panetterie

Dalle panettiere sotto casa mia, è anche un bar, focacceria, si pranza benissimo, è la mia seconda casa, il mio ufficio, la mia sala da pranzo. Nel bagno hanno messo un piccolissimo tavolo con su scritto Carlo. E poi saremmo saliti direttamente a casa, a berci l’ultimo.

Irresistibile l’invito di Carlo G. Gabardini, che mi è stato presentato, purtroppo solo per mail e non dal vero come mi sarebbe piaciuto, visto che sono una sua fan da sempre, da Moreno Scorpioni, che come lui stesso scrive nella mail di presentazione, può dire d’avermi “visto nascere come blogger e crescere dai tempi della Voland e che ritrovo con piacere per l’uscita del tuo libro”.

Churchill. il vizio della democraziaIl libro è “Churchill. Il vizio della Democrazia” per Rizzoli, e la gioia di interloquire con Carlo Gabardini è enorme. Ho letto e molto amato il suo libro precedente, e non vedevo l’ora di leggere il nuovo. Un grazie sperticato dunque a Moreno, con tutta la mia amicizia, per aver reso possibile questo incontro virtuale, visto che desideravo fare il Chiacchierando con Carlo dai tempi di “Fossi in te io insisterei” (Mondadori).

Ho terminato il libro in breve tempo, non perché si legga tutto d’un fiato (che continuo a ritenere non sia un complimento per un libro né per il suo autore) ma solo perché sono una lettrice vorace e la lettura mi ha preso tanto che ho smesso solo giunta all’ultima pagina.
Un libro politico come piace a me! Tanti temi legati con leggerezza e con quella briosità dello stile che mi ha sempre colpita in Carlo Gabardini. Un libro che si legge con piacere, che fa sorridere e attraverso il sorriso riflettere e pensare.

Fossi-te-io-insisterei-Carlo-Giuseppe-GabardiniDopo “Fossi in te io insisterei”, una lunga lettera aperta al padre, in cui due uomini adulti da posizioni diverse e opposte, si confrontano in absentia, con la confessione aperta di sentimenti ed emozioni da parte del figlio verso il genitore scomparso, che tocca il lettore tra il riso e il pianto, l’ilarità e la nostalgia, Carlo G. Gabardini torna in libreria con un libro completamente diverso: “Churchill. Il vizio della Democrazia”.

Diverso non solo dal precedente, fatta eccezione per la nota ilare e giocosa che sempre attraversa la prosa di Gabardini, ma diverso da qualsiasi cosa abbia letto, perché non è romanzo, pur avendo un intreccio accattivante; non è un saggio, pur essendo prodigo di dettagli storici e di aneddoti; non è un testo teatrale, anche se dal libro un dramma è stato allestito, e in alcuni capitoli il discorso prende le forme del dialogo scenico; non è una no-fiction, nonostante la vita privata dello scrittore faccia capolino nelle pagine con piglio arguto e divertente.

Allora, Carlo, che libro è “Churchill. Il vizio della democrazia”? e in che rapporti è con “Fossi in te io insisterei”?

Carlo-Gabardini-03È una storia. È la storia della riflessione sulla storia, ché detto così sembra una supercazzola ma è ciò che penso davvero. È l’unico modo in cui mi è sembrato sensato parlare di Churchill nel 2019, vedendolo in azione ai suoi tempi in una sorta di thriller con una misteriosa infermiera; però invitandolo metaforicamente fuori scena in incontri onirici con me, a confrontarsi con l’oggi, la nostra situazione, l’Europa, il senso della politica e del potere; ma facendolo anche risuonare con la mia quotidianità e le mie scelte personali. Conoscere un maestro a casa sua e nel suo mondo, invitarlo a casa propria e nel nostro mondo, e dunque comprendere e forse agire i suoi insegnamenti. Di un uomo come noi, strapieno di difetti, vizi, non certo un santo.

Fossi in te io insisterei” è stato il mio primo libro, una lettera a mio padre, direi la più semplice e la più difficile scelta insieme: non c’è nulla di inventato, è doloroso ma non c’è da spremersi le meningi per trovare un’idea.

Qui c’è invenzione, fiction, tutta l’ultima notte di Churchill con Margaret è plausibile ma non ne esiste traccia documentabile; però c’è ancora il cordone ombelicale attaccato alla realtà, all’oggi, alla mia vita privata. Forse è un lento percorso verso la narrativa pura, però al momento credo di non aver nessuna intenzione di scinderla dalla mia esistenza vera.

E giusto perché si sappia, è vero, il secondo libro è molto più difficile del primo; ed è per questo che sono felice di essere qui, perché non era minimamente detto che ce l’avrei fatta.

 

“Churchill. Il vizio della democrazia” porta in esergo una densa frase di Piersanti Mattarella. Già la scelta del fratello ucciso del Presidente della Repubblica, in questi tempi di attacchi insulsi e vergognosi, mi sembra una decisa presa di posizione. Ma se riflettiamo sul passo che hai scelto:

Non vi lamentate se il personale politico è mediocre e impresentabile, perché la responsabilità più grande e più grave è quella degli onesti e dei capaci che se ne lavano le mani e non si impegnano per cambiare le cose.

mi sembra che dietro si celi una chiara posizione politica, che lanci come amo, e nello stesso tempo gridi come appello, ai lettori.

