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Un posto che ti avrei realmente proposto per incontrarci è il Parco del Valentino, di fronte al Po, nella caletta alle spalle del Castello.

per-chi-exx-la-notteQuesta è la proposta di Aldo Simeone, che ho invitato a chiacchierare del suo esordio narrativo: “Per chi è la notte” (Fazi). Un libro che mi ha coinvolta ed entusiasmata perché Aldo Simeone è riuscito in un compito arduo: raccontare la Resistenza in modo del tutto originale, pur ponendosi nel solco di Fenoglio e di Calvino. O almeno da lettrice di Fenoglio e Calvino è questa l’impressione che ho ricavato, ma chi ci seguirà fino alla fine della chiacchierata avrà una sorpresa sui rapporti tra Simeone e gli illustri antecedenti.

 

A quel tempo morire non era la cosa peggiore. Non era nemmeno l’ultima. Questo a Bosconero lo sapevamo tutti. La guerra succedeva, e a volte te la dimenticavi, perché la sentivi normale, come la morte.

Splendido incipit di “Per chi è la notte”, senza il punto interrogativo della formula che gli streghi, abitanti misteriosi e minacciosi del bosco, rivolgono a chi osi attraversarlo di notte e venga da loro scoperto.

La voce narrante del romanzo, ma anche l’anima oltre che lo sguardo interpretativo con cui sono colti e vissuti gli eventi, è un ragazzo di soli undici anni, Francesco, emarginato con la madre e la nonna dalla comunità del paese perché figlio di un disertore. Sarà lui a trascinarci come lettori nel folto del bosco, tra avventura gioco sogno e crescita, alla scoperta e maturazione di sé ma anche della Storia, che sembra lontana e che invece si abbatterà con tutta la tragicità del momento sull’intera piccola comunità.

“Per chi è la notte”? – chiedo a te al posto degli streghi.

Aldo SimeoneAlla fin fine, le leggende dicono sempre il vero: la notte è – come recita la risposta d’ordinanza – «per chi non può andar di dé» (ovvero di giorno). Ci vuole coraggio per sfidare le tenebre, per uscire dal cerchio di protezione della propria casa e avventurarsi oltre i confini del centro abitato, ordinato, regolato da norme e divieti certi: penetrare nel bosco, estraneo alla civiltà. Secondo le antiche credenze popolari, Dio creò il giorno per gli uomini; la notte per le creature sue nemiche. La storia è un lungo processo di colonizzazione: non solo di spazi, ma anche di tempi; l’umanità ha violato le tenebre con i suoi lumi, così come ha disboscato foreste e appianato montagne. Un cammino di trasgressione e conquista. La notte è per chi non sa farsi bastare il giorno. 

 

A posteriori ho dato molte spiegazioni a quel gesto mancato, a volte così logiche e persuasive che riesco anche a credere di aver preso la decisione giusta. Ma poi torna a insinuarsi il sospetto che non fu affatto una decisione. E allora il pensiero si allarga e mi ritrovo a domandarmi che cosa fu per il babbo la diserzione, e per Secondo la fede fascista, e per me tutta quanta la mia storia, a partire dal primo salto del fosso, quando violai le regole per entrare nel bosco. Forse c’è per tutti un fossato da saltare, ma di sicuro servono molti passi per arrivarci. Sono quei passi  – così frequenti, così ripetuti – a indicarci la strada. È quello che siamo, in fondo, la nostra scelta.

In questa riflessione di Francesco, più maturo e consapevole del bambino che troviamo nelle prime incursioni nel bosco, mi sembra che sia ben evidente il tema centrale, il nodo cruciale, il nervo scoperto del romanzo: la capacità di scegliere la strada giusta e se questa scelta sia frutto di decisione o di fortuna, di coraggio o di fedeltà a un ideale.

Il motivo della scelta, la forza delle decisioni, la consapevolezza di una strada sono stati i motivi ispiratori, la serratura attraverso la quale hai voluto osservare non solo la vita introspettiva e psicologica di un ragazzino che si trova ad affrontare gli orrori della guerra in un momento di crescita, ma anche la Storia con l’iniziale maiuscola e il quesito che ancora oggi nel dibattito critico sulla Resistenza appare insoluto e polemico? Si poteva scegliere da che parte stare: non è questo ciò che da lettori impariamo da Francesco?

Aldo SimeoneEsattamente. Scegliere non solo si può, ma si deve. O piuttosto: è inevitabile. Anche la fuga, l’astensione, il ripiegamento nel proprio privato sono scelte «politiche», partigiane perché «di parte». Vivere è ogni minuto, ogni istante, compiere delle scelte. E tanto più crescere, quando le scelte si fanno importanti perché chiudono porte per sempre. Ma scegliere è anche difficile e a volte (spesso) bisogna farlo con pochi strumenti a disposizione, immersi nel rumore dell’oggi. Quanto era evidente, per un bambino durante la guerra, capire che i partigiani erano i «liberatori»? Quanto lo fu, dopo l’8 settembre 1943, distinguere i nemici dagli alleati? Quanto lo è, ancor oggi, adeguare le leggi ai cambiamenti dell’etica, della società? È l’antico dilemma di Antigone. 

 

Francesco i mezzi per fare una scelta non li ha, ma diventano la sua ricerca: nel bosco. Non a caso è proprio nel bosco che il padre gli ha insegnato i primi rudimenti del suo mestiere. È proprio il bosco che ogni volta sancisce la mancanza di una figura paterna di riferimento. Ma nessuno può crescere da solo ed ecco che accanto a Francesco compare Tommaso, che sa tante cose che il primo vorrebbe sapere.

