testatabrera

Visto che la stagione lo permette ti avrei proposto di incontrarci all’orto Botanico di Brera, che ne dici?

Dico che sarebbe stato uno sfondo perfetto per immaginare questo ulteriore incontro con Francesca Scotti, di cui ho perso solo l’esordio: la raccolta di racconti “Qualcosa di simile” (Italic), ma che seguo con attenzione e affetto dal secondo libro del 2013, “L’origine della distanza” edito da Terre di Mezzo, per il quale l’ho invitata a scrivere i Dieci Buoni Motivi. Da “Il cuore inesperto” (Elliot) ogni suo nuovo libro è stato accompagnato da un nostro confronto sui temi trattati e sul percorso della sua scrittura: QUI la chiacchierata su “Il cuore inesperto” a cui è seguito nel 2017 “Ellissi” per Bompiani, di cui abbiamo conversato QUI. Anche per “Ellissi” Francesca Scotti si era prestata con ironia a scrivere i Dieci Buoni Motivi: QUI.

Capacità vitaleNon poteva dunque mancare un nostro incontro su “Capacità vitale”, sempre per Bompiani, di cui mio figlio Luigi di sei anni ha amato istantaneamente la copertina, e questo mi è suonato tanto come un augurio per Francesca Scotti e il libro.

Carissima Francesca, sono pronta a cominciare il nostro terzo chiacchierando, confidando che saranno tanti i lettori che si accomoderanno idealmente accanto a noi per seguirti in questa nuova avventura.

Ho terminato da un paio di giorni “Capacità Vitale” e ho lasciato che decantasse come un buon vino.
Hai sempre la capacità di affondare nell’introspezione delle figure narrate con levità e dolcezza, pur essendo le tue protagoniste sempre spigolose e mai piatte.
Non sei una narratrice di trama, nonostante nei tuoi romanzi ci sia sempre un evento tragico o drammatico a dettare le coordinate della vicenda, ma di atmosfere interiori e intime, in cui i personaggi sono spinti ai limiti estremi della loro parabola esistenziale.
Così anche Adele, avvocato senza scrupoli, che professionalmente si trova ad affrontare un caso di maltrattamenti sugli animali, e personalmente la perdita, o forse bisognerebbe parlare al plurale di perdite, perché oltre a quella verificatasi nel presente (che non sveliamo per i lettori) è segnata da una doppia perdita familiare: quella dei genitori quando era bambina, a cui è seguita quella del nonno a destabilizzare il precario equilibrio che faticosamente si conquista quando si è orfani, e quella della nonna Ines, persa nella demenza senile.
Così Adele si riveste di una muta, che la isoli dal mondo e dagli affetti, alla ricerca di un elemento vitale in cui essere sé stessa.
Che tipo di donna è Adele e in quale rapporto è con le altre figure femminili dei tuoi ultimi romanzi, Anita di “Il cuore inesperto” ed Erica e Vanessa di “Ellissi”? O forse con loro anche per vicinanza anagrafica è in più stretti rapporti Zoe, l’adolescente che silenziosamente sconvolge e ribalta la vita di Adele?

foto di Michela Chimenti
foto di Michela Chimenti

Cara Giuditta, come sempre hai grande attenzione e cura per le parole che scrivo e te ne sono davvero grata. 

Vengo subito al nostro chiacchierando, che – come già in passato – mi ha permesso di mettere a fuoco non solo un personaggio ma un percorso grazie alle tue suggestioni. 

Adele, rispetto alle protagoniste dei due precedenti romanzi ha certamente una differenza anagrafica: non è più una ragazza e sembra che – soprattutto rispetto ad Anita ed Erica e Vanessa – l’adolescenza non le abbia lasciato grandi segni. Ovviamente non è così, come si scoprirà nel romanzo e come giustamente già identifichi tu. 

