Black Coffee

 

Una sola volta nella mia vita ho cercato di fare a meno del caffè come fioretto votivo. Mai stata così male. Il caffè per me è indispensabile e fondamentale. Amaro e lungo. Da sorseggiare più e più volte durante la giornata.
“Ci prendiamo un caffè?” è nel mio lessico equivalente a “ci vediamo?”, quindi con profonda simpatia ho guardato e applaudito nel 2017 alla nascita di una casa editrice che portasse impresso nel suo DNA la bibita, carburante delle mie giornate.
Partirei dunque proprio dal caffè e dal significato dell’aggettivo black in termini di progetto editoriale e di scelta del catalogo per Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, i due editori, oltre che compagni di viaggio e di vita, della casa editrice Black Coffee.

Leonardo Taiuti
Leonardo Taiuti

RISPOSTA: Black Coffee nasce con l’intento di diventare un punto di riferimento per chi ha gusti letterari un po’ particolari. Il nostro sguardo sulla produzione nordamericana è molto attento all’autenticità e al rispetto della complessità del momento, per questo le storie che proponiamo sono pungenti, amare, sferzanti, sono caffè nero. Niente zucchero ad addolcirle, né latte a mitigarne l’intensità. I nostri libri dicono, Sveglia!

 

In tempo di Black lives matter, quel vostro aggettivo sembra profetico e programmatico.
Black coffee nasce con un netto confine geografico: la letteratura nordamericana. Da dove nasce questa limitazione geografica che diventa anche approfondimento letterario e critico?

Sara Reggiani
Sara Reggiani

Risposta: Il Nord America è sempre stato il nostro “territorio” come traduttori letterari. Dopo aver accumulato sufficiente esperienza in campo editoriale, io e Leonardo abbiamo deciso di diventare editori appositamente per eliminare passaggi intermedi e sentirci liberi di portare all’attenzione del lettore italiano quegli autori statunitensi e canadesi (esordienti e non) che sono nostro continuo oggetto di studio e approfondimento. Semplicemente, ci concentriamo su ciò che conosciamo meglio. E il lettore si fida di noi proprio per questo.

Cosa aggiunge al vostro ruolo di editori essere anche traduttori? Le due figure hanno dei punti di inserzione fondanti che portano il vostro catalogo a prendere una determinata strada, o invece sono due ruoli e due funzioni parallele che non si incontrano? Ci sono stati casi in cui sono entrati in conflitto: il traduttore suggeriva qualcosa che l’editore non poteva accettare, o viceversa?

RISPOSTA: I due ruoli si compenetrano e possono anche entrare in conflitto, quando per esempio acquisisco i diritti di un titolo che mi piacerebbe anche tradurre, ma che a ben guardare sarebbe più nelle corde di qualcun altro. Oppure quando tutto mi dice che la traduzione sarà un’impresa titanica, e comunque scelgo di pubblicare un certo titolo e di farmi carico anche della sua traduzione. Prima io e Leo traducevamo solo per altri, eravamo al servizio di altri editori e dei loro autori. Di diverso ora c’è la responsabilità di scegliere cosa pubblicare e cosa no, cosa “far passare”, cosa scartare. Come editor e direttrice editoriale di Black Coffee, conosco il mio obiettivo e seleziono senza indugi. Come traduttrice ho di fronte altri ostacoli, ma con quelli ho più familiarità e la fatica non mi spaventa. È un bipolarismo funzionale insomma.

Un bel risvolto della natura bifronte di BC è che i giovani traduttori osservando il nostro percorso hanno preso coraggio, ci hanno scritto chiedendo di essere messi alla prova e per quanto possibile li abbiamo accontentati. Quantomeno li abbiamo aiutati a fare pratica. Se all’epoca qualcuno non avesse dato fiducia a noi, a quest’ora non sarei qui a parlarti di Black Coffee.

 

Leggendo “Il decoro” di David Leavitt, in una discussione letteraria tra i personaggi, trovo indicata Joy Williams insieme con Grace Paley e Mary Robison tra le scrittrici alle quali un’aspirante scrittrice vorrebbe essere paragonata invece di Salinger.
Se gli italiani conoscono Joy Williams lo devono a Black Coffee.
Entriamo, allora, nel vivo del vostro catalogo. Due collane: fiction e non-fiction.
Ce lo racconti?

