di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

Riscopriamoli per Natale.

Foto di Emiliano Zampella
Foto di Emiliano Zampella

Una libreria di progetto come la nostra non può puntare solo sulle Novità per Natale e così abbiamo deciso che dal Primo Dicembre fino al 25 ogni giorno proporremo un Titolo dal nostro catalogo, pescando tra le nostre case editrici di riferimento il libro rappresentativo di questi cinque anni dei Diari di Parma. Una sorta di calendario dell’avvento letterario attraverso vecchi titoli da affiancare ai nuovi; titoli che ci ricordano quel che racconta la nostra libreria, il nostro substrato ma pure la direzione in cui cerchiamo di andare, con la tenacia di sempre e la volontà di proporre eventi culturali di valore e anzitutto libri in cui crediamo molto.

Tra le Novità segnaliamo un libro presentato ai Diari di Parma sabato scorso, “Più a est di Radi Kurkk” di Gianluca Di Dio pubblicato da Voland nella collana Intrecci. La presentazione del libro è stata intervallata da letture del regista teatrale, attore e drammaturgo parmigiano Gigi Dall’Aglio.
Gigi Dall’Aglio è fra i fondatori della celeberrima Compagnia del Collettivo poi divenuta Teatro Due. Artefice di numerosissimi meravigliosi spettacoli fra i quali va certamente annoverata “L’Istruttoria” di Peter Weiss, un cult teatrale e monito alla memoria collettiva su un tema delicato come la Shoah, che da oltre trentacinque anni va in scena con la potenza del classico. Dal 1983 è riproposta ogni anno come invito a non dimenticare i crimini dei nazisti nei campi di sterminio. Come regista teatrale Dall’Aglio è da ricordare soprattutto per le sue messinscene di “Amleto” (1979), “Macbeth” (1980) ed “Enrico IV” (1981) di William Shakespeare, “L’istruttoria” di Peter Weiss (1983), “Nozze” di Elias Canetti (1987), “La bottega del caffè” di Carlo Goldoni (1998), “L’idiota” di Dostoevskij (1999). Nei suoi spettacoli ha diretto molti attori noti tra i quali Corrado Pani, Mariano Rigillo, Elisabetta Pozzi, Giulio Scarpati, Chiara Muti, David Sebasti.

Gianluca Di Dio è l’autore del testo, mentre la copertina del romanzo è impreziosita da un’opera di Giacomo Costa dal titolo “Landscape 1_5_0” 2012, concessa da Guidi& Shoen Arte Contemporanea, Genova. Nato a Parma, vive a Bologna e un suo testo teatrale “J.C. Woyzek: un cane smarrito si aggira per l’Europa” è stato tradotto e pubblicato pure in Germania. Nel 2003 è uscito con il primo romanzo “L’Emiliano innamorato” per Fernandel e “Senza titolo” per ART’?, rap poetico dedicato a Jean-Michel Basquiat. Nel 2010 ha pubblicato il suo secondo romanzo, “Prospero” per Italic-Pequod.

Rimasto all’improvviso orfano di tutta la famiglia, il giovane Lucio cerca in tutti i modi di dare un senso a quello che è successo e a quello che resta della sua vita: cosa ne sarà di lui? Abita a Luz, paesino sulla riva di un grande fiume che per giorni si gonfia di pioggia minacciando di esondare e divorare tutto.L’incontro con il dottor Cervellati, unico dentista della zona e migliore amico di suo padre, sarà decisivo: oscuro e carismatico, Cervellati gli consegna un misterioso racconto scritto proprio dal padre e lo mette a parte di un progetto sovrumano, una numinosa missione di speranza che ha bisogno di Lucio per potersi compiere. Un romanzo originale, una favola nera che racconta la continua, delirante, a tratti comica ricerca di una via di fuga dalla catastrofe ineluttabile che incombe sull’umanità.

