di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Le narrazioni dell’Altrove

Foto di Emiliano Zampella
Foto di Emiliano Zampella

La buona editoria deve saper sperimentare, essere in grado di leggere il reale e il contemporaneo con efficacia, ma saper anche immaginare il futuro: offrire spunti nuovi al lettore ma anche riuscire a far cambiare il suo punto di vista, spiazzandolo. Cercare un altro Altrove in letteratura è una scelta coraggiosa, e sono pochi gli editori e gli scrittori capaci di prese di posizione così forti. Ancora meno sono le librerie, che sotto il peso delle incertezze economiche, sono costrette a fare scelte di comodo e presentare sempre titoli facili-facili. Per niente facili, invece, i libri che abbiamo scelto di presentare la scorsa settimana ai Diari.
Siamo partiti martedì 14 Gennaio presentando il libro “Gleba” di Tersite Rossi, con il collettivo dimezzato, essendo uno dei due autori, il trentino Mattia Maistri, ammalato. Da solo, il casalasco Marco Niro ci ha raccontato, in una serata piena di grande tensione politica e morale, di questo loro ultimo romanzo uscito il 17 ottobre scorso con Edizioni Pendragon. Già con i libri precedenti il Collettivo di scrittura aveva saputo anticipare i tempi con le proprie inchieste, con questo loro quarto romanzo si parla molto di presente ma anche e soprattutto di futuro prossimo.

“Lavoro, terrorismo, nuove tecnologie: Gleba indaga la realtà con un lavoro di ricerca impressionante”, ha detto del romanzo MASSIMO CARLOTTO.

Paolo, ragazzo insicuro e introverso, frequenta una scuola elitaria, dove gli studenti sono spinti a una competizione feroce come quella del mercato del lavoro che li attende. Adriana, impiegata modello in un colosso dell’e-commerce, la sera torna a casa e studia da brigatista, per vendicarsi dei padroni che le han portato via il marito e la migliore amica. Amina, figlia d’immigrati marocchini, dopo la morte sul lavoro del padre si è smarrita nel tunnel del vuoto esistenziale, da cui prova a uscire abbracciando il jihad. Enrico e Valeria, marito e moglie, conducono una vita precaria come il loro lavoro; lui sublima con la letteratura, la palestra e le avventure extraconiugali, lei con il sogno di un figlio. Proprio quando queste esistenze così distanti, ma tutte asservite, inizieranno a toccarsi e a confidare in una svolta, comincerà il conto alla rovescia di un duplice, pazzesco attentato terroristico, pronto a travolgere tutto e tutti. A sperare di resistere sarà solo chi avrà il coraggio di svolgere il mestiere più difficile: quello di vivere.
Una grande città italiana, una come tante, a fare da sfondo. Quattro storie, destinate a intrecciarsi, a condurre la trama. Il lavoro, quello sfruttato, sognato, svanito, a tessere il filo rosso. Il nuovo romanzo del collettivo Tersite Rossi parte da qua per raccontare la società 4.0, più liquida che mai, muovendosi rapidamente tra chi è alla ricerca di un punto solido su cui poggiare i piedi e trovare un briciolo di identità. Dovendo però fare i conti con una scuola d’élite che forgia uomini privi di emozioni, con social network utili solo ad abbassare la guardia, con una rabbia feroce, che assume i contorni di vecchi e nuovi feticci, come la stella a cinque punte o la mezzaluna nera. E dove il lavoro più difficile resta quello di sempre: provare a vivere.

