di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo"
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

Dicembre: con Slancio verso la Lettura.

Zaino 8 dicembre

È arrivato Dicembre. Natale è alle porte e, in questo anno strano, ho pensato di intraprendere, attraverso lo zaino, un percorso di promozione della lettura, provando a incuriosire maggiormente i lettori abituali da una parte e tentando di far avvicinare quelli più distratti a una lettura consapevole di testi meritevoli ma non semplicissimi. Un piccolo tentativo fatto per slanci e aperture verso novità. La finalità di questi percorsi e suggerimenti sarà quella di incoraggiare alla lettura, ma anche cercare di orientare verso storie belle. Può essere un progetto ambizioso provare a entusiasmare i lettori con letture originali e valide dal punto di vista letterario, ma noi ci proviamo lo stesso, anche da qua sopra!
Partiamo da un libro e da un autore: Mascaró di Haroldo Conti, da poco pubblicato da Exòrma con prefazione di Gabriel García Márquez  e la splendida traduzione di Marino Magliani e Riccardo Ferrazzi. L’ultima e unica traduzione italiana di un’opera di Haroldo Conti risale al 1983, quando Bompiani pubblicò Mascarò, il cacciatore americano. Da allora, non ci sono state altre occasioni per incrociare le parole e le storie di Haroldo nelle librerie italiane e fino a oggi quel solo romanzo pubblicato era praticamente impossibile da trovare. Nonostante la sua importanza e il valore della sua letteratura, Haroldo è stato lungamente ignorato in Italia. Pochi studenti di letteratura hanno avuto la fortuna di trovare il suo lavoro, alcuni addirittura lo hanno trasformato nell’oggetto principale dei loro studi. Per gli altri, Haroldo Conti è rimasto uno sconosciuto. Per questo motivo, c’è da essere molto soddisfatti della pubblicazione di questa nuova traduzione italiana da parte del nostro caro amico Marino Magliani che giunge dopo due anni da Sudeste sempre tradotto e pubblicato dall’editore Exòrma. Si spera che la traduzione di questi due libri sia il primo passo per una più ampia diffusione della letteratura di Haroldo Conti in Italia. Restano solo queste due opere, purtroppo, perché Haroldo Conti nel 1976, mentre tornava di notte da una proiezione cinematografica, insieme alla moglie, venne accolto in  casa da civili mascherati ed armati. Fu una notte di violenza per entrambi. Dopo molte ore la moglie fu condotta nella stanza dove lo scrittore era rinchiuso insieme ai suoi torturatori. Con sgomento osservò che in quella stanza quei civili non erano mascherati: in quel momento capì che sarebbe stato l’ultimo incontro col marito. Nell’Argentina del macellaio Videla, i suoi sgherri si facevano riconoscere solo da coloro destinati alla morte. Così accadde. Lo scrittore fa parte di quella lunga lista di persone desaparecide, gettate in mare da un aereo con i tristemente famosi voli della morte.

In Mascaró, tutto comincia una notte nella locanda di Arenales. L’orchestrina del paese si trascina suonando fino all’alba in attesa che il Mañana, una vecchia nave scalcinata, salpi per condurre Oreste verso un porto che forse non esiste. Insieme a lui si imbarcano lo stravagante Principe Patagón, il misterioso cavaliere Mascaró e altri passeggeri altrettanto fuori dal comune. Sarà proprio il Principe, poeta, attore, mago e indovino certificato, alchimista, “praticamente imperatore”, a trascinare Oreste, e altri con lui, in un’impresa folle dando vita a un carosello di artisti girovaghi, guitti improvvisati e glorie decadute. Tutti abbandonano consapevolmente ogni legame con l’esistenza precedente per assumere una nuova identità. È una scelta consapevole per liberarsi da ogni vincolo e cercare la propria vera strada. Ma, si sa, la libertà è loca, pazza e inafferrabile, misteriosa, e le autorità non possono tollerarla perché, ovunque arrivi questo manipolo di artisti, si accende nelle comunità un desiderio di ribellione e di riscatto. Gli arresti e le torture che ne conseguono sembrano prefigurare in modo surreale la terribile sorte di Haroldo Conti, così come viene raccontata nella prefazione di Gabriel García Márquez. È un’Argentina descritta con grande realismo e allo stesso tempo sospesa nella meraviglia, fatta di territori abbandonati, aridi deserti, miseri villaggi sperduti, dove Mascaró, alias Joselito Bembè, eroe e pistolero, figura emblematica della lotta per l’affrancamento, si muove, appare e scompare, vanamente inseguito dai rurales.

