di Antonello

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Tra Moresco, La Scozia e case editrici innovative.

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Su “Il Fatto Quotidiano” della settimana scorsa è apparso un articolo interessante che spiegava come il conto vendita ammazza l’editoria e come quest’ultima sia l’unico settore economico italiano in cui esiste questa pratica strana. Un editore stampa un libro, il quale attraverso una scheda viene proposto da un distributore alle librerie le quali lo prenotano e dopo circa sei mesi, le librerie, se non lo hanno venduto, possono rendere al distributore il quale chiederà all’editore un rimborso sull’incasso. Un perverso meccanismo che provoca la corsa eterna alle novità,considerando che per ripianare i debiti di un titolo andato male l’editore è costretto a stampare un nuovo libro per incassare altri soldi. Risultato: in tutto questo ci guadagna solo e sempre la distribuzione che incassa a prescindere, si riempiono gli scaffali di inutili novità e i librai continuano a riempirsi di centinaia di titoli che non possono leggere tutti, non conoscono se non attraverso le schede di presentazione e quindi non sanno nemmeno consigliare bene al lettore. Titoli che vanno, poi, a riempire gli scatoloni dei resi da rispedire al mittente.
Noi a tutto questo abbiamo detto no, sin dall’inizio, ai Diari e, con giudizio, abbiamo cercato di ridurre la filiera dei libri attraverso Conti Deposito diretti con le case editrici. Conti deposito fatti con criterio, ragionando assieme all’editore su ogni singolo titolo. Un metodo per resistere e vendere libri che si conoscono bene e dare un’altissima visibilità ad ogni singolo titolo sulla Rete, senza l’ansia della inutile novità.
Grazie a questo metodo abbiamo provato a fare una piccola inversione di tendenza e a convincere anche i meno propensi a questo sistema.
Un paio di anni fa il mio amico libraio Arturo mi consigliò questa giovane e rampante casa editrice milanese nata da pochi mesi, Sem società editrice milanese. Dopo un corteggiamento durato un anno a Teresa Martini e Riccardo Cavallero, a settembre scorso, i titoli di Sem sono entrati nel nostro catalogo e col nostro metodo. Sabato 2 febbraio abbiamo festeggiato questo matrimonio con una presentazione speciale.
0001I Diari gremiti fino a far scoppiare i muri, tanto vino per brindare a questo matrimonio e tanti lettori per ascoltare Antonio Moresco, che con Antonio Riccardi ha parlato de “Il grido”. Una casa editrice che con coraggio e determinazione porta avanti scelte significative come questa non poteva non essere nostra alleata. Il clima della serata è stato di pura energia e affetto tra belle persone che hanno gli stessi valori e perseguono una precisa proposta culturale.
Un evento nel vero senso della parola, questo sabato sera di febbraio in cui, in una piccola libreria, è stato ospite uno dei maggiori scrittori italiani viventi e per molti considerato uno dei «più grandi del nostro tempo». Antonio Moresco è anche il creatore di un regno letterario senza precedenti che rende inservibili le categorie di modernismo come di postmodernismo; si può amare o non amare, ma non c’è dubbio: i libri di Antonio Moresco sono degli attacchi frontali, dei gesti estremi che stimolano reazioni forti su temi universali.
Da conoscere e da approfondire, e per questo ci siamo lasciati stupire dalla presentazione de “Il Grido”, pubblicato a ottobre da SEM Editore, che ha acquisito il catalogo dell’autore nato a Mantova nel 1947.

