di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

La Rinascita delle librerie

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Le librerie per diventare sempre più un vero e proprio motore culturale devono aggregare attorno a sé quanti più lettori è possibile attraverso l’organizzazione di eventi innovativi e percorsi educativi e culturali.
Mercoledì 13 marzo, ad esempio, in Libreria ai Diari abbiamo fatto uno strano esperimento con una serata dedicata ai libri raccontati con immagini e suoni attraverso dei piccoli Booktrailer.
Sono stati proiettati una serie di video realizzati dagli allievi della scuola di scrittura Bottega Finzioni, di Carlo Lucarelli, per cercare di rendere visibile le parole con le immagini e ricreare le suggestioni di un libro. Alla serata hanno partecipato lo scrittore Ermanno Cavazzoni,curatore per Quodlibet della collana Compagnia Extra, e il regista Francesco Merini, entrambi docenti del corso Booktrailer a Bottega Finzioni.

Compagnia Extra è «una banda di pensiero». Così Ermanno Cavazzoni e Jean Talon (per altro traduttore di Georges Perec e Henri Michaux) descrivono la collana battezzata nel 2008 per Quodlibet.

Compagnia Extra, scorribanda letteraria fondata con spirito ariostesco e surreale e fantasioso, e che ospita al suo interno autori come Paolo Nori, Gianni Celati e Ugo Cornia ma pure Kafka,Perec e Puskin. Letteratura italiana e straniera in questa sorta di carovane narrative dell’assurdo che raccontano il gioco di dire l’impensabile per aprirsi al mondo: un immaginario condiviso, ma difficile da individuare tra le foschie della narrativa contemporanea. Davanti al sentiero che si fa scosceso nel territorio opulento della Letteratura, la compagnia di autori così riunita può percorre un’altra strada, comune e surreale, rinvigorendo la potenza delle opere con nuove traduzioni, apparati critici di alto valore che evidenziano eredità letterarie a volte dimenticate. Anche lo spazio bianco delle copertine diventa un luogo dedicato alle illustrazioni e predisposto quindi alla creatività. In undici anni di attività, la collana ha già all’attivo parecchi titoli e tra quelli da cui sono stati tratti dei Video molti sono delle vecchie conoscenze dei Diari e dello Zaino, come “Galline pensierose” e “Strategie del comico” di Luigi Malerba o “Umorismo involontario” di Paolo Albani o “La casa di cartone” di Roberto Moliterni o ancora “Guida alle reliquie miracolose d’Italia” di Mauro Orletti.

Un booktrailer è tratto dal libro di Franz Kafka “Un artista del digiuno – Quattro storie”con postfazione di Ermanno Cavazzoni e nella traduzione di Gabriella de’Grandi.

Un artista del digiuno (Ein Hungerkünstler, 1924), uno dei pochissimi libri che Kafka ha voluto pubblicare in vita, viene qui per la prima volta tradotto e stampato come opera a se stante, nella forma cioè che Kafka gli aveva dato. Contiene quattro straordinari racconti concepiti da Kafka per stare insieme, poiché girano tutti e quattro attorno alla stessa questione, cosa sia quel fenomeno che chiamiamo arte e quel destino che è essere artisti.Preparato durante il suo ultimo anno di vita, l’amico Max Brod riferisce che il lunedì 2 giugno 1924, il giorno prima di morire, Kafka lavorò alla correzione delle bozze di questo suo ultimo libro, e continuò anche il mattino seguente, martedì; e mentre lo faceva, disse poi il dottor Klopstock, le lacrime gli rigarono a lungo le guance. «Non vada via» disse Kafka ad un certo punto a Klopstock. «Non vado via», rispose il dottore. «Ma vado io», 3 giugno 1924, sanatorio di Kierling presso Vienna. Il libro uscì nell’estate; ma Kafka non l’ha potuto vedere, perché oramai non c’era più.
Franz Kafka (1883-1924), di famiglia ebraica, è l’autore dei tre celebri romanzi “Il disperso” (conosciuto come “America”), “Il processo” e “Il castello”, rimasti incompiuti, ma la cui incompiutezza è parte del loro fascino. Scrisse anche racconti, e tantissimi raccontini sparsi nei suoi diari e nei quaderni, che iniziano come intense visioni che si aprono, per poi interrompersi subito, rimanendo anche questi meravigliosamente incompiuti. Poca roba fu pubblicata in vita, e fu ben lontano Kafka dal conoscere in vita quella fama e importanza che ebbe poi nel Novecento e che continua ad avere. Si deve indubbiamente al suo amico Max Brod la salvezza dei suoi scritti dalla dimenticanza, dalla dispersione e dai nazisti.

