Con la rubrica dedicata ai traduttori mi trasferisco in Turchia, grazie all’accoglienza nel suo studio di traduttrice di Giulia Ansaldo. Molteplici le sue traduzioni e le collaborazioni con case editrici e testate giornalistiche, ma in questa occasione conversiamo della traduzione di La risata del barbaro della scrittrice turca Sema Kaygusuz, che proprio attraverso Giulia Ansaldo conosceremo meglio per inserirla nel panorama letterario contemporaneo. 

Giulia Ansaldo

La risata del barbaro, ultimo romanzo di Sema Kaygusuz, è il primo della scrittrice turca, vincitrice di numerosi premi in patria e tradotta già in varie lingue, finalmente in Italia con la voce di Giulia Ansaldo per la casa editrice Voland.

Cosa vuol dire per una traduttrice prestare la propria voce ad una scrittrice già affermata perché venga conosciuta da un nuovo pubblico? È una prova più onerosa che partire da un esordio?

La risata del barbaro è il primo libro pubblicato in Italia ma il terzo e ultimo della scrittrice. Ogni libro ha una sua voce, poco importa se si tratta di un grande autore o  di un esordiente, è la voce caratteristica del libro che va ricercata. Il fatto che sia una voce affermata tradotta per la prima volta  in Italia è senz’altro una responsabilità in più e un onore.

 

Il turco è una di quelle lingue che nella concezione italiana, e non so se anche europea, viene considerata una lingua difficile e lontana. Il romanzo di Sema Kaygusuz mi appare inoltre pieno di implicazioni storiche, sociali, politiche.

È stato difficile tradurre un romanzo così essenziale e netto, traghettandolo in una lingua distante da quella originale? o l’impressione che si ha del Turco è sbagliata ed è molto più simile e vicino di quanto i pregiudizi lascialo credere?

Il turco è una lingua della famiglia uralo-altaica, strutturalmente, sintatticamente e lessicalmente molto diversa dall’italiano, questo paradossalmente ha alcuni vantaggi, ad esempio non si corre il rischio di calchi o dei cosiddetti  “falsi amici”, ma comporta alcune difficoltà in più, ad esempio quella di rendere alcune espressioni tipiche della lingua, intonazioni e nel caso di questo libro dov’è c’è molto parlato, diversi registri, interiezioni, appellativi e livelli linguistici. Per quanto riguarda le implicazioni storico politiche, nel romanzo sono solo accennate, perciò ho deciso di lasciarle in controluce, perché non concorrono all’andatura e alla comprensione della storia ma la inseriscono in un contesto sociale ben determinato. In altri testi invece, più didascalici o specifici, per i riferimenti è stato necessario inserire un glossario che facesse luce su nomi e fatti citati.

 

Sema Kaygusuz ha esordito nel 1995, e La risata delbarbaro è pubblicato in Turchia nel 2015. Come si è regolata Giulia Ansaldo per poter tradurre nel 2020? Conoscevi già la scrittrice? Avevi già letto le opere precedenti?

Sì, conoscevo già la scrittrice che poi, quando ho deciso di proporre il suo libro, ho conosciuto anche di persona. Avevo letto gli altri suoi romanzi e tradotto un suo lungo articolo sulla storia del movimento femminista e la condizione della donna in Turchia, pubblicato sulla rivista The Passenger Italia, numero dedicato alla Turchia, nel giugno 2020 per Iperborea. Cinque anni, soprattutto gli ultimi cinque anni, nella storia della Turchia sono un’enormità data la rapidità dei cambiamenti sociali e politici, ma per la traduzione del libro questo scarto non ha comportato difficoltà ulteriori.

 

La risata del barbaro mescola sapientemente diversi toni e temi, passando con grande eleganza e naturalezza dall’uno all’altro anche attraverso la suddivisione in brevi capitoli, ciascuno con una propria autonomia di senso e di struttura, pur essendo collegati strettamente gli uni agli altri tanto da poter quasi essere considerati dei racconti. I personaggi sono gli ospiti di un resort di lusso sulla costa dell’Egeo, l’hotel Colomba blu. La sagace ironia della scrittrice coglie le diverse caratteristiche della varia umanità di uomini e donne e bambini che si muove nel clima ovattato delle vacanze e lo rende uno spaccato lucido e spietato della società turca attuale. Un microcosmo sezionato come in un laboratorio, per evidenziare contraddizioni e rimossi della Turchia attuale.