Il grido di Antonio Moresco è un pamphlet radicale, in cui tutto viene rimesso in discussione. In quest’ultima fatica dello schivo intellettuale mantovano si parla di noi, del tempo nel quale siamo immersi, quello del web, dei social, della nuova robotica, delle macchine che imparano e della violenza con cui stiamo perseguendo la nostra estinzione.
Ruota tutto attorno a una domanda Il grido di Antonio Moresco: “Che fine fa la specie intelligente, l’uomo, se distrugge il proprio habitat e le sue stesse condizioni di vita?”.
L’autore definisce le argomentazioni e le riflessioni attorno a questa domanda come un pamphlet che “assume via via la forma di un’invocazione, di una risata e di un grido”.
Nel libro Antonio Moresco, autore e personaggio principale, cerca di trovare risposte durante una passeggiata notturna, dialogando con figure cruciali della nostra epoca come Giacomo Leopardi, Stephen Hawking, Emily Dickinson, Michel Houellebecq, Darwin e Marx e tanti altri.
Questo libro – ha raccontato l’autore – parla in primis alle nostre coscienze, quella politica e quella ambientalista, ma arriva a considerare tutto quello che è potuto accadere per spingere l’umanità a mettere in pericolo la sua stessa esistenza su questo pianeta terra.

Sempre da Sem era uscito nel 2017 “Fiabe” di Antonio Moresco, non un testo per bambini ma un bellissimo libro illustrato da Nicola Samorì.

“Il libro Fiabe è prima di tutto una lotta. È il corpo a corpo di uno scrittore dei nostri giorni con la tradizione della fiaba”.
Fiabe, una strenua lotta condotta nel territorio magmatico e profetico, quello fiabesco appunto, che attraversa tutta la storia dell’uomo.Moresco si misura con gli autori certi della tradizione, Perrault, La Fontaine, Andersen, i fratelli Grimm, quel grande raccoglitore e inventore di Basile, e con gli autori ignoti, entra nei loro testi e li forza imprimendovi una nuova identità.
«Le fiabe sono state inventate da bambini che poi sono diventati adulti e da adulti che poi sono diventati bambini, […] bambini morti che risorgono dentro gli adulti che li avevano uccisi»,

scrive Moresco nell’introduzione, sottolineando la crudeltà intrinseca in quei racconti tradizionali.
È proprio dall’incontro tra questa riscrittura di Moresco, in cui emergono i caratteri più crudi delle fiabe e le straordinarie tavole dell’artista Nicola Samorì, con il suo stile cupo e drammatico, che nasce quest’opera unica, di spiazzante bellezza.

Per nottetempo edizioni nel 2018 è uscito “La Mia Città” di Antonio Moresco, libro impreziosito dai dipinti di Giuliano della Casa realizzati per l’occasione.

Antonio Moresco e Mantova, sua città natale. Un libro di schegge liriche pensate in dialogo e talora come controcanto ai dipinti di Giuliano della Casa. Visioni, evocazioni affiorano come la città da un’acqua di memorie, luoghi, lunghe ombre mosse, grande freddo.

Tra gli scaffali dei Diari è possibile trovare anche “Piccola fiaba un po’ da ridere e un po’ da piangere”, un libro di Antonio Moresco pubblicato da Rrose Sélavy nella collana Il Quaderno Quadrone. Il Quaderno quadrone è una collana di libri per ragazzi(dagli 8 anni) con brevi racconti e illustrazioni. 
Un po’ da piangere perché c’è di mezzo l’amore e quindi l’illusione. Un po’ da ridere perché ci sono personaggi esilaranti, come la maestra Slurp Slurp, che srotola la sua lingua lunga lunga fino agli ultimi banchi se si accorge che ti sei distratto, e la Bidella, che sa essere strega e fata: sarà lei a fare l’incantesimo che dà inizio alla storia, facendo innamorare i bambini che l’hanno presa in giro. Soprattutto, una fiaba dolcissima, quando Moresco ci racconta di Sonnambulino e Sonnambulina, personaggi che assomigliano molto ai nostri sogni e ai nostri sentimenti.

Una libreria di progetto che il Mercoledì precedente ha presentato in Libreria “Un Centro in Scozia” di Maurizio Barilli & Massimiliano Zerbini, pubblicato da Epika Edizioni, ed ha dato ampio spazio a libri scozzesi.
Quello di Barilli e Zerbini era il secondo libro ambientato in questa terra celtica, ma non è un seguito ma un’avventura di vita assolutamente nuova con gli evocativi disegni di Fausto Villazzi.

