Studio dentistico

In uno studio dentistico che fa meno paura degli altri studi medici.

E qui si potrebbe aprire una lunga diatriba, perché non sono tanto sicura di essere d’accordo con Lorenzo Marone, temendo i dentisti come nessuno al mondo. Ben lo sanno i miei genitori che a quattro anni dovettero portarmi ripetutamente e “forzosamente” in uno studio dentistico, prima che il medico riuscisse a togliermi un dente da latte che si era cariato, tanti erano i miei urli e gli strepiti.

InventarioMa questa è un’altra storia, mentre tante ne racconta Lorenzo Marone, in “Inventario di un cuore in allarme”, il nuovo libro per Einaudi Stile Libero dell’amato scrittore napoletano. Non un romanzo. Difficile definire in realtà che cosa sia. Ma anche quando Lorenzo Marone sveste i panni del narratore, il passo e il ritmo della narrazione non l’abbandonano. Come se gli fosse connaturato nello sguardo e nella scrittura che di quello sguardo è interprete. Un modo di vivere, una tara genetica, una malattia dello spirito: spero di non causarti con queste definizioni, che vogliono essere un complimento alla tua affabulazione, un  attacco di ipocondria. Perché è lei la protagonista del tuo nuovo libro. O ancora meglio la relazione stretta e fitta tra Lorenzo Marone e l’ipocondria.
Non è la prima volta che deroghi dal genere narrativo: l’hai già fatto nel 2018 con “Cara Napoli”, una raccolta di pezzi della rubrica Granelli che tieni sulle pagine di Repubblica Napoli.
Quale strano caso ti ha spinto a scrivere “Inventario di un cuore in allarme”?

Foto di Riccardo Piccirillo.
Foto di Riccardo Piccirillo.

“Inventario di un cuore in allarme” è stato scritto di getto, quasi vomitato, se mi si passa il termine, è un sasso che ho dentro da sempre e che premeva, così mi sono detto che era giunto il momento di esorcizzare la paura attraverso la scrittura, lo strumento che mi è stato dato in dono. Si tratta di una ricerca, un modo di stare al mondo, affrontare l’appocundria con l’ironia e la curiosità, essere curiosi è fondamentale, ti permette di dare valore al tempo, di costruire qualcosa che rimanga, di rendere degno il tuo passaggio terreno. Ho voluto condividere il libro, le mie riflessioni, questa ricerca, perché credo in un comune sentire, perché questo mondo è sempre più proiettato alla perfezione, al successo, alla crescita personale in ogni settore, io invece credo che dovremmo fermarci un po’, e restare in ascolto, e tentare di dare valore a ciò che siamo, alle nostre imperfezioni, che ci rendono unici. “Inventario di un cuore in allarme” è un invito ad accettarsi, e a indagare la vita, per viverla al meglio. 

 

Insieme ai racconti tragicomici, sempre sottilmente ironici, della tua patologia fobica, “Inventario di un cuore in allarme” procede con una piacevole e godibile raccolta di digressioni, aneddoti, casi, personaggi più o meno noti della scienza e della pseudoscienza.
Nel ricamo delle digressioni con il tuo vissuto privato si snoda la caratteristica del libro. Il piacere di tessere e intessere discorsi che da un “qui” portano ad “altro”, con un arricchimento sempre leggero di cui il lettore gode e si diverte.
Tutte queste notizie che tu intrecci nel libro da dove provengono? sono frutto della curiositas di Lorenzo Marone che in “Inventario di un cuore in allarme” trovano stabile dimora, o invece sono oggetto di studio e di approfondimento in occasione del libro?

RISPOSTA: Sono frutto della mia insaziabile curiosità, che nella vita mi ha salvato. Non ero un granché come studente, pensavo ad altro all’epoca, dovevo anche colmare vuoti, però poi è intervenuta la curiosità a rimettermi in piedi, a farmi recuperare il terreno perduto. Nel libro ovviamente molte notizie e curiosità di cui parlo sono state oggetto di approfondimento, ma in linea di massima nasce tutto dal mio sguardo, sempre alla ricerca di cose strane, dalle mie letture in ogni campo (leggo tanti saggi ultimamente), da ciò che mi appassiona nel quotidiano. 

 

“Inventario di un cuore in allarme” è confezionato come la scatola di un medicinale.
Ma non basta: il libro è corredato anche da un bugiardino, che, posso testimoniarlo, ben avverte il lettore di tutte le controindicazioni, precauzioni, effetti vari a cui si viene sottoposti leggendolo.
Non potendo riportarlo per intero, scelgo la voce del sovradosaggio, che mi sembra descriva in maniera puntuale gli effetti della tua scrittura in generale. E a mio avviso la ragione profonda del successo di pubblico e lettori che i tuoi romanzi sempre riscuotono.

Nel caso di letture abbondanti è previsto l’insorgere di sintomi benigni quali: voglia di rendere degna la propria esistenza, desiderio di vivere nel qui e ora, accettazione delle proprie fragilità e delle paure. Test preventivi hanno evidenziato per alcuni la necessità impellente, subito dopo la lettura, di provare a essere felici.

È “felicità” sin dal primo romanzo la parola chiave della tua indagine narrativa?