A proposito di Kafka. Nel giugno del 2014 la casa editrice Nutrimenti ha pubblicato il libro di Raoul Precht “Kafka e il digiunatore. Con il racconto Un digiunatore di Franz Kafka” nella collana Tusitala curata da Filippo Tuena.

Nel giugno del 1924 Kafka si sta spegnendo in un sanatorio, assistito da un amico fidato e dalla compagna Dora. Due anni prima, in un racconto dal valore testamentario di cui sta correggendo le bozze per la pubblicazione, aveva messo in scena un altro decesso per inedia, quello di una figura del tutto straordinaria ed estranea a ogni convenzione: il digiunatore. Kafka e il digiunatore, dunque, oppure, con la quasi impercettibile aggiunta d’un accento, Kafka è il digiunatore? Cosa lo spinge ad avvicinarsi a una figura curiosa qual è quella del digiunatore di professione, che si esibiva nelle fiere e nei circhi accanto a uomini-scheletro, donne cannone e altre improbabili attrazioni cimentandosi in una scommessa contro il tempo e i limiti di resistenza del suo stesso fisico? Perché tra lo scrittore ormai morente e il depositario di una tradizione in declino scatta una dolente identificazione? Sono le domande alle quali questo libro di Raoul Precht tenta di dare una risposta, presentando in una nuova traduzione il racconto che Kafka dedicò alla figura del digiunatore e inquadrandolo, attraverso un ritratto narrativo e un saggio critico, nella passione che egli nutriva per il mondo dello spettacolo.I protagonisti sono quindi non solo Kafka, i digiunatori e i loro impresari, ma anche gli spettatori, con tutte le oscillazioni nei gusti che condanneranno questa forma di spettacolo, un tempo in auge, a una progressiva sparizione.

Un Booktrailer è tratto da “Album fotografico di Giorgio Manganelli, Racconto biografico di Lietta Manganelli”, a cura di Ermanno Cavazzoni, con 109 illustrazioni, sempre pubblicato nella collana Compagnia Extra.

Questo libro riproduce il pacchetto di fotografie che Giorgio Manganelli conservava in casa, abbastanza disordinatamente, e che sono passate alla figlia Lietta. Sono in ordine cronologico, come in un album di famiglia, e ne percorrono la vita. I testi che l’accompagnano sono i racconti fatti a voce su suo padre da Lietta, mentre sfogliava e riordinava le foto: la sua vita, le sue manie, le cose buffe e caratteristiche, le leggende famigliari, i luoghi d’infanzia, le insofferenze furiose, le amicizie, i suoi famosi colpi d’umore; e compongono una specie di romanzo biografico in larga parte immaginario (e in parte anche molto sincero e affettuoso) su questo grandissimo, iperbolico e spesso comico scrittore italiano, ben conosciuto da chi lo ama, ma ancora forse troppo poco letto.

Giorgio Manganelli (Milano, novembre 1922 – Roma, maggio 1990) è stato scrittore, traduttore, giornalista, critico letterario, nonché uno dei teorici più coerenti e convincenti all’epoca della cosiddetta neoavanguardia o Gruppo 63, restando però sempre una figura a sé stante e poco classificabile. Scriveva su vari quotidiani e settimanali («La Stampa», «Il Corriere della Sera», «il Messaggero», «l’Espresso» ecc.) pezzetti di straordinaria comicità e verità. E fu consulente editoriale delle case editrici Einaudi, Adelphi, Mondadori. I suoi libri di narrativa, difficilmente riconducibili al classico romanzo, hanno spesso la forma anomala del trattato, del dialogo, dell’epistola, del saggio, con un’inventiva e una paradossalità stupefacente; ricordiamo “Hilarotragoedia” (1964), “Agli dèi ulteriori” (1972), “Centuria” (1979). È stato un autore importantissimo per la lingua italiana. Su di lui sono circolati (e circolano) tanti racconti bizzarri, per cui più che una biografia si può dire che ha avuto e ha alimentato una leggenda, come testimonia il libro presente.

Un booktrailer è tratto dal libro di Dino Baldi “Vite efferate di papi”.