In questa avventura con Massimiliano e Maurizio alla ricerca del centro di Scozia, troverete riflessioni e grandi sogni, perché sognare in grande non è peccato in quella terra. Un itinerario scozzese dove il tiro alla fune tra passato e presente è una costante, fino a uno struggente addio ai giorni e a qualche errore adolescenziale.I due amici viaggiano alla ricerca di locations storiche e cinematografiche, accompagnati da qualche riferimento letterario. Si aggiungono i ricordi degli altri viaggi, incontri importanti, condivisioni inaspettate e molte buone birre. Max e Mauri fermano il tempo nell’attimo stesso in cui, condonando ogni debito, le funi che li tenevano ancorati alla gioventù vengono in parte recise.E da cacciatori di attimi, che ormai hanno ben saldi nell’anima, scoprono persone molto simili a loro e momenti da custodire. Una Scozia meravigliosa da portare ovunque ci si trovi.

Nel 2013 era uscito, sempre per Epika Edizioni, “Filo di Scozia. Storie di viaggi, cinema e amicizia” sempre di Maurizio Barilli e Massimiliano Zerbini.

Due amici, la comune passione per il cinema e per i viaggi li porta in Scozia. La prima volta, alla ricerca di inquadrature famose, subiscono irreparabilmente il fascino di quella terra, e i panorami mozzafiato si mescolano con le loro piccole grandi avventure. Diventano inquadrature e ricordi che si intrecciano alle loro vite come un filo di emozioni indissolubili. Ritornano una seconda e una terza volta, e in una struggente ricerca dei momenti vissuti anni prima, si trasformano in cacciatori di attimi. Li ritrovano, li perdono, ne trovano altri. Altre inquadrature, altro Filo di Scozia e l’idea per un altro dei loro film. Una storia vera, fatta di amicizia, e passioni; piccoli compromessi, coraggio e umorismo.

A proposito di Scozia voglio suggerire, a questo punto, tutta una serie di titoli una qualche con attinenza con questo Paese del Regno Unito.
Partiamo dallo scrittore scozzese per eccellenza, Robert Louis Stevenson. Di questo autore ho scelto “Il principe Otto” che è stato il primo libro edito da nottetempo e che, recentemente, è stato riproposto, in occasione dei loro 15 anni di vita, con questa nuovo veste grafica.
Robert Louis Stevenson (1850-1894), autore de “L’Isola del tesoro” e “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr . Hyde”, malato fin dall’infanzia, trasformò il suo bisogno di climi caldi in occasione di viaggi e avventure.

“Il principe Otto”, scritto fra il 1880 e il 1884, è uscito nel 1885 sul Longman’s Magazine.

Un principe elegante, svogliato e poco convinto del suo ruolo e una principessa troppo giovane e ardente sono vittime degli intrighi del Primo Ministro Gondremark e della sua amante, la contessa von Rosen, in una piccola corte tedesca. L’autore si rivela, in questo romanzo, nell’aggraziata debolezza del principe, nell’insofferenza a ogni autorità e impegno, salvo quello, modesto, di amare e coltivarsi. Uno dei romanzi più belli e meno noti di Stevenson, dove l’avventura consiste nel lasciarsi andare all’onda più forte, per portare a galla un’idea più giusta di sé.

