Aut-aut foto presa qui

Matteo ed Enrico, Elisa e Silvia, quattro ragazzi dalle storie diverse che incrociano i loro destini in una discoteca, sono i protagonisti del romanzo di esordio di Gabriele Santoni, Aut Aut (Giulio Perrone Editore, 2012). Matteo, a cui è riservata la parte più importante all’interno del romanzo, è un ragazzo riflessivo e maturo, laureato in Scienze Politiche deve fare i conti con il difficile percorso destinato ai giovani degli anni Duemila in un mondo professionale e lavorativo chiuso, limitato, poco meritocratico e frustrante. Potrà contare sull’aiuto gratuito di Enrico, il più giovane assessore della capitale, volitivo e addentro ai meccanismi del potere, sebbene travesta questo suo essere “intrallazzino” con il velo dell’altruismo e del buonismo. Sul versante femminile una dicotomia ancora più forte e sottolineata, anche se dai toni prettamente maschili: Elisa ha una passione concreta e facilmente realizzabile grazie all’aiuto economico dei genitori, mentre Silvia è svampita e seduttiva, abituata alla ribalta facile della bellezza concessa e sprecata. Tra Enrico e Silvia l’intesa sarà immediata e consumata, mentre tra Matteo ed Elisa si instaurerà un rapporto più intenso, complesso e complicato. Santoni inserisce la storia dei quattro ragazzi in un quadro più ampio, che parte dall’omicidio di Marta Russo all’università La Sapienza di Roma, passa per un lavoro precario presso un call-center arrivando fino ad un posto a tempo indeterminato in un Residence per lavoratori immigrati, al di sotto dei titoli che il ragazzo può vantare, per giungere ai colloqui di una grande società, collusa con il potere e per la quale le assunzioni sono imposte, piuttosto che basate sulla realtà dei fatti. Spunti ciascuno con il suo centro di interesse in problemi tangibili e reali del nostro paese, problemi ineludibili per chi si affacci nel mondo del lavoro, che però non sempre lo scrittore riesce a gestire con unità d’intenti rispetto alla narrazione principale. Ad esempio la parentesi di Matteo nel call center appare del tutto avulsa dalla storia portante, ricalca clichè già abusati soprattutto a livello cinematografico e non segna nessun reale snodo per il proseguo della vita del protagonista.

Grande spazio Santoni offre alle scelte di Matteo in campo professionale, sia nel riflettere sul lavoro presso il Residence, tra il vantaggio del posto a tempo indeterminato e la frustrazione di un lavoro senza nessuna soddisfazione intellettuale, sia nella scelta sofferta a livello emotivo dei compromessi che il giovane dovrebbe affrontare se accettasse il gratificante lavoro presso la grande società con cui l’ha messo in contatto Enrico. Compromessi resi difficili e inaccettabili dall’eredità paterna, dalla cultura comunista in cui è stato allevato e di cui il padre gli ha lasciato il testimone. La figura del padre di Matteo è tra le più riuscite del romanzo, paradossalmente attraverso l’assenza e la scomparsa. Il rapporto tra padre e figlio, che è indagato in tutta la sua complessità, permea il racconto della vicenda di Matteo e si sovrappone, a tratti in maniera meccanica, a quella di un altro personaggio del libro, alter ego di Matteo, che rappresenta i lati più svantaggiati della generazione in esame: Sànyi.

Sarà proprio dal confrontarsi con Sànyi e con la sua tragica, ma libertaria scelta finale, che Matteo capirà profondamente il valore della coscienza e l’importanza di rimanere fedele a se stesso.

Avrei potuto esserci anch’io quel giorno accanto a Matteo, quando fu uccisa Marta Russo, anche io come lui mi sono trovata davanti a scelte lavorative che andavano soppesate con acribia, spesso superiore all’età e all’esperienza che possedevo al momento, come Matteo ho sentito il peso delle aspettative dei miei genitori, desiderando la semplicità di potermi accontentare del “posto fisso”, anche se al di sotto del mio curriculum e del mio percorso di studi. Come me, probabilmente, in tanti ritroveranno in Matteo uno spicchio della loro esperienza, che Santoni riesce a raccontare senza tante pretese intellettualistiche, in una prosa scorrevole e piana, anche se non ancora matura.

Aut Aut