RISPOSTA: La questione è un po’ più articolata di così, in realtà. Trovo che per noi come piccola casa editrice non abbia molto senso irrigidirsi in categorie, suddividendo la già ridotta produzione annuale in mille, inutili collane (e anche in questo andiamo di pari passo con l’editoria americana che delle collane non ha mai sentito il bisogno). Essendo la nostra, fondamentalmente, una proposta di percorso all’interno della produzione letteraria nordamericana attuale, ho deciso di dare la priorità all’esperienza. Mio obiettivo primario è lasciare un’impressione, non spiegare. Un minimo di ordine però è necessario, quindi siamo partiti con una linea portante di narrativa (romanzi e racconti di autori esordienti o di grandi nomi inediti in Italia), per poi includere nella stessa famiglia anche i memoir – che raccontano vicende realmente accadute, ma pur sempre filtrate dalla persona che le ha vissute, e quindi a loro modo fiction, dal mio punto di vista. Piatto_Antrolopogia_OKDa quest’anno – a settembre – avviamo una nuova linea che esplora il territorio americano, intenso in senso geografico, naturalistico e nel suo rapporto con l’uomo che lo abita. Si chiama This Land, dove “land” sta a significare la terra che possiamo fisicamente calpestare e il territorio come artefatto sociale. Qui il lettore troverà sia saggistica, che memoir che all’occorrenza testi di narrativa: di nuovo, è un’impressione che voglio lasciare, voglio recuperare una complessità perduta. Voglio accompagnare il nostro lettore in un viaggio che gli mostrerà paesaggi, che ormai il cinema gli ha reso familiari, da prospettive nuove e per farlo ho bisogno di tutte le risorse disponibili. Sono molto legata al primo titolo, “Antropologia del turchese” di Ellen Meloy, perché per lui ho attraversato davvero il deserto del Southwest, e ne parlo in una personalissima prefazione.

Dall’anno scorso abbiamo deciso di proporre anche delle piccole antologie di poesia contemporanea americana curate da John Freeman e Damiano Abeni. Un’altra tessera imprescindibile del puzzle. La serie si chiama Nuova Poesia Americana e ne andiamo molto fieri.

FreemanBlack Coffee è inoltre l’editore italiano della rivista letteraria Freeman’s del critico John Freeman: anche questa si presenta sotto forma di antologie tematiche annuali che propongono il meglio della letteratura mondiale secondo l’illustre curatore. La rivista ci serviva per ampliare lo sguardo, per inserire la nostra materia di studio in un contesto internazionale e osservarne le fluttuazioni dall’alto.

Ecco, per ora è tutto, ma non escludo di completare in futuro il quadro aggiungendo nuove proposte di percorso.

 

Quella volta in cui avete esclamato: peccato! (O altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare stizza.)

RISPOSTA: Ogni volta che ci viene “soffiato” un bel libro da sotto il naso. Capita di affezionarsi a un libro valutato e ritenuto perfetto per il catalogo, ma se un editore più grande si fa avanti, l’asta per aggiudicarsi i diritti si trasforma in un bagno di sangue, oppure si deve rinunciare in partenza. La cosa più brutta è che  molto probabilmente la grande casa editrice non potrà/vorrà dedicare molta attenzione al titolo in questione – a volte vediamo passare inosservati dei libri per cui avremmo ucciso! – mentre tu sai che, pur potendo contare su mezzi limitati, avresti fatto tutto il possibile per valorizzarlo.

 

Quella volta in cui avete esclamato: perdindirindina! (O altra esclamazione propria del vostro lessico per indicare che proprio quella cosa lì non ve l’aspettavate.)

RISPOSTA: Il successo di Freeman’s, quello no, non ce l’aspettavamo e ci ha fatto esultare. Non immaginavamo che l’intuizione di diventare l’editore italiano di una rivista letteraria americana potesse risultare in una mossa vincente, né che i nostri lettori avrebbero apprezzato e dopo il primo numero ci avrebbero esortato a continuare. La riprova che là fuori, checché se ne dica, esiste ancora gente curiosa, aperta alla novità e bisognosa di stimoli che noi piccoli editori indipendenti possiamo e abbiamo il preciso dovere di fornirle.

A casa di… Black Coffee