Tra i titoli presenti nei nostri scaffali non possiamo non segnalare il libro di Duncan Hamilton, “Momenti di gloria”, edito da 66thand2nd, nella traduzione di Francesca Benocci.
Soprannominato lo «Scozzese Volante», come la locomotiva che nel 1934 raggiunse per la prima volta i cento chilometri orari, Eric Liddell è uno degli atleti britannici più popolari di sempre. Nato in Cina e tornato in Scozia all’età di sei anni, cominciò giovanissimo a inanellare primati nazionali nella corsa.
Figlio di ferventi missionari protestanti, dimostrò sempre una profonda spiritualità, arrivando a dire che correre era un modo “per rendere omaggio alla grandezza di Dio”. Come nel 1924, alle Olimpiadi di Parigi, quando le sue convinzioni religiose gli imposero di non partecipare alla gara dei 100 metri, dove era il favorito, perché si svolgeva di domenica. Gareggiò comunque nelle altre distanze e, contro ogni pronostico, vinse il bronzo nei 200 e l’oro nei 400, stabilendo il nuovo record mondiale.
Alla sua vita lo scrittore Duncan Hamilton dedica “Momenti di gloria” – approfondito e dettagliatissimo memoir –, e alla sua storia è ispirato l’omonimo film premio Oscar diretto da Hugh Hudson.

Sono sufficienti poche note della colonna sonora di Vangelis per evocare i fotogrammi di Momenti di Gloria, il capolavoro di Hugh Hudson che celebra il doppio oro conquistato dall’atletica leggera britannica ai Giochi di Parigi del 1924. A vincere i 100 metri fu l’ebreo inglese Harold Abrahams, mentre a imporsi nei 400 fu il suo amico e rivale Eric H. Liddell, che da quel giorno divenne per tutti il «pastore volante».
Liddell è stato senz’altro un predestinato della corsa, ma soprattutto un uomo di Chiesa dalla fede talmente granitica che alla domanda su come avesse fatto a ottenere quell’inattesa vittoria rispondeva: «Ho fatto i primi 200 più veloce che potevo. Poi gli altri 200 con l’aiuto di Dio». Confessione che racconta già molto di un uomo che alla fama sportiva, all’amore della famiglia e forse alla vita stessa antepose sempre i doveri di un missionario, adempiuti con uno stoicismo che non vacillò neppure al cospetto delle rinunce più dolorose e dei cospetti più drammatici. Come il campo di prigionia di Weihsien dove, nel corso della Seconda guerra mondiale, si concluse la sua breve esistenza. Il fatto che Duncan Hamilton abbia posto una figura come la sua al centro di un’indagine storica così poderosa suggerisce che la vera gloria non si concentra in pochi momenti della biografia di un uomo, ma si costruisce giorno dopo giorno, grazie alla scelta rivoluzionaria di dedicarsi al prossimo nelle retrovie dell’anonimato.

Parlando di Scozia, tra le scrittrici scozzesi non possiamo non citare Ali Smith. Autrice di cinque raccolte di racconti e sei romanzi, fra cui “Hotel World” e “Voci fuori campo”, usciti rispettivamente per minimum fax e Feltrinelli. “Voci fuori campo” è stato ripubblicato presso BIG SUR in una nuova veste grafica. Sempre per la casa editrice Sur sono stati pubblicati nel 2016 “L’una e l’altra” e nel 2018 “Autunno”. Due volte finalista al Booker Prize, è una delle voci più originali e influenti della letteratura britannica contemporanea.
Nel novembre 2016 per la traduzione di Federica Aceto è stato ripubblicato “Hotel World”.

Intorno al lussuoso Global Hotel si incrociano i destini di cinque donne: Sara, una giovane cameriera morta accidentalmente all’interno dell’albergo; Lise, una receptionist dall’inattesa generosità; Else, una mendicante che per poche ore viene ammessa in quel mondo di comfort e privilegio; Penny, una giornalista più smaniosa di ricevere attenzione che in grado di darne; e Clare, la sorella di Sara, che cerca di fare i conti con la sua scomparsa. Cinque personaggi femminili ciascuno con la propria voce, cinque appassionanti flussi di coscienza da cui ricostruiamo man mano una vicenda fatta di mondi diversi che si toccano. Una godibilissima ghost story contemporanea che si legge di un fiato, sbalorditi dall’audacia della scrittura e commossi dalla sua profonda umanità.

