Chiara Mezzalama, scrittrice, con la rubrica Suivez-moi

La vegetariana – Han Kang

di Chiara Mezzalama

 

 

 

document-special-produit-unique-visuel-57a85d1d2b85dQualche mese fa, al Salone del libro di Parigi, ho incontrato La Vegetariana, un romanzo uscito in Corea del Sud nel 2007. La Corea era ospite del Salone e per caso ho partecipato a un incontro con l’autrice Han Kang. La sua voce gentile, il tono leggermente basso in mezzo al brusio degli stand mi hanno incuriosito. Non sapendo quasi niente di letteratura sudcoreana, ho deciso di comprare il libro con la stupenda copertina verde acqua, la foglia di ginkgo biloba riprodotta in ordine seriale dell’edizione francese de Le Serpent à Plume, nella traduzione di Jeong Eun-Jin e Jacques Batilliot.

Fin dalle prime pagine sono rimasta colpita dalla violenza del romanzo, in totale contrasto con la pacatezza della sua autrice. La Vegetariana è un romanzo diviso in tre parti che racconta la storia di Yōnghye, una giovane donna all’apparenza modesta, senza particolari pretese, che ha accettato un matrimonio con un uomo anch’esso modesto, con qualche pretesa: che la moglie cucini, che gli stiri le camicie e che faccia l’amore con lui quando lui ne ha voglia. Si percepisce dalla voce narrante della prima parte, quella del marito di Yōnghye, che la società coreana è una società tradizionale, dove il ruolo della donna è subordinato a quello del marito, dove l’obbedienza alla famiglia è un valore assoluto. Ma Yōnghye, a seguito di alcuni incubi terrificanti, – solo nei sogni la protagonista racconta in prima persona, come fosse essa stessa fatta di sogno, di una materia diversa – rifiuta la carne. Lentamente la sua dieta diventa sempre più essenziale. Svuota il congelatore, non cucina quasi più, si rifiuta di andare a letto con il marito perché anche lui puzza di carne. Questi comportamenti, dopo una prima reazione di stupore da parte del marito e della famiglia di  Yōnghye, producono delle reazioni di estrema violenza, come se questa insubordinazione della donna non fosse tollerabile.

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La seconda parte è descritta dal punto di vista del cognato di Yōnghye, un artista in crisi creativa, che trova ispirazione nel corpo della donna, nelle sue reazioni insensate e in un macchia verde a forma di petalo che ha sulla schiena. Il ricordo del tragico pranzo di famiglia, durante il quale la donna ingozzata a forza dal padre tenta di tagliarsi le vene, è rimasto inciso profondamente nell’immaginario dell’artista che decide di usare il corpo di Yōnghye per un’installazione di videoarte. La sua ossessione è totale, lo porta a trascurare la propria famiglia, a interrogarsi senza sosta sulle origini di questa sua ossessione erotica e sul rapporto tra l’arte e la morte, l’arte e la bellezza, ci sono pagine molto intense sul confine sottile che separa il sentirsi vivi dal sentirsi morti. Yōnghye, nella sua sempre più totale passività accetta di partecipare al progetto. Il cognato le dipinge il corpo di fiori. E questo piace alla donna. Il realtà, come diventa sempre più chiaro con l’avanzare della storia, Yōnghye vuole abbandonare la sua condizione animale e trasformarsi in vegetale. Passa delle ore al sole, come se la luce avesse sostituito il cibo e fosse la fonte della sua sopravvivenza.

Questo suo ostinato desiderio viene interpretato come delirio, e il ricovero psichiatrico sembra essere l’unica soluzione agli occhi degli altri. La terza parte è descritta dalla sorella di Yōnghye nel corso delle sue rare visite all’ospedale; la totale incapacità di entrare in contatto con lei, l’alimentazione forzata che le viene inflitta, le sue fughe nel bosco alla ricerca dell’assoluto che la trascende. Il romanzo di Han Kang è conturbante, inquietante, scritto con uno stile cristallino, quasi distaccato, come se l’autrice si ponesse delle domande profonde sulla nostra natura, sulle regole della società e sul destino della civiltà senza proporre alcuna soluzione, senza dare alcun giudizio, lasciando tuttavia nella mente della lettrice, del lettore, un senso di inquietudine, ma anche di fascino e di mistero. Una porta che si apre sull’oriente, un’occasione, almeno per me, di scoprire un mondo letterario pressoché sconosciuto.

50cc046aa1b961c1440ed82a0ae1fc77_w240_h_mw_mh_cs_cx_cy         La Vegetariana ha vinto il Man Booker International Price nella sua traduzione inglese. Esce in Italia per Adelphi, tradotto da Milena Zemira Ciccimarra da questa versione.

Chiara Mezzalama legge “La vegetariana”