di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

La letteratura dei luoghi

Antonello e Alice nei luoghi della letteratura. Foto di Emiliano Zampella
Antonello e Alice nei luoghi della letteratura.
Foto di Emiliano Zampella

Sabato 16 novembre in occasione della presentazione de “L’ultimo dei Santi”, la recente fatica di Marisa Salabelle, che ha inaugurato la collana “Appenninica” di Tarka edizioni, sono stati presenti ai Diari, assieme all’autrice, i curatori della collana Paolo Ciampi e Marino Magliani.

Marisa Salabelle, sorella del grande scrittore Maurizio Salabelle, scomparso nel 2003, oltre che autrice è insegnante e animatrice culturale pistoiese, cagliaritana di origine arriva con questo nuovo romanzo a tre anni di distanza dal precedente romanzo L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme). “L’ultimo dei santi” è un romanzo intrigante già dal titolo, solo apparentemente un giallo con dei misteri e degli omicidi da risolvere, in realtà un romanzo di ambientazione, strettamente ancorato ai luoghi. Luoghi e modi di vivere di un paesino della montagna pistoiese, un paesino dal nome inventato, Tetti. Dietro Tetti si cela Torri, frazione del Comune di Sambuca pistoiese, uno dei “luoghi del cuore che l’autrice conosce molto bene ed ama.

“Non fu la morte di Romolo Santi, e nemmeno l’incidente capitato ad Alvaro. Ma quando si sparse la notizia che anche Ermanno, il più giovane dei tre fratelli Santi, era morto, allora sì che la gente, a Tetti e nelle frazioni vicine, aveva cominciato a mormorare.” Chi ha ucciso i tre fratelli Santi, abitanti del minuscolo borgo di Tetti sull’Appennino tosco-emiliano? Ragioni economiche, storie d’amore ormai lontane nel tempo, oscuri segreti di famiglia si intrecciano nel caso su cui indagano i carabinieri di Porretta e Saverio Giorgianni, giornalista, alle prese a sua volta con una vicenda familiare piuttosto intricata.Tra confidenze, pettegolezzi e un mucchio di vecchie foto giungerà alla soluzione: sullo sfondo, un Appennino sospeso tra passato e presente, coi suoi pochi bizzarri abitanti, i villeggianti estivi, e la comunità degli Elfi poco distante.

Il Perché della collana “appenninica” lo ha spiegato egregiamente Paolo Ciampi, giornalista e scrittore fiorentino, che ha lavorato per diversi quotidiani e oggi è direttore dell’Agenzia di informazione della Regione Toscana. Ciampi si divide tra la passione per i viaggi e la curiosità per i nomi dimenticati nelle pieghe della storia. Ha all’attivo una trentina di libri usciti per editori come Mursia, Vallecchi, Giuntina, Ediciclo, Clichy. Gli ultimi, in ordine di pubblicazione, sono “L’uomo che ci regalò i numeri” (Mursia), sui viaggi e le scoperte del matematico Leonardo Fibonacci; “Il sogno delle mappe” (Ediciclo, Piccola Filosofia di Viaggio) e “Cosa ne sai della Polonia” (Fusta). Con “L’ambasciatore delle foreste”, edito da Arkadia è stato tra i finalisti dell’ultimo Premio Strega.