Papa Formoso estratto dalla tomba e processato dal suo successore a nove mesi dalla morte, Gregorio Magno che sposa sua madre e resuscita l’imperatore Traiano, Silvestro che diventa amico del diavolo e scopre un palazzo d’oro sotto terra, Bonifacio VIII consumato dall’angoscia e dalla rabbia, la papessa Giovanna che partorisce per strada, Pio IX che gioca con un bambino ebreo rapito ai genitori. E poi ancora papi eretici, buonissimi o cattivissimi, esemplari nella codardia e nelle smisurate ambizioni, dotti in astrologia o ignoranti di latino. Da san Pietro al papa angelico, che salirà sul trono per annunciare la fine dei tempi, la storia millenaria dei rappresentanti di Dio in terra è una lunga serie di miracoli, miserie e trionfi osceni consumati sul palcoscenico della più incredibile corte del mondo, la curia romana. In questo libro, quasi una Legenda Ferrea, le vite efferate dei papi vengono raccontate senza malevolenza o partigianeria, e accadono di nuovo sotto i nostri occhi, nella loro lucentezza smagliante di nero pece.
“Meglio non cercare un senso nelle azioni dei papi”.
– Pio II (Enea Silvio Piccolomini)
“E chi volesse vedere più pronta la verità, bisognerebbe che mandasse ad abitare la corte romana in le terre de’ Svizzeri; e vedrebbe che in poco tempo farebbero più disordine in quella provincia i rei costumi di quella corte, che qualunque altro accidente che in qualunque tempo vi potesse surgere”.
– Niccolò Machiavelli

Un booktrailer è tratto da “Sarò strana io” di Daniela Mazzoli, Quodlibet Compagnia extra.

Un romanzo scritto a poco a poco ogni sera prima di andare a dormire, dove si affollano gli incontri diurni, gli amori passati, le attese, tante attese, e lo sconosciuto futuro, con riflessioni sconsolate o a volte comiche sugli umani e femminili comportamenti.E frammento dopo frammento si allungano fili di vicende, sempre sull’orlo di disperdersi, come certi giorni moderni che non si è mai sicuri siano esistiti.Se non fosse un romanzo, sarebbe un canzoniere segreto che narra la nostra vita virtuale.
Daniela Mazzoli è nata a Roma dove vive e lavora. Ha pubblicato due raccolte poetiche: “Una e una volta” (Nino Aragno Editore, 2013) e “In vita” (Lepisma Edizioni, 2016). Ha curato una raccolta di racconti-interviste, “La Roma degli scrittori” (Laurana Editore, 2015). Ha adattato e tradotto testi per il teatro.

Un altro booktrailer è tratto da “Europeana. Breve storia del XX secolo” di Patrik Ourednik con la traduzione di Andrea Libero Carbone. Per la copertina di questo libro è stata scelta un opera di Riccardo Bargellini e Franco Bellucci della serie “25 Persons”, 2014.

Sono pochi i libri che hanno saputo sintetizzare quello che è stato il caos – insieme tragico e tragicomico – dell’Europa durante il ’900. Pubblicato in ceco nel 2001, in italiano per la prima volta nel 2005, tradotto negli anni nelle maggiori lingue, “Europeana. Breve storia del XX secolo” di Patrik Ouredník restituisce il disordine del tempo e la contraddittorietà delle vicende umane. Europeana è un libro straordinario, nel senso anche di molto insolito. Sono scampoli della storia europea del Novecento, accumulati come si accumulano i giornali vecchi in uno sgabuzzino. Le più diverse notizie date di seguito, con pari importanza, alla rinfusa: tragedie, progressi, scoperte, omicidi, politica, guerre… sembra ci sia tutto in questo libro, ma a pezzettini, come ritagli di un’enciclopedia, ma anche come se il ventesimo secolo, questo prodigioso e terribile ventesimo secolo, fosse ormai laggiù, distante e semisepolto con tutte le sue agitazioni, irrequietezze e idee pazze; come fosse già una civiltà antica di cui restano solo frammenti.
«E nel 1986 fu creata una bambola Barbie con la divisa a righe dei campi di concentramento con un piccolo copricapo a righe sulla testa».