Dopo le giornate tristi che hanno fatto seguito alla morte improvvisa del campione di calcio Diego Armando Maradona non possiamo, in questo nostro percorso di slanci, non segnalare un bel libro di Marco Ciriello uscito un paio di anni fa  dal titolo Maradona è amico mio edito da 66thand2end nella Collana Vite in attesa, con prefazione di Emanuela Audidio. Le più belle parole scritte da un italiano sul grande campione argentino.

Per quello che fece in campo la sentenza è già stata emessa dal tribunale degli dèi, il solo competente: fu il più grande di tutti, capace di entrare persino nel cuore di chi voleva e doveva odiarlo. Ben più severo il verdetto dei mortali, mai propensi a valutare con il giusto distacco le contraddizioni di un uomo che, prima di ogni altra cosa, è stato uno straordinario moltiplicatore di sogni ed esistenze, tanto che chi ha voluto raccontarne i fantasmi presto o tardi ha dovuto fare i conti con i propri. Attraverso la storia di Diego Armando Maradona, Marco Ciriello ci fa rivivere anche la nostra, oltre che la propria. In uno sviluppo narrativo che passa per tre grandi ricostruzioni: geografica (da Buenos Aires a Napoli), sportiva (dai celebri gol ai gesti più controversi) e familiare. Ripercorrendo le tappe decisive della storia di Diego, di quelli che stavano intorno a lui mentre cambiava il calcio, Maradona è amico mio restituisce l’immaginario creato dal calciatore argentino, che è sempre stato capace di influenzare le vite degli altri. Il risultato è una narrazione che permette di guardare Maradona senza moralismi, di vederlo per quello che è sempre stato – un eversore, più o meno consapevole, «un Lenin allegro e soprattutto cazzaro che, scremando tutta la parte noiosa, arriva al sodo in un solo tocco o in una sola frase».

La città, primo libro in assoluto di Mario Levrero, autore di culto uruguaiano e punto di riferimento per molti scrittori latinoamericani è un’altra tappa fondamentale di questo nostro percorso.  Da pochi giorni è stato pubblicato con traduzione dallo spagnolo di Cinzia Imperio e il progetto grafico di Flavio Dionisi.

Quando l’anonimo protagonista varca per la prima volta la soglia di quella casa nota subito che è disabitata da anni. Mentre sistema le sue cose e si prepara a passare la notte si accorge che non ha da mangiare. Decide quindi di uscire diretto a un negozietto che ricorda vicino. Dopo aver camminato un bel po’, capisce di essersi perso e, sorpreso da un acquazzone, non ha altra scelta se non fare l’autostop. Sotto la pioggia battente viene caricato da un camion dove, oltre al guidatore, siede una misteriosa donna.Al risveglio, il giorno successivo, si ritrova in compagnia della donna in una cittadina che non conosce, dove vige uno strano e inappellabile regolamento, e da dove sembra impossibile andarsene. La città, primo romanzo della trilogia involontaria di Mario Levrero, viene spesso accostato a Il castello di Kafka per l’atmosfera onirica in cui il protagonista, alla costante ricerca di una spiegazione che gli sfugge sempre di mano, rimane intrappolato in un susseguirsi di falsi indizi, situazioni surreali e personaggi enigmatici.

Meritevole di considerazione è poi L’uomo visibile di Chuck Klosterman nella traduzione di Leonardo Taiuti, terzo titolo della Collanadi narrativa straniera Specchi  di Alter Ego Edizioni dopo il fortunato successo di Le città di carta di Dominique Fortier e Berlino di Michael Mirolla.

Chuck Klosterman in America è particolarmente apprezzato come attento critico della musica e della cultura pop in libri tipo Sex, Drugs and Cocaa Puffs e Killing Yourself to Live: 85% of a True Story. Questo, invece, è un romanzo il cui protagonista è un uomo che ha trovato un modo per diventare invisibile e spiare così l’umanità nella sua forma più pura e nascosta e racconta tutto a una improbabile psicologa. L’autore  ci conduce con destrezza nella mente contorta del protagonista e forse in quella di molti di noi.