Sabato 18 gennaio è stata la volta dello scrittore Paolo Pecere in libreria per presentare il nuovo romanzo dal titolo “Risorgere” edito da Chiarelettere nella Collana Altrove diretta da Michele Vaccari.
Durante la serata le letture tratte dal libro sono state a cura di Cristiano Bonassera. Contestualmente alla presentazione del libro, veniva inaugurata una mostra temporanea di fotografia proprio di Cristiano Bonassera dal titolo “Un sorriso dallo Zambia”.
In «Risorgere», nel 1989, Chen è uno degli studenti che in piazza Tienanmen manifesta per una Cina più democratica, più libera, più simile al mondo occidentale. Quando il movimento viene represso nel sangue, Chen riesce a scappare in Germania. Qui conosce una donna, Raffaella, che alcuni mesi dopo dà alla luce Gloria. Musicista, italo-cinese, millennial, cresciuta tra Berlino e Roma, in un’Europa che la osserva impassibile cercare un lavoro con sempre maggiore disperazione, Gloria sa di non avere niente da perdere. Per questo, insieme all’amico Marco, uno studente di antropologia che condivide con lei, come tanti altri, la mancanza di prospettive future,decide di mettersi sulle tracce di quel padre che conosce solo attraverso i racconti di sua madre, in un viaggio che li porterà ad attraversare i continenti e la Storia. Il racconto di una identità italo-cinese sempre più forte e dell’emigrazione italiana di un’intera generazione perduta, quella dei millennials, che sempre più si sposta all’estero alla ricerca di nuove possibilità.

Nel libro Marco e Gloria si perdono sui monti himalayani, in una valle senza uscita oltre il confine della Cina, tra ghiacci che si sciolgono e nessun segno di vita. Gloria scivola in un crepaccio e scompare. Erano arrivati fin qui in cerca di Chen, il padre cinese di lei, uno degli studenti di piazza Tienanmen, diventato poi ricco imprenditore in Africa, giocatore d’azzardo nei casinò di Macao, infine pellegrino nei monasteri buddhisti tibetani. Di lui Gloria ha avuto notizie solo dai racconti di sua madre. All’arrivo della ragazza, con le sue domande sul passato, Chen è sparito e sembra si sia incamminato verso le montagne. Ma interviene sulla scena un nuovo personaggio, Liang, vecchio amico e amante di Chen, che ripercorre nella memoria la propria vita di poeta attraverso la violenza del Novecento cinese, mentre Marco cerca Gloria, e ricorda i loro anni insieme tra Berlino e Roma. Due storie si sovrappongono negli eventi di pochi giorni, mentre i due narratori seguono le tracce della figlia e del padre. Un romanzo sul tempo, quello europeo che sembra non muoversi oltre il Novecento, e quello cinese che accelera sul futuro cercando di rimuoverlo, su mondi e lingue che si cercano e si respingono, tra Roma, Berlino, Hong Kong e il Tibet, sul passato tragico di una famiglia e di un secolo che come un sortilegio impedisce l’amore e torna a chiedere il conto.

Paolo Pecere era già stato nostro ospite nel marzo di due anni fa per raccontarci “La vita lontana “, pubblicato da LiberAria Editrice. Nato nel 1975 a Roma, dove vive, si è laureato in Estetica, ha conseguito il dottorato di ricerca in Logica ed epistemologia e insegna Storia della Filosofia presso l’Università di Roma Tre. Ha pubblicato volumi e articoli sui rapporti tra filosofia, scienze della natura e psicologia in età moderna e contemporanea. Ha pubblicato il manuale per licei “La ricerca della conoscenza” (Mondadori 2018, con Riccardo Chiaradonna). Scrive di viaggi, scienza e letteratura su «Il Tascabile» (Treccani). Il suo primo romanzo “La vita lontana” è stato pubblicato nel 2018. “La vita lontana” è una fotografia della contemporaneità, il racconto di quello che accade dopo la fine di una storia, dopo la fine del lavoro, dopo la fine delle ideologie. “La vita lontana” ripercorre gli anni della crescita e della formazione di due fratelli gemelli, Marzio e Livio, abbandonati dal padre.