Mi interessava partire da un punto per me nuovo della vita di una donna, un punto leggermente più avanzato rispetto a quello della formazione (nonostante sia convinta che la formazione, il cambiamento, la crescita siano costanti). La forza polarizzatrice degli accadimenti dell’età adolescenziale è comunque sempre molto forte per me e infatti ho avuto bisogno di un personaggio come Zoe, capace di fare emergere aspetti sommersi e negati di Adele.

Certamente la voce di Zoe è più vicina a quella di Anita e di Erica e Vanessa, e come queste ultime è arrabbiata. Nel suo caso però il rapporto con l’esistenza è diverso: nonostante il lutto che la colpisce, lei – rispetto ad Erica e Vanessa – è più vitale.

Adele per me rappresenta una scoperta, un personaggio inizialmente chiuso e spigoloso che si trasforma lungo il romanzo mostrando qualità inattese. È una donna solo apparentemente realizzata e in equilibrio: in realtà è compressa e desiderosa di sperimentarsi in altri mondi. Da qui il suo rapporto con l’acqua, origine ma anche solvente, capace di trasformare, tanto con forza quanto con morbidezza, la sua struttura rigida in una più flessibile.

 

Il piacere e la ricchezza del confronto con Francesca Scotti per me sono un dono prezioso.
Adele fa immersioni e sott’acqua si riconosce nell’elemento che le è proprio.

Sott’acqua ogni cosa è lenta, rallentata, sedata. Le parole mancano. Le onde sonore si propagano velocemente e pure si fatica a sentire. quello che si sa e che si è resta in superficie. L’acqua è l’elemento, origine, solvente; il cervello è fatto d’acqua, l’acqua vede con i miei occhi, pensa Adele.

E anche la tua scrittura sembra avere la consistenza di una bolla sottomarina, profonda trasparente leggera, che dagli abissi risale in superficie con un andamento flessuoso.
Ti appartiene il mondo sottomarino, come la musica per Anita in “Il cuore inesperto”, o era solo funzionale a districare i nodi esistenziali della protagonista e fare da specchio alla sua introspezione, in particolare alla sua capacità di relazionarsi con gli altri?

foto di Michela Chimenti
foto di Michela Chimenti

Mi piace molto lavorare sulla scrittura affinché questa possa avere la stessa “consistenza” dell’elemento che governa una storia o di quanto sta accadendo. Sono contenta che tu lo abbia percepito. Riflettere sui suoni, ascoltare le frasi, riscrivere è qualcosa che faccio con impegno e passione, e quando affiora sono davvero contenta.

L’acqua è, insieme all’aria, uno degli elementi centrali di “Capacità vitale”. La sua energia buona o distruttiva e il suo essere essenziale, primitiva, materna attraversano e muovono gli accadimenti della vita di Adele. A volte l’acqua è specchio, altre è innesco.

Amo moltissimo stare nell’acqua: mi consola e allo stesso tempo ne riconosco la potenza, l’ingovernabilità. Ho imparato molto presto a nuotare, in alcune fasi della vita il mare mi è stato molto amico, in altre mi ha spaventato. Probabilmente proprio come la musica de “Il cuore inesperto” e il cibo di “Ellissi”. 

Il mondo sottomarino con le sue infinite meraviglie (oggi purtroppo in costante pericolo) esercita su di me un grande fascino così come lo esercita il desiderio di immergersi – desiderio che ha al contempo qualcosa di spontaneo e qualcosa di artificiale. Anche il personaggio di Adele dovrà confrontarsi con tale doppiezza. L’acqua le sarà sempre accanto nelle sue diverse forme, stadi e qualità proprio come è per me – e forse, naturalmente, per tutti. 

