di Federica Pergola

Federica

 

 

 

 

 

Ordesa

In tutto c'è stata bellezza

Il dolore. La nostalgia. Il rimpianto. I rimorsi. La tenerezza. Ma anche il riso; e la luce magica di giugno; e il fuoco del sole di una città come Madrid; e, soprattutto, il passato, che torna attraverso dei ricordi, dei colori, degli odori, delle fotografie, dei luoghi.

Ho pensato che lo stato del mio animo era un vago ricordo di qualcosa che era accaduto in un luogo nel nord della Spagna chiamato Ordesa, un luogo pieno di montagne, ed era un ricordo giallo, il colore giallo invadeva il nome Ordesa, e dietro Ordesa si disegnava la figura di mio padre nell’estate del 1969. Uno stato mentale che è un luogo: Ordesa. E anche un colore: il giallo.

Raccontando ciò che è successo (o “ciò che crediamo sia successo”) Manuel Vilas dà quindi vita ad un romanzo che è anche un’autobiografia e, riandando indietro alla sua infanzia (passata a Barbastro negli anni ’70) ci dice tanto anche della storia spagnola degli ultimi decenni; e della forza dell’amore che ci lega alle persone che ci hanno amato ed aiutato; che abbiamo amato e (forse) trascurato.

Barbastro è il paese dove sono nato e cresciuto. Quando sono nato aveva diecimila abitanti. Ora ne ha diciassettemila. Con il passare del tempo, quel paese acquisisce la forza di un destino cosmico, e allo stesso tempo privato (…)

Ricordo una foto degli anni Cinquanta di mio padre, in cui è dentro la sua Seat 600. Si distingue a malapena, però è lui. …C’è poco da dire sullo sgretolarsi di tutte le cose che sono state. C’è da segnalare la mia personale fascinazione per quell’automobile, per quella Seat 600, che fu motivo di gioia per milioni di spagnoli, che fu motivo di speranza atea e materiale, che fu motivo di fede nel futuro delle macchine private, che fu motivo per viaggiare, che fu motivo per conoscere altri luoghi e altre città, che fu motivo per pensare ai labirinti della geografia e delle strade…che fu motivo per rinchiudersi in un cubicolo separato dal mondo. La targa è Barcellona, e il numero è un numero perduto:186025. Da qualche parte, qualcosa resterà di quella targa, e pensare questo è come avere fede.

Così uno scrittore che ha smesso di insegnare in una scuola secondaria per riappropriarsi del silenzio e del tempo, ripercorre la storia di quell’uomo e quella donna che sono stati i suoi genitori, nel tentativo di trattenerli con sé, anche dopo la loro morte.

E quanti rimpianti, una volta che quelle persone non ci sono più. Perché li abbiamo lasciati soli? Perché non abbiamo telefonato più spesso? Perché non abbiamo parlato con loro, quando potevamo farlo?

Non sentirò più quella tenerezza, e non importa, e questo sento adesso: che non importa; e questa è la grandezza della vita: non c’è nessuna ragione né per il pianto né per la condanna. (…) Vorrei salvare quella tenerezza, la tenerezza con cui mia madre mi aiutava a fare la valigia quando partivo da Barbastro per Saragozza in quegli anni, nel 1980, nel 1981, nel 1982, le cose che mi metteva in valigia, come mi aiutava con gli indumenti, come mi metteva il cibo nei vasetti di vetro, e poi io guardavo tutta quella roba e mi vinceva lo sconforto.

Quando abbiamo smesso di dirci che ci volevamo bene? Quando abbiamo smesso di toccarci?

A quanti anni smetti di camminare per mano a tua madre o a tuo padre?

Ero stato un cattivo figlio? Se lo ero stato, lo ero stato per incompetenza, non per volontà. Si può essere un figlio incompetente. Nessuno è preparato a essere padre, e neanche a essere figlio. Avrei potuto fare di più negli ultimi tempi, certo. I miei figli mi ripagheranno con la stessa moneta, perciò conti saldati.

In questo mare di quieto dolore- e di malinconica nostalgia; in questo vuoto colmo del desiderio di cancellare la perdita, ecco allora che anche gli oggetti: le pochissime fotografie, la macchina del padre, la cucina della madre- acquistano una speciale luminosità.

Da quando sono solo, so cosa cazzo significa tenere una cucina pulita: è un lavoro spossante, è un’opera d’arte, è qualcosa che non finisce mai, perché una cucina non è mai del tutto pulita. Puoi dedicare un’intera vita a tenere pulita la cucina, è stato così per molte donne…Se accarezzo la mia cucina, accarezzo l’anima di mia madre. Se accarezzo tutte le cucine della terra, accarezzo la schiavitù di milioni di donne, i cui nomi si sono cancellati e adesso sono musica. La musica del mio cuore frastornato.

“In tutto c’è stata bellezza” è un atto d’amore, un illuminante diario spirituale su quello che significa essere genitori e figli; e nasce sostanzialmente solo da una cosa:

La speranza di rivedervi, papà, mamma. Io sono soltanto questo: speranza di rivedervi. (…)

Era il paradiso. E’ stato il mio paradiso. Sono stati loro il mio paradiso, mio padre e mia madre, quanto li ho amati, come siamo stati felici e come siamo crollati. Com’è stata bella la nostra vita insieme, e ora tutto si è perduto. E sembra impossibile.

___________

In tutto c’è stata bellezza”, di Manuel Vilas, traduzione di Bruno Arpaia, Guanda editore, pp.409, euro 19,00

Federica consiglia: In tutto c’è stata bellezza
Tag: