LOcandina infinito

L'”Infinito” leopardiano ha compiuto duecento anni. L’abbiamo festeggiato con l’associazione Insieme e il laboratorio di scrittura di Potenza Città Sociale, in una affollata e partecipata serata autunnale.

Non un luogo qualsiasi, ma un nervo scoperto e vibrante della comunità cittadina. Per presentarvelo, prendo in prestito le parole da Mimmo Maggi, direttore scientifico del Centro.

Il Centro ha, tra le altre attività, al proprio interno due comunità terapeutico-riabilitative, una maschile e una femminile, per le dipendenze patologiche; le strutture ospitano in regime residenziale e semiresidenziale circa 50 ospiti; il più giovane ha 18 anni, il meno giovane ne ha 65. All’interno del centro abbiamo laboratori ergoterapici, la biblioteca sociale “Alda Merini”, il centro sportivo sociale “Samia”, la pizzeria sociale ” L’Inciampo” e sale e scale che portano il nome di chi ha dato la propria vita nella lotta alla mafia. L’associazione Insieme a pochi chilometri dal centro “Potenza città sociale” ha dato vita ad una Casa dei diritti, in cui in maniera permanente c’è la mostra “Costituzione, giustizia, legalità”; di mattina accogliamo in trattamento semiresidenziale circa 15 ospiti con disabilità; e in campagna abbiamo una Fattoria sociale che accoglie circa 8 ospiti con problemi alcolcorrelati. Da poche settimane muove i primi passi l’Housing sociale.
L’associazione Insieme aderisce al C.N.C.A (coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) e a Libera, nomi e numeri contro le mafie. I nostri cancelli sono sempre aperti, così come proviamo a tenere aperti i nostri cuori e le nostre menti. I programmi terapeutici prevedono percorsi individuali e di gruppo, ma soprattutto offriamo ai nostri ospiti e alle loro famiglie e al territorio, in continua osmosi con la struttura, momenti culturali, che riteniamo essere il migliore strumento di prevenzione e cura per ogni forma di disagio e di promozione dell’agio.

Con noi nella serata dedicata all'”Infinito”, con “sovrumana” maestria Nicola Cavallo, fisico e docente all’Università degli studi della Basilicata.

Non un letterato dunque per indagare il componimento, ma uno scienziato che dalla siepe poetica ci ha condotto agli “interminati spazi” dell’infinito.

Riduttiva risulterebbe la mia sintesi della ricchissima lectio del prof. Cavallo, ma per consentire ai lettori di recuperare almeno in parte la soddisfazione che hanno provato tutti gli ascoltatori QUI il link agli articoli su Totem Magazine, pieni di spunti e suggestioni che sono stati alla base dell’intervento del docente, e che ben rendono l’ironia, la sagacia e la competenza con le quali Nicola Cavallo sa intrattenere e indottrinare.

A chiudere la serata, con note introspettive e intime, i testi che i ragazzi del laboratorio di scrittura della struttura che ha organizzato e ospitato la manifestazione, hanno letto e condiviso con i presenti. A guidarli la prof.ssa Rosaria Rossetti.

A lei e ai ragazzi del Centro cedo la parola.

“…Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.  “  

                                  – Giacomo Leopardi L’infinito-

L’infinito capolavoro della letteratura italiana, inno alla fragilità umana intesa come risorsa.

Leopardi ci invita ad analizzare il limite, ovvero la siepe introspettiva presente in ogni uomo e a valicarla, a lottare per un nuovo compimento proprio e del mondo circostante.

Queste le considerazioni poste ai ragazzi che frequentano il Laboratorio didattico di lettura e scrittura creativa presente nell’Associazione Insieme, tenuto dalla docente Rosaria Rossetti. Di seguito vengono riportate le riflessioni a tema scritte dagli utenti del corso, in cui la parola ha valore introspettivo ed emotivo.

 

Porto, dentro di me, il ricordo vivo di quando da adolescente mi trovavo nella casa di campagna dei miei nonni, ubicata tra campi di grano ed un fitto bosco. Ero solito, sedere su una panca di legno ad ammirare il trattore vissuto di colore rosso parcheggiato vicino alla stalla.

Mi vengono in mente i momenti in cui mi lasciavo trascinare dalla vista di questo bellissimo disegno. I colori accesi e contrastanti del veicolo e del rovere apparivano, col passare del tempo, familiari. Soltanto dopo ho iniziato ad immaginare la natura selvaggia al di là di tutto ciò, che mi permetteva di desiderare, raggiungere ed osservare dall’alto e perdermi nello spazio eterno. Non ho nutrito, in quei momenti, il desiderio di immaginare cose specifiche come persone, animali, ma soltanto l’armonia dei colori e dei suoni che mi hanno reso felice, ma anche spaventato, dal cielo gigantesco che mi sovrastava, mi rimpiccioliva, ma non mi allontanava, non mi cancellava.