 

Il cibo in “Ellissi” era un elemento predominante e segnava la vita delle due ragazze protagoniste. Torna anche in “Capacità vitale” in maniera implicita nel caso su cui Adele si trova a lavorare come avvocato: i maltrattamenti perpetrati in un’azienda di allevamento di maiali.
Se i temi legati alla vita intima e personale di Adele sono trattati con grande delicatezza, anche quelli più tragici come la perdita la malattia la scomparsa di persone care, per il tema del maltrattamento sugli animali e della posizione etica da assumere le tinte sono più nitide e veementi, soprattutto nell’episodio della visita di Adele nell’azienda dei suoi clienti. Con una scrittura che tira in campo tutti i sensi, in particolare l’olfatto e il tatto, lo stridore tra il modo di raccontare il mondo acquatico e quello personale di Adele è evidente.
I due binari della vita personale e professionale di Adele che sembrano scorrere in parallelo e che poi finiscono per convergere e sovrapporsi, che rapporto hanno nella narrazione? Sono in opposizione o sono incrociati?
Anche in questo caso, quello dei maltrattamenti sugli animali negli allevamenti è un tema che senti particolarmente o è funzionale alla narrazione, per meglio definire la psicologia della protagonista?

foto di Michela Chimenti
foto di Michela Chimenti

Il cibo, il nutrimento e le scelte che ciascuno di noi compie in proposito mi interessano molto. Il cibo certamente è necessario per vivere ma è anche relazione, relazione con gli altri, con ciò che si mangia, con il mondo. Se in “Ellissi” la sua centralità era rappresentata dalla scelta di nutrirsi o digiunare a favore di un’idea distorta e dolorosa secondo la quale era possibile comunque sopravvivere, in “Capacità vitale” il cibo ha invece la funzione di raccontare la sensibilità, l’etica – o la mancanza di queste – dei protagonisti. 

Se Adele appare totalmente indifferente rispetto alle efferatezze compiute in alcuni allevamenti di maiali, per Zoe sono intollerabili ed è intollerabile che una persona con la quale lei stringe un legame non le viva allo stesso modo. La trasformazione di Adele avverrà anche in relazione a questo elemento della storia: alcuni nodi si sciolgono, altri si stringono, ciò che correva parallelo e sembrava destinato a non subire alcuna variazione invece si troverà sovrapposto, incrociato. 

La violenza sugli animali, il fatto che vengano maltrattati, sfruttati, dimenticati, ridotti al mero soddisfacimento dei bisogni dell’uomo sono temi per me importanti. Importanti in questa storia e importanti nella realtà (libri come “Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?”, “Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Perché il clima siamo noi” di Safran Foer o “Il dilemma dell’onnivoro” di Pollan, sono letture per me necessarie e alle quali ritorno spesso). 

I sensi che cerco di attivare sulla pagina hanno sempre a che fare con l’esigenza espressiva della scena e, nel caso della visita agli allevamenti, olfatto e udito, mi sembravano i più adatti, i meno “abituati” e quindi utili per raccontare le reazioni di Adele e degli altri personaggi. Dato che stiamo chiacchierando voglio anche dirti che io per l’olfatto ho un debole. Ora sto leggendo ” Il senso perfetto. Mai sottovalutare il naso” della neuroscienziata Anna d’Errico: è una lettura interessante, anche per chi non dovesse avere questa predilezione.

Un’amica scrittrice ha definito l’incipit di Capacità vitale una “macelleria sentimentale”. È una formula che coincide con le mie intenzioni: per raccontare quello che accade ai maiali ho cercato una scrittura che, il più possibile, non mediasse con il dolore, con la crudeltà, con l’insensatezza. 

 

Ogni volta sono colpita e ammirata dalla consapevolezza che metti nella scrittura e che viene fuori dal confronto.

Un altro tema fondamentale di “Capacità vitale” è quello della malattia, in particolare la demenza senile. La nonna di Adele, la persona che l’ha cresciuta, è persa nelle nebbie di una memoria labile e fluttuante, che rende Adele definitivamente e inesorabilmente orfana. Non c’è sentimentalismo negli atteggiamenti della protagonista né tu indulgi nel patetismo. Anzi forse è proprio nel rapporto con Ines che Adele si riveste integralmente della muta emotiva per nascondere sentimenti e reazioni dietro una freddezza che non concede spazio.