Soffermiamoci sul geniale Patrik Ourednik,

autore tradotto e apprezzato in tutta Europa, conosciuto soprattutto per il suo ammirevole, anomalo e divertito libro “Europeana”. Ma di lui va ricordato anche il recentissimo libro “La fine del mondo sembra non sia arrivata“(edito in Francia nel 2017 e in Italia sempre per Quodlibet) che ne continua per molti versi tematiche e stile, continuando ad aggirarsi su quel miscuglio di fatti, menzogne, invenzioni, statistiche, atrocità e stupidaggini che è stato il Novecento. Il libro ruota attorno alla vita e alle convinzioni di Gaspard Boisvert, consigliere del più stupido dei presidenti americani, dove si parla dei limiti della democrazia, del testicolo mancante di Hitler fonte della sua oratoria, delle profezie della fine del mondo che però probabilmente è già avvenuta a nostra insaputa, del politicamente corretto e della sua comicità, di religioni a confronto e di quella ebraica, e di molto altro; il tutto in un’ottica inedita, velata di leggero cinismo, anzi di intenso cinismo, il che rende il libro anche altamente istruttivo.
Patrik Ourednik (Praga 1957) ha lasciato la Cecoslovacchia nel 1984 e da allora vive a Parigi. Scrittore, traduttore, redattore di enciclopedie, ha pubblicato “Anno ventiquattro” (1995), “Trattato sul buon uso del vino” (1995), “Istante propizio, 1855” (2006), “Caso irrisolto” (2006), “Oggi e dopodomani” (2011). Ha scritto anche drammi per il teatro, poesia, e saggi sulla lingua ceca.

“Istante propizio, 1855”, pubblicato da Exòrma edizioni nell’agosto scorso e ispirato alla figura dell’agronomo rivoluzionario Giovanni Rossi e al suo progetto di Comune anarco-comunista realizzato nel 1890 in Brasile.

“La Croce del Sud”, un quattro alberi senza vapore, salpa a gennaio del 1855 per il Brasile con a bordo un manipolo di libertari e anarchici, uomini e donne, decisi ad affrontare un faticoso viaggio attraverso l’Atlantico per fondare la libera colonia “Fraternitas” e dimenticare l’Europa. Patrik Ourenik, con uno stile netto e corrosivo tutto suo, racconta un’umanità in bilico tra le miserie personali e i sogni dell’anarchia.

Ourednik esplora i moti impercettibili che scuotono e determinano la storia degli ultimi secoli con un sorriso amaro.
Nel romanzo “Istante propizio, 1855” racconta le gesta di un gruppo di anarchici, comunisti e libertari, per la maggior parte italiani, che a metà dell’Ottocento abbandonarono l’Europa per provare a costruire in Brasile un nuovo mondo.
Paolo Nori scrive: “Riassunto del libro: è bella l’anarchia? È bellissima. È possibile? Non è possibile. È meno bella per il fatto di non essere possibile? Non è meno bella”.
«Ho smesso di tenere il mio diario quando siamo arrivati alla colonia. È il sesto mese che passiamo qui ma non so da dove cominciare. L’orto è stato ampliato, abbiamo fatto un recinto per il bestiame, il lavoro nei campi e la fabbricazione di mattoni vanno avanti, costruiamo nuove case per le famiglie e i bambini».

Sempre di Patrik Ourednik da segnalare “Caso Irrisolto” pubblicato in Italia nel 2016 da Keller editore nella traduzione di A. Catalano.

Dopo due tentativi di incendio doloso, il suicidio sospetto della signora Horak, la violenza subita da una giovane studentessa, Vilem Lebeda, ispettore capo di un ordinario quartiere di Praga, inizia le sue indagini. Ben presto si imbatterà nel burbero pensionato Viktor Dyk, padre di Dyk junior, da sempre denigrato per i suoi “limiti cognitivi”, se non per la sua stupidità. Ma ricordi oscuri e poco chiari di violenza sembrano aver segnato la sua infanzia…
Lebeda scoprirà anche che il vecchio Dyk è implicato in un omicidio avvenuto quarant’anni prima, archiviato come caso irrisolto…Caso irrisolto ha tutti gli ingredienti del thriller, ma il romanzo del ceco Patrik Ourednik si rivelerà con lo scorrere delle pagine qualcosa di diverso, una parabola, una satira sociale, una profonda meditazione sui limiti del romanzo, sull’equivoco della comunicazione, e poi ancora un puzzle incompleto, una partita a scacchi… con il lettore!

Un giallo sul nulla , un casino, una scoppiettante presa per i fondelli, praticamente un caso irrisolvibile in cui Ourednik gioca con le parole, le fa roteare, saltare, volare col suo stile anarchicheggiante da giocoliere un po’ alla Perec e un po’ con l’umorismo giocoso di Bohumil Hrabal e il tutto mescolato e shakerato con l’aggiunta di Bouvard e Pécuchet.
Sabato 16 marzo l’esordio dell’anno in libreria con la presentazione del libro “Il Giorno della Nutria” di Andrea Zandomeneghi, pubblicato nella collana Romanzi di Tunuè.
Una storia tra congetture, presagi, ricostruzioni ossessive che portano il protagonista, nel corso di una vorticosa giornata, a dubitare di tutti fino a scoprire la verità, anche su di sé.

