di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

LIBERA CRITICA IN LIBERE LIBRERIE CHE SANNO PARLARE AI LETTORI A FESTEGGIARE CON NOI L’ORGOGLIO DI ESSERE INDIPENDENTI.

Antonello copertina

Una giornata per festeggiare l’orgoglio di essere indipendenti assieme ai Lettori. Questo è il senso della giornata delle Librerie indipendenti, quando i Librai, quelli che fanno fatica a chiudere i conti a fine mese, non perdono comunque l’entusiasmo per fare e creare eventi dentro il loro quartiere o un contesto cittadino… e festeggiano pure! Librai che portano avanti un loro progetto Culturale, che può piacere o meno, ma che con quel progetto si sforzano di combattere l’appiattimento e l’imbarbarimento culturale dilagante nelle nostre città. I piccoli negozi di vicinato come il nostro sono preziosi, e bisogna tenerne da conto finché ci sono, come fossero alberi che vi sono cari. Bisogna andarci per sfogliare qualcosa di inaspettato, a ordinare un libro che si desidera da tempo. Le piccole realtà indipendenti sono piene di idee da realizzare per il Futuro, ma hanno bisogno di aiuti reali. Di sostegno reale. Una libreria indipendente è un presidio culturale che riqualifica una via, un borghetto, un quartiere. Le librerie come la nostra non sono soltanto negozi, semplici esercizi commerciali. Sono universi di idee che contengono infinite possibilità per lettori appassionati e neofiti. Sono spazi performativi viventi e luoghi di tranquillità dove trascorrere del tempo. Le librerie che possono diventare contenitori di soluzioni, chiavi di lettura per il gusto di leggere, anche laboratori culturali per carriere e passioni. Sono organismi che crescono e maturano per incontrare il gusto della clientela ed essere al suo servizio con qualità e professionalità e dove la libertà di scelta nei titoli e la libertà d’espressione sono requisiti fondamentali.

Sabato 27 Aprile scorso è stata La Giornata delle Librerie indipendenti e ai Diari noi abbiamo festeggiato con un libro non casuale. Matteo Marchesini ha presentato, infatti, il libro “Casa di carte. La letteratura italiana dal boom ai social”, Il Saggiatore.
A dialogare con l’autore Mariolina Bertini, Silvia Valentini e Erika Martelli. La bellezza e il peso di leggere e presentare un libro che ha suscitato polemiche ancora prima di esser pubblicato, come “Casa di carte” è qualcosa che non tutte le librerie fanno abitualmente. Per onorare il coraggio della scelta dello scrittore e del Saggiatore di portarlo in libreria abbiamo scelto proprio questa data del 27 Aprile.

Moribonda è la critica letteraria. La sua è un’agonia loquace, che si esprime in una querula corrente di elzeviri, recensioni e monografie, su siti e social network, tra le pagine di libri, quotidiani e settimanali. Pagine che, analizzate come un unico testo, assomigliano sempre più a un certificato di morte, o meglio, all’autocertificazione di un decesso. I luoghi del delitto sono facoltà umanistiche divenute conventicole di iniziati, dediti a riti vacui espressi in gerghi oscuri; sono redazioni di giornali troppo vicine a redazioni editoriali, in cui è decaduta la pratica essenziale della stroncatura. Tra i congiurati, oltre ai critici stessi, i lettori poco inclini ad aprirsi a un rapporto vitale con l’opera, e assai più disposti a trattarla come un orpello.Matteo Marchesini si muove da intruso tra le figure umbratili dell’«industria culturale». È critico, poeta, narratore. Affronta i libri altrui senza la fatua enfasi del giornalista, ma non è neppure un accademico: è uno scrittore che parla di letteratura e, attraverso la letteratura, del mondo. Pratica con pungente intelligenza l’arte della stroncatura e della satira, destinate a scagliarsi contro lo status quo, ovvero contro gli autori-monumento; ed è questa la ragione per cui Casa di carte ha incontrato grandi ostacoli prima di essere pubblicato.I saggi che lo compongono sono una reazione chimica al presente, un presente che affonda le sue radici nella metamorfosi del boom economico, di cui Marchesini analizza gli esiti letterari più emblematici: da Bassani che visse quegli anni come un tramonto a Pasolini che li attraversò in trionfo, subendoli però come un insulto. Mentre si avvicina all’oggi, ridiscute un canone accettato ormai come un dato geologico, profanando primati intoccabili (Gadda, Montale) e riappropriandosi di autori perduti; ritrova i sintomi di un male antico nei testi contemporanei, e indica alcuni antidoti. Marchesini si assume così il compito di ogni vero scrittore: quello di costruire da sé la propria tradizione, di parlare dal suo interno dopo averla eletta a dimora. Perché la letteratura è un luogo da plasmare e abitare: è una casa di carte.

