Eccomi ancora una volta accomodata nello studio di un traduttore. Traduttore speciale, perché unito a mille altre sfaccettature editoriali come Federico Appel. Lo interpello come traduttore di Matilda un’ora indietro della scrittrice svizzera Marie-Cristophe Ruata-Arn, figura poliforme come Appel: scrittrice, sceneggiatrice, architetto e musicista in una banda rock (ma questo ve lo lascio scoprire nel corso della bella intervista che Federico Appel mi ha concesso).

Per la casa editrice Sinnos, oltre a Matilda un’ora indietro, pubblicato nel 2021, potete leggere anche Sette rose per Rachel, tradotto contemporaneamente all’edizione originale in lingua francese nel 2018.

Concedetemi insieme a quelli a Federico Appel, un ringraziamento appassionato a Della Passarelli, direttore editoriale di Sinnos, con la quale ebbi l’onore già di chiacchierare per il progetto che anima la casa editrice. [QUI il link]

Appel

Federico Appel è figura eclettica e multisfaccettata. Redattore, autore, illustratore e traduttore. Lo interpello in questa ultima veste, e in particolare come traduttore di Marie-Cristophe Ruata-Arn per Sinnos. Appel ha tradotto sia Sette rose per Rachel, nel 2018, che di recente Matilda un’ora indietro, pubblicato per la prima volta in Svizzera, dove la scrittrice vive, nel 2012. Un percorso all’indietro, dunque, nel mondo letterario della scrittrice ginevrina. Sette rose per Rachel era uscito nello stesso anno sia in lingua originale che nella traduzione italiana, ed è un romanzo di ampio respiro, che indaga con leggerezza, malinconia e un pizzico di briosa ironia le relazioni famigliari e il rapporto con il ricordo e il passato di chi non è più con noi. Temi, che declinati in maniera differente e con un piglio che vira più decisamente verso la risoluzione di un mistero, ritroviamo in Matilda un’ora almeno, o meglio sono già presenti in questo libro precedente della scrittrice che arriva adesso nelle mani dei lettori italiani grazie alla voce attenta e piacevole di Federico Appel.

Com’è stato tradurre Marie-Cristophe Ruata-Arn per la prima volta e cosa ha significato tornare a tradurla per un testo precedente? L’hai ritrovata o ri-scoperta?

La storia di Matilda un’ora indietro è piuttosto lunga e simile a quanto già accaduto con Reato di fuga di Christophe Léon. Nel senso che ho letto questo libro poco prima che uscisse nella sua prima edizione in Francia e Svizzera. Allora lavoravo per le Nuove Edizioni Romane e abbiamo ragionato tanto se provare a inserire questa storia nella collana I nuovi Gialli. In quegli anni, tra l’altro, avevo seguito Marie-Christophe abbastanza da vicino valutando (e quasi prendendo) anche il suo Qui a volè la marionnette?, e la stessa Marie-Christophe aveva scritto alle Nuove Edizioni Romane, senza sapere che noi la stavamo già leggendo, per proporre il suo Zampacavallo. Quando dalle Ner sono poi passato in Sinnos, mi sono portato dietro alcuni libri, tra i quali Matilda appunto. Proprio perché, pur non essendo riuscito a farla pubblicare in Ner, la scrittura di Marie-Christophe mi era da subito sembrata molto interessante, per il suo essere leggera ma tutt’altro che evanescente, divertente e legata ai generi (i gialli, i fantasmi, l’amore) ma con una sensibilità nel raccontare emozioni del tutto speciale. Così, quando ho letto Sept roses rouges pour Rachel, mi è sembrata una buona occasione per introdurre Marie-Christophe nella collana di Sinnos Zona Franca. Il ritorno di Matilda sulla scena è stato una naturale e diretta conseguenza. Tradurre Marie-Christophe è stato piacevole e interessante: ho potuto apprezzare ancora meglio più la sua abilità nell’introdurre temi importanti in maniera graduale, sfruttando alcune caratteristiche esteriori della narrazione (i fantasmi e il paranormale) per poi introdurre temi “importanti” in maniera quasi “collaterale” rispetto alla vicenda principale. Marie-Christophe ha una sensibilità speciale nel raccontare emozioni e sentimenti senza per forza usare cataclismi emotivi.

 

Sinnos, importante casa editrice per ragazzi, con attenzione appassionata alla promozione della lettura, ha pubblicato i due romanzi nella splendida collana z()nafranca con l’etichetta di libro per tutti. I libri per ragazzi hanno questo potere incantato di essere adatti a ogni età, e a ciascuna età parlare in modo differente.

Come si adatta il processo di traduzione a un libro per tutti?

