Erica, blogger di "La leggivendola"
Erica, blogger di “La leggivendola”

Quando Irene – grazie, cara – mi ha passato il testimone per la presente rubrica mi sono detta “Massì, che ci vuole? Un attimo proprio”. Selezionare tre colori da una scala cromatica tutto sommato limitata – che l’occhio umano riesce a percepirne solo una parte – dovrebbe essere una faccenda svelta, facile, immediata. Tutti abbiamo dei colori preferiti – io adoro il giallo e l’arancione e di recente ho riscoperto quanto mi piaccia il bianco – e tutti associamo una data emozione a una certa sfumatura. Si potrebbe partire da una base accademica di studio del colore, associando a ognuno una specifica significazione culturale – il giallo che associamo al sole e all’estate, nel linguaggio dei fiori è segno di gelosia; il nostro bianco innocente in Giappone è il colore del lutto.

Solo che a me piace complicarmi la vita, e mi sono ridotta all’ultimo per potermi gingillare con l’infinità di colori bislacchi e non-colori che la letteratura si inventa periodicamente, quelli che sono un po’ colori e un po’ qualcos’altro – significanti, significati, tutte le sfumature nel mezzo. Ad esempio,

OTTARINO

colore magia

L’ottarino, nel “Mondo Disco” di Terry Pratchett, è il colore della magia – che peraltro è anche il titolo del primo romanzo dedicato al Mondo Disco, nonché primo volume del ciclo del mago Scuotivento. Il fantasy di Pratchett è assurdo, bizzarro e azzardato, ibridato con la parodia in un’analisi continua e puntuale degli stereotipi del genere, spesso abusati. L’ambientazione della quasi totalità dei suoi romanzi è il Mondo Disco – ampiamente dissertato in La scienza del Mondo Disco – ovvero una cosmogonia incarnata in tartaruga gigante – A’Tuin – che viaggia nello spazio con quattro enormi elefanti sulla schiena, che sorreggono a loro volta un pianeta piatto – un disco, appunto.

La serie di Scuotivento non è, a mio avviso, il punto di partenza migliore per scoprire Terry Pratchett, – consiglierei piuttosto il ciclo della Guardia Cittadina o il ciclo delle Streghe – ma è quello in cui viene posta maggiormente l’attenzione sulla magia impiegata dai maghi, il cui approccio è molto più accademico rispetto a quello degli altri incantatori presenti nel Mondo Disco. Con Pratchett, comunque, è difficile sbagliare; chi ha adorato “La principessa sposa” di William Goldman, può ritrovare la stessa affettuosa canzonatura nei confronti del fantasy sparsa in tutta la bibliografia Pratchettiana.

“Un doppio arcobaleno si stava formando: i suoi sette colori minori brillavano e danzavano nella spuma dei mari morenti. Ma erano pallidi in confronto alla striscia più larga che fluttuava al di là, disdegnosa di condividere con loro lo stesso spettro.
Era il Colore Reale, di cui tutti gli altri sono riflessi meramente parziali e slavati. Era l’ottarino, il colore della magia. Era vivo risplendente vibrante ed era l’indiscusso pigmento dell’immaginazione perché, ovunque apparisse, stava a significare che la semplice materia era serva dei poteri della mente magica. Era l’incantamento stesso.”

NULLA

la-storia-infinita

Da piccola mi interrogavo spesso sul colore del nulla; ipotizzavo di poterlo scovare mettendo due specchi l’uno di fronte all’altro, ma ogni volta che cercavo di immaginarlo nella mia mente prendeva sopravvento il bianco, e cercando di correggermi diventava tutto nero. Il Nulla, per me, è un colore che non possiamo nemmeno immaginare – così come da esseri umani non possiamo concepire fino in fondo l’annullamento dell’esistenza. Non siamo tarati per pensare il Nulla. Difatti, è uno spauracchio perfetto.

Nel capolavoro di Michael Ende, “La storia infinita”, il Nulla è l’impalpabile nemico che minaccia l’esistenza di Fantasia. Tutti conosciamo il film del 1984, tutti abbiamo saltato dall’entusiasmo sul finale di stagione di Stranger Things; ma il libro è molto di più, va oltre Bastian e oltre Fantasia e oltre la linea di demarcazione tra il nostro mondo e il mondo delle storie. È un meraviglioso esempio di letteratura fantastica, un canto d’amore per i libri, la Storia delle Storie e un trattato di meta-letteratura e semiotica e tutto ciò che aveva in mente Ende quando gli è saltato di creare qualcosa di una bellezza inossidabile.

Il Nulla, dicevo. Contenuto nell’Anti-Nulla.

“Che cos’è questo NULLA?”

“È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il Mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo.”

“Ma perché?”

“Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere.”

“Chi sei veramente?

“Io sono il servo del Potere che si nasconde dietro il Nulla. Ho l’incarico di uccidere il solo in grado di fermare il Nulla. L’ho perso nelle paludi della Tristezza. Il suo nome era Atreyu.”

“Se tanto dobbiamo morire, preferisco morire lottando. Attaccami Gmork! Io sono Atreyu!”

TRAMONTO D’AUTUNNO

elmet

Tra i colori che ho scelto, questo sicuramente è il più normale, quello maggiormente assimilabile alla definizione di colore. Capirete bene dalla cover perché ho scelto questo romanzo, ma non è solo questione di grafica, è più un fatto di atmosfera e tinteggiatura del linguaggio. Leggi “Elmet” e sei a Elmet, nel mezzo di un campo incolto, il cielo è infuocato, le foglie degli alberi sono di un giallo acceso e luminoso.

Elmet è un paesino sperduto nello Yorkshire, l’ultimo regno celtico indipendente, abituato ai suoi ritmi e alla sua concezione della società; al giorno d’oggi si respira ancora una forte avversione per l’autorità, al potere espresso dallo Stato nelle forme di polizia e burocrazia. Elmet è una terra di nessuno, in cui la forza è ancora quella bruta e i pugni sono gli argomenti più convincenti.

A Elmet vivono il protagonista e narratore Daniel, la sorella Cathy e il padre di entrambi, John, che però Daniel chiama sempre Papà. Daniel è un quindicenne mingherlino, quieto e silenzioso, Cathy ha un anno più di lui ed è una ragazza alta e slanciata, selvatica e indomita. Papà è un omone gigantesco, un pugile imbattuto negli ambienti delle scommesse clandestine, che supera i due metri e farebbe di tutto per i suoi figli, compreso trascinarli a vivere in mezzo a un bosco, costruendo per loro una casetta per proteggerli da un mondo che di loro non sa che farsene, – sono poveri, lui è poco educato, la loro giustizia in un contesto civilizzato non vale niente. Papà ha creato per Daniel e Cathy un nido, un bozzolo, una casa magica in cui insegna loro quello che conosce meglio, i rudimenti della costruzione, della caccia, della sopravvivenza nella natura. E tutto andrebbe bene come in una favola, se non fosse che oltre alla loro casetta, Elmet continua a esistere, e oltre Elmet c’è il resto del mondo – che non è meglio.

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La Leggivendola cede il testimone a Alice di Capricci d’inchiostro (in origine Per aspera ad astra) che il prossimo mese scriverà “i tre colori” delle sue letture.

I Tre Colori di La Leggivendola