Ricordo a questo punto che Lorenzo Marone esordisce all’attenzione del grande pubblico con un romanzo di strepitoso successo, “La tentazione di essere felici” nel 2015, che gli è valso tanti premi letterari e ha ispirato il film di Gianni Amelio, “La tenerezza”. All’esordio travolgente sono seguiti “La tristezza ha il sonno leggero” (QUI il link alla chiacchierata che abbiamo fatto per il blog), per Longanesi come il precedente; “Magari domani resto”, “Un ragazzo normale” (Ne parlo QUI) e “Tutto sarà perfetto” con Feltrinelli, con i quali non ha mai tradito le aspettative dei suoi lettori, sempre più nutriti ed entusiasti.

RISPOSTA: Sì, è una parola alla quale tengo, ma più che ricerca della felicità sono legato al concetto di ricerca di sé, i miei personaggi sono sempre pronti a guardarsi dentro, capaci di farlo, per poter così modificare in meglio il proprio percorso. Ho l’ossessione del tempo, di non sprecare il tempo, di rendere degna la mia vita, dovremmo tutti tendere a questo, a fiorire, a rendere degno il nostro piccolo passaggio terreno. E per farlo occorre innanzitutto partire da sé, da ciò che si è, da chi siamo davvero, accettare le nostre fragilità, i nostri limiti, curarci per poi ampliare lo sguardo al mondo, migliorare noi stessi e il nostro piccolo pezzetto di mondo per migliorare il mondo. 

 

Più che una singola parola, un altro tema a cui tieni molto e che rappresenta, a mio avviso, il nervo scoperto della tua narrativa è la famiglia, che sin dal primo romanzo stai scandagliando e analizzando in tutte le sue possibili eccezioni e relazioni.
Magicamente anche in “Inventario di un cuore in allarme” il motivo della famiglia rientra attraverso la figura di tua moglie e soprattutto di tuo figlio.
Se la presenza di tua moglie nel libro rappresenta una visibile dichiarazione d’amore a lei e anche una dichiarazione di ciò che è per te la relazione tra due persone che si amano,

Non siamo la coppia perfetta, non potremmo esserlo, lei è rigida e spigolosa (e orgogliosa in modo insano), io sono pignolo e ipocondriaco. L’arrivo di un figlio, tra l’altro, ha modificato molte delle nostre ventennali abitudini e siamo ancora alla ricerca di una nuova identità. Ultimamente ci capita di discutere spesso, soprattutto da soli in auto. Litighiamo, ma riusciamo comunque ad arrivare a destinazione, perché lei, fra una partaccia e una battuta sarcastica, continua a indicarmi la strada con un semplice gesto, destra o sinistra. E io eseguo in silenzio, senza rifletterci. È che in tanti anni ci si modella sull’altro e alla fine ci si scambia di posizione senza dover neanche più parlare, come due velisti provetti che si alternano al timone mentre il compagno pensa a cazzare la randa (non so cosa significhi, ma la frase fa molto avventuriero e conoscitore del mondo).

si può dire che a tuo figlio è implicitamente dedicato se non il libro, la necessità di scriverlo?

RISPOSTA: Sì, inevitabilmente il suo arrivo mi ha messo davanti allo specchio, mi ha fatto porre ulteriori domande, con lui e per lui sono nate altre paure, ma anche la voglia e la necessità di reagire. Con lui e per lui si è ampliato il mio sguardo, non più solo interiorizzato. Ricky mi ha reso adulto, uomo consapevole dei suoi limiti, che sta nel mondo cercando di rendere degno il tempo, così da lasciare un domani a lui qualcosa di buono da salvaguardare. Questo libro è per mio figlio, stella attorno alla quale ruoto da qualche anno. 

 

Siamo giunti all’ultima domanda.

L’ipocondria non ha nulla a che fare con la paura di morire, ma si ciba del terrore di vivere, della nostra incapacità di vivere tendendo al benessere. Per questo arriva nei piccoli momenti di felicità apparente, perché il compito è proprio punirci e non lasciarci coinvolgere dall’abbraccio della vita, per non farci abbandonare alla speranza e alla gioia. Dobbiamo stare sempre sul chi va là, noi, terrorizzati dalla prospettiva che prima o poi la serenità ci sarà in qualche modo inevitabilmente sottratta. Perché la felicità fa paura, siamo sinceri, il non avere nulla da sperare fa paura, non siamo abituati a non poterci lamentare, noi che siamo soliti spostare il traguardo sempre più in là pur di non arrivare alla fine della corsa e ricevere il giusto tributo. Dobbiamo continuare a rincorrere qualcosa, l’idea della felicità, un progetto che potrebbe avvicinarsi alla felicità, l’incontro con la persona che ci renderà felici.

Avvertenza generale: Chi dovrebbe leggere “Inventario di un cuore in allarme”, e che benefici ne trarrebbe? Non solo per ipocondriaci, direi… sei d’accordo?

RISPOSTA: Dovrebbero leggerlo quelli che amano porsi domande, che non si accontentato di sopravvivere, che sono curiosi, chi è in cerca di risposte (che non troverà). Mi auguro questo libro possa essere scintilla per chi sente di dover rendere degno il proprio tempo. Si parla di morte per parlare di vita, in questo libro, come viverla al meglio, come renderle ogni giorno omaggio. 

Chiacchierando di nuovo con… Lorenzo Marone
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