Il martedì precedente è stata la volta di una scrittrice di caratura internazionale ad essere ospite ai Diari. La scrittrice canadese Deborah Willis assieme a Paola Del Zoppo, direttore editoriale di Del Vecchio, e alla traduttrice Costanza Fusini assieme per un evento unico: la presentazione in anteprima de “Il buio e altre storie d’amore”, i suoi nuovi tredici racconti in uscita per Del Vecchio Editore.
Deborah Willis, giovane autrice amata da Alice Munro, e in Italia per la seconda volta dopo il Tour di “Svanire” nel 2013, è cresciuta a Calgary ed è una delle più interessanti giovani autrici di lingua inglese. La sua raccolta di esordio “Svanire” ha ottenuto unanime successo di critica e di pubblico. Suoi racconti sono stati pubblicati su «Event», «Grain», «PRISM International» e sull’antologia britannica Bridport Prize Anthology, prima di essere raccolti in Vanishing and other stories, nominato uno dei migliori libri del 2009 dal “Globe and Mail”.
Dopo il grande successo di “Svanire”, che ha segnato la nascita di una voce intensa e virtuosa, nuova ma già inconfondibile, Deborah Willis, con “Il buio e altre storie” ci regala una meditazione caleidoscopica e abbagliante sulla natura ondivaga dell’amore e della vita. Per molti, nel mondo, la raccolta di racconti tra i migliori libri usciti nel 2017 e finalmente in questi giorni esce anche in Italia, pubblicato sempre da Del Vecchio editore, nella traduzione di Paola Del Zoppo, Costanza Fusini e Michela Sgammini.

I personaggi di questi tredici racconti magistrali e coinvolgenti si muovono sul bordo del rischio, nel rincorrersi di sogno e realtà, dove ogni cosa è abitata dalle innumerevoli forme dell’esistenza, La fidanzata di uno spacciatore si prepara per la prima missione con equipaggio umano su Marte. Una ragazza si innammora di un uomo che vuole trasformarla in uccello. Una moglie si imbatte in un buco aperto nel pavimento di casa che condivide con il proprio marito, un buco che solo lei può vedere. Venati di nostalgia e umorismo, ancorati a relazioni fuori dagli schemi – un uomo e il suo animale domestico,un alcoolista e il suo sponsor, un migrante muto e un giornalista – i personaggi di questi racconti mostrano come l’amore sia il tessuto connettivo che ci lega gli uni agli altri, e tutti alla trama complessa del mondo.

Rimanendo in casa Del Vecchio Editore, tra i vecchi titoli abbiamo ripescato per il nostro calendario dell’avvento letterario un libro pubblicato nella collana Formelunghe, scritto da Fabio Massimo Franceschelli, finalista al Premio Calvino 2015 per esordienti e intitolato proprio “Italia”. Nel libro c’è una vecchina dal nome impegnativo: Italia. C’è un grande centro commerciale vicino al mare. Ci sono tanti personaggi in un crescendo comico e grottesco e un Paese in crisi.’Un apologo surreale e pulp sull’Italia, un Paese incapace di guarire da se stesso che si avvia danzando verso la propria rovina’.Va detto da subito, però, che non pare di leggere un romanzo d’esordio, ma il lavoro molto ben costruito e curato di un autore che sa miscelare temi, ritmi, personaggi e stili diversi pur tenendo sempre sul fondo la luce accesa della trama, della cornice “realisticamente italiana” entro la quale si svolge la complicata vicenda narrata.

Italia. Giorni nostri. Nessuno può essere sicuro del proprio posto di lavoro. Diciassette lettere di cassa integrazione, più una – giustificatissima – di licenziamento, devono essere recapitate ai rispettivi destinatari. La consegna di tali missive scatena una rocambolesca girandola di avvenimenti, intrecciandosi alle minute vicende di un grande centro commerciale alla periferia di una città del Sud che affaccia sul mare, dove «si parla un dialetto stretto stretto fatto di ì, ù e ò accentate». È l’imponente supermercato La Cattedrale il microcosmo in cui si snodano i destini dei personaggi: un direttore connivente e succube del potere mafioso locale, un manager freddo e insensibile alla sofferenza dei lavoratori, che però si rivela anche ingenuo e sprovveduto, un attempato dongiovanni ossessionato dal sesso, una giovane promoter frustrata da un lavoro indecoroso, un sindacalista incapace di far fronte alla crisi, una guardia giurata perseguitata dai gabbiani, un ex artificiere ossessionato dall’11 settembre, e infine Italia, ostinata vecchina affondata nel proprio oscuro dialetto, che, apparentemente ai margini della modernità, sarà testimone coriacea del maelstrom degli eventi. Franceschelli mescola con sapienza tutti i generi, dall’horror alla commedia, dal grottesco al realistico, in una narrazione pacata e implacabile, caratterizzata da una raffinatezza che non cade mai nell’affettazione e da una ricchezza linguistica che conferisce un’aura di realismo e insieme di universalità a ognuno dei personaggi.In una sorta di molteplicità indotta, i protagonisti si muovono freneticamente intorno alla Cattedrale, rendendo comicità e ironia alla tragedia annunciata negli allucinanti e allucinati inseguimenti, tra reazioni sconnesse, assurde riflessioni e una labile accettazione della verità quotidiana della natura umana.Questo è un romanzo che ruota intorno alla perdita di senso dei ruoli che si sono costruiti durante il secondo Novecento italiano, quelli un tempo popolarissimi (la promoter, il sindacalista, il manager, ecc.), ora caduti inesorabilmente in disgrazia per via di una crisi che non è solo economica, ma di carattere morale e di tenuta complessiva del sistema Paese.