Matteo Marchesini è poeta, narratore e saggista. Ha pubblicato le satire di Bologna in corsivo. Una città fatta a pezzi (Pendragon, 2010), il romanzo Atti mancati (Voland, 2013, entrato nella dozzina dello Strega), la raccolta critica Da Pascoli a Busi (Quodlibet, 2014), le poesie di Cronaca senza storia (elliot, 2016) e i racconti di False coscienze. Tre parabole degli anni zero (Bompiani, 2017). Collabora con Il Foglio, Il Sole 24 Ore, Radio Radicale e doppiozero.

Bisogna essere una libreria capace di saper parlare ai Lettori per riuscire nell’impresa di riempirla anche in un giorno incuneato tra due festività, e vendere tutte le copie de “I Fratelli Michelangelo” di Vanni Santoni che veniva presentato la sera di mercoledì 23 Aprile. Mica sempre è tutto così scontato! Durante la presentazione ho chiesto a Santoni, che è uno ha il polso della situazione editoriale, se secondo lui hanno futuro realtà come la nostre, per certi versi integraliste nelle scelte. La sua risposta mi ha molto soddisfatto, perché fa davvero ben sperare e perché ha riconosciuto che noi siamo una delle realtà più interessanti e dinamiche nel panorama delle librerie indipendenti! Parole di speranza e noi abbiamo bisogno di molte speranze, oltre che vendere molti libri.

Vanni Santoni ci ha raccontato le vite di quattro fratelli, quelli che nel libro lui conduce uno dopo l’altro verso l’appuntamento col padre. Enrico, cresciuto nella convinzione di essere figlio di un altro uomo, sta passando un periodo in Israele proprio alla ricerca delle radici del suo presunto padre; Louis si barcamena da anni tra lavoretti in un villaggio turistico di Bali, tentativi imprenditoriali nel subcontinente indiano e traffici illeciti; Cristiana, ossessionata dall’ambizione di emergere nella scena dell’arte contemporanea, si sposta convulsamente tra le capitali europee di tendenza in cerca di una svolta; mentre Rudra, sportivo e biologo, si è trasferito giovanissimo il più lontano possibile dalla sua famiglia disfunzionale, ha sposato un ragazzo svedese e oggi lavora in una scuola materna. Per la prima volta nella storia della famiglia, i fratelli saranno sotto lo stesso tetto: cosa vuole da loro Antonio Michelangelo? È forse in fin di vita? Vuole disporre delle sue ultime volontà? Oppure ha deciso di rivelare ai figli qualcosa di importante, terribile, inconfessabile?
La storia di una generazione, della sua precarietà nomade, di un rapporto tanto complesso quanto conflittuale con i padri.
Il romanzo in libreria dal 12 marzo con Mondadori è considerato uno dei libri più attesi del 2019 per la stazza annunciata di oltre seicento pagine, il romanzo segna il ritorno di Santoni al realismo, con un confronto con i modelli ottocenteschi e novecenteschi. L’immagine di copertina del libro “I fratelli Michelangelo” è una delle “Painted over photographs” di Gerhard Richter, considerato uno dei massimi – se non il massimo – pittore vivente. La foto, sua e analogica, a distanza di anni, è stata ridipinta da lui. Vi si racconta la storia di un anziano padre, Antonio Michelangelo, personalità istrionica del Novecento italiano (dirigente all’Olivetti e all’ENI, scrittore, regista e incisore) che convoca i propri figli, avuti da donne diverse e oggi sparsi per il mondo, in una villa nelle montagne toscane. Da lì la vicenda racconta le vite dei fratelli in ambiti diversi (arte contemporanea, precariato dell’insegnamento, imprenditoria internazionale, sport e misticismo) ma anche, in controluce, quella di Antonio Michelangeloe del “secolo breve” da lui attraversato.