Dopo la loro nascita il padre abbandona la famiglia per trasferirsi in India in un monastero jainista dove diventa figura autorevole per la comunità religiosa. Dora, giovane insegnante precaria, cresce i gemelli completamente da sola. Pur ispirata da ideali umanistici, la crescita dei figli si accompagna a una violenta conflittualità. Livio è vittima di vessazioni da parte dei coetanei e crescendo, interrompe gli studi, perseguendo una passione per il teatro e dando segni sempre più netti di malessere; Marzio accetta un lavoro all’estero, allontanandosi definitivamente. In Dora emerge la consapevolezza della miopia borghese che ha inquinato la sua vita. Quando viene informata da Rajesh della presenza di Livio vola in India per cercare di accudirlo. Dopo poco tempo chiama Marzio per chiedere il suo aiuto e questi la raggiunge. Ma le tensioni riemergono e la famiglia presto si disperde di nuovo. Il romanzo di Paolo Pecere è articolato in un breve prologo e quattro sezioni. La narrazione procede come una sinfonia, in cui diversi stili corrispondono a diversi movimenti narrativi.La progressiva dislocazione geografica degli eventi traccia un percorso di emigrazione inversa, di fuga dall’Italia in crisi e di ritorno a una società simile a quella delle origini, regolata da un altro tempo. La voce con cui Pecere racconta ha una grande padronanza linguistica, è ironica e immerge i lettori in un rifugio dell’anima. Come una ginnastica danzata, “La vita lontana” procede per spezzoni che restituiscono la disintegrazione della famiglia occidentale: senza mai giudicare ma stando dalla parte della speranza che, sul finale, si affaccia attraverso la rinascita di Dora.

“L’inizio è a Klagenfurt. E’ notte e loro vorrebbero dormire. Lucia e Patrick con tutte le sue lentiggini, stanno dormendo quando qualcosa, o qualcuno, li sveglia.”
Comincia così “L’invenzione degli animali” di Paolo Zardi, Casa Editrice Chiarelettere. Avrebbe dovuto esserci anche lui, sabato 18 gennaio, assieme a Paolo Pecere per raccontarci questi ultimi due capitoli della Collana Altrove diretta da Michele Vaccari ma impegni di lavoro lo hanno costretto a non essere presente.

Ne “L’invenzione degli animali” in un’Europa dilaniata dagli scontri e tagliata in due, in una società in cui la democrazia è stata svuotata di ogni significato e ogni cosa è decisa dagli imperativi dell’economia, l’azienda più grande del mondo ha riunito le migliori giovani menti del continente e ha affidato loro il compito di inventare un nuovo futuro. Tra questi promettenti scienziati c’è Lucia Franti che a Parigi lavora su un progetto di ibridazione genetica: l’obiettivo è porre le basi per un allevamento su larga scala di animali donatori di organi. La morte di una delle cavie, tuttavia, svelerà una realtà che nessuno vuole riconoscere e Lucia, suo malgrado, si troverà costretta a prendere decisioni che, in un drammatico crescendo di eventi, metteranno in pericolo la sua stessa vita.
Ambientato in un futuro imminente, “L’invenzione degli animali” ruota attorno ai temi della coscienza degli esseri umani, la relazione tra genetica e mente, la diversità rifiutata, la responsabilità morale dei singoli individui e i rischi legati alla perdita di un’idea etica del mondo. Con una scrittura efficace e asciutta, Zardi costruisce un thriller inaspettato che ha il coraggio di guardare in faccia gli aspetti più oscuri del contemporaneo.

Paolo Zardi (1970), di professione ingegnere, ha pubblicato tre raccolte di racconti: “Antropometria” (Neo 2010), “Il giorno che diventammo umani” (Neo 2013) e “La gente non esiste” (Neo 2019); tre romanzi brevi: “Il signor Bovary” (Intermezzi 2014), “Il principe piccolo” (Feltrinelli Zoom 2015) e “La nuova bellezza” (Feltrinelli Zoom 2016); e quattro romanzi: “La felicità non esiste” (Alet 2012), “XXI secolo” (Neo 2015), tra i dodici finalisti del Premio Strega 2015, “La Passione secondo Matteo” (Neo 2017) e “Tutto male”

Un libro carico di rimandi ed Altrove è “Microfictions” di Règis Jauffret pubblicato da Edizioni Clichy, nella potente traduzione di Tommaso Gurrieri. Lo scrittore ha racchiuso in un unico portentoso volume 500 storie da due pagine ciascuna, 3000 personaggi, 1024 pagine. Un intero universo umano contemporaneo in questo libro vincitore del Prix Goncourt del racconto. Si tratta di Cinquecento racconti, ognuno di sole due essenziali, travolgenti, spietate pagine, per raccontare gli esseri umani nelle loro più inconfessabili deviazioni e perversioni, nelle loro meravigliose bellezze, nei loro imprevedibili abissi, in tutte le loro inarrestabili derive, in tutto il loro inevitabile perdersi, mentire, fallire, risorgere, odiare, vendicarsi, uccidere, fuggire, ricordare e dimenticare, amare, volare, morire.

Un libro che è come un veleno che piano piano ti entra dentro e inizia la sua lenta ma inesorabile opera di distruzione. Oppure come un antidoto che annienta subdolamente le comode certezze e le finte sicurezze che tutti ci siamo costruiti. Cinquecento vite raccontate nelle loro ferite. Alcune devastanti, definitive, totali e senza ritorno. Altre piccole, sul momento non troppo evidenti e all’apparenza risolvibili, ma che invece sappiamo daranno la direzione agli anni che arrivano dopo. Jauffret ci fa sentire – non capire: sentire, come una frustata – che ogni vita ne ha una di ferite, e che nessuno si può salvare da questa possibilità di deriva, che a volte è senza ritorno. Per questo Microfictions è un libro che parla di tutti noi.
Considerato da critici e lettori una delle opere più importanti e influenti degli ultimi anni, tradotto in dodici lingue, pubblicato in Francia da Gallimard nel 2018, Microfictions è un’«opera-monstre», uno di quei libri che diventano imprescindibili, dei quali «si deve» parlare e che soprattutto «si deve» leggere, un’impresa letteraria e editoriale quasi folle che testimonia – se ancora ce ne fosse bisogno – come Régis Jauffret, forse ancor più dei grandissimi Emmanuel Carrère e Michel Houellebecq, sia ormai diventato «l’autore», che dalla Francia racconta al mondo i lati meno apparenti, meno accettabili, meno morali, quindi più veri dell’essere umano.

Un Altrove può essere anche la Bugia. Il protagonista di “Il cielo in gabbia” di Christine Leunens, libro edito da SEM, è un bugiardo e le sue bugie sono come semi liberati nel vento, che germogliano nei posti più impensati fino da dare vita a un albero solitario e robusto. Un albero di menzogne. Questo nuovo romanzo di Christine Leunens è la storia di un’ossessione. Siamo in
Austria e un ragazzino infatuato dagli ideali nazisti si accorge che i genitori nascondono a casa una giovane ebrea. Il ragazzo cambierà i suoi atteggiamenti iniziali nei confronti di Elsa, fino a… nasconderle che la guerra è finita. “Il cielo in gabbia”, in inglese “Caging Skies” ha ispirato il film diretto da Taika Waititi, “Jojo Rabbit” che è uscito il 16 Gennaio nelle sale. Il film ha recentemente avuto la bellezza di 6 nomination agli Academy Awards, compreso miglior film, migliore attrice protagonista (Scarlett Johansson) e miglior sceneggiatura non originale (alla scrittrice Christine Leunens per Il Cielo in Gabbia).