Un libro carico di ironia che ribalta i cliché sulla provincia italiana e rivela un esplosivo esordio letterario.
Capalbio, costa dell’Argentario, ben lontani dalle suggestioni turistiche: Davide è un cefalalgico cronico che vive col nipote e la madre, malata di Parkinson e invocante l’eutanasia. Il giorno seguente l’ennesima ubriacatura assieme al prete del paese e al figlio della badante della madre, si sveglia con gravi postumi; mentre tenta di placarli con psicofarmaci e altro alcol, rinviene una nutria spellata e congelata sul pianerottolo, a mo’ di intimidazione. Sulla base di congetture, presagi, coincidenze e suggestioni, Davide opera ricostruzioni ossessive che lo portano, nel corso di una sola giornata sempre più vorticosa, a dubitare di tutte le persone che ha intorno, fino a scoprire la verità – anche su se stesso e sulle sue nevrosi. Il giorno della nutria è un giallo al contrario che ribalta tutti i cliché sulla provincia italiana, un viaggio all’interno dei territori della coscienza ordinaria che svela le deformazioni e aberrazioni della coscienza e del pensiero. Ispirato da Dostoevskij per la profondità psicologica, da Huysmans per la maturità sintattica e l’ampiezza lessicale e da Bolaño per la sensibilità e la capacità affabulatoria,Il giorno della nutria rivela un nuovo, esplosivo esordio letterario.
Andrea Zandomeneghi è nato a Capalbio nel 1983. Scrive sul Foglio e ha diretto la rivista Crapula Club. Questo è il suo primo romanzo.

Chiudiamo lo Zaino con un bellissimo libro, poetico e rivoluzionario, edito dalla casa editrice La Nuova Frontiera, dal titolo “La storia dei miei denti” scritto da Valeria Luiselli.

“Sono il miglior banditore d’asta del mondo, ma non lo sa nessuno perché sono un tipo discreto. Il mio nome è Gustavo Sánchez Sánchez, ma la gente mi chiama, credo affettuosamente, Autostrada. Posso imitare Janis Joplin dopo un paio di rum e cola. So interpretare i biscotti della fortuna cinesi. Riesco a far stare un uovo di gallina dritto sul tavolo, come faceva Cristoforo Colombo. So contare fino a otto in giapponese: ichi, ni, san, shi, ko, loko, sichi, hachi. So fare il morto a galla.”
Pare che l’autrice abbia letto, rimanendone fortemente impressionata un saggio di Virginia Woolf sull’estrazione dei suoi denti avvenuta nel 1922. Da qui l’idea di scrivere questo libro che ha per protagonita Gustavo Sànchez Sànchez, soprannominato con affetto “Autostrada”, un uomo semplice,un tipo discreto ma dalle straordinarie qualità: dopo un paio di rum e cola sa imitare Janis Joplin, riesce a far stare un uovo dritto su un tavolo come Cristoforo Colombo, sa contare fino a otto in giapponese, interpretare i biscotti cinesi della fortuna e fare il morto a galla. Ma è soprattutto il migliore banditore d’aste del mondo. Nella sua folgorante carriera ha inventato la rivoluzionaria “asta allegorica” durante la quale non sono gli oggetti a essere messi in vendita, quanto le storie che gli danno valore e significato.
Con il suo allegro cinismo, tra fortuna e carisma, nel segno della discrezione, d’un fiato racconta la sua vita: dentizione prenatale congenita e relativa patologia del disturbo ossessivo compulsivo verso denti, e poi paternità, incubi visivi alla Rondinone, fino alla fine tra i dinosauri in fibra di vetro dello spartitraffico di Pachuca. In questo libro c’è la sua vita e il suo trattato sui pezzi da collezione, sui nomi propri e sul riciclaggio radicale. Tutto il resto è solo letteratura. Scritto con eleganza, intelligenza e un’esilarante irriverenza La storia dei miei denti ci presenta un’acuta e inconsueta riflessione sul valore, la qualità e la creatività.

Valeria Luiselli è nata a Città del Messico nel 1983 ed è cresciuta in Sudafrica. Scrittrice e saggista, collabora abitualmente con numerose riviste e giornali tra cui: The New York Times, Granta e McSweeney’s. Con La Nuova Frontiera ha pubblicato due romanzi, “Volti nella folla” e “La storia dei miei denti”, una raccolta di saggi, “Carte false”, e il reportage letterario “Dimmi come va a finire”. I suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue. Nel 2017 il suo nome è stato inserito nella lista “Bogotà39” che segnala i trentanove migliori autori latinoamericani con meno di quarant’anni.

Nello Zaino di Antonello: La Rinascita delle librerie