di Maria

Maria

 

 

 

 

 

Ian McEwan è uno scrittore di grande spessore, ma non sempre all’altezza dei suoi migliori romanzi.

La ballara McEwanCon “La ballata di Adam Henry”  (traduzione di Susanna Basso, Einaudi) finalmente dà prova di grande (e, si spera, definitiva) maturità letteraria con un riuscito breve, ma intenso e profondo, romanzo che colpisce al cuore.

In poco meno di 200 pagine si svolge la toccante storia del Giudice Fiona Maye e del giovanissimo Adam, ispirata a una reale vicenda giudiziaria inglese, che fu narrata all’Autore proprio da un Giudice dell’Alta Corte in pensione.

Eppure le minuziose e fedeli descrizioni del funzionamento dei tribunali inglesi, con dovizia di particolari di casi veri, non risultano mai tediose, ma anzi semmai interessanti, né soffocano la narrazione condotta con sapiente stile asciutto efficace e lineare.

In ogni caso, la vicenda è solo lo spunto per trattare temi delicati ed eterni come la solitudine, l’intimità dei rapporti umani, i dogmi religiosi, lo scorrere del tempo e l’importanza della musica e della poesia.

I personaggi sono magistralmente descritti, soprattutto la protagonista, Fiona: un doloroso concentrato di pregi (in minor misura) e difetti (per la maggior parte), che ce la rendono al contempo antipatica ma inevitabilmente vicina.

Tra i colleghi giudici, Fiona Maye era ammirata, anche in sua assenza, per la prosa fresca, quasi ironica, per non dire affabile, e per l’efficace concisione con cui riusciva a esporre una controversia. Qualcuno aveva sentito il presidente dell’Alta Corte di Giustizia in persona commentare confidenzialmente a tavola: ‘Divino distacco, diabolica perspicacia e una bellezza che non sfiorisce’…”.

Anche gli ambienti, piuttosto altolocati, di una Londra fredda e formale sono ben dipinti.

Il finale è indimenticabile.

Maria consiglia: La ballata di Adam Henry