Ormai credo sia chiaro che uno dei luoghi che più amo frequentare è lo studio in cui si traduce. I traduttori sono per me da una parte mitici per il loro lavoro di traghettare in italiano le opere straniere e dall’altro personaggi che sento particolarmente vicini alla mia formazione di filologa classica. 

Andreina Lombardi Bom mi accoglie nello studio in cui traduce Alice Walker, in occasione della recente uscita del suo esordio, La terza vita di Grange Copeland, pubblicato da Sur. Mi accoglie idealmente, ma io ho intravisto il suo sorriso aperto e brillante, leggendo le diverse risposte. Lo vedete anche voi?

Andreina Lombardi Bom

Pluripremiata in America, scrittrice e attivista importante conosciuta in tutto il mondo per il capolavoro e suo libro di maggior successo: Il colore viola, tradotto per Sur nel 2019 da Andreina Lombardi Bom. La traduttrice a poca distanza dal precedente torna sulle pagine della scrittrice americana sempre per Sur con la traduzione del suo esordio del 1970: La terza vita di Grange Copeland. Gli altri libri di Alice Walker che si possono leggere in italiano sono: Non puoi tenere sottomessa una donna in gamba (Frassinelli), Il tempio del mio spiritoPossedere il segreto della gioia e Nella luce del sorriso di mio padre (Rizzoli), e Non restare muti (Nottetempo). 

Come traduttrice ritieni che sia ben rappresentata la produzione in italiano di Alice Walker?

Direi di sì. Walker finora è stata tradotta da nomi di tutto rispetto come Giuseppe Natale (traduttore di Melville, Pynchon e Toni Morrison, oltre che della prima versione italiana di Grange Copeland), Roberta Rambelli (apprezzata autrice e traduttrice di fantascienza), Silvia Bre (poeta e appassionata cultrice di Emily Dickinson) e Laura Noulian (traduttrice, fra l’altro, di Nick Hornby e Roddy Doyle), oltre a Marisa Caramella di cui conoscevo già la traduzione del Colore viola. Mi colpisce però che, mentre la produzione narrativa di Walker è stata tradotta quasi integralmente, tranne i testi più recenti, sia stato dato ben poco spazio alle sue opere di saggistica, almeno finora.

 

Entrambi i romanzi da te tradotti avevano già avuto una precedente traduzione per Frassinelli: Il colore viola nel 1984 a pochi anni dalla pubblicazione americana del 1982 e La terza vita di Grange Copeland nel 1989. Edizioni credo che non siano facilmente recuperabili in libreria, e di cui ammetto di non essere riuscita neanche a trovare i traduttori.

Avevi letto o hai letto le precedenti traduzioni dei due romanzi che ti sono stati recentemente affidati? Come lettrice o da traduttrice che deve ri-tradurli?

Il colore viola sì, l’avevo letto in italiano prima di cominciare a lavorare nell’editoria e poi riletto qualche anno fa, sempre come lettrice ma un tantino più scafata di quanto non fossi la prima volta. Ricordo di aver pensato che doveva essere stato tostissimo da tradurre e che ero contenta che non fosse toccato a me. Vedi certe volte a parlare troppo presto…
Invece
Grange Copeland l’ho letto poco prima di cominciare a tradurlo, già con la mente rivolta al lavoro che avrei dovuto fare e le antenne dritte a captare le possibili difficoltà del testo; però emotivamente mi ha travolto, più che sconvolto, e questa sensazione si è amplificata mentre ci lavoravo. Traducendo un certo violentissimo colpo di scena che si verifica più o meno a metà del romanzo, anche se ovviamente sapevo già cosa sarebbe successo, mi sono quasi sentita male: è una scena di una potenza straordinaria. Ma del resto la prosa di Walker mi “prende” moltissimo: mi è capitato spesso, sia con questo romanzo che con Il colore viola, di provare le sensazioni fisiche (tattili, olfattive, auditive) descritte nella pagina a cui stavo lavorando: la scena della nascita di Ruth, per esempio, o quella in cui le bambine si nascondono nel pollaio.

 

Andreina Lombardi Bom preferisce tradurre per prima un’opera in italiano? O ogni traduzione è a sé stante e nasce da motivazioni attuali che di fatto la rendono sempre la prima?

