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Mi concedo il gusto e il lusso di ospitarli nella “stanza tutta per me”, dopo che con il volume “Una stanza tutta per loro” lo scrittore Alessio Romano e il fotografo Ale Di Blasio hanno realizzato il mio piccolo grande desiderio di entrare tra le pareti di cinquantuno scrittrici per illuminare la loro scrittura attraverso il paesaggio intimo di cui si circondano.

Faccio largo sulla mia scrivania strabordante di libri e di compiti da correggere, emblema supremo della mia doppia anima di lettrice e di docente, per far spazio alle mille suggestioni che sono nate dalla duplice lettura, mentale e visiva, di “Una stanza tutta per loro”, pubblicato da Avagliano.

Voi seguiteci fino alla fine perché vi riserviamo una sorpresa con una partecipazione straordinaria.

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“Una stanza tutta per loro” nasce da un incontro e dalla sollecitazione di un titolo, chiaramente alluso. Cinquantuno, il numero dispari evidenzia la particolarità del progetto, scrittrici che raccontano la stanza in cui scrivono, un modo originale per pronunciarsi sulla loro poetica.

Alessio Romano, dopo aver firmato la prefazione, cede a loro direttamente la parola perché si raccontino attraverso le pareti che limitano la loro scrittura; Ale Di Blasio le racconta attraverso l’obiettivo della macchina fotografica. Foto che risaltano per la loro immediatezza.

C’è un filo conduttore che avete rintracciato tra i cinquantuno profili presentati nel volume, o invece a colpire è il variegato universo che le scrittrici hanno spalancato aprendovi le porte?

alessio-romano-scrittoreAlessio: Come racconto nell’introduzione io e Ale abbiamo seguito un filo di stima e di sostegno (in altre parole di amicizia) che lega tutte le autrici che hanno aderito al progetto e hanno suggerito spontaneamente altri nomi da coinvolgere. Il nostro lavoro non ha alcuna intenzione di essere un canone esaustivo di tutte le donne che oggi scrivono in Italia. È stato un esperimento folle, al limite del poetico: mandare un fotografo in tutte quelle stanze e vedere quello che avrebbe scoperto.  

 

Ale Di BlasioAle: Entrare nelle stanze delle scrittrici è stata di sicuro un’esplorazione di mondi, reali e immaginari. Realizzare questo progetto mi ha fatto rendere conto che dai luoghi che ognuna sceglie come “rifugio” se ne può capire la loro personalità, perché questi luoghi condizionano ed enfatizzano la persona e la scrittura. 

Ogni scrittrice, a modo suo, è diversa dalle altre tanto quanto diverse sono le stanze e le condizioni con le quali approcciano alla letteratura. Certo, qualche elemento in comune c’è! Di sicuro amano tutte leggere e prendere ispirazione da chi è venuto prima di loro, ma ognuna lo fa in modo del tutto personale come raccontano nelle pagine del libro.

 

“Una stanza tutta per loro” è organizzato in maniera composita e polifonica. Si apre con il racconto di Alessio Romano, “Il racconto della stanza”, che fa da introduzione, prefazione e chiarimento della genesi del libro con il piglio fresco e narrativo che è caratteristica della scrittura di Alessio; poi la parte più corposa è affidata al duetto tra le foto di Ale Di Blasio e la testimonianza di ognuna delle cinquantuno donne della letteratura ospitate tra le pagine. Foto e testo si specchiano e riflettono, mandando infiniti bagliori che il lettore coglie e interpreta. Infine un’appendice in cui si tocca un nervo scoperto e polemico: esiste una letteratura femminile italiana con una sua specificità? Su questo punto ciascuna delle cinquantuno scrittrici esprime il proprio parere.