E’ una paura dolce. Tutto ciò mi ha reso parte di ogni cosa, con il tutto, nell’immenso attimo presente.

Rocco

 

“…ma sedendo e mirando, interminati spazi e sovrumani silenzi e profondissima quiete, io nel pensier mi fingo…”

Spesso guardo il cielo fin dove arriva lo sguardo. Ho provato ad immaginare cosa possa esserci al di là delle stelle, oltre la nostra atmosfera.

Ho provato un senso di smarrimento, di paura, la consapevolezza della piccolezza dell’uomo del nostro mondo, confrontandola con l’immensità, che è eterna e senza tempo.

E’ qui mi rendo conto che ho bisogno di un punto fermo, di sicurezza, di limiti mentali, che non mi portino a pensieri che vanno oltre il limite umano.

Non voglio varcare quel limite, voglio restare ancorata alle mie piccole sicurezze, fermarmi prima di un punto oltre il quale mi sentirei male.

Ho bisogno del concreto, del reale.

Francesca

 

Naufragare nell’infinito, immaginare la realtà che vorresti ti appartenesse, sognare ad occhi aperti, tenendo sempre ben presente il nostro passato. Zavorra, che tiene frenato il volo più alto, nell’immaginare il futuro. Spesso si sente il peso di chi ti vorrebbe diverso da ciò che sei, quindi nasce l’incomprensione, che si associa ad un certo grado di insofferenza. Nasce forte il desiderio di fuggire, da quella ristrettezza di idee non condivise. Si mette in discussione la tua realtà, si diffonde un profondo pessimismo che spesso porta ad un’intensa introspezione, dove la speranza è riuscire a vedere il nostro orizzonte più sconfinato, al di là di quella barriera che con i nostri limiti abbiamo contribuito ad innalzare.

Riusciremo a superare questo ostacolo?

Allargare i nostri orizzonti, i nostri modi di pensare convenzionali, distaccarsi da stereotipi creati da noi stessi, che con una giusta dose di follia abbinata a una rimodulazione della nostra esistenza, potranno portarci ad assaporare un futuro reale di concretezza e cambiamento.

Michele

 

Infinito, una parola che mi fa pensare ad un grandissimo albero con tantissimi rami connessi tra loro, ma soprattutto al paesaggio che vedo dal balcone della mia casa. Un panorama ricco di spazi verdi e spazi gialli, di spighe di grano. La mia attenzione va spesso su un blocco di cemento, che io ed i miei amici da piccoli, usavamo come base per costruire delle casette in legno. Poi vedo altri spazi con strade che pare non abbiano fine. La notte una serie di luci accarezzano il paesaggio, appaiono sospese e desiderose di collegarsi a quelle naturali del cielo e poi in profondità appaiono le collinette, che rendono il panorama perfetto. Ho guardato questo paesaggio con un’attenzione diversa dal solito, a breve sarei dovuto partire per lavoro, temevo di non rivederlo più. Ho pensato al tempo, che è la cosa che spaventa di più, in quanto non sai mai quando finirà, e sapendo di aver usato alcuni attimi in modo sbagliato mi sale un senso di irrequietezza, perché non so come investire quello che verrà. Avrò dato alle persone intorno a me le giuste attenzioni?

 Questa domanda si riassume in una frase di una canzone di Lucio Dalla che si chiama “Siamo dei” che dice : “ e per cosa mi dovrei pentire di giocare con la vita e di prenderla per la coda tanto un giorno dovrà finire…E poi , all’eterno ci ho già pensato…E’ eterno anche un minuto ogni bacio e  abbraccio ricevuto dalla gente che ho amato.”

Biagio

 

Ho letto e riletto il testo poetico “L’infinito” e il verso che mi ha colpito di più è “ …e il naufragar mi è dolce in questo mare”.

Spesso quando mi sento solo, l’immaginazione mi aiuta ad allontanarmi dalla realtà. Non ho paura, anzi questo suscita in me una condizione di serenità e felicità. Ricordo con immensa gioia la nascita della mia adorata figlia, i suoi primi passi, le prime parole, la crescita. Ad esempio, quando misurava la sua altezza con il tavolo del salotto indicandomi, che non rappresentava più un pericolo per lei. E così, io naufrago, desideroso di crescere e modificare l’approccio alla vita, trovo dolcezza e conforto nei ricordi, in cui ho vissuto la normalità con le persone che mi hanno amato e che mi amano ancora.

Felice

 

La Potenza Sociale dell’Infinito