Mettiamola così: sono contenta di essere la prima Andreina Lombardi Bom che traduce quell’opera. Scherzi a parte, è ovvio che ogni traduzione è un mondo a sé, così come ogni traduttore; ed è per questo che ogni ritraduzione è preziosa, perché aggiunge qualcosa di nuovo a un testo, una nuova interpretazione, una diversa angolazione… Pensa a quanto poco sapremmo delle opere di Omero o di Virgilio se ci fossimo fermati a Ippolito Pindemonte o ad Annibal Caro. La verginità è un concetto che non ha senso quando si parla di traduzione.

 

Tornare all’esordio di una scrittrice importante come Alice Walker, dopo aver tradotto già il suo capolavoro, è un vantaggio o uno svantaggio per la traduttrice, tenuto conto anche della distanza temporale tra i due libri di più di dieci anni?

D’impulso ti risponderei: né l’uno né l’altro, perché si tratta di due libri molto diversi ─ stilisticamente, se non nei temi; in dodici anni si cambia parecchio, e la persona che ha scritto Grange Copeland era diversa, in parte, da quella che ha scritto Il colore viola… Però, ripensandoci, è stato un vantaggio affrontare il punto di partenza dello stile e della poetica di Walker avendo già presente dove sarebbero arrivati quello stile e quella poetica. E poi Il colore viola è stato un tour de force di immedesimazione linguistica e culturale non da poco, con i suoi due registri narrativi; dopo tutto il lavoro di rielaborazione che ho fatto per rendere in italiano il linguaggio di Celie, la lingua relativamente standard della Terza vita di Grange Copeland è stata una passeggiata, o quasi.

 

La traduzione in La terza vita di Grange Copeland è di grande sobrietà, diritta limpida contenuta. Una grande padronanza nella resa in italiano per rivestire una scrittura dall’immaginario complesso e già pienamente consapevole. Dietro la riuscita ammirevole della tua traduzione, si nasconde…

Decenni di letture e riletture voraci, probabilmente ─ insieme a un orecchio sempre teso a captare i linguaggi altrui; un desiderio profondo di capire come funziona una frase e come parla una persona; e una pignoleria intransigente per quanto riguarda il senso esatto delle parole. Cerco di utilizzare un lessico più ampio possibile, quando il testo lo consente (nel Colore viola, per fare un esempio al contrario, la voce narrante di Celie utilizza un vocabolario ristrettissimo) e vado matta per i termini che riescono a essere descrittivi nel suono oltre che nel senso.

 

In La terza vita di Grange Copeland ci sono continui cambi di punti di vista: dal ragazzino Brownfield che poi diventa uomo, un uomo tra l’altro completamente diverso da quello che il ragazzino lasciava presagire, o forse no e questa è la grandezza del personaggio che si innesta nella visione pessimistica della condizione dei neri ritratta da Alice Walker, al padre Grange e alla nipote Ruth, terza figlia di Brownfield, per citare solo i punti di vista predominanti, ma in realtà nel corposo romanzo Alice Walker lascia uno spazio e presta attenzione a ogni personaggio della famiglia. Cosa vuol dire per la traduttrice seguire questi sguardi rimanendo fedele alla terza persona della narrazione?

Immedesimarsi, soprattutto. Cambiare occhi in continuazione, che per chi traduce è un esercizio quasi scontato, ma che qui sembra richiedere una flessibilità notevole. In realtà non è così difficile, una volta capito che è proprio la voce narrante a fornirci la traccia, guidandoci in queste vite deformate e portandoci a compatirle, proprio nel senso etimologico di “patire insieme”. La compassione è la chiave di questo romanzo: chi ce l’ha si salva, in un modo o nell’altro. Quando ho scritto all’autrice per chiederle dei chiarimenti, dopo aver risposto molto gentilmente alle mie domande lei ha concluso il suo messaggio con la frase: “Amo moltissimo tutte queste persone”, cioè tutti i personaggi del libro. E io ho pensato alla battuta finale di Grange (“Oh, povera creatura, povera creatura”) che è di un’ambiguità meravigliosa: può riferirsi a Ruth, a Brownfield, a Mem, a Josie o anche a se stesso, senza distinzioni. E probabilmente lo fa.

 

Che cosa c’è di Andreina nei libri di Alice Walker? O invece la traduttrice è sempre invisibile?