L’Appennino è la colonna vertebrale d’Italia: oltre 1300 chilometri di montagne e vallate, da nord a sud. È anche un’incredibile fucina di culture, tradizioni, storie secolari e millenarie: le radici di un Paese che nel Novecento è sceso verso le coste, verso le pianure e nelle città. Eppure anche (forse ancora di più) negli anni della crisi e dello spopolamento è un laboratorio di futuro, con possibilità di sviluppo, di turismo, di animazione sociale e culturale. Con una superficie pari a quasi un terzo di quella italiana e una popolazione (tendenzialmente in calo) pari a un sesto di quella nazionale, l’Appennino ospita milioni di opere, tra palazzi, chiese, monumenti, centri storici, affreschi, tele, tavole, stucchi, statue, vetrate e via elencando; ma anche nell’agroalimentare le Dop e Igp appenniniche sono più della metà di tutte quelle italiane. L’Appennino è questo e molto altro, anche se nell’immaginario la montagna italiana sono ancora le Alpi. Lo stesso vale per l’editoria, malgrado la notevole fioritura di iniziative che stanno provando a rilanciare i luoghi appenninici e le voci che li raccontano: questa collana vuole mettere al centro proprio l’Appennino (o forse, meglio, al plurale: gli Appennini) con la speranza di creare anche una presenza e un punto di riferimento per tutti coloro che, con le loro attività, animano queste montagne. Curatori della collana sono Marino Magliani e Paolo Ciampi. Della squadra fanno parte anche Virginio Sala e Franco Muzzio in qualità di editori. Da sottolineare che questa collana ha un interesse che va ben oltre l’Appennino Tosco-emiliano e aspira anche a raccogliere voce mettere radici nelle altre regioni appenniniche italiane: fino all’Abruzzo e alla Calabria.

Marino Magliani, altro curatore della collana di Tarka, è stato uno degli scrittori che ho avuto l’onore di intervistare a Pistoia, lo scorso ottobre, all’ultimo Festival “L’anno che verrà”, a proposito di un libro di racconti edito da Tunuè e che sarà pubblicato nel 2020 per la cura di Vanni Santoni dal titolo “Zoo-Scritture Animali”. Sempre per Tunuè Marino Magliani aveva pubblicato nel 2014 il graphic novel “Sostiene Pereira”, un adattamento del grande romanzo dall’ indimenticabile atmosfera di Antonio Tabucchi. Tradotto in tutto il mondo, grazie a Tunuè, ha avuto una versione a fumetti con l’adattamento di Marino Magliani e le illustrazioni di Marco D’Aponte in cui viene restituita la forza visiva dell’atmosfera di un romanzo indimenticabile, qualcosa che ti lascia incollato addosso alla prima lettura: la luce tenue dell’ufficio in redazione, il giallo sporco, l’azzurro intenso del cielo di Lisbona d’estate.

Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira non stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il Lisboa aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Pereira è il tipico antieroe mediocre, incapace di immaginarsi fuori dal suo quieto vivere, del tutto inavvertito degli effetti del regime in cui soffoca il Portogallo dove vive. Il contatto con un giovane idealista innesca però una spirale di eventi che segnerà profondamente l’uomo, generando cambiamenti inaspettati nel suo animo e facendo scoccare la scintilla che gli farà prendere coscienza del dramma circostante e lo porterà a uscirà dal suo bozzolo e compiere azioni dalle estreme conseguenze.

Ho incontrato e intervistato Marino Magliani la prima volta nell’estate del 2017, in Sardegna, durante le tappe del Festival Internazionale della Letteratura di viaggio dove assieme abbiamo trascorso belle giornate a parlare di Letteratura. È stato poi ospite ai Diari a presentare “L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi” nel novembre 2017 e nel giugno del 2018 “Sudeste” la sua traduzione del romanzo di Haroldo Conti, lo scrittore sequestrato nel 1976 a seguito del golpe militare in Argentina e mai più ritrovato.
Durante la serata Marino Magliani ci ha raccontato de “Il postino di Mozzi” e della collana Xaimaca e Senza Rotta che cura per Arkadia e ovviamente della collana appenninica che cura con Paolo Ciampi. Con “Sin rumbo” si è inaugurata “Xaimaca”, la nuova collana dedicata agli scrittori di lingua ispanica e per la prima volta è stato tradotto in italiano, un romanzo del grande scrittore argentino Eugenio Cambaceres.
Il secondo volume della collana di scrittori ispano-americani Xaimaca è uno dei libri più riusciti di Enrique González Tuñón, “Letti da un soldato”. “Guerra verticale” è invece una delle opere più significative di César Vallejo ancora sconosciuta in Italia, nella traduzione di Luigi Marfè.