“Un romanzo deliziosamente inventivo, esuberante, pieno di grinta, in cui la vera star è la prosa vivace, fluida e leggibilissima dell’autrice.”
Altra giovane scrittrice scozzese è Kerry Hudson. Nata nel 1980 ad Aberdeen, in Scozia e cresciuta in un susseguirsi di case popolari, b&b e roulotte, ha sviluppato un occhio attento per le persone e un amore per i viaggi. Il suo primo romanzo, “Tony Hogan Bought Me an Ice-Cream Float Before He Stole My Ma”, ha vinto lo Scottish First Book Award. “Sete”, la sua seconda opera, è stata finalista al Green Carnation Prize. I suoi libri sono pubblicati anche negli Stati Uniti e in Francia. Attualmente Kerry Hudson vive a Londra, dove insegna all’Accademia nazionale di scrittura e segue il suo WoMentoring Project.

“Tony Hogan Bought Me an Ice-Cream Float Before He Stole My Ma” è stato pubblicato in Italia nel 2016 da minimum fax col titolo “Tutti gli uomini di mia madre” nella traduzione di Federica Aceto.

Quella di Janie Ryan è la storia di un’infanzia irrequieta, trascorsa tra appartamenti sordidi e case popolari fatiscenti, tra alcol, droghe e code per il sussidio di disoccupazione, al traino di una madre immatura e molto, molto instabile. Janie si rifugia nella sua collezione cenciosa di giocattoli, in dosi massicce di patatine fritte e gelati, accettando come normale routine la turbolenta vita sentimentale di una donna sempre in bilico tra depressione ed eccitazione, scontri violenti e inaspettati moti di tenerezza. Janie sembra destinata a seguirne le orme ma, nata e cresciuta per combattere, forse è pronta a riscrivere la propria storia. In Tutti gli uomini di mia madre, il suo coinvolgente romanzo d’esordio, Kerry Hudson disegna in modo vivido un racconto agrodolce, di sopravvivenza e di apprendimento, in cui il fascino del passato e la voglia di disegnare un futuro diverso si intrecciano in una continua lotta per la vita.

Ambientato in parte in Scozia e per protagonista una famiglia scozzese è il libro di Julia Glass “Tre volte giugno”, edito da Nutrimenti nella traduzione di Caterina Barboni e Giovanna Scocchera.

Tre estati tra la Grecia, la Scozia e gli Stati Uniti, tre volte il mese di giugno in un arco di dodici anni nella vita della famiglia scozzese dei McLeod, in un intreccio di amori, solitudini, piccole gioie e relazioni segretamente tessute. Tutto ha inizio quando Paul, vedovo e ormai nell’autunno della sua vita, si infatua di una giovane artista americana mentre viaggia per la Grecia. Sei anni più tardi, in occasione della morte di Paul, i tre figli si riuniscono nella casa d’infanzia: protagonista di questo ‘secondo giugno’ è il primogenito Fenno, gay e con un vissuto tormentato. Passano ancora gli anni ed è di nuovo giugno: il destino fa infine incontrare Fenno e Fern, la donna che in Grecia aveva conosciuto il padre e che ora è incinta, decisa a crescere da sola il bambino che verrà.Acclamato con toni entusiastici da scrittori del calibro di Michael Cunningham e testate come il New Yorker, “Tre volte giugno” è il debutto, curato per sei anni, della newyorkese Julia Glass. Un esordio che, caso quasi senza precedenti, ha vinto il National Book Award, il più prestigioso premio letterario americano, ed è entrato nelle classifiche dei libri più venduti negli Usa, facendo parlare i giurati di una “naturale maestria” nel tratteggiare l’intreccio delle generazioni che si ritrova “forse solo in E.M. Forster”.

Nello Zaino di Antonello: Tra Moresco, La Scozia e case editrici innovative.