Libro per tutti indica due cose: da una parte fa senz’altro riferimento al fatto che la buona letteratura per ragazzi è molto semplicemente buona letteratura, che può quindi essere letta e apprezzata da chiunque. Dall’altra parte però è un concetto che fa riferimento all’alta leggibilità, vale a dire all’applicazione di alcune regole grafiche e tipografiche (la font leggimi, la spaziatura tra righe e paragrafi, la gestione “sensata” di tutti gli a capo) che servono a rendere l’oggetto libro inclusivo, meno ostico soprattutto per i lettori dislessici o con difficoltà di lettura di altro tipo. Dal punto di vista della traduzione/redazione questo implica che si debba fare attenzione maggiormente a mantenere le frasi chiare, evitando anacoluti ed esplicitando il soggetto ogni volta che sia necessario. In realtà è una buona pratica, che costringe a pensare alla modalità in cui spesso si scrive e si danno per scontate molte informazioni.

 

In entrambi i romanzi, anche se con maggiore evidenza in Sette rose per Rachel, è presente il tema della morte e della perdita. Più struggente in Sette rose per Rachel perché la nonna perduta, Rachel del titolo, è stata trascurata e come dimenticata dalla nipote Elena, che non è andata neppure al suo funerale; più tenero in Matilda un’ora indietro, perché il ricordo della nonna, amata e goduta dalla nipote, affiora nella vicenda di una spilla più volte rubata e della quale Matilda ogni volta si trova misteriosamente in possesso, come richiamata dalle figure strampalate e bizzarre delle tre sorelle Arckenbruck.

La traduzione in entrambi i casi si poggia sulle vicende con una incantevole grazia e con straordinaria naturalezza, che conquista il lettore, e lo porta con sé in un mondo in cui la morte non è mai qualcosa di definitivo, ma sempre un aggancio d’amore e di passione, che non si esaurisce.

Quale cura è stata risultare in traduzione così accogliente e naturale?

La traduzione, come dici tu, è uscita fuori in entrambi i casi in maniera molto spontanea e naturale. Ma non è tanto un mio pregio o un mio merito, quanto lo è invece della scrittura di Marie-Christophe. Che è una scrittura limpida, apparentemente molto spontanea (in realtà costruita e molto bene) e che riesce a trattare di temi impegnativi, come la morte ad esempio, togliendogli peso. Entrambe le storie, con protagoniste ragazze con età e desideri differenti, mi sono sembrate straordinariamente efficaci, e con una permanenza nel pensiero piuttosto lunga, proprio perché riescono a parlare di famiglia, affetto, amore con grazia, senza cadere in coinvolgimenti emotivi “stressanti” ma portando il lettore per mano, e dandogli un ruolo ben definito nella scoperta del vero tema dei libri.

 

A legare i due romanzi le figure fondamentali di fantasmi che muovono le vicende: accigliato e appassionato Tita in Sette rose per Rachel, più rubicondo e imprevedibile quello di Matilda un’ora almeno, di cui non voglio svelare neppure l’identità, perché anche questa sarà una sorpresa per il lettore.

Creano difficoltà i fantasmi a essere tradotti?

Devo dire, in sé stessi no. Quello che è stato più difficile, è stato proprio liberarsi dagli stereotipi che abbiamo sulla narrazione dei fantasmi. Io ad esempio sono sempre stato un lettore appassionatissimo di tutti quegli scrittori che sulle storie di fantasmi (da Walpole fino ad Ambrose Bierce) hanno costruito un immaginario fantastico ben preciso. Invece Marie-Christophe costruisce le sue storie partendo da premesse che sembrano tipiche (la casa infestata, il gioiello preteso dal fantasma) ma andando poi a smontare le aspettative fantastiche pezzo dopo pezzo. Lo stesso zio Albert, che ha delle caratteristiche quasi “sataniche”, diventa molto poco identificabile secondo certi stereotipi.

 

Racconto in terza persona quello di Sette rose per Rachel, di forte immediatezza e vibrante; racconto in prima persona in Matilda un’ora indietro, in cui la dolce maturità di Matilda, da tutti considerata una ragazza sensibile, giudiziosa e leale, viene messa a dura prova dalla vicenda in cui si trova coinvolta e che sconvolge la sua routine quotidiana e soprattutto la percezione e la natura dei rapporti con la madre, e con gli adulti in generale, ma anche con i coetanei.

Ti sei trovato più a tuo agio come traduttore nella distanza della terza persona che permette forse una maggiore distensione della resa, anche linguistica, o vestendo i panni di un’adolescente di tredici anni alle prese con un fatto che travalica la sua comprensione e modalità di azione e che la mette costruttivamente in discussione?

In quale delle due dimensioni per un traduttore ci vuole più accortezza?