Con Tommaso era sempre così: non solo dava voce ai miei pensieri, li legittimava. Aveva il potere di conferire sostanza alle cose, in qualche modo di renderle vere, di farle succedere. Lo sbirciai con riconoscenza e soggezione. Tornai a interrogare la lettera, cercandovi la conferma di quelle speranze. Ma mi tornò in mente il sangue trovato sulle travi della capanna e il cuore mi si strinse in un nodo. Feci per parlare a Tommaso, ma lui mi anticipò: “Anche questa frase è strana”, disse indicando la dedica sul frontespizio del libro, che nel frattempo aveva preso a sfogliare. “Secondo me, è in codice pure questa”.

Senza Tommaso, Francesco forse non avrebbe mai trovato il coraggio di attraversare il bosco e quindi di perseguire la risposta alle tante sue domande. Perché è il bosco che gli svela gli orrori della guerra e gli rivela il suo coraggio e la sua identità.

Non si può crescere, infatti, senza un amico con cui condividere paure e necessità, vero? Soprattutto all’età di Francesco.

Aldo SimeoneE del resto anche l’amicizia è una scelta, la prima relazione deliberata della vita. L’individuo, uscito dal bozzolo della famiglia, degli affetti dati alla nascita, si confronta con l’altro nel vero senso della parola: con il diverso da sé, estraneo al suo sangue. L’incontro è sempre un confronto di diversità. Bisognerebbe tenerlo a mente, quando sentiamo i politici, la stampa, la gente tracciare linee di confine tra «noi» e gli «stranieri». Tommaso lo dice espressamente a Francesco: loro saranno amici per scelta. 

 

Quando un romanzo funziona alla perfezione come “Per chi è la notte”, non è mai solo per il protagonista ma anche per le figure secondarie, che nel tuo romanzo si stagliano nitide e nette: da Secondo, giovane fascista dalla suggestiva complessità, al prete che salva le vite e le nasconde; alla nonna e alla madre di Francesco con i loro atteggiamenti contrastanti e opposti; fino ai nazisti, il soldato occupante casa di Francesco che legge di notte e gli regala il libro, all’ufficiale che terrorizza con la propria durezza l’intera comunità.
Solo personaggi fittizi o anche allusioni e riecheggiamenti di figure reali?

Aldo SimeoneGli scrittori sono ladri incalliti e impuniti. Osservano e ascoltano tutto con attenzione. Paiono i migliori confidenti, amici e amanti premurosi. In realtà fanno copia e incolla di tutto. Nei romanzi non c’è mai niente d’inventato, e neanche alcuna realtà. Tutto è trasfigurato. Per fare un esempio: Don Dante è il nome del prete della mia infanzia, un po’ suonato, tanto che noi bambini lo chiamavamo Din Don Dante. Ma nel romanzo è livornese, come tante persone che conosco per aver frequentato (io, pisano!!!) il conservatorio labronico. La sua canonica è quella della chiesa di San Michele degli Scalzi a Pisa, distorta nel ricordo. E nelle sue parole risuona l’intelligenza un po’ illuministica di un Guglielmo da Baskerville. Insomma, ogni invenzione è un plagio: pura realtà

 

Raccontare la Resistenza oggi. Raccontarla ai giovani attraverso i giovani protagonisti. Come non pensare a Pin, per la voce bambina a cui hai affidato il racconto della storia, e come non pensare a Fenoglio per l’attenzione a non edulcorare la Storia, senza per questo mischiare le carte e mancare di riconoscere quale fosse la scelta giusta e da che parte bisognasse stare.
Sebbene “Per chi è la notte” si innesti con consapevolezza nell’alveo della letteratura resistenziale che ha segnato una pagina importante e fondamentale della letteratura italiana, il tuo passo narrativo non conserva unicamente i tratti del realismo, ma si abbandona al visionario e all’onirico, partendo dal bosco.
Luogo fatato e magico per tradizione narrativa, che nel romanzo diviene emblema del caos dei tempi e della distruzione del mondo, e infine della tragicità della situazione.
Quanto hanno influito i modelli letterari nel tuo immaginario narrativo? senti di esserne figlio in un passaggio di testimone? O in te hanno prevalso i motivi di rottura?

Aldo SimeoneNessuno sfugge al borseggio degli scrittori: neppure gli altri scrittori. Anzi, i più grandi continuano a rubare anche da morti. Spesso mi capita infatti di trovare qualcosa di mio in opere già scritte anni o secoli prima. Imbarazzante. A volte anche in libri che non ho mai letto. Ebbene, con qualche vergogna, lo confesso: prima di scrivere “Per chi è la notte” non avevo ancora letto “Il sentiero dei nidi di ragno”, sebbene già conoscessi e amassi Calvino. Mi sono affrettato a farlo dopo che l’editore stesso, nel nostro primo incontro, ha chiamato in causa l’ingombrante modello. La lettura postuma mi ha riempito di orgoglio, sia per le analogie sia per le differenze trovate. Le prime mi hanno convinto della credibilità di quanto avevo scritto solo immaginandolo; le seconde mi hanno rassicurato sulla novità del mio approccio. Sarebbe strano, oggi, scrivere un romanzo del secolo scorso. Possiamo scrivere un romanzo sul secolo scorso, ma di oggi. Necessariamente di oggi. Non m’interessava raccontare la Resistenza: non l’ho vissuta; l’avrei fatto male e già c’è chi l’ha fatto assai bene. Volevo invece esemplificare con la Resistenza e la guerra un dilemma sempre attuale, una «chiamata in campo». Non potevo che farlo attraverso lo sguardo di un bambino, che non sa niente di nulla se non quanto gli hanno insegnato, e di tutto deve farsi un’idea propria. Crescere significa questo. Responsabilità.

Chiacchierando con… Aldo Simeone
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