C’è una risposta affidata al volume stesso, o invece “Una stanza tutta per loro” vuole lasciare la questione fascinosamente insoluta?

alessio-romano-scrittoreAlessio: Il nostro libro non solo non vuole esprimere una tesi, ma neanche vuole aprire (o tanto meno chiudere!) un dibattito. Nasce da una banale constatazione: molti degli ultimi romanzi italiani più interessanti sono opera di donne. C’è una ragione? È un caso? Anche qui il lettore, dopo essere entrato nelle case delle scrittrici accompagnato da Ale, può ascoltare le varie opinioni di un dibattito molto interessante, anche e soprattutto quanto più divaga dalla questione di partenza. Mi fa piacere anche che a partire dal nostro libro si sia aperta una piccola polemica sul ruolo marginale che ancora la critica accademica dedica alle donne.

E le foto, Ale Di Blasio, interpretano uno sguardo femminile, o invece anche nelle pose delle scrittrici hai cercato di non cadere in una definizione di genere?

Ale Di BlasioAle: Io quando fotografo non bado mai ad etichettare quello che ho davanti: che sia cibo, abiti o persone. Vado dritto alla sostanza. Fotografare per me significa capire al meglio il soggetto per raccontare la sua essenza attraverso quello che mi colpisce personalmente. 

Non esiste genere, non esistono pose maschili o femminili. Esistono persone che si muovono a loro modo e persone che fingono di atteggiarsi in modi che non gli appartiene. 

In fotografia tutti vogliono sembrare belli e perfetti, e molti si mettono in posa seguendo regole codificate dall’immaginario collettivo. La classica foto da scrittore, ad esempio, è quella in cui si vede il soggetto alla scrivania il più delle volte con la mano sotto al mento.

Prima di iniziare questo progetto mi ero ripromesso che avrei cercato il più possibile di rompere queste regole e molte volte, mentre fotografavo le scrittrici del libro, mi accorgevo che c’era la tendenza, da parte loro, di nascondersi dietro alcuni schemi sicuri. Io sentivo che qualcosa non funzionava, che non erano reali, e dato che il mio obbiettivo era quello di raccontare il rapporto tra la scrittrice e la sua stanza, spesso mi sono ritrovato a lavorare molto sull’inquadratura che potesse meglio mostrare l’intimità del luogo e nello stesso tempo mettere a proprio agio chi lo vive, affinché lo vivesse in modo spontaneo e naturale, senza forzature. 

A volte mi sono stati imposti dei limiti, dei paletti da non varcare. Ma è anche questo il bello della fotografia perché, per chi sa leggerli, questi limiti dicono molto di quelle persone.

 

A lavoro finito, assemblati i testi di ciascuna delle scrittrici e le foto che le ritraggono, il lettore si sente trasportano in un mondo, e ogni volta sfogliando “Una stanza tutta per loro” si nota un particolare del testo o un dettaglio della foto, che illuminano e arricchiscono la percezione sulla scrittura e il mondo narrativo della singola scrittrice.

C’è una foto che per Alessio Romano è stata una “rivelazione” rispetto a quello che aveva immaginato della scrittrice ritratta; un’affermazione o un passaggio autobiografico del testo che ha creato un rimando immediato in Ale Di Biase per quello che aveva avvertito tramite l’obiettivo?

alessio-romano-scrittoreAlessio: Quello che più mi ha colpito è che in molte foto di Ale si respira la stessa atmosfera dei libri della autrici fotografate. È la prova che sia riuscito davvero a “rubare” la loro anima. Ci sono poi tre foto che amo molto: quella di Dacia Maraini, che ritrae il suo occhio curioso sul mondo; quella di Vivian Lamarque in cui davvero lei sembra essere un essere fatato; quella di Maura Chiulli che penso sia la foto più bella del libro, per come è gestito il rapporto tra i colori e tra le forme geometriche che la compongono. Ma tutte le foto di questo libro sono così: ogni dettaglio  nasconde una storia.

Ale Di BlasioAle: In realtà sì, nei testi ho ritrovato tutte le peculiarità di ogni scrittrice che avevo già catturato con lo sguardo della macchina fotografica. Il contatto diretto con loro e con le loro stanze è stato sufficiente per capirne la personalità e la loro scrittura. I testi ne sono stati la conferma.