Per il nostro calendario dell’avvento letterario tra i primi titoli proposti abbiamo scelto “La Corsa indiana” di Tereza Bouková, edito da Miraggi con traduzione di Laura Angeloni. “La Corsa Indiana” è un romanzo breve o racconto lungo, come più ci aggrada chiamarlo e fu pubblicato per la prima volta nel 1988 in un’edizione samizdat e vinse nel 1990 il prestigioso premio letterario Orten. Con una prosa vivace, vengono raccontate, senza pudori, le vicende autobiografiche della figlia di Pavel Kohout, noto intellettuale dissidente, tra personaggi illustri (come l’ex presidente Vaclav Havel), l’abbandono del padre, le difficoltà sotto il regime comunista, la giovinezza e il matrimonio, la ricerca della maternità e l’adozione di due bambini, l’inaspettata gravidanza.

Narrato in prima persona e in maniera originale, viene seguita la vita della protagonista dalla nascita fino all’età adulta. Quando l’autrice è la figlia di Pavel Kohout, noto intellettuale dissidente, scrittore e drammaturgo, attivo nel circolo delle persone più in vista dell’underground di quegli anni, una storia autobiografica non è esattamente quel che si dice innocua, specialmente se la narrazione si attiene ai fatti accaduti non risparmiando le personalità più note (nel racconto compare, col soprannome di Monologo, anche l’ex presidente Vaclav Havel che la Bouková ha avuto modo di conoscere da vicino), pur celandole sotto ironici soprannomi. Una scrittura catartica che ripercorre l’infanzia vissuta con la madre Alfa e i due fratelli Luna e Raggio di Sole, dopo che il padre, qui chiamato l’Indiano, li abbandonò per trasferirsi all’estero con Musa, la sua nuova donna, dimostrando verso di loro un disinteresse quasi assoluto. E poi la giovinezza, gli amori e le difficoltà della madre Alfa, il matrimonio, la ricerca disperata di un figlio. Infine l’adozione di due bambini, le gioie e difficoltà della nuova vita, e finalmente, inaspettato, un ventre che germoglia. “Il tuo libro è pieno di rabbia e bugie. Mi auguro che non lo pubblicherai così. Ecco l’Indiano, che dopo dodici anni è tornato a casa”. Ma Tereza Bouková il suo libro lo pubblicò. Esattamente come l’aveva scritto.

Altro libro da riscoprire è “Il museo delle penultime cose” di Massimiliano Boni edito da 66thand2nd. Un libro che accende una luce su uno dei pericoli maggiori: quello di perdere la memoria con lo scomparire dei testimoni, dimenticando e ripetendo l’orrore.

In un futuro non troppo lontano l’Italia è scossa da un’inquietante deriva antisemita. Mentre la situazione va lentamente degenerando, al museo della Shoah di Roma si prepara una grande mostra sugli ultimi sopravvissuti ai campi di concentramento, ormai tutti scomparsi. A occuparsene è un giovane storico, Pacifico Lattes, uno degli artefici del minuzioso lavoro di conservazione di dati e documenti d’archivio che ha trasformato definitivamente il ricordo individuale in memoria collettiva. Le sue certezze, tuttavia, vacillano a causa di una notizia sconvolgente: forse c’è un sopravvissuto ancora in vita, un vecchio aspro e testardo, confinato in una casa di riposo nel degrado del quartiere Tor Sapienza. Ma c’è qualcosa che non torna, il suo nome non compare in nessuna delle liste dei deportati: cosa nasconde quell’uomo taciturno e ostinatamente chiuso in sé stesso?