Senz’altro la prima persona richiede qualche cura in più. La terza persona di Sette rose si adatta bene a una scena vista dall’esterno e descritta in ogni minimo particolare, passando in continuazione da ambienti diversi (la casa, il paese, la stazione, il bagno del bar, le risaie e i fossi). Allo stesso modo i capricci della protagonista di Sette rose sono descritti analiticamente, e vanno a segnalare un vero processo di crescita e  formazione. In Matilda invece Marie-Christophe ha giocato con il mostrare e il non mostrare, con il raccontare, anche parzialmente, un ambiente strano come Meyrin, dove moderno e antico sembrano mescolarsi e fondersi, e dove basta attraversare una strada per trovarsi in un villaggio agricolo o in una modernissima cittadina “spaziale” o quasi. La stessa voce di Matilda è particolare: perché è una ragazza, è vero, ma è anche diversa dai suoi coetanei, essendo più matura, posata e razionale.

 

Con Matilda un’ora indietro siamo a Meyrin, una cittadina svizzera del Canton Ginevra, a misura di adolescente, perché Matilda e i suoi amici si muovono con grande dimestichezza e agio tra le vie, le occupazioni, le proprie sensibilità sociali. Matilda fa volontariato, si occupa del giornalino della scuola, è autonoma nella gestione degli spazi e dei tempi della sua giornata.

In Sette rose per Rachel, Elena accompagna la madre in piccolo sperduto paesello della pianura padana, Cigliano, in cui la nonna è rimasta a vivere anche dopo la morte del nonno, con il quale si era trasferita da Torino dopo il matrimonio per ragioni professionali del marito. Già il clima è ostile per le due donne: il caldo afoso della pianura padana in estate che ti si appiccica addosso mentre le zanzare ti dilaniano. Eppure Elena, ma non sveliamo il perché, stenterà a lasciare quel luogo di ricordi e di amori impossibili, pur essendoci arrivata di malumore e di malagrazia.

Quale dei due paesaggi ti sei più divertito a rendere in traduzione? E quale hai trovato più confortevole e intrigante per la tua scrittura e perché?

Il paesaggio delle risaie vercellesi è stato una scoperta, perché Marie-Christophe, da svizzera, riesce a raccontare certe cose tipicamente italiane, i vecchi fuori dal bar del paese, il caldo e le zanzare, la polvere delle strade bianche in campagna, in una maniera molto efficace e bella. Più difficile è stato per me inquadrare Meyrin, la cui identità, divisa tra certe case basse di inizio novecento e palazzi modernissimi di vetro e cemento armato, mi è sembrata un po’ più sfuggente…

 

Chi aiuta il traduttore durante la traduzione di un testo, e dei libri di Marie-Cristophe Ruata-Arn in particolare: l’illustratore per la vividezza con cui riesci a rivestire le immagini testuali? Il redattore per la cura linguistica che trapela nelle pagine? Lo scrittore per lo spettro ampio e costante, di piacevole tenuta della tua traduzione? O altre figure che vivono in Federico Appel e che mi sono sconosciute?

Per fortuna, il me stesso scrittore (che poi non so se mi sento davvero uno scrittore: mi sembra una parola assai impegnativa…) mi aiuta meno di tutti. Nel senso che io, quando scrivo, ho una scrittura cialtrona, sbrodolata, che si crogiuola in certe parole per il solo gusto di usarle fuori contesto. Quando scrivo devo sempre correggermi, tornare indietro e pulire il troppo che irresistibilmente voglio aggiungere. Quando si traduce invece bisogna essere tutt’altro che cialtroni e avere la freddezza di seguire sempre l’autore, dandogli voce senza sovrapporre la propria e bloccando la tentazione di farlo. Io in genere tendo ad aggiungere, ricamare, parlare sopra ogni evento. E questa cosa in traduzione invece va bloccata e trasformata in una doppia cura per capire bene e per far capire meglio.

 

Hai avuto bisogno di consultare Marie-Cristophe Ruata-Arn quella volta che…

In Sette rose si parlava di musica e di gruppi hard rock. L’unico momento in cui ho scritto a Marie-Christophe è stato proprio per chiederle differenze tra hard rock (di cui lei è valente interprete con il suo gruppo The lawdy mamas) e metal (di cui io capisco molto meno).

 

Dove si trova lo studio di traduzione di Federico Appel e che cosa non può mancare nella stanza quando traduce?

Di solito io disegno ovunque, in treno, in ufficio, per strada a volte. Ma per tradurre devo stare tranquillo al mio tavolo, a casa mia, con buona musica in sottofondo e con un vocabolario, più voluminoso possibile, cui appoggiarmi.

 

Ragazzi leggete i romanzi di Marie-Cristophe Ruata-Arn perché… e poi consigliateli ai vostri genitori, nonni, zii, insegnanti perché…

Perché sono storie piene di ironia, di dolcezza e di gentilezza ma che al tempo stesso non sono per niente sdolcinate e per niente scontate. Sono di quelle storie che non ci entusiasmano dalla prima pagina con fuochi d’artificio ed effetti speciali, ma che ci prendono piano piano e che continuano ad occuparci la testa, con i sentimenti e i pensieri dei suoi personaggi anche quando il libro è finito e viene rimesso al suo posto nello scaffale. 

Nello Studio di… Federico Appel, traduttore di “Matilda un’ora indietro”