La psicologa Victoria Vick viene contattata da un uomo misterioso per un immediato ciclo di sedute. Y____, come decide di chiamarlo, pretende una terapia non tradizionale. Il paziente non vuole un dialogo faccia a faccia, afferma di essere uno scienziato e di aver sottratto da un progetto governativo abbandonato una tecnologia in grado di renderlo quasi invisibile. Y____ le rivela di utilizzare questa particolare capacità per osservare di nascosto come vivono le persone quando sono da sole. Man mano che i racconti dell’uomo si fanno più bizzarri e inquietanti, Victoria inizia a essere ossessionata dal caso fino a mettere a rischio la carriera, il matrimonio e la sua stessa identità.
Ironico e severo verso la società odierna, L’uomo visibile si caratterizza per la singolare e moderna struttura intervallata da note, dalla corrispondenza tra paziente e terapeuta e da trascrizioni telefoniche. Semplice curiosità o voyeurismo? Rispetto della privacy o furto di umanità? Chi siamo al netto delle nostre sovrastrutture culturali?

Chuck Klosterman (Breckenridge, Minnesota, 1972), universalmente riconosciuto come il “Simon Reynolds americano”, è autore di bestseller, saggista, blogger e critico musicale. Scrive per il New York Times, Washington Post, Rolling Stone, Esquire, Spin,  GQ e The Believer. Per Mondadori Strade Blu è uscito Il giorno in cui il rock è morto. Viaggio nei luoghi delle grandi tragedie della musica (2006). I suoi saggi sono dedicati alla pop culture e i suoi romanzi sono considerati tra i più “seriamente divertenti” o “spassosamente seri” degli ultimi anni.
Per Minimum fax è stato pubblicato un paio di anni fa con traduzione di Maurizio Bartocci il libro Morire per sopravvivere. Una storia vera all’85 %

Chuck Klosterman nasce nel Minnesota, cresce in una fattoria del North Dakota, diventa giornalista e nel 2002 compie il grande salto: si trasferisce a New York. Lì, a quasi trent’anni, la sua carriera di critico musicale decolla, scrive per riviste famose e raggiunge lo status di autorevole esperto di cultura pop. Il giornale Spin gli affida progetti speciali come un reportage sui morti illustri del rock’n’roll.Questa la realtà dei fatti. Poi c’è questo libro, che è realtà vera all’85%: il frutto di una rielaborazione personale della lezione di David Foster Wallace, e di un cammino originale di scrittore.
In Morire per sopravvivere Chuck viaggia per ventuno giorni e diecimila chilometri dentro l’America delle grandi metropoli e dentro l’America profonda. Visita il Chelsea Hotel e i campi di grano, Seattle e le paludi: cerca Duane Allman, Sid Vicious e John Lennon, cerca i Lynyrd Skynyrd e Kurt Cobain. Ma il suo non è un lugubre pellegrinaggio, una descrizione morbosa dei luoghi dove sono morte le rockstar. Perché le tombe gli interessano molto meno delle storie e dei miti.Questo romanzo dal vero e sulla strada narra così la leggenda della musica rock, e come questa leggenda viva e continui a rinnovarsi da decenni, in ogni ragazzino pronto a giurare sui Led Zeppelin o sui Nirvava; ma Morire per sopravvivere ci racconta anche la storia di Chuck: la sua infanzia rurale, le sue teorie geniali sui Kiss e soprattutto i suoi amori complicati che irrompono ovunque e si rifiutano di lasciare incontaminato il lavoro del critico musicale.

Mi porta a casa, questa curva strada è l’imperdibile raccolta di saggi di Ian Penman, uno dei più grandi critici musicali viventi, che Atlantide Edizioni ha mandato in stampa in questo inizio di dicembre.

“Ci sono picchi di successo che somigliano a una privatissima forma di insuccesso”, scrive Ian Penman nelle pagine qui dedicate al jazzista Charlie Parker, a proposito del quale subito dopo cita questi versi di Yves Bonnefoy: “Amare la perfezione in quanto soglia,/ma conosciuta negarla, dimenticarla morta,/ l’imperfezione è la cima”.
Può sembrare inusuale che in un libro di saggi musicali si tratti di poesia e destino, ma il fatto è che nessuno scrive di musica come Ian Penman, e nessuno come Penman, forse il più grande critico musicale vivente, riesce a collegare l’estetica “pop” a un discorso culturale che ha la propria origine tanto nel rock e nel jazz quanto nella filosofia di Heidegger e di Derrida, e a unire la passione per la musica leggera a una personale visione del mondo che affonda le proprie radici in autori come Roland Barthes, Susan Sontag e Walter Benjamin. Mi porta a casa, questa curva strada – che riprende un distico di W.H. Auden in cui il termine “track” viene portato a significare tanto il sentiero che si percorre quanto la traccia incisa su disco – racconta in modo impareggiabile la traiettoria umana e artistica di James Brown, Frank Sinatra, Elvis Presley, Prince e dello stesso Charlie Parker, e affronta, attraverso figure quali Donald Fagen degli Steely Dan e John Fahey, alcuni snodi della cultura popolare tra il Novecento e oggi come la cultura mod e il fenomeno hipster. Tra un saggio e l’altro del libro, scrive Penman, “potrebbe esserci una rete di indizi, consigli e suggestioni seminascosti che si insinua tra le righe o dietro di esse e aspetta soltanto di essere trovata, mentre l’altro filo conduttore è una tesa dialettica tra il disordine e talvolta la disperazione della vita privata degli artisti di cui si parla e l’eleganza, l’economia quasi soprannaturale delle loro canzoni…”. Così, pagina dopo pagina, la strada, o traccia, del titolo e dei versi di Auden porta a noi stessi, a quel luogo in cui esistiamo davvero che a volte, o forse sempre, è la musica.