“Xaimaca” è il libro che da il titolo alla Collana ed è un viaggio, un’avventura dello spirito e del fisico. Dal grande autore di “Don Segundo Sombra”, Ricardo Güiraldes, uno dei capolavori della letteratura sudamericana.

Si tratta del diario di un argentino, Marcos Galván, che nel dicembre del 1916 realizzerà un lungo viaggio che durerà mesi e che da Buenos Aires lo porterà, attraverso le Ande, sulla costa dell’oceano Pacifico, in Cile, e da lì, via mare, in crociera, a conoscere le coste peruviane.

Marino ci ha spiegato l’arcano de “Il postino di Mozzi”, di Fernando Guglielmo Castanar. Un romanzo corale sul mondo dei libri, che fa sorridere e meditare, con preziosi scritti di Valter Binaghi, Giovanni Agnoloni, Riccardo De Gennaro, Matteo Galiazzo, Marco Candida, Arianna Destito, Nunzio Festa, Franco Arminio, Mauro Baldrati, Mario Bianco, Francesco Forlani, Carlo Grande, Franz Krauspenhaar, Marino Magliani, lo stesso Giulio Mozzi, Beppe Sebaste, Riccardo Ferrazzi, Emilia Marasco, Stefano Zangrando, Giorgio Vasta, Alessandro Gianetti, Sergio Garufi, Adrian Bravi, Marco Drago, Alessandro Zaccuri. Beppe Esse, Marino Magliani, Giacomo Sartori, Claudio Morandini, Valentina Di Cesare. Un romanzo “corale”, costruito con maestria, ricco di riferimenti letterari, capace di far sorridere e meditare, incentrato sul mondo dei libri e sulla difficile arte di farli giungere alla ribalta.

Lui è un uomo metodico. Sa di voler scrivere e lo fa anche con una certa bravura. E pare abbia anche individuato la persona giusta per far emergere le sue doti. Per questo invia sempre le sue proposte letterarie a un geniaccio della letteratura qual è Giulio Mozzi. Purtroppo, per l’aspirante scrittore, pare proprio che il grande scout di talenti non riesca mai a dargli una risposta. Anzi, lo ignora del tutto. E così, un po’ per rivalsa, un po’ per disperazione, il Leopardi mancato decide di accettare quell’incarico da postino che gli era stato offerto, guarda caso proprio nella città in cui vive Mozzi. Per trenta lunghi anni consegnerà la posta a questo signore, forse non tutta, però. Infatti si riserverà di tenere per sé quelli che gli sembrano i manoscritti più interessanti.
E così, il giorno in cui andrà in pensione, spedirà allo scopritore di talenti un bel lavoro antologico, formato di frammenti di romanzi, racconti, lettere e altro materiale, tutto sottratto dalla buca delle lettere di Mozzi.

Tra le ultime pubblicazioni ricordiamo anche che Magliani è una delle voci potenti di “Animali non addomesticabili”, un libro prodigioso in cui gli animali parlano, edito da Exòrma edizioni. Un libro curioso e dissacrante sulla filosofia dell’esistenza, analizzata dal punto di vista degli animali.
Sicuramente un libro feroce e di sublime ironia, oltre che un lavoro di immedesimazione tra uomo e animale, questo “Animali non addomesticabili” scritto da Paolo Morelli, Marino Magliani e Giacomo Sartori, con gli ormai famosi appunti in coda di Paolo Albani.

