Di Mazie ci si innamora già a p. 19 di “Santa Mazie” di Jami Attenberg (trad. di Paola Buscaglione Candela, Giuntina):

Rosie non capisce cosa vuol dire amare le strade. Non vede le pietre del selciato luccicare alla luce della luna, sa solo chiedersi perché l’amministrazione non collochi un altro lampione. Non vede le prostitute che cercano di dire paroline dolci ai clienti, che si guadagnano ogni monetina che ricevono, lavorando duramente come tutti noi. Vede solo il male. Non vede le suore i e cinesi e i marinai e i baristi – tutto il mondo pieno di persone tanto diverse. È solo qualcosa che si affolla intorno a lei, che le impedisce il cammino. Vede un taxi passare a tutta velocità e pensa: perché tanta fretta? E io penso: dove sarà la festa?

Questo vorrei dirle! C’è una festa.

Ad attrarre di Mazie è  il sorriso, che dal chiuso del suo mondo (il bugigattolo che funge da biglietteria di un cinema a New York city), lei riserva al mondo, senza differenze: dall’ebreo ben vestito che le piacerebbe avere come marito, al capitano con cui vive una storia d’amore fatta di lunghi abbandoni, alla schiera di diseredati e poveri che riempie le strade della città dopo il crollo della borsa americana del 1929.

Per un’opera di santificazione, al quale il titolo già nell’originale allude, non basta la voce della protagonista, anche se irrinunciabile per il grande fascino che esercita. Ed è qui che Jami Attenberg, la cui straordinaria capacità di tessere più storie senza perdere l’unità di insieme avevo già ammirato nel precedente romanzo edito sempre da Giuntina, “I Middlestein”, ha la trovata di genio che rende “Santa Mazie” un romanzo di grande e seducente costruzione. Tre piani narrativi che solo nel corso del romanzo, a mano a mano che la diversa umanità prende corpo e consistenza, si dispiegano al lettore in tutta la loro chiarezza: un’autobiografia di Mazie in cui lo sguardo è rivolto esclusivamente ai barboni a cui la donna ha prestato non tanto soccorso e aiuto quanto attenzione e amicizia; il piano delle interviste che una scrittrice, il personaggio più enigmatico della storia che non prende mai la parola, pur essendo motore e burattinaio di tutte le testimonianze, che prende forma solo nelle ultime pagine e, motivo non ultimo del fascino e della bravura di Attenberg, in maniera distorta dalle poche informazioni che trapelano su di lei dagli intervistati, in maniera particolare da Pete Sorensen, voce importante perché è colui che custodisce il diario personale di Mazie, che sostanzia il romanzo e che rappresenta il terzo e fondamentale piano narrativo della storia. Jami Attenberg non solo dedica stilisticamente a ogni piano narrativo una voce autonoma e originale, ma anche ciascun personaggio intervistato ha una propria autonomia stilistica. Questa poliedricità linguistica e di toni contribuisce a creare una coralità piena, di grande impatto.

Il diario di Mazie, che racchiude la storia “vera” dell’eroina, si apre il 4 novembre 1907, quando la protagonista ha dieci anni, e si interrompe il 15 agosto del 1939, che rappresenta in una costruzione ardita e razionalista come quella che è alla base del romanzo, un ritorno alla scena iniziale, una pagina del diario di Mazie del 9 marzo 1939 in cui si racconta dell’incontro con un amico, mai nominato e che il lettore ricostruisce nel corso del romanzo, di Fannie, un altro dei radicali ed eccentrici personaggi che prendono vita nelle pagine seducendo il lettore. Da questo incontro tutto ha inizio.

Mazie è solo la pietra più preziosa e sfavillante di un gioiello vistoso che ha tre punte: Mazie, Rosie e Jeanie. Tre sorelle che fuggono da un padre violento e da una madre sottomessa. Rosie, con piglio autoritario, si prenderà cura di entrambe, sostenuta dal marito Louis, una figura losca e umanissima. Tre sorelle diverse per indole e comportamenti: la tragica e assennata Rosie, alla ricerca di una maternità dolorosamente negata; la frivola e civettuola Mazie, dal carattere forte e dallo sguardo amorevole, che rende l’istinto alla maternità (anche a lei negata, quasi come tara genetica ed espiazione di una colpa materna) attenzione all’umanità che la circonda, uomini donne e bambini; Jeanie, leggera e volitiva, che insegue il sogno di essere una ballerina, per poi tornare pesta e malconcia a una vita fatta di piccole cose e di un grande, incondizionato affetto, quello delle sorelle e di un uomo Ethan Fallow, che nonostante le fughe le è stato sempre fedele compagno.

Mazie è la sorella centrale, come in un gioiello la pietra preziosa, una via di mezzo tra l’accudente Rosie, anche se a un certo punto sarà Mazie ad assolvere questo compito nei confronti delle sorelle, e la ribelle Jeanie. L’indole selvaggia di Mazie sarà sempre limitata dal perimetro ristretto della biglietteria, in cui trascorre tutta la sua vita e la sua libertà solo vagheggiata nelle cartoline che Jeanie e il capitano, nella vissuta libertà che li contraddistingue, le inviano dai diversi luoghi dei loro approdi. In questa geografia ristretta Mazie incontra il mondo, negli occhi dell’umanità che sta in fila davanti a lei o che incontra di notte per strada e nei locali, e in particolare nello sguardo degli ultimi, a cui si dedicherà con spassionata generosità, come a colmare quel vuoto di amore e di esperienze che si porta dentro e che sono la cifra indiscussa del personaggio.

Sullo sfondo un pezzo di storia americana: i primi anni del Novecento, raccontato nelle minuzie della vita quotidiana e nell’umanità negletta che non compare mai nei manuali e nei saggi. Lo sguardo di quella stessa umanità minima è quello di cui Jami Attenberg si serve per raccontare eventi importanti di quello scorcio di anni come la bomba a Wall Street , il proibizionismo, l’epidemia del 1918, la guerra e i reduci, e deflagrante il crollo della Borsa.

Cosa sarà stato di Mazie dopo il 1939? Nella conclusione Jami Attenberg gioca il suo asso, vincente, e usa un’interrogativa, o per i lettori più accorti e sottile un invito: riandare alla prima pagina e immaginarla ancora lì

A chi importa la mia vita? Sto qui dentro questo sgabuzzino a vendere biglietti tutto il santo giorno.

Santa Mazie