“Churchill. Il vizio della democrazia” è un libro politico? e in che modo la tua idea di politica, e quello che della politica vuoi rappresentare attraverso la figura mastodontica dello statista inglese, è definita dal “vizio” della democrazia, piuttosto che dalla “virtù”?

Carlo-Gabardini-03Sì, è un libro politico. O forse dovrei dire “prepolitico” visto che oggi con politica si intende solo la sua attuazione prepotente e fraudolenta. Un professore l’altro giorno a una presentazione mi ha detto “era da tempo che non ascoltavo una lezione di pedagogia politica”, e io ringraziando ho risposto: “Purtroppo io è la prima volta che sento dell’esistenza di questa materia”.

Fin da piccoli ci hanno spiegato che la politica è una roba sporca, e invece dovremmo tatuarci nella mente, ma va benissimo anche un polpaccio: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia», come diceva don Milani.

La politica non è né buona né cattiva, è solo indispensabile. Se esiste una comunità, una polis, per forza di cose ci dev’essere chi se ne occupa. Se si distrugge la politica, se si depotenzia anche solo il termine fino a farlo diventare un puro sinonimo di corruzione, si sta minando la democrazia stessa e qualunque sistema organizzativo che non preveda un unico re o tiranno che decide da solo tutto ciò che gli salta in mente.

La bellissima frase di Mattarella spiega tutto questo in maniera più poetica, o forse più politica, perché sposta il dito di chi indica i responsabili e ci ricorda che la colpa è di tutti noi, a maggior ragione se onesti e capaci. Il che non significa che dobbiamo essere tutti santi o integerrimi, perché contano le regole democratiche della convivenza e per il resto il vizio è ammesso. Il vizio è davvero molto democratico. E allora chi meglio del viziosissimo Churchill come nonno di tutti noi europei per ricordarci che: “La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora; allora è bene che intanto diventi un vizio, nella speranza che sia difficilissimo da smettere.”

 

Sai, Carlo, io dico sempre ai miei alunni che la politica li riguarda e che è indispensabile, e leggerlo nella tua risposta mi ha molto emozionato.

“Churchill. Il vizio della democrazia” è un libro ibrido sotto tanti aspetti. È dettagliato e preciso nelle informazioni storiche tanto da avvicinarsi a un saggio, anche per il tono meditativo e critico; c’è dentro tanto teatro, sia nella stessa struttura narrativa con il dialogo tra Churchill e Margaret, l’infermiera, che è un testo teatrale con scambio di battute vero e proprio, sia nel ritmo della narrazione, briosa e piena di trovate, come i momenti in cui tu stesso interagisci con lo statista inglese; ma è anche una no-fiction per la preponderanza della tua figura in prima persona, che irrompe sul palcoscenico più volte e con forza, anzi trasferisce lo stesso palcoscenico narrativo a casa propria, raccontando di sé e del desiderio di matrimonio del compagno, Moreno.

Una scena che compendia la brillante varietà che sostanzia il testo è il viaggio in macchina, presa in prestito alla mamma, con Moreno alla guida, tu al suo fianco e Churchill, la sagoma di Churchill che incombe dai sedili posteriori. L’avrei scelta come immagine di copertina.

Carlo G. Gabardini, Moreno e Churchill: in che rapporti state? Quale legame c’è tra la tua vita privata, che dà un colorito arguto e tenero alle pagine, e la vita pubblica di Churchill? 

Carlo-Gabardini-03Io adoro Churchill che Moreno malsopporta, così me lo ha fatto amare ancora di più affinché io terminassi il libro e salutassi finalmente Winston, ma non prima che lui mi abbia convinto su quelle cose che Moreno potrà usare contro di me. Ecco come stanno al momento i nostri rapporti, ma se ne stanno già occupando avvocati e analisti.

Scherzo. Il legame tra la mia vita privata e la vita pubblica di Churchill è quello della pedagogia fatta di esempi. Esempi pubblici del politico Churchill che riverberano nella sua vita privata con l’infermiera Margaret, la depressione, la moglie e le sue scelte personali, facendolo diventare anche ciò che chiamerei Winston; questo pacchetto di insegnamenti che trasformo in un discorso pubblico per risvegliare noi europei da un’assenza di politica vera che oggi sta diventando pericolosa; infine questi consigli che modificano la mia quotidianità e le mie scelte personali ed essendo merito di Churchill mi sembra doveroso non tacerle nel libro. Il giro è più o meno questo qui, ma la teoria detta mostra tutta la sua aridità, il libro è l’esempio messo in pratica, il libro è meglio della teoria, spero. Il libro dovrebbe essere proprio come la foto con Moreno alla guida della macchina di mia mamma, io al suo fianco e quella sagoma di Winston Churchill che se la fuma in mezzo a noi, che spiega tutto senza sottolineare nulla.