 

 

Una delle cinquantuno scrittrici presente nel volume è Daniela D’Angelo, che è anche direttore editoriale di Avagliano, la casa editrice che ha magnificamente pubblicato il volume. Ed è a lei che facciamo largo per porre le ultime domande su “Una stanza tutta per loro”.

Quali emozioni hai vissuto confidando ai lettori “la stanza tutta” per te, in cui rappresentare il tuo mondo narrativo?

Daniela D'AngeloDaniela: Sono felice e onorata di essere stata coinvolta nel progetto anche come autrice. Avendo vissuto in varie case e in molte città, sentendo profondamente tanto il senso delle radici quanto quello dello sradicamento, il tema dei luoghi (narrati e narrativi) mi ha sempre interessato e ha sempre fatto parte della mia ricerca personale e professionale. Rendere i lettori partecipi di una confidenza, per qualsiasi scrittore è certamente un atto delicato, che lo espone con tutta la sua vulnerabilità, ma è anche un gesto generoso, che fa “comunità”: ed è così che io l’ho vissuto, come un abbraccio.

E invece quali sono state le tue emozioni da direttore editoriale nell’atto di curare e dare alle stampe “Una stanza tutta per loro”? Ci racconti la genesi editoriale del libro dal di dentro della casa editrice? Subito entusiasti? Problemi? Perplessità?

Daniela D'AngeloDaniela: Il progetto mi è piaciuto subito, si trattava di un libro nuovo, unico, non c’era ancora stato fino a quel momento uno sguardo simile sulla scrittura femminile contemporanea, che unisse due linguaggi, la scrittura e la fotografia, la parola e l’immagine, nel raccontare quasi in presa diretta i luoghi privati della creatività e che si interrogasse anche sulla letteratura di genere. Come sarebbe stato accolto dai lettori? E dalla critica? Non ho la sfera di cristallo… non posso sapere in anticipo che tipo di fortuna editoriale un libro possa incontrare. Come editori ci siamo lasciati guidare oltre che naturalmente dall’esperienza – siamo sul mercato da quasi 40 anni – anche dal nostro intuito e dalla nostra passione, ci abbiamo creduto, e abbiamo avuto ragione!  La lavorazione è stata lunga, ma l’entusiasmo non ci ha mai abbandonato. Dal progetto grafico alla scelta dei nomi (su cui ho dato la massima libertà agli autori) abbiamo condiviso tutte le varie fasi, e ci siamo pure divertiti moltissimo.

 

Come sempre quando si condivide uno spazio di intimità con empatia, sensazione che trapela fortissima dalle pagine e dalle immagini di “Una stanza tutta per loro”, si tende sempre a procrastinare il momento dell’addio, pur se necessario. Ecco perché, pur di trattenere Alessio Romano, Ale Di Biase e Daniela D’Angelo, mi concedo un’ultima domanda.

Cosa augurate a “Una stanza tutta per loro”? Qual è un vostro piccolo grande desiderio legato al volume?

alessio-romano-scrittoreAlessio: Questo libro sta dando molto a tante persone: ne vado davvero fiero. Ha contribuito ad aprire discussioni, a creare una comunità, a incuriosire lettori. Il mio sogno più grande è che prima o poi si possa fare una grande e importante mostra con le foto di Ale, magari accompagnate da pannelli con porzioni di testi. Nel frattempo, piccolo mostre, in librerie e altri luoghi, stanno girando per tutta Italia.

(Non a caso spero anch’io di poter creare una cordata per ospitare le foto in mostra e gli autori di “Una stanza tutta per loro” a Potenza.)

Daniela D'AngeloDaniela: Vorrei che questo libro facesse quello che in realtà chiedo ad ogni libro che mi piace, che leghi fili invisibili tra le persone; che sia un incontro. 

 

 

Ale Di BlasioAle: Il mio desiderio è che questo libro sia solo l’inizio di altri progetti legati alla fotografia e alla scrittura. Spero che altre stanze vengano aperte per far sì che la cultura venga divulgata sempre di più.

Chiacchierando con… Alessio Romano, Ale Di Blasio e Daniela D’Angelo