Nel libro, un bruco sognatore, un cane vagabondo che progetta viaggi in mare, una formica anarchica, una pudica giovane vongola napoletana ci scuotono e ci aiutano a vedere. Sembrano darci il coraggio di parlare delle cose che contano davvero. Tre scrittori si provano qui a restituire la voce a quei viventi che spesso certa tradizione letteraria rappresenta riduttivamente a nostra immagine e somiglianza attribuendogli solo i nostri sentimenti elementari.Nei racconti di Giacomo Sartori, Paolo Morelli, Marino Magliani e Paolo Albani, gli animali parlano; hanno tutti una grande propensione alla parola. Tanti sono gli animali che hanno già parlato nei miti, nelle stanze dei bestiari di tutti i tempi, nelle tradizionali messe in scena della letteratura, nelle favole, riallestiti in forme ibride, corpi di bestia e sentimenti domestici e scarni, del tutto umani. Questa volta ci chiedono di riconvertire il nostro immaginario: può capitare, ascoltandoli, che non siano loro a umanizzarsi, ma piuttosto sia l’uomo-che-legge a caninizzarsi, dromedarizzarsi, corvinizzarsi, vedovanerizzarsi, rinnovando un patto di alleanza con una parte selvatica, ineludibile e salvifica della propria umanità e un patto di sangue con la vita diversa dalla nostra.

Passiamo alle novità in libreria di questa settimana. Un posto di riguardo merita un libro e uno scrittore che da pochi giorni trovate ai Diari. Si tratta di «Statale 106. Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta» di Antonio Talia.

La ‘ndrangheta come nessuno l’ha mai raccontata in questo reportage in cui Antonio Talia ricostruisce le ramificazioni di un fenomeno globale che, in quarant’anni di crimini, parte dalla Calabria per arrivare a toccare cinque continenti. Un tema e una battaglia, quella contro la criminalità organizzata, che non ha geografie, ma riguarda tutti. Un libro che tocca un tema urgente. L’autore è nato a Reggio Calabria, ex corrispondente da Pechino, si è occupato di riciclaggio di denaro sporco tra Italia e Cina, gang di strada in Svezia, jihadismo in Indonesia e operazioni finanziarie illecite a Hong Kong. È coautore di “Io sono il cattivo” e “Nessun luogo è lontano”, trasmissioni di affari esteri in onda su Radio24.

Un viaggio di 104 chilometri su una strada a doppio senso, stretta tra le acque del mar Jonio e le pendici dell’Aspromonte: il percorso da Reggio a Siderno dura solo un’ora e mezza di auto, ma dalla Calabria si ramifica attraverso cinque continenti e oltre quarant’anni di crimini.
Dall’omicidio del potentissimo amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Lodovico Ligato fino a maxioperazioni di riciclaggio a Hong Kong; dai rapporti privilegiati coi narcos colombiani fino al brutale assassinio del giornalista Ján Kuciak e di Martina Kusnírová, in Slovacchia; dal più grande carico di ecstasy di tutti i tempi nascosto nel porto di Melbourne, fino alle guerre che stanno insanguinando i sobborghi di Montréal e Toronto: guidare sulla Statale 106 significa risalire fino alla sorgente del fenomeno globale ’ndrangheta, un’organizzazione capace di celebrare i riti ancestrali di una Madonna in lacrime mentre mette a segno spericolate operazioni finanziarie internazionali da milioni di euro. Statale 106 è un viaggio dentro la storia e la psicogeografia, e il suo punto d’arrivo non può che essere quello di decifrare la mente degli affiliati.
Con l’istinto infallibile del giornalista d’inchiesta, la passione del romanziere e l’emozione di chi racconta la propria terra d’origine, Antonio Talia ha costruito un reportage lucido e pieno di rabbia, un’immersione nel male che ha il sapore aspro della verità.

Torna in libreria con ” L’evento “, edito da L’Orma editore, la francese Annie Ernaux. Nata a Lillebonne nel 1940, Ernaux è una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese. Studiata e pubblicata in tutto il mondo, la sua opera è stata consacrata dall’editore Gallimard, che ne ha raccolto gli scritti principali in un unico volume nella prestigiosa collana Quarto. Nei suoi libri ha reinventato i modi e le possibilità dell’autobiografia, trasformando il racconto della propria vita in acuminato strumento di indagine sociale, politica ed esistenziale. Considerata un classico contemporaneo, è amata da generazioni di lettori e studenti. Della stessa autrice L’orma editore ha pubblicato “Il posto”, “Gli anni”, vincitore del Premio Strega Europeo 2016, “L’altra figlia” e “Memoria di ragazza”. Il suo traduttore, Lorenzo Flabbi, è critico letterario e editore de L’Orma.