Nel 1938, anno dell’annessione austriaca al Reich, Johannes Betzler è un timido adolescente. Il ragazzo, dopo anni di propaganda a scuola, sedotto dal fascino del Fuhrer, abbraccia l’ideale nazista. Diventa un membro della Gioventù hitleriana, ma a soli diciassette anni, sfigurato da un’esplosione, è costretto a ritirarsi. Nella sua grande casa a Vienna fa una scoperta devastante. I suoi genitori, fervidi antinazisti, nascondono dietro a un finto muro Elsa, una giovane donna ebrea. Johannes, feroce antisemita, comincia a spiarla, eccitato dall’idea di poter controllare il destino di chi ha imparato a odiare. Elsa, costretta nella soffitta, dipinge e sogna a occhi aperti guardando un angolo di cielo dalla finestra. Ben presto l’astio iniziale di Johannes si trasforma in interesse, poi amore e infine ossessione. Tra i due si instaura una sorta di “gioco amoroso”, fatto di brevi battute e lunghi silenzi, slanci d’affetto, dispetti e accese discussioni. Elsa è prigioniera del suo nascondiglio e delle attenzioni di lui, ma la sua mente è libera di viaggiare. Johannes, invece, per quanto libero, si scopre sempre più prigioniero dell’ossessione per lei. Improvvisamente la guerra finisce, Vienna si trasforma, e Johannes si accorge che, caduto il nazismo, Elsa non ha più motivo di rimanere lì. Così, per non perdere quella particolarissima relazione, che spazia tra passione e follia, dipendenza e indifferenza, decide di non farle scoprire la verità, manipolandola a suo favore.

Chiudiamo con una segnalazione: il 14 Gennaio il romanzo di Doris Femminis “Fuori per sempre” edito da Marcos y Marcos ha vinto il Premio Svizzero di Letteratura 2020. Doris Femminis è nata proprio tra le montagne della Svizzera italiana nel 1972. Da piccola ha conosciuto una civiltà contadina che ormai si è estinta, e ha sognato di fare la capraia come sua nonna.Studia per diventare infermiera, e con il primo stipendio si compra un agnello. Per otto anni, con un amico, tiene un gregge di cinquanta capre, continuando a fare l’infermiera all’ospedale psichiatrico di Mendrisio. Rinuncia alle capre per trasferirsi a Ginevra, dove prosegue gli studi e scopre un mondo: l’amore, il femminismo, la psichiatria più avanzata. Lavora con gli adolescenti e diventa mamma. Da piccola, maestri e professori la esortavano a scrivere, e questa parte di lei riemerge a Ginevra, con la maternità. Con un lavoro da infermiera a domicilio e due figli, il tempo diventa sempre più prezioso, e quello da dedicare alla scrittura va protetto. Il primo romanzo lo ha scritto di notte: “Chiara cantante e altre capraie” (Pentagora 2016). Da qualche anno Doris ha scelto di abitare, con la famiglia, su un altipiano magico, dove si può vivere con meno, lavorare part time e scrivere di più.
“Fuori per sempre” è stato scritto lì, in riva al lago ghiacciato dove si svolge anche una parte del romanzo.
Un libro che ha conquistato tutti con una storia sorprendete, una scrittura forte. Giulia, la protagonista, è smarrita come puoi esserlo a vent’anni se ti spaventa troppo il futuro. La tentazione è sparire nella foresta, insieme alla sorella Annalisa, o seguire l’amica Alex, artista della fuga.Serve linfa vitale straripante per uscire dal gorgo in cui è caduta e starne fuori per sempre

Un litigio risveglia pensieri insopportabili e Giulia salta in macchina, guida giù per la valle, ingoia pastiglie. Si sveglia all’ospedale psichiatrico, e diventa una furia: vuole uscire subito, tenta in tutti i modi di fuggire, rifiuta le cure e i camici bianchi. La dottoressa Sortelli ci mette tanto a conquistare la sua fiducia. La spinge a raccontare la storia della sorella Annalisa, che per Giulia è un macigno da superare. Una volta aperto il cuore, tutto si capovolge: da prigione, l’ospedale diventa una culla, e Giulia non vorrebbe più rinunciare alla sua tiepida protezione. Non si sente pronta ad affrontare la propria fragilità, e il rischio della vita vera. Nel pieno di questa resistenza, irrompe in reparto Alex Sanders, tutta fuoco e tempeste. Porta il fascino della fuga irresponsabile, e Giulia non resiste.

Nello Zaino di Antonello: Le narrazioni dell’Altrove