La naturalezza del quadro la colgo dalla tua traduzione, brillante e accorta: quali ingredienti ti sono serviti per tradurre La risata del barbaro oltre alla conoscenza della lingua?

Grazie! La conoscenza approfondita della lingua d’origine è senz’altro il primo punto, ma anche la conoscenza del paese, la capacità di visualizzare anche fisicamente il luogo, i personaggi, il loro modo di parlare, di agire, di muoversi è stata per me fondamentale e questa la si acquisisce vivendo il Paese della lingua che si traduce. Una delle difficoltà nella traduzione di questo libro è appunto il cambio di passo, tono e voci, trattandosi di un romanzo corale, anche se guidato dalla voce narrante. Avere in mente i personaggi descritti e nelle orecchie il turco nella vita quotidiana è stato senz’altro uno strumento necessario. Anche le preziose riletture della redazione di Voland, nelle persone di Livia Lommi e Katia Colantoni hanno contribuito ad affinare il risultato.

 

La vacanza degli ospiti del Resort viene disturbata da uno scherzo di cattivo gusto: qualcuno si diverte a macchiare di piscio la biancheria dell’hotel. Disgustati gli ospiti guardano in cagnesco Turgay, l’uomo che la notte in cui tutto è cominciato è stato visto aggirarsi con fare sinistro nel resort per poi fare il suo bisogno in mare. Ma lui come tutti gli altri che saranno accusati o sospettati si dichiara innocente. Anche l’innocenza però è un privilegio: mi sembra che sia una delle riflessioni, numerose e fulminanti, che nel libro sono sempre lasciate implicite nella narrazione e come nascoste dalla leggerezza del clima vacanziero perché il lettore le scopra e analizzi da solo.

Un simile procedimento narrativo quanto è difficile da tradurre?

È vero che ci sono molte riflessioni “guidate” ma non svelate dall’autrice, il rischio in questo caso è proprio quello di produrre un testo eccessivamente criptico, spaesante. Quando si tratta di letteratura turca per il lettore è come si ci fosse un codice da decifrare in più, una lontananza maggiore rispetto a letterature tradotte da lingue più vicine, ma io credo che se il testo è ben costruito in originale, quando si traduce grande letteratura, le soluzioni sono da cercare nel testo stesso. La difficoltà principale nel tradurre un libro simile consiste nel cercare di non dire più di quel che è scritto, ma offrire al lettore gli strumenti per cogliere le sottigliezze; talvolta una frase resa esplicita, un aggettivo chiarificatore sono necessari, ma quando il testo è ben architettato e narrato la traduzione in questo non deve inventarsi niente.

 

Tra i personaggi del romanzo alcuni spiccano per vissuto o per la carica narrativa che rivestono nelle vicende. Come il piccolo Ozan, con le sue avventure erculee e i trofei di animali uccisi, conquista delle sue sortite. O ancora per fare un altro esempio: Melih, narratore di storie che finiscono per toccare e far infuriare i destinatari. Mi sembrano due personaggi cardine del romanzo su cui mi pare di scorgere due metafore particolarmente care alla scrittrice.

Ozan potrebbe essere l’emblema di una Turchia che fatica ad uscire da uno stato di ferinità? E Melih potrebbe rappresentare la difficoltà della letteratura di essere accolta in un pubblico di “vacanzieri”? O invece il traduttore si deve astenere dall’interpretare il testo?

Tradurre è prima di tutto interpretare. Così come leggere. Ozan per me rappresenta la volontà di conquistare uno status, si inventa dei riti di passaggio dall’infanzia  all’adolescenza;  il tema della caccia, o pesca che sia, è poi un filo conduttore del libro, non solo la caccia di Ozan, ma anche le storie delle esperienze di caccia durante il servizio militare di suo padre, il racconto della caccia al cinghiale di Melih, quello della pesca di Ismail, la digressione sull’invenzione dell’infanzia di Simin… sono tutti elementi antropologici che rimandano alla parola barbaro, intesa come umanità primitiva. Qui il barbaro del titolo è qualcuno che con un gesto ancestrale, basilare, primitivo e innocuo sconvolge gli equilibri e le dinamiche di una società strutturata, borghese, abituata a vedere disastri, crudeltà e catastrofi all’interno della cornice del televisore ma che viene messa in crisi da un po’ di pipì.

