A casa di… Bollati Boringhieri con il direttore editoriale, Michele Luzzatto

La casa editrice Bollati Boringhieri nasce nel 1957, fondata da Paolo Boringhieri, da una costola dell’Einaudi, ed è innovata da Giulio Bollati nel 1987. Dal 2009 la casa editrice entra a far parte del Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Una genealogia che vede nomi importanti della vita culturale ed editoriale italiana. Come si tengono insieme queste diverse anime: formano un puzzle o una torre? O qualche altra figura?

Forse la metafora più appropriata è quella del fiume. Ha una sua fonte, di acque piuttosto cristalline, poi, mentre scende a valle, riceve affluenti che ne aumentano la portata; le acque si mescolano ma il fiume mantiene una sua identità, resta ben riconoscibile, e prosegue il suo cammino verso il mare, sempre più grosso grazie ai nuovi apporti.

Nata con una particolare attenzione ai temi delle scienze, della mitologia e del folclore, la casa editrice ha sempre portato avanti in sintonia sia collane di studi scientifici (matematica, logica, fisica, scienze naturali) sia quelle di materie umanistiche (storiografia, sociologia, antropologia, filosofia, discipline della psiche, storia dell’arte). Con Giulio Bollati, poi, sono arrivate nuove collane aperte alla storia contemporanea, alla narrativa, alla memorialistica e alla saggistica letteraria. Cosa c’è ancora che Bollati Boringhieri vorrebbe aggiungere al proprio catalogo?

Abbiamo la fortuna di poggiare su un catalogo profondo, che annovera autori di levatura eccezionale, per non dire unica: da Freud a Jung, da Einstein a Schrödinger, Gödel, Planck, Turing, e poi Kerényi, Frazer, Claudio Pavone, Günther Anders, Zygmunt Bauman… e l’elenco potrebbe continuare molto a lungo. È su queste basi che compiamo oggi le nostre scelte editoriali, alla ricerca di nuovi autori e nuove voci che siano in grado di lasciare il segno, come Jim Al-Khalili, Leon Lederman, Eric Cline, Francesco Filippi. Ora in libreria si trovano ad esempio Mara Fazio, Valentina Pazé, Thomas Hippler, Sergio Bucchi, Fabio Chiusi, Edward Wilson-Lee: tutti libri affascinanti, ognuno a modo suo un mondo da esplorare.

Anche la narrativa può contare su nomi di assoluto prestigio, da Elizabeth von Arnim a Georges Perec a Israel J. Singer, per arrivare a Edmund de Waal, Julie Otsuka, Christopher Bollen e, in Italia, Marco Amerighi e Andrea Tarabbia. E potremmo continuare a lungo.

A queste voci ogni anno ne aggiungiamo di nuove, altrettanto necessarie, senza dividere la cultura in steccati che non le competono. Un giro tra i banchi delle novità, oggi, mostrerà i titoli recenti di Alison Esapach, Benjamin Myers, Kristen Arnett, Marco Drago: una narrativa di qualità, sia straniera sia italiana.

Le copertine sono da sempre un punto di riferimento per i lettori e un elemento di riconoscibilità per la casa editrice. Le vostre sono particolarmente eclettiche e versatili. Cosa raccontano le copertine del progetto editoriale Bollati Boringhieri e sono cambiate nel tempo e come?

Ogni epoca ha le sue sensibilità, e un editore come il nostro, che ha 65 anni di storia, si è ovviamente rinnovato nel tempo anche dal punto di vista grafico. Tuttavia, una certa “aria di famiglia” rimane, e alcune collane sono addirittura rimaste immutate nei decenni, come la «Universale» o la «Biblioteca», ad esempio. Poi, certo, sono nate nuove collane, ma il gesto grafico, il sapore di fondo, caratterizzato da una certa austerità “sabauda”, forse, credo sia rimasto ben riconoscibile in libreria.

Il catalogo di Bollati Boringhieri è così vasto e multiforme che sembra aperto a ogni tipo di lettore e curiosità, predisposizione e attitudine. Ma c’è un lettore ideale, o meglio una caratteristica del lettore a cui sempre vi ispirate nel proporre un libro della casa editrice? O più che del lettore la caratteristica è intrinseca al libro del vostro catalogo ed è imprescindibile?

Crescere, migliorare, scoprire nuove connessioni inaspettate tra le cose, fornirsi di strumenti per decifrare meglio il mondo, perdersi in una storia che racconta – e come lo racconta! – qualcosa che parla di noi nel profondo. I libri offrono tutto questo. È un’avventura che chi non legge non vivrà mai, purtroppo per lui, ma chi legge la vive ogni giorno. Chi pensa questo, quando su una copertina vede il celum stellatum, sa che tra le pagine di quel libro troverà questo mondo speciale.

Quella volta in cui avete esclamato: oh perbacco! (o altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare grande meraviglia mista a sorpresa).

A Torino si dice “ommisgnùr!” [sarebbe ossignore!], e più di qualcuno deve averlo detto quando abbiamo vinto il Premio Campiello nel 2019 con Andrea Tarabbia, o quando l’anno scorso siamo entrati nella finale del Premio Strega con Marco Amerighi, o quando Francesco Filippi è salito ai vertici delle classifiche con Mussolini ha fatto anche cose buone.

Quella volta in cui avete esclamato: peccato! (o altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare stizza).

Quando un autore molto importante, invitato da un festival molto importante, non ebbe modo di modificare la sua agenda per poter partecipare. Succede, ma è un peccato davvero.

Quella volta in cui avete esclamato: perdindirindina! (o altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare che proprio quella cosa lì non ve l’aspettavate).

Molti di noi lo dicono tra sé e sé quasi quotidianamente, sfogliando le pagine di un nuovo progetto, posando il telefono dopo aver parlato con un autore, ogni volta, insomma, che si crea quella scintilla che fa nascere un’idea che diventerà un libro.

A casa di Bollati Boringhieri, guidata dal Direttore Editoriale, Michele Luzzatto