Ritmo serrato, intrecci di storie, caleidoscopio di personaggi, trama ben congegnata. L’ultima estate di innocenza di Patrick Fogli (Piemme, 2008) è un thriller all’americana, ricco di colpi di scena, ambientato a Bologna e Rimini, ma con un’apertura a scenari internazionali, in particolare medio-orientali da Bagdad al Kosovo.

Una bambina scomparsa durante il carnevale veneziano e ritrovata in un bosco barbaramente mutilata; una prostituta d’alto borgo uccisa per delle foto compromettenti con un personaggio misterioso; una bambina chiusa in un ostinato mutismo dopo una giornata disperata che l’ha vista scomparsa e poi miracolosamente rincasata con abiti non suoi; la disperazione di una madre che non sa dare tregua ai sensi di colpa per non aver saputo proteggere la figlia e che è costernata e impotente dinnanzi al suo silenzio, ma intravede in un nuovo amore un barlume di felicità; un fotografo tornato da Bagdad dopo l’uccisione di un amico e incidentalmente invischiato nell’omicidio della prostituta Sara Parmeggiani; un uomo che esce dal coma dopo un terribile incidente senza sapere più chi sia ma soprattutto chi sia stato; un commissario dal passato tragico e disperato che lo condanna a una solitudine senza spiragli; una serie di personaggi loschi e sordidi, dal passato complesso e dal presente ancora più intricato ed enigmatico; una presenza oscura e potente, che muove le fila e ahimè rimane sempre nascosto alle sue responsabilità; la lista potrebbe ancora continuare, ma non vorrei svelare troppo dell’intreccio del mistero, o meglio dei misteri, del thriller.

Tutte queste storie si accumulano e sommano, confluendo a mano a mano le une nelle altre, fili sottili ma resistenti che Fogli riesce a muovere con perizia da burattinaio. La varietà dei personaggi non toglie loro in precisione e dettagli. Ognuno è ritratto in maniera chiara e caratterizzante. Il tema della pedofilia di certo non concede tregua al lettore, lo costringe a guardare, spesso con gli occhi malinconici del commissario, scene efferate e violente.

Nonostante l’eccesso e l’accumulo di situazioni e sorprese, tutto converge con lucidità e disincanto verso la conclusione, che pur non giungendo del tutto inattesa, è giocata con grande abilità, resa complessa da incastri in cui l’effetto sorpresa è ottenuto dalla fascinazione affabulatoria di cui Patrick Fogli è capace, in una struttura narrativa accurata e complessa in cui il passaggio dalla terza persona alla prima, riservata al fotografo Nicola Zanardi, regala un complessità introspettiva insolita e suggestiva per il genere.

Avevo già apprezzato Patrick Fogli in Il tempo infranto (Piemme 2010).  Con questo romanzo, antecedente pur non essendo l’esordio, ho ritrovato già espresse tutte le caratteristiche di scrittura che mi avevano colpito e affascinato, a dimostrare che non sono frutto di maturità conquistata, ma talenti innati della penna dello scrittore.

L’ultima estate di innocenza
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