Antonio Michelangelo è un uomo che ha attraversato il Novecento: dirigente di alcune delle maggiori aziende del paese, artista riconosciuto in più campi, i suoi risultati pubblici sono eguagliati solo dai disastri privati che è riuscito a inanellare. Un giorno, dopo anni di silenzio, i suoi cinque figli, avuti da quattro diverse compagne, ricevono da lui un solenne invito a raggiungerlo a Saltino di Vallombrosa, la località in mezzo ai boschi della Toscana dove si è ritirato. Quattro di loro – Enrico, Louis, Cristiana e Rudra -, ognuno con aspettative diverse, si mettono in viaggio da Tel Aviv, Bali, Londra e Stoccolma per partecipare a questa misteriosa riunione familiare. Santoni ci racconta le vite dei quattro fratelli e li conduce uno dopo l’altro verso l’appuntamento col padre: Enrico, cresciuto nella convinzione di essere figlio di un altro uomo, sta passando un periodo in Israele proprio alla ricerca delle radici del suo presunto padre; Louis si barcamena da anni tra lavoretti in un villaggio turistico di Bali, tentativi imprenditoriali nel subcontinente indiano e traffici illeciti; Cristiana, ossessionata dall’ambizione di emergere nella scena dell’arte contemporanea, si sposta convulsamente tra le capitali europee di tendenza in cerca di una svolta; mentre Rudra, sportivo e biologo, si è trasferito giovanissimo il più lontano possibile dalla sua famiglia disfunzionale, ha sposato un ragazzo svedese e oggi lavora in una scuola materna. Per la prima volta nella storia della famiglia, i fratelli saranno sotto lo stesso tetto: cosa vuole da loro Antonio Michelangelo? È forse in fin di vita? Vuole disporre delle sue ultime volontà? Oppure ha deciso di rivelare ai figli qualcosa di importante, terribile, inconfessabile? Una galleria di personaggi memorabili, ognuno geniale e fragile a modo suo; un intreccio tanto solido quanto imprevedibile; una penna che spazia con maestria tra i registri letterari: siamo di fronte all’opera della maturità di un romanziere puro, capace di costruire un’epica familiare contemporanea degna del Wes Anderson dei Tenenbaum e del Franzen delle Correzioni.

Vanni Santoni oltre che romanziere è il direttore editoriale della collana Romanzi di Tunuè. Grande sperimentatore, tra le tante cose fatte in ambito editoriale vogliamo ricordare questo progetto: ” In territorio nemico”, un romanzo storico del 2013 scritto dal collettivo SIC ed edito da minimum fax nella collana Nichel.

È ambientato durante l’occupazione tedesca in Italia. In territorio nemico è stato scritto collettivamente utilizzando il metodo di scrittura collettiva SIC ideato da Vanni Santoni e Gregorio Magini e coordinato dagli stessi fondatori; il suo soggetto è basato su aneddoti e testimonianze orali raccolte dagli stessi scrittori. Con i suoi 115 autori, è il romanzo con più autori al mondo.Le vicende ruotano intorno al destino di tre personaggi: Matteo Curti, un sottufficiale di marina che diserta e attraversa l’Italia devastata dalla guerra nel tentativo di raggiungere la sorella Adele, imparando a combattere e prendendo coscienza della situazione del paese; Adele Curti, una giovane sposa borghese che, abbandonata dal marito, sopravvive nella Milano bombardata entrando in contatto prima col mondo operaio, poi con quello dei Gruppi di Difesa della Donna e addirittura con quello dei GAP; suo marito Aldo Giavazzi, un ingegnere aeronautico che, per paura di venire deportato, si nasconde nella cascina di famiglia scivolando in una progressiva e visionaria follia.