Sempre ad Atlantide Edizioni si deve questo mese la pubblicazione di Pioggia di stelle, il primo e  unico romanzo di Matila C. Ghyka, pubblicato per la prima volta da Gallimard nel 1933 e tradotto solo oggi in italiano da Maria Sole Iommi.

“Il solo romanzo in cui la vita diplomatica del periodo antecedente alla prima guerra mondiale rivela una dimensione spirituale paragonabile a quella delle Pléiades di Gobineau. E in nessun altro luogo, forse, la Londra degli anni 1910-1916 appare così magica, e purtuttavia consumata da una misteriosa malinconia interiore”: in questo modo Mircea Eliade descriveva Pioggia di stelle, primo e unico romanzo di Matila Ghyka. Dopo decenni di oblio, Pioggia di stelle arriva al lettore contemporaneo come un’opera straordinaria nelle cui pagine rivivono quasi per incanto la Londra di inizio secolo ricordata da Eliade, gli ultimi anni della Belle Epoque e gli sconvolgimenti sociali e geografici seguiti alla fine della prima guerra mondiale. Matila Ghyka rievoca in modo magistrale un mondo ormai perduto, quello austro-ungarico tra le due guerre, che trova nella Vienna dell’Opera e dell’Hotel Sacher e nella Praga fantastica e occulta degli anni Venti la propria più caratteristica espressione. Nell’elegante e avvolgente prosa di Ghyka, romanzo e Storia si intrecciano indissolubilmente, meravigliosamente, e seguiamo con il fiato sospeso le alterne sorti e le avventure dei protagonisti: diplomatici come il simpatico e sfortunato Napoleone di Maleen-Louis e il giovane e ambizioso Pierre Dantherieu, enigmatiche principesse quali la bellissima e misteriosa Théa di Wallenstein e uomini “nuovi” come il timido e riservato Massimiliano Dego, la cui reale identità egli stesso ignora.

Adorazione è il primo romanzo di Alice Urciuolo e racconta una storia di educazione sentimentale e sessuale fatta di estremi, in cui l’amore, la tenerezza e il desiderio si mescolano alla sopraffazione, all’umiliazione e alla vergogna.

Alice Urciuolo (1994) lavora come sceneggiatrice. È tra le autrici della serie di successo Skam Italia (Netflix, TIMvision e Cross Productions) ed è attualmente impegnata nella scrittura di altri progetti per piattaforme internazionali. È nata in provincia di Latina, vive a Roma. Adorazione è il suo primo romanzo.

A Pontinia, piccolo centro di fondazione fascista nel mezzo dell’Agro Pontino, la giovane Elena è stata uccisa dal fidanzato. A distanza di un anno, i suoi amici sono ancora divisi tra il dolore di quel trauma e il bisogno di un’adolescenza normale. Nell’arco di un’estate afosa, vissuta fra le architetture metafisiche di Pontinia e di Latina e le sensuali dune di Sabaudia, e con Roma, la grande città, sullo sfondo, si intrecciano i loro destini. C’è Diana, con la sua voglia sulla gamba che la rende tanto insicura, e c’è la sua migliore amica Vera, che sembra invece non aver paura di niente. Ci sono Giorgio, il fratello di Vera, che era innamorato di Elena e non lo ha mai detto a nessuno, e Vanessa, cugina di Giorgio e Vera e migliore amica di Elena. Intorno a loro una comunità ancora regolata nel profondo da valori patriarcali perfettamente interiorizzati, una comunità dove le famiglie sono spesso tenute insieme solo dall’ipocrisia e dal silenzio. Le ragazze e i ragazzi dovranno così crescere, perdersi e ritrovarsi da soli. Faranno i conti con il vuoto e la passione, l’insicurezza e l’ansia, l’accettazione e l’affermazione di sé. La morte di Elena assumerà per ognuno un significato diverso, e per ognuno si sovrapporrà alla propria storia personale.