 

Tanti i riferimenti nel libro all’Europa, incluso l’entusiasmo di Churchill perché l’unità europea si sia raggiunta. Anche in questo caso il tema è da una parte arricchito con riflessioni di natura storica e politica legate al personaggio di Churchill, e dall’altra intrecciata alla tua vita personale, con il ricordo che anch’io condivido, anche se non l’ho sperimentato, dell’Interrail come viaggio di formazione. Se gli antichi romani come Cicerone andavano in Grecia, e gli intellettuali a partire dal Settecento venivano in Italia per il Gran Tour, i giovani di più generazioni dagli anni Settanta in poi si sono abbandonati alla gioia sfrenata di vivere l’esperienza dell’Interrail, che era un battesimo con l’altro per diventare se stessi.

A partire dall’Europa, quali sono stati i temi caldi e che più ti stanno a cuore che hai voluto raccontare in “Churchill. Il vizio della democrazia” attraverso la figura poliedrica e dinamica di Wiston?

Carlo-Gabardini-03L’Europa come progetto di pace che nasce da molto lontano e sostanzialmente si concretizza infine in un’unione per evitare la Terza guerra mondiale. La politica come arte del rendere possibile e soprattutto il dovere di ricordarsi che essa è indispensabile per qualunque processo democratico: se al posto dei singoli politici si attacca tutta la politica in quanto tale, si sta attentando alla democrazia. I politici che devono essere scelti fra i migliori di noi e non fra i peggiori, perché, volenti o nolenti, tendiamo tutti a imitare chi ci governa. L’Europa come acceleratore di diritti. L’Europa “fatta” ma gli europei ancora “da fare”. La necessità di recuperare la “figaggine” di essere europei, la fierezza, l’orgoglio.

Su tutto, forse, il desiderio di smantellare la continuamente ripetuta panzana che vede nelle differenze l’impossibilità di un’unione. Non è così: i milanesi sono molto differenti fra di loro, ma sono tutti milanesi; gli italiani sono diversissimi fra di loro eppure qualcuno può sostenere che non siano tutti italiani?; un polacco, un norvegese e un italiano, oltre a essere un ottimo inizio di barzelletta, o forse proprio per questo, sono certamente diversi ma tutti profondamente europei. Per stare uniti non serve essere identici, serve essere coesi, sinceri, innamorati dell’altro. Il matrimonio mi sembra un’ottima metafora di tutto ciò. Chi mai sposerebbe uno identico a sé? Nessuno. Nemmeno un gay.

 

E dopo aver parlato a lungo di Churchill, e anche di te e di Moreno, c’è un personaggio a cui abbiamo solo accennato e a cui invece vorrei riservare l’ultima domanda: Margaret, l’infermiera, ma anche una donna con un passato complesso e complicato, che mostra pienamente le contraddizioni della figura politica di Churchill. Un personaggio coraggioso, che si svela a poco a poco nella sua caratura tragica e umana.

Quale compito affidi all’infermiera e quale senso ha la sua decisione finale nei confronti di Churchill?

Carlo-Gabardini-03Sono felice che mi chiedi di Margaret. Immaginando uno spettacolo il cui centro sia Churchill, la prima ipotesi che ho scartato è stata quella del monologo, perché Winston dà il meglio di sé nel confronto con l’altro. Solo dopo aver assistito al suo modo di rapportarsi con chi gli sta intorno, si può comprendere l’enormità della battaglia che Churchill ha condotto per tutta la vita con e contro sé stesso. Possiamo chiamarla depressione, The Black Dog come la chiamava lui, possiamo identificarla con il super-Io, con l’Io giudicante, forse anche con la pittura, certamente con quella maledetta vocina interna che quotidianamente cerca di sabotarci ovvero autosabotarsi. Quindi Churchill versus Margaret, Churchill versus me stesso, per arrivare a Churchill versus Winston.

E di fianco a Churchill non mi interessa mettere una spalla, la classica dattilografa che serve solo a far parlare il protagonista; no, serve un personaggio complesso, con un proprio scopo, con un piano e delle domande stringenti: una donna, appunto. E siccome uno dei temi centrali è “il potere” e uno dei protagonisti è il potente Churchill, mi interessava una giovane donna piena di dubbi che in quanto infermiera potesse esercitare a sua volta un potere sul proprio paziente, certamente un controllo.

E poi, parlando di guerra, non volevo assolutamente dimenticare il tema dei reduci, come il padre di Margaret; reduci che troppo spesso amiamo nascondere perché a guerra finita stanno lì a ricordarci di quanto essa sia stata terribile e colma di conseguenze nefaste.

Infine, per gestire la somministrazione di droghe a Winston Churchill, chi meglio di un’infermiera delusa da come vanno le cose e in cerca di un padre o un colpevole?

Non vorrei svelare niente, ma direi che la decisione finale di Margaret sta a sottolineare che è tutto più complesso di quello che sembra, ma finché un confronto resta possibile, l’opportunità di comprendere rimane spalancata.

Chiacchierando con… Carlo G. Gabardini