Ottobre 1963: una studentessa ventitreenne è costretta a percorrere vie clandestine per poter interrompere una gravidanza. In Francia l’aborto è ancora illegale – la parola stessa è considerata impronunciabile, non ha un suo «posto nel linguaggio». L’evento restituisce i giorni e le tappe di un’«esperienza umana totale»: le spaesate ricerche di soluzioni e la disperata apatia, le ambiguità dei medici e la sistematica fascinazione dei maschi, la vicinanza di qualche compagna di corso e l’incontro con la mammana, sino al senso di fierezza per aver saputo attraversare un’abbacinante compresenza di vita e morte. Calandosi «in ogni immagine, fino ad avere la sensazione fisica di “raggiungerla”», Ernaux interroga la memoria come strumento di conoscenza del reale. Dalla cronistoria di un avvenimento individualmente e politicamente trasformativo sorge una voce esattissima, irrefutabile, che apre uno spazio letterario di testimonianza per generazioni di donne escluse dalla Storia.

In libreria ai Diari di Parma nella traduzione di Francesca Bandel Dragone (rivista da Fabio Cremonesi) è arrivato anche un libro dalla copertina bianca, “Pattinando in Antartide” di Jenny Disk, pubblicato da NN Editore. Il bianco della copertina è il bianco della camera dell’autrice, il bianco delle emozioni, il bianco della sua adolescenza in ospedale. Il bianco assoluto dell’Antartide, che Jenny sogna come un rifugio in cui perdersi e dimenticarsi, e in cui invece scoprirà che il bianco, inaspettatamente, può contenere arcobaleni.

Jenny Diski è nata nel 1947 a Londra ed è scomparsa nell’aprile del 2016. Scrittrice e intellettuale inglese, con i suoi romanzi, saggi, racconti e memoir ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti. I suoi articoli sono apparsi sui maggiori quotidiani inglesi ed è stata per venticinque anni editorialista della London Review of Books.

Alla fine degli anni Novanta, Jenny Diski osserva la propria stanza da letto interamente bianca e ripensa al candore degli ospedali dove era stata ricoverata quando era una ragazza in crisi. Per lei il bianco è un sottrarsi alla vita, ai pensieri, all’incessante frastuono dei ricordi. E poco a poco diventa un desiderio prepotente, che si traduce in un piano preciso: spingersi fino in Antartide, alla ricerca del bianco assoluto, dove perdersi e dimenticare.
Ma mentre il piano si realizza, il passato e il presente si accavallano, rifiutano di essere lasciati indietro. Nella fuga verso l’Antartide la memoria di Jenny torna alla madre di cui non ha notizie da trent’anni, al padre truffatore, alla depressione, alla madre adottiva, Doris Lessing, di cui scriverà nel memoir In gratitudine. E porta con sé anche la curiosità di sua figlia, determinata a rintracciare la nonna materna. Sul bianco tanto desiderato appaiono macchie di colore, arcobaleni imprevisti. E l’esplorazione di sé si riflette nei panorami antartici, dove il bianco si declina nelle infinite sfumature di azzurro di iceberg stupefacenti, e la presenza umana è solo accennata. Con una scrittura forte ed evocativa che si tinge di un umorismo e di una sincerità disarmanti, Pattinando in Antartide è il racconto di un viaggio ai confini di sé e del mondo, alla ricerca del perfetto equilibrio tra la memoria e il dolore, tra l’affermazione della vita e la cieca tentazione del vuoto.

Nello Zaino di Antonello: La letteratura dei luoghi