Chi traduce non è mai invisibile, neppure un traduttore automatico: in un universo mutevole e ambiguo come quello del linguaggio si fanno sempre delle scelte caratterizzanti. Traducendo un linguaggio così personale come quello di Walker, mi sono imbattuta spesso in espressioni per i quali non esisteva una traduzione italiana che fosse altrettanto immediata: in molti di questi casi ho scelto di ricorrere a espressioni mutuate dal mio dialetto natale, il napoletano, ma anche da altri dialetti che conosco, o dal mio idioletto personale. Ho pescato dovunque potessi trovare qualcosa di utilizzabile, e dove l’autrice aveva inserito un vocabolo inventato mi sono sentita autorizzata a inventare anch’io. Il mio apporto personale è l’insieme di tutte queste scelte, tese a ricreare un linguaggio che non è il mio: nel testo c’è Alice, c’è Andreina, e c’è quello che ne ricaverà il lettore, aggiungendovi emozioni o riflessioni proprie.

 

Per tradurre Alice Walker nel tuo studio hai dovuto… fare spazio, mettere ordine, sospendere, aprire, chiudere… o?

Lasciare tutto com’era! E non è bello confessarlo, perché Il mio studio è un caos. Però mi faccio un punto d’onore, prima di cominciare una nuova traduzione, di riordinare almeno la scrivania.

 

La casa editrice Sur anticipa di voler tradurre anche Meridian, romanzo del 1976: ne sai qualcosa? E più in generale ritieni che ci sia un senso letterario e un filone che spieghi la scelta della casa editrice di riportare nelle mani dei lettori, e io spero ancora con la tua voce anche per il terzo, questi tre titoli: Il colore viola, La terza vita di Grange Copeland e Meridian? O tu aggiungeresti altro ancora per conoscere in profondità la scrittrice e la scrittura di Alice Walker?

Su Meridian sto lavorando proprio in questo periodo. Ma questi tre libri sono solo l’inizio del percorso autoriale di Walker, che è andato evolvendosi negli anni in una sorta di realismo magico. Personalmente ho amato molto Possessing the Secret of Joy (letto in inglese), che riprende uno dei personaggi minori del Colore viola, Tashi, trasportandola in un’epoca più vicina a noi per parlare di un argomento ancora oggi purtroppo attuale, le mutilazioni genitali.
Quanto a Sur, che è nata come casa editrice tesa a esplorare la cultura letteraria dell’America Latina, con la sua collana Big Sur ha aperto alla letteratura nordamericana dando spazio ad autori meno canonici, a sguardi non scontati. In particolare sta compiendo un ammirevole lavoro di ricerca sulla letteratura afrodiscendente in lingua inglese, sia americana che britannica, e Walker ne è uno dei capisaldi, oltre a essere un’autrice di grande complessità e attenzione ai temi del suo tempo che poi, a ben vedere, è anche il nostro. Non so se dopo questi tre libri Sur pubblicherà altro di suo, ma ho l’impressione che negli ultimi anni, con le varie vicende sociopolitiche che hanno (ri-)portato alla luce movimenti come Black Lives Matter, ci sia una maggiore attenzione alle voci fuori dal “coro” della narrativa commerciale, che offrono uno sguardo diretto e a volte spietato sulla realtà invece di proporre un’evasione più o meno a buon mercato. E tutto questo mi fa ben sperare.

 

Consiglieresti ai lettori italiani che ancora non la conoscono o a quelli che vogliono rileggerla di seguire l’ordine cronologico dei due romanzi, quindi prima La terza vita di Grange Copeland e poi Il colore viola, o persino di aspettare la traduzione di Meridian per non perdere il filo cronologico, oppure di partire dal capolavoro per poi cogliere le sfumature dei precedenti?

Sinceramente credo che il problema non si ponga più di tanto: Il colore viola è la sua opera più famosa, anche per via del film che ne è stato tratto, quindi molti lettori avranno sicuramente cominciato da questo romanzo. Tuttavia nelle uscite di Sur un ordine cronologico c’è: quello storico. Il colore viola si svolge dagli anni ’10 ai ’40, Grange Copeland copre un arco di tempo che va dagli anni ’20 ai ’60, Meridian è ambientato tra gli anni ’60 e i ’70, e leggendoli in quest’ordine ci si può fare un’idea di come è cambiata la società in un secolo cruciale per gli afroamericani. Ma secondo me questi tre libri si possono leggere in qualunque ordine. E non credo che chi ha letto Il colore viola resterà deluso dagli altri due.

Nello Studio di… Andreina Lombardi Bom, traduttrice di “La terza vita di Grange Copeland”
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