Altre belle parole per la nostra realtà, la nostra indipendenza e scelta di titoli è venuta da un altro bravissimo scrittore, Davide Mosca. Ma qui i complimenti assumevano anche un carattere diverso, perché partivano da una persona che di mestiere fa anche il libraio da diversi anni.
Venerdì 3 Maggio, infatti, abbiamo ospitato, lo scrittore e libraio di Verso Davide Mosca, che ci ha raccontato “Breve storia amorosa dei vasi comunicanti”, Einaudi.
Libro intenso e forte che parla di dipendenze, Davide Mosca ha pure spiegato la Bellezza del prendersi cura degli altri. Prendersi cura di un amore, di un amico, di un familiare. Con un tono pacato e leggero ci ha parlato della memoria del dolore, quella che ci fa affrontare le cose con maggiore serenità e coraggio. Ci ha raccontato cosa significa vivere come in un lungo periodo di convalescenza dopo un disastro o una tempesta nella propria vita. E io, come molti dei lettori presenti, mi sono sentito molto coinvolto dalle sue parole e da questa possibilità che con l’amore e la presenza costante si possono salvare gli altri ma soprattutto salvare noi stessi

Remo e Margherita sono giovani e smarriti, imprigionati entrambi in un corpo inospitale: lui soffre di bulimia, lei è anoressica. Almeno fino a quando non si imbattono l’uno nell’altra. E scoprono che insieme ci si può salvare.
Remo ha ventiquattro anni e l’ultimo trascorso è stato terribile. L’ha passato chiuso in casa, a mangiare senza sosta, ingrassando fino a superare i cento chili. Stanca della sua indolenza da fallito, la fidanzata l’ha pure lasciato. Una sera, in un bar che frequenta con dei vecchi amici, Remo conosce Margherita. Lei fa l’ultimo anno di liceo e di sera lavora nel ristorante di famiglia fino a tardi. È appassionata, curiosa, un po’ irascibile. Ed è bella, anche se pesa meno di quarantacinque chili. Quella sera cominciano a parlare e da allora non smettono più. Passeggiano sulla spiaggia d’inverno, inseguono la luce abbagliante della riviera ligure, si aprono l’un l’altra. Pian piano si innamorano, senza mai dirselo, forse senza neppure rendersene conto. La notte di Capodanno salgono sulla bilancia per la prima volta. Lui pesa settanta, lei cinquanta. Che sia l’inizio o la fine della storia, non importa a nessuno dei due. Margherita aprí gli occhi e parve emergere da un sonno letargico, sebbene avesse dormito appena una ventina di minuti. Scivolò indietro sul sedile. – Come si fa a salvare qualcuno che non vuole essere salvato? – mi domandò a bruciapelo. – Nessuno vuole essere salvato, – mormorai e, tra tutti, pensavo a me stesso, a quanto invece lo desiderassi.
Davide Mosca (Savona, 1979) vive e lavora a Milano, dove dirige la libreria Verso. Per Einaudi ha pubblicato Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (2019), è autore di diversi romanzi storici, tra i quali, pubblicati da Newton Compton, i best-seller Il profanatore di biblioteche proibite (2012) e La cripta dei libri profetici (2013).

Passiamo alla segnalazione di tre nuove uscite in libreria.

In casa Exòrma è arrivato “I sentieri delle ninfe Nei dintorni del discorso amoroso” di Fabrizio Coscia in cui si narrano le storie parallele di alcune figure femminili, rappresentate come esseri in fuga. Attraverso le storie parallele di alcune figure femminili (realmente esistite o personaggi letterari) rappresentate come «esseri in fuga» davanti al lettore si dispiega una fenomenologia del discorso amoroso, attraverso l’evoluzione di un archetipo della perdita e dell’assenza, rintracciato nella letteratura e nell’arte, nella filosofia e nella musica, nella fotografia e nel cinema.

L’autore segue le storie di Dora Markus di Montale – poesia nata dalla fotografia di un paio di «gambe magnifiche» – e Albertine di Proust, le ninfe inseguite fino alla follia da Aby Warburg nei panneggi botticelliani e nei dipinti del Ghirlandaio e la misteriosa Marthe di Pierre Bonnard, la modella più dipinta della storia dell’arte; ma anche Laura di Petrarca e Angelica di Ariosto, Lolita di Nabokov e così via, passando per alcune apparizioni ninfali nei film di Hitchcock e di Jean Vigo, fino ad arrivare alla misteriosa donna amata dal Viandante nella Winterreise di Schubert.

