azzurra, costruita con una sapienza a noi sconosciuta (il suo motore non ha neanche una guarnizione, ma lascia trafilare meno olio di un’auto moderna), ma in modo particolare ad un modo dimenticato di assaporare la vita. La Bugatti modello 35B sta alle macchine moderne piene di elettronica, come le volute di fumo di una vissuta pipa in radica stanno al fumo velenoso di una sigaretta, o al sapore di una marmellata fatta in casa contrapposto a quello fatto solo di gelatina, coloranti ed aromi chimici di una confettura industriale. Una gran bella storia, scritta con delicatezza e dal finale tutt’altro che scontato.  16839399_10212720990808302_294523961_n

Una storia bella e staordinaria quella contenuta in “Mercedes Benz. Da alcune lettere a Hrabal” di Pawel Huelle edito da Voland, nella traduzione di Raffaella Belletti.
Romanzo originalissimo, concepito sotto forma di lunga lettera allo scrittore ceco Bohumil Hrabal, “Mercedes-Benz” racconta le lezioni di guida che il protagonista prende a bordo di una scalcinata fiat da un’istruttrice energica e dolce al tempo stesso, la graziosa signorina Ciwle. Imbarazzato e piuttosto imbranato nella guida, per stemperare la tensione e distrarre l’insegnante, il giovane comincia a narrare le divertenti vicissitudini di alcuni membri della sua famiglia, in particolare i nonni Maria e Karol, alle prese con le automobili. Il romanzo di Huelle descrive le lezioni di guida che il protagonista, anche in questo caso l’autore, prende a bordo di una scalcinata Fiat da un’istruttrice energica e dolce insieme, la graziosa signorina Ciwle. Siamo a Danzica. Lui è imbarazzato e piuttosto imbranato nella guida, e per stemperare la tensione e distrarre l’insegnante comincia a raccontarle innumerevoli storie riguardanti le vicissitudini di vari membri della sua famiglia, in particolare i nonni, alle prese con le automobili. Episodi divertentissimi: il clamoroso incidente della nonna Marie che negli anni venti, a bordo di una Citroën, va a sbattere niente meno che contro una locomotiva, provocando grande scalpore perfino sulla stampa estera e meritandosi un’auto in omaggio dalla fabbrica francese; il tuffo nel fiume del nonno Karol con la nuova Citroën (distrutta quella, sarà costretto a comprare una nuova auto, appunto la Mercedes del titolo, mitica macchina che passerà poi al padre dell’autore); la sua invenzione della caccia alle mongolfiere a bordo di auto. Gli episodi non si contano, e sono tutti improntati a quel “lirismo automobilistico” a cui Huelle accenna nelle prime pagine, molto vicino al tono affettuoso con cui Hrabal descrive le vecchie auto e, attraverso di esse, le epoche storiche.
La signorina Ciwle è incantata dalle storie del suo allievo e gli chiede in continuazione di raccontargliene altre, instancabile nell’ascoltarle. Il protagonista ne subisce il fascino, e l’interesse nei suoi confronti cresce ancora di più quando scopre che è anche lei una appassionata lettrice di Hrabal. Le ore di lezione diventano occasione di vivaci chiacchierate tra i due, che entrano piuttosto in confidenza.
Il romanzo è tutto un intrecciarsi di questi tre piani: le lezioni di guida, gli inarrestabili racconti del protagonista e il suo rapporto con la signorina Ciwle. In sottofondo, il continuo rivolgersi a Hrabal, destinatario della lettera fiume che costituisce il romanzo e lui stesso personaggio del libro. Altro elemento fondamentale, gli innumerevoli riferimenti alle varie epoche storiche di un’area, quella dei paesi dell’est, che oggi vive una difficile fase di transizione.
Il romanzo si conclude con il racconto struggente della morte di Hrabal. È questa, secondo Huelle, a segnare davvero la fine di un’epoca, e non altri avvenimenti come la rivoluzione di velluto o la caduta del muro di Berlino. I libri di Hrabal, infatti, hanno aiutato tanta gente ad affrontare anni duri, cupi, gli anni della violenza politica e dell’ottusità burocratica con una buona dose di ironia.

I DIMENTICATI: Bohumil Hrabal.