 

Giulia Ansaldo e Sema Kaygusuz: hanno dei punti in comune che si sono riverberati nella traduzione di La risata del barbaro? O per essere un buon traghettatore da una lingua all’altra, il traduttore deve conservare una distanza di esperienze e riflessioni con l’autore tradotto?

Il traduttore esiste, interpreta e scrive. Certamente ogni traduttore porta un po’ di sé in ogni testo che traduce ma è il testo che deve condurre la traduzione.  Più che affinità con l’autore possono forse giocare un ruolo le affinità di scrittura e in questo caso posso dire che sento vicina la voce e la scrittura di Sema.

 

Cosa racconta della Turchia La risata del barbaro al pubblico di lettori italiani? O cosa aggiunge di nuovo rispetto ai romanzi turchi che il pubblico italiano ha già letto e amato? Ritieni che Sema Kaygusuz rappresenti una cesura con l’immagine letteraria che in Italia si ha della Turchia attraverso autori come Pamuk, per citare quello che mi sembra l’autore turco più conosciuto?

Ho scelto di proporre La Risata del Barbaro perché considero rappresenti una voce della letteratura turca contemporanea dal respiro universale sinora ignorata in Italia. Il mercato editoriale italiano negli ultimi anni ha dimostrato sempre più interesse per la Turchia ma soprattutto negli ultimi anni si è sviluppata una tendenza a ricercare libri-testimonianza che mettono al centro voci di giornalisti, politici, sociologi che raccontano della Turchia storie legate agli sviluppi politici del Paese, in linea con le rappresentazioni che si hanno della Turchia da parte dei media. Oppure racconti di un paese rurale, anatolico che risponde a un immaginario stereotipato. La risata invece pur non ignorando elementi del reale è un romanzo che dà un quadro preciso e verosimile della società turca riuscendo a farlo però parlando di altro. Credo sia questa la sua forza, e credo sia questo il compito della letteratura. Sì, credo che la voce di Sema rappresenti una cesura con la rappresentazione che si ha della Turchia in Italia, non soltanto per questa ragione, ma anche per la sua contemporaneità, l’audacia verbale di certi personaggi e perché tratta di temi attualissimi e dibattuti in Turchia come la sessualità, il piacere femminile, la critica alla lettura del Corano… che non corrispondono affatto all’immaginario che si ha in Italia del Paese.

 

Giulia Ansaldo è traduttrice dal francese, persiano e turco: un solo studio per le tre lingue o ciascuna ha uno studio dedicato in cui ti rifuggi?

No, vivo tra la Turchia e l’Italia, spesso in movimento, in tempi normali non ho uno studio stabile. Dal francese faccio traduzioni d’agenzia, dal turco mi occupo di letteratura, soprattutto contemporanea, di ricerca di autori, preparazione di proposte… Dal persiano traduco solitamente per il giornalismo o per l’editoria, un grande classico del Novecento in questo momento. Quindi la separazione è mentale, lo studio variabile e intercambiabile.

 

Non sempre succede che lo scrittore o la scrittrice straniera abbia in Italia lo stesso traduttore o traduttrice. Cosa speri che accada per Sema Kaygusuz in Italia? ti piacerebbe tradurre altri suoi romanzi? Precedenti o futuri? Oppure ti sentiresti fortunata nel poter confrontare il tuo modo di tradurre La risata del barbaro con la traduzione di altri su un’opera della scrittrice turca?

Finora mi è già capitato di tradurre una stessa autrice, come ad esempio Aslı Erdoğan di cui ho tradotto tre libri, nonostante il cambio di casa editrice. Anche in questo caso sarei molto felice di tradurre altre opere di Sema Kaygusuz, ritrovare una voce conosciuta in altri testi è sempre una sensazione di familiarità, come ritrovarsi in un luogo conosciuto. Inoltre avendo proposto e caldeggiato io la pubblicazione di questa autrice, facendola scoprire al pubblico italiano, mi piacerebbe continuare a essere la sua voce in Italia.

Nello Studio di… Giulia Ansaldo, traduttrice di “La risata del barbaro”
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