“Itaca – L’isola dalla schiena di drago” di Luca Baldoni è una delle ultimissime novità della collana Scritti Traversi della casa editrice Exòrma. Un itinerario capace di collegare il presente con la storia e il mito, una documentata e originale narrazione della grande bellezza di un luogo che si impone per quello che è, qui e ora, ma conserva anche un dominio tanto vasto e potente nel nostro immaginario occidentale.

Itaca: una dorsale che emerge bruscamente dal mare, una schiena di drago ricoperta di un verde fittissimo che giunge quasi a toccare l’acqua, e che vista dall’alto si allarga in due masse di terra, una parte nord e una sud, collegate da un istmo alto e scosceso; coste ovunque profondamente incise, piene di rientranze e penisole, scogli dalle forme fantasiose. L’autore intraprende un viaggio di esplorazione capillare (in realtà, più di un viaggio), perlustra ogni angolo, si ferma in ogni località, da Sud a Nord. Ma subito dopo aver mosso i primi passi sull’isola, inizia inevitabilmente a sollevarsi la polvere degli scrittori, esploratori e archeologi che lo hanno preceduto, in un cammino a ritroso sino all’origine: all’isola che emerge dalle pagine di Omero, dai nomi, dai dati storici, dalle presenze archeologiche, dalle leggende locali. Allora la narrazione del paesaggio, gli itinerari naturalistici, i quadri antropologici, gli incontri, fanno spazio nel libro a succose digressioni, al mistero della “questione omerica”. Così, il periplo alla scoperta dell’isola, diventa anche una spedizione attraverso gli scritti di autori classici, l’incontro con una città bizantina scomparsa, le cartine dell’ammiragliato veneziano, i rapporti di archeologi-avventurieri d’inizio Ottocento, la scoperta ottocentesca del “tesoro di Itaca”, i tasselli ultimi degli scavi del Novecento, e molto altro.

Avevate letto e apprezzato “Salvare Le Ossa” portato in Italia dalla casa editrice NNE? Bene! Da Giovedì 2 Maggio, in Libreria è arrivato “Canta, Spirito, Canta” di Jesmyn Ward, nella splendida traduzione di Monica Pareschi.
Jesmyn Ward vive in Mississippi, dove insegna scrittura creativa alla Tulane University. Salvare le ossa ha vinto il National Book Award nel 2011, e il memoir Men We Reaped è stato finalista al National Book Critics Circle Award. Con il suo ultimo romanzo, Canta, spirito, canta, Jesmyn Ward ha vinto il National Book Award per la seconda volta, prima donna dopo scrittori come William Faulkner, John Cheever, Bernard Malamud, Philip Roth, John Updike. NNE pubblicherà anche il terzo capitolo della Trilogia di Bois Savage: Where the Line Bleeds

Jojo ha tredici anni, e cerca di capire cosa vuol dire diventare un uomo. Vive con la madre Leonie, la sorellina Kayla e il nonno Pop, che si prende cura di loro e della nonna Mam, in fin di vita. Leonie è una presenza incostante nella vita della sua famiglia. È una donna in perenne conflitto con gli altri e con se stessa, vorrebbe essere una madre migliore ma non riesce a mettere i figli al di sopra dei suoi bisogni. Quando Michael, il padre di Jojo e Kayla, esce di prigione, Leonie parte con i figli per andarlo a prendere. E così Jojo deve staccarsi dai nonni, dalla loro presenza sicura e dai loro racconti, che parlano di una natura animata di spiriti e di un passato di sangue. E mentre Mam si spegne, gli spiriti attendono, aggrappati alla promessa di una pace che solo la famiglia riunita può dare.
Dopo “Salvare le ossa”, Jesmyn Ward torna nel suo Mississippi, una terra in cui il legame con le origini, i vincoli di sangue e la natura sono fatti di amore e violenza, colpa e speranza, umanità e riscatto. Scritto in una lingua aspra e poetica, Canta, spirito, canta guarda nelle profondità dell’animo umano come dal ciglio di uno strapiombo si guarda l’infinita distesa del mare, che lascia sgomenti, inebriati e commossi.

Nello Zaino di Antonello: LIBERA CRITICA