Per 66thand2end è uscito anche Il colore dell’odio di Alexi  Zentner nella traduzione di Gaspare Bona, un romanzo che  racconta il tema del suprematismo bianco, degli affetti e delle prigionie familiari attraverso una storia piena di sfumature, in cui si deve fare la cosa giusta nella situazione peggiore.

Jessup è un adolescente come tanti, gioca come linebacker per la squadra della scuola, frequenta una ragazza e ha un unico sogno: dare il massimo in classe e in campo, ottenere una borsa di studio per l’università e andarsene il più lontano possibile dal posto in cui è cresciuto. Ma quando, dopo quattro anni passati in carcere, il patrigno David John torna a casa, Jessup si trova di fronte a un bivio: prendere le distanze da quell’uomo premuroso che gli ha dato una sorella e ha salvato sua madre dall’alcolismo, o accettarne anche il tratto più scomodo, l’affiliazione alla Santa chiesa dell’America bianca, il cui pastore, fratello di David John, è un noto esponente del suprematismo bianco locale. Prima ancora di poter scegliere, però, Jessup si vede coinvolto in un litigio con un running back avversario, un ragazzo nero, e nello spazio di una notte la sua vita cambia per sempre. Esplorando gli angoli più bui dell’America contemporanea, dilaniata da opposti estremismi e da conflitti di classe troppo a lungo taciuti, in questo thriller Zentner racconta con ritmo incalzante la storia di un ragazzo che si crede già uomo e vuole sfuggire all’ambiente white trash cui appartiene, liberandosi dai pregiudizi che l’hanno sempre circondato. Ma è davvero possibile voltare le spalle al proprio passato?

I pesci non esistono di Lulu Miller, Add editore nella traduzione di Luca Fusari è un altro di quei libri obbligatori nel nostro percorso di slanci e aperture.

«Che senso ha la vita?» chiede una bambina di sette anni al padre scienziato.«Nessuno» risponde lui, poco incline al dialogo.Quel «nessuno» ha lasciato molte tracce in Lulu Miller (ideatrice e conduttrice di Invisibilia, uno dei podcast di divulgazione scientifica più amati dagli americani) e per anni quella frase le ha complicato la vita tanto che, per trovare una risposta diversa, ha cercato aiuto ovunque. Ed è allora che si è imbattuta in un gigante della scienza: David Starr Jordan. Starr Jordan (1851-1931), americano, è stato uno dei più importanti tassonomisti del mondo, uomo che ha scoperto migliaia di pesci; li ha cercati, catalogati e collocati nel grande albero della vita. Neppure quando nel 1906 un terremoto ha spazzato via la sua intera collezione di esemplari sotto vetro, Starr Jordan si è perso d’animo e ha smesso di lavorare al suo obiettivo di dare ordine al mondo dei pesci.Ma non sempre le cose sono come appaiono e, poco alla volta, la figura del gigante della scienza si sgretola davanti agli occhi attoniti dell’autrice: desiderosa di conoscere tutto di quell’uomo dalle sue ricerche spuntano scandali, un omicidio di cui il grand’uomo potrebbe essersi macchiato ma, soprattutto, il coinvolgimento di Starr Jordan nella creazione della teoria eugenetica che negli Stati Uniti ha portato alla prigione e alla sterilizzazione forzata di migliaia di individui ritenuti “inadatti” alla vita. Pagina dopo pagina I pesci non esistono passa da biografia a giallo, da omaggio alla scienza allo stupore per la crudeltà umana, da memoir a indagine, per approdare infine alla spiegazione del titolo, I pesci non esistono, dimostrando ai lettori come la natura si sia magistralmente vendicata di uno scienziato che credeva di poterla dominare.

Ultimo libro del 2020 per Add Editore è la graphic novel di Li Kunwu dal titolo Mia Madre nella traduzione di Giovanni Zucca con Prefazione di Giada Messetti.