Altro titolo scelto per il nostro calendario dell’avvento letterario è “Cosa resta della notte”, edito fa nottetempo, di Ersi Sotiropoulos, la scrittrice greca più tradotta al mondo, qui nella traduzione di Andrea Di Gregori.

Ersi Sotiropoulos è nata a Patrasso nel 1953 e vive ad Atene. Antropologa di formazione, ha studiato e vissuto a lungo in Italia, prima di ristabilirsi nel suo Paese natale. Dal suo esordio nel 1980, ha pubblicato diversi libri (romanzi, raccolte di racconti e di poesie), alcuni dei quali sono stati già tradotti in lingua italiana. “Il sentiero nascosto delle arance” è stato un grande successo internazionale.
Tra i suoi libri ricordiamo “Eva” (2009), “Sei pronto” (2017), “Zig zag attraverso gli alberi di arancio amari” (traduzione inglese di Peter Green), che è stato il primo romanzo a vincere sia il premio nazionale greco per la letteratura sia il premio della critica dei libri in Grecia.

Karen Emmerich ha anche tradotto la sua raccolta di racconti “Landscape with Dog”. I suoi romanzi sono tradotti negli Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Italia, Turchia e Svezia. Il nuovo romanzo di Ersi Sotiropoulos é stato pubblicato da Editions Stock in Francia, Editorial Sexto Piso in Spagna, da New Vessel Press negli Stati Uniti e da A’afaq A’alameya in Egitto.

Un romanzo che racconta la breve visita di Kavafis con suo fratello a Parigi nel 1897. Ci troviamo con un Kavafis prima di diventare Kavafis, la lotta per trovare la propria identità, le incertezze che assalgono l’artista in costruzione che dubita tra il mondo e le sue inclinazioni. Ma niente di questo sarebbe rilevante senza la scrittura intensa, contemporanea nel senso migliore e più profondo, di Sotiropoulos, che ha coltivato a lungo la sua ossessione per questo episodio biografico di uno dei veramente grandi del Novecento e riesce a illuminarlo con la sua prosa coraggiosa ed efficace.

E finiamo i nostri titoli da riscoprire un romanzo pubblicato dalla casa editrice milanese NN Editore, “Preludio a un Bacio” di Tony Laudadio. Definito una sorta di “American Beauty” al contrario questo libro è per chi cerca la divinazione della giornata in libreria, per chi rincorre profumi e colori sulle strade, per chi ascolta tutto l’anno le canzoni di Natale, e per chi si è trovato a piangere lacrime in bianco e nero per la sua vita non vissuta, per poi scoprire che in quello spazio bianco si sono decise le sorti della sua dannata felicità.

Attore di teatro e di tanti film di Moretti e Sorrentino, Tony Laudadio è stato ai Diari di bordo con il suo Sax il 4 Maggio del 2018 e primo fra tutti ha usato per i nostri lettori il termine “una vera comunità del libro”. Formatosi alla Bottega di Gassman, è attore di teatro e di cinema (Risi, Moretti, Sorrentino) ed è autore di testi teatrali e di opere letterarie. I suoi romanzi, “Esco” (2012) e “Come un chiodo nel muro” (2013) sono editi da Bompiani.

“Preludio ad un bacio” è la storia di Emanuele, un senzatetto, un musicista che suona agli angoli delle strade. Ha rinunciato a ogni affetto e contatto umano, tranne quello di Maria, che lavora in un bar e si prende cura di lui. Finché un giorno, dopo un’aggressione, Emanuele si risveglia in ospedale e si accorge d’un tratto che la sua apatia è scomparsa: persone e cose brillano di una nuova luce, spingendolo ad agire per rimediare agli errori di un passato sprecato.Non solo un romanzo, ma un monologo su carta, ambientato in un teatro fatto di jazz, ricordi e rimpianti; Tony Laudadio ci consegna una storia colorata come una processione lungo le strade di una città di provincia, popolare e anche un po’ kitsch, emozionante come il brivido che ci coglie quando ritroviamo frammenti di fiaba nella vita di tutti i giorni.Preludio a un bacio è la storia di una rinascita in crescendo, in corsa verso una felicità inafferrabile, ma comunque capace di dare senso a una vita intera.

Nello Zaino di Antonello: Riscopriamoli per Natale