Lalbero_di_Sara

Quando le figlie hanno cominciato a leggere da sole e a rendere superflua la lettura genitoriale per accompagnare il sonno notturno, è subentrato Luigi, nato quando le sorelle avevano rispettivamente 9 e 6 anni, a non farci sentire il peso della nostalgia per quello che è un momento strettamente legato alla cura infantile dei propri piccoli.

Adesso anche Luigi, che frequenta la prima elementare, comincia a cimentarsi con la lettura solitaria: io e mio marito doverosamente facciamo un passo indietro, favorendo il rapporto unico e imprescindibile con il libro, senza mediazioni.

Ci rimane la gioia delle occasioni in cui è lui a richiedere la lettura da parte ora dell’uno ora dell’altra.

Con me, in particolare, il rito vuole che la lettura serale insieme si faccia nel lettone, al caldo sotto il piumone. E così è stato per “L’albero di Sara”, il nuovo arrivo nella collana Parpar di Giuntina. L’atmosfera era quella giusta per apprezzare un libro tenero e delicato, con la dose giusta di romanticismo.

Entrambi ci siamo innamorati a prima vista della copertina. Una bimba, che si potrebbe credere Sara e forse si chiama anche lei così, come la nonna, è lì minuscola in una radura, tra alberi e foglie che si aprono per lasciare spazio ai bei caratteri in corsivo di titolo e autori: Giulia Bottaro, per il testo; Fabio Santomauro, per le illustrazioni. Sin dalla copertina il tocco di Santomauro, così aggraziato e narrativo, è riconoscibile per chi come me continua ad amare, leggere con emozione, consigliare e regalare “La città che sussurrò”, sempre per Giuntina, Premio Andersen 2015 per la categoria “Miglior Libro 6/9 anni” (di cui ho parlato QUI, al tempo della lettura condivisa con Nuccia e Giusi) e che proprio a gennaio il papà ha riletto a Luigi.

Giulia Bottaro ci racconta una storia lieve e poetica legata alla tradizione ebraica di piantare un albero alla nascita di un bambino e della celebrazione di Tu-BiShvat, “Il Capodanno degli alberi”. È il nonno che invita la nipotina a guardare dentro un’ampolla di vetro, che troneggia nella pagina, per scoprire cosa racchiude: un granello di sabbia finissima, che il nonno porta sempre con sé. Da quel semino di sabbia, comincia a raccontare la storia dell’amore tra lui e la nonna Sara, e il dono più bello che questa potesse mai fargli. Ma io e Luigi ci tappiamo la bocca e non ve lo riveliamo, lasciando che a scoprirlo siate voi, dopo aver seguito il consiglio del nonno, come abbiamo fatto noi:

Chiudi gli occhi e prova a immaginare il mare: un’onda dopo l’altra, una simile all’altra, anche il suono che senti è molto simile a quello del mare…

Ci sei?

(e qui Luigi con gli occhietti serrati, mi ha risposto: sì!)

Perfetto

(ho continuato a leggere io.)

Ora immagina di togliere tutto il blu che vedi.

Cosa resta?

Un mare di sabbia.

Il deserto – ha glossato Luigi, aprendo gli occhi, e infatti sulla pagina ha trovato le calde pennellate marroncine di onde di sabbia, che assottigliandosi somigliavano a foglie.

Le illustrazioni di Santomauro sono bellissime: raccontano il testo, evidenziano un dettaglio, riempiono la pagina affastellando colori, disegni, personaggi, animali, oggetti, e una natura semplice e suggestiva. Ai colori caldi si intrecciano i tratti neri, sia a disegnare che a risaltare le curve e i contorni delle immagini. Così veniamo trasportati in un mondo che è anche un dolce sogno, un tenero ricordo, un Eden in cui essere felici e spensierati.

Linee semplici e sincere, come dolce e pieno di sentimento è il testo del racconto, in cui la vita e la morte si intrecciano come i rami e le foglie degli alberi in una foresta lussureggiante, in cui nessuno si perde perché ognuno ha il suo angolo di memoria e ricordo.

Un libro, che sa raccontare il mistero della vita, la morte appunto, in un’atmosfera festosa e leggiadra, in cui testo e immagini combaciano e si sovrappongono, in pagine in cui testo e disegni si dividono equamente lo spazio, e in alcune in cui è il disegno a prendere il sopravvento, o a riempire interamente la pagina, come in un sussurro del cuore, in una sospensione delle parole e dunque della realtà, in un silenzio di stupore.

Un libro felice, non saprei come altro definirlo.

L’albero di Sara
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