Mia madre racconta la storia di una donna, dall’infanzia fino all’età adulta, e lo sguardo di un figlio. Sullo sfondo della Cina immersa nel caos e nell’instabilità degli anni ’30 – tra i signori della guerra, l’invasione giapponese, le grandi potenze occidentali che ancora occupano le concessioni nelle grandi città, la lotta tra il Kuomintang nazionalista e il Partito comunista cinese, fino alla Lunga Marcia – Li Kunwu orchestra una narrazione ancora più personale delle precedenti, se possibile.
Attraverso il ritratto di sua madre, una bambina sballottata dal villaggio della famiglia materna alla casa in città del signore della guerra per cui lavora il padre, scopriamo la vita di tre generazioni, le relazioni coniugali e familiari dell’epoca, le scelte personali e sofferte di una vita affaticata 
dall’estrema povertà e dalle opportunità negate alle donne, limitate dalle loro stesse madri in un mondo che ancora non ne concepisce l’emancipazione.
Con il suo tratto distintivo, qui proposto con la tecnica dell’acquerello, Li Kunwu ci parla delle persone comuni, del loro modo di vivere, delle loro convinzioni, offrendo ancora una volta un documento raro e toccante sulla storia della Cina prima della presa del potere da parte di Mao, in quella che si può considerare l’opera della sua vita.

Merita attenzione Cagna di Louise Chennèviere edito da Giulio Perrone Editore.
Louise Chennevière ha 27 anni e vive a Parigi. Cagna è il suo primo romanzo.

Una donna parla. Accusa. Racconta. Si appropria delle voci di più donne.Ogni voce è un istante strappato all’intimità, salvato dal silenzio, quel silenzio che è la storia delle donne. Questo testo è un tentativo di impadronirsi del diritto di espressione da parte di chi ne è sempre stato escluso, vittima di immensa violenza e indicibile dolore. E come quest’intimità, il corpo e la vergogna fanno già parte del mondo, sotto forma di fantasmi, di discorsi e di tutte le violenze che li hanno plasmati e che ora li infestano. Questo libro è un esorcismo. Per Louise Chennevière, «è un’esplorazione di queste terre dell’immaginario collettivo che modellano la nostra individualità, è un tentativo di comprendere come ci si ritrova a diventare donne un bel giorno, e perché, quando ci si credeva ormai al riparo da quel futuro prestabilito, da quel destino femminile, questo, all’improvviso, ci sbatte in faccia la sua presenza». Si tratta di sogni, di deliri della stessa donna? Di più donne? Ci sono le private, quelle donne che allietano la propria esistenza con la loro stessa immagine, con un uomo o con la maternità, e ci sono le possedute, quelle donne-mostro che si riappropriano violentemente dei loro corpi facendosi carico di quell’infamia che hanno sempre subito. La storia delle donne è dalla parte di questa “leggenda nera” di uomini infami che è, secondo Foucault, la leggenda di quelle “vite che è come se non fossero mai esistite”.

Cosa sta succedendo ai rapporti di genere?
Ce lo racconta Elisa Cuter con Ripartire dal desiderio, edito da Minimum fax: un’analisi che mescola riflessioni personali, psicoanalisi, filosofia, psicologia, cinema e cultura pop per mettere a fuoco la guerra sociale in cui siamo immersi oggi, tra metoo, femminicidi, misoginia e politicamente corretto.

Fin dalla storica domanda di Sigmund Freud «cosa vuole la donna?», la questione del desiderio è intrinsecamente legata alla differenza di genere e in particolare al femminile. Un femminile basato proprio sull’impossibilità di rispondere a tale domanda: un oggetto misterioso, un «altro» su cui ci si interroga. Partendo da Non è la Rai, passando per il metoo, gli incel e l’educazione sessuale, Elisa Cuter indaga quella che viene percepita come l’attuale «guerra tra i sessi», e arriva a ribaltare alcuni luoghi comuni del femminismo mainstream, chiedendosi se abbia ancora senso rivendicare un’identità storicamente costruita come subalterna.
Ripartire dal desiderio, incrociando e mescolando personal essay, psicoanalisi, filosofia e sociologia, cinema e cultura pop, cerca di determinare il senso presente dell’equazione «il personale è politico» (lascito fondamentale della riflessione femminista) e offre una critica radicale del moralismo che si è impossessato del discorso politico. Un punto di vista originale su argomenti centrali nel dibattito pubblico di oggi elaborato attraverso un racconto analitico capace di mettere in relazione fenomeni apparentemente distanti tra loro; ma soprattutto un invito ad abbandonare il porto sicuro dell’identità per porsi sfide più ambiziose e domande più inquietanti, proprio come quelle che ci pone il desiderio.

Nello Zaino di Antonello: Dicembre con Slancio verso la Lettura.