Adele parte orfana e si ritrova ad essere…?

foto di Michela Chimenti
foto di Michela Chimenti

Mi fa davvero piacere chiacchierare con te perché è come se mi accompagnassi alla scoperta di qualcosa che fino a questo momento avevo solo intuito attraverso la scrittura.

Sembrano risposte “naturali” ma ci penso tanto, ed è un dono prezioso questo che mi fai: mi permetti di stare con il romanzo ancora un po’.

La memoria, il nostro rapporto con i ricordi, con la loro distanza e vicinanza soprattutto in un’epoca in cui “condividiamo” tutto e in cui ogni nostra traccia sembra destinata a restare per sempre, mi interessa molto.
Per Ines il tempo, la cronologia degli eventi, la loro effettiva esistenza, i dettagli variano di continuo. Comincia a confondere i piani, le verità, i momenti condivisi. Anche l’identità di Adele, in qualche modo, subisce una cancellazione progressiva, viene confusa e questo rappresenta per lei sia qualcosa di doloroso sia l’opportunità di ridefinirsi. 

Adele deve affrontare anche la complessità di stare accanto a una persona affetta da demenza senile. Come dici tu, lei è schermata, sembra che la sofferenza data dal vedere qualcuno che si ama svanire giorno dopo giorno non la riguardi davvero. In realtà tanto lo struggimento quanto la rabbia lavorano in lei sotterranei. Anche qui il mio riferimento è l’acqua, l’acqua che scivola nelle fessure delle rocce: quando ghiaccia, è capace di romperle.
Adele parte orfana si ritrova a essere possibile: possibile madre, possibile compagna. Potrà provare a essere tutto ciò che vorrà.

 

Eccoci giunte all’ultima domanda. Come sempre chiacchierare con te è una forma di arricchimento dell’anima. Ti considero una delle scrittrici che maggiormente lavora con consapevolezza sui propri temi. Una volta Lidia Ravera in una presentazione di un’altra scrittrice affermò che lo scrittore vero scrive un unico romanzo suddiviso in diversi libri. A me sembra che questa definizione possa calzare a pennello per quello che tu stai facendo all’interno della narrativa italiana. Ti riconosci in questa  dinamica o invece il tuo intento è quello della varietà tematica e da un romanzo all’altro sei alla ricerca di esaurire in esso le problematiche che affronti?

foto di Michela Chimenti
foto di Michela Chimenti

In effetti mi sento molto in linea con questa affermazione di Lidia Ravera. L’esperienza della scrittura per me si svolge lungo un percorso: sono in cammino, mi guardo intorno, raccolgo, ascolto, mi fermo a pensare, a prendere fiato e poi scrivo. Ogni storia che scelgo dialoga con la precedente e, in qualche modo, mi suggerisce la successiva.

Al netto delle ambientazioni diverse, delle trame, e delle vicende credo che ad essere assonante sia lo sguardo (o almeno mi piacerebbe fosse così). Uno sguardo che viene attratto da aspetti simili, che li cerca e che a loro si appassiona.

Mi piace molto l’immagine del grande unico romanzo: a volte la sensazione è anche quella di riavvicinare i cocci sparsi e differenti per dimensioni e margini di un grande vaso, o individuare le parti, più o meno complesse, di un organismo. Ecco, forse quest’ultima formula è la più vitale. 

La domanda finale della nostra chiacchierata mi mette già nostalgia! È un tempo così bello quello trascorso insieme.

 

Di fatto con Francesca Scotti è vitale la sensazione di continuare un unico Chiacchierando ininterrotto da quel primo su “Il cuore inesperto”.

 

Un unico chiacchierando come un unico romanzo!

Chiacchierando (per la terza volta) con… Francesca Scotti