AVT_Bohumil-Hrabal_7870“Mercedes-Benz”, come avverte il sottotitolo, è un grande atto di amore nei confronti dello scrittore ceco Bohumil Hrabal, che l’autore considera il più grande e innovativo scrittore del Novecento. Da un racconto di Bohumil Hrabal che Huelle trae spunto per l’idea centrale del libro: si tratta di “Lezione serale”, contenuto nella splendida raccolta “Una perlina sul fondo” (1963). Lezione serale è una gustosa descrizione di una lezione di guida motociclistica per le vie di Praga durante la quale il protagonista, Hrabal stesso, racconta al suo istruttore esilaranti episodi legati alla sfrenata passione del padre per le automobili. Lo scrittore ceco Bohumil Hrabal nasce nel 1914 a Brno, attualmente secondo centro della Repubblica Ceca, ma che allora apparteneva ancora all’impero austro-ungarico, visse sotto Hitler, che creò il protettorato di Boemia e Moravia, e Stalin, assistette nel 1989 alla fine dell’Urss e morì a Praga con un volo libero e suicida. Nel 1939 i suoi studi di legge furono bloccati dall’invasione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista. Per mantenersi cambiò tantissimi mestieri, tanto numerosi da essere difficili da elencare: fu magazziniere presso una cooperativa di consumo, addetto alla preparazione del malto in una fabbrica di birra, copista presso lo studio di un notaio, prima manovratore e poi capostazione ferroviario, telegrafista, agente assicurativo della “Sostegno della Vecchiaia”, commesso viaggiatore di giocattoli, operaio metalmeccanico, imballatore di carta da macero ottenuta dai libri censurati dal regime comunista, macchinista e in seguito comparsa in un teatro, cameriere. Trasversale a queste esperienze di lavoro fu la sua esperienza di grande bevitore e personalità fuori dagli schemi. Hrabal è stato parte determinante di quella letteratura che al Novecento ha dato moltissimo perché capace di trasfigurare la realtà fino a darle valore assoluto attraverso la potenza travolgente del linguaggio, l’ossessione di un paesaggio umano popolato da irripetibili “tipi”, la drammatica scansione di immagini così vere da essere assurde. Hrabal non parla mai delle condizioni politiche e sociali della sua terra pur avendo attraversato un periodo burrascoso della storia dell’Est europeo. La sua è una dichiarata politica del disimpegno e solo in una blanda lontananza si leggono nei suoi libri le fasi determinanti che hanno segnato la vita politica del suo Paese: dalla repressione sovietica del 1968 alla “rivoluzione di velluto” del presidente Havel.

Iniziò a pubblicare poesie negli anni trenta, ma senza successo. La vena artistica si indirizzava piuttosto verso la narrativa, secondo toni non-intellettuali e autobiografici, continuamente legati alla sua formazione attraverso i mestieri. Le pagine dei suoi romanzi furono all’inizio un esercizio per sé stesso. Dal 1963 poté dedicarsi più tranquillamente alla scrittura. Tuttavia la fine della Primavera di Praga, dopo il 1968 portò alla censura totale delle sue opere da parte del regime. I suoi romanzi circolavano tramite canali clandestini. La diffusione era però tale da renderlo un maestro riconosciuto, con una crescente fama anche fuori dai confini della Cecoslovacchia. Morì il 3 febbraio del 1997, durante un ricovero per una lieve malattia in un ospedale di Praga, cadendo da una finestra al quinto piano. Secondo la versione fornita dai sanitari, si era sporto troppo per nutrire alcuni colombi, mentre secondo un’altra versione Hrabal avrebbe deciso di suicidarsi.
Nel 1989 aveva scritto: «quante volte avrei voluto buttarmi dal quinto piano, dalla mia casa, in cui tutte le camere mi fanno male, ma l’angelo all’ultimo momento mi salva sempre, mi tira indietro, come dal quinto piano voleva buttarsi il mio dottor Franz Kafka, dalla Maison Oppelt»
(Bohumil Hrabal, Il flauto magico)

"Viaggi e balene Scritti inediti" di Hermann Melville, Clichy edizioni.
“Viaggi e balene Scritti inediti” di Hermann Melville, Clichy edizioni.
"La polvere del mondo" di Nicolas Bouvier, Diabasis.
“La polvere del mondo” di Nicolas Bouvier, Diabasis.
"Quando l’automobile uccise la cavalleria" di Giorgio Caponetti, Marcos y Marcos.
“Quando l’automobile uccise la cavalleria” di Giorgio Caponetti, Marcos y Marcos.
"Oltre le parole" di Luca Giachi, Hacca Edizioni.
“Oltre le parole” di Luca Giachi, Hacca Edizioni.
"Apostoloff" di Sibylle Lewitscharoff, Del Vecchio Edizioni
“Apostoloff” di Sibylle Lewitscharoff, Del Vecchio Edizioni
"Viaggio in Francia in automobile" di Edith Wharton, Ibis edizioni.
“Viaggio in Francia in automobile” di Edith Wharton, Ibis edizioni.
"La trente-cinq"di Alessandro Tedeschini, La Caravella Editrice
“La trente-cinq”di Alessandro Tedeschini, La Caravella Editrice
"Mercedes Benz. Da alcune lettere a Hrabal" di Pawel Huelle, Voland.
“Mercedes Benz. Da alcune lettere a Hrabal” di Pawel Huelle, Voland.
"Opere scelte" di Bohumil Hrabal a cura di Sergio Corduas e Annalisa Cosentino, Mondadori
“Opere scelte” di Bohumil Hrabal a cura di Sergio Corduas e Annalisa Cosentino, Mondadori
Nello Zaino di Antonello: Librai Sconosciutissimi