di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Passione

a

«Il tempo in cui viviamo è meraviglioso, e definisco meraviglioso un tempo che pone una gran massa di problemi – di problemi giganteschi – un tempo che stimola i pensieri, risveglia la critica, l’ironia e la ricerca di un significato più profondo, suscita passioni, e soprattutto è fertile, gravido, ogni ora partorisce una qualche novità e a ogni parto diviene ancora “più gravido”.»  (Rosa Luxemburg)

Io ho un’amica grande, che mi è stata portata in dono dalla libreria, si chiama Roberta Maggiali e da alcuni mesi, partendo da certe canzoni napoletane di Lina Sastri e dal film di Jonh Turturro, abbiamo iniziato a giocare sui social col termine “Passione”.

“Descrivere passione richiede parole di esperienza e stupore, sorpresa e sforzo di rileggere queste parole ogni volta attraverso emozione e sensi che le trasformino in sentimento. L’unica vera autentica situazione che possa sopportare vita morte respiro abbandono e felicità, restando Umani e Umane. È scoprire pezzi di identità propria ripuliti da luogo comune e pregiudizio che non stanno solo fuori, nel mondo ma proprio dentro ognuno e ognuna di noi. Passione è Jim e Jules, è il rossetto di mia mamma prima delle ore di fabbrica, è una foto di mio figlio, una foto qui sopra in stazione. Passione è ero, sono, sarò Rosa Luxemburg morta ammazzata di libertà impedita. Passione è Tina Modotti Geranio, è la mia gatta che si lecca al sole, è la chitarra di mio padre, o un’amica che ti raggiunge nel pensiero brutto. È la paura di perdere e la felicità di avere tutto questo. Passione è, come scrive Mariangela Gualtieri, la Delicatezza del Poco e del Niente e del Poco Poco”.

Questo mi ha scritto un giorno Roberta, che, tra le altre cose, usa definirci Librai appassionati dentro Librerie Passione.

Già, perché idee libere e Passione possono nascere anche da consigli di letture indipendenti e preziose e dentro spazi di condivisione come una libreria.

0Sabato 19 Gennaio abbiamo presentato con passione e dentro una libreria colma di gente “Aspettando i Naufraghi”, libro di esordio, edito da Miminum fax, di Orso Tosco, scrittore e sceneggiatore ligure, classe 1982; una storia distopica in cui vita e morte si fronteggiano fino all’ultimo respiro e abbiamo raccontato cosa si nasconde dietro l’oscurità degli scenari con Caterina Bonetti.

Tra i partecipanti a una festa sfrenata che si conclude con un suicidio collettivo, Massimo è l’unico a non premere il grilletto. Eppure la fine è vicina, per tutti. La guerra incombe, e i Naufraghi stanno arrivando. In pochi mesi, quello che inizialmente sembrava soltanto un gruppetto di invasati è cresciuto in modo inarrestabile, tanto da sovvertire l’intero ordine globale. L’unica caratteristica che lega i suoi componenti è l’abbandono di ogni comunicazione verbale. I Naufraghi si esprimono mediante le loro azioni, azioni che sono violente, distruttive, definitive. Per uccidersi o farsi ammazzare, un posto vale l’altro, Massimo lo sa bene. Ma all’ultimo momento decide di trascorrere il poco tempo che gli rimane con Piero, suo padre, confinato all’Hospice San Giuda, un sanatorio incastonato tra le valli di un entroterra che somiglia molto a quello ligure. Massimo non è mai riuscito ad accettare la malattia del padre, ma ora, sentendosi ugualmente spacciato, è lui ad avere bisogno della sua presenza. Un analogo cambio di prospettiva consentirà anche agli altri abitanti dell’Hospice di resistere al peso della disperazione. Che si tratti del Dottor Malandra, timido chirurgo morfinomane; di Guido, infermiere, alcolista, ultras; di Olga, suora in lotta contro la felicità e contro il proprio passato, tutti comprenderanno l’ultima, possibile verità: che ci può essere speranza senza speranza.

Con uno stile potente e attraverso continui sconfinamenti nel fantastico, Orso Tosco riesce a darci una rappresentazione quanto mai reale delle motivazioni segrete che ci spingono a vivere, fino all’ultimo respiro. E, forse, persino dopo.

Passione è anche riempire una libreria a dismisura di gente come se fosse un formicaio un mercoledì sera di gennaio.

Una colonia di formiche è un microcosmo organizzato, efficiente, autonomo, collaborativo. Un superorganismo dove i singoli individui, obbedendo ciascuno a semplici regole, fanno emergere complessi comportamenti collettivi. Così migliaia di specie di formiche hanno colonizzato tutti gli angoli della Terra.

Donato Grasso, etologo e professore all’Università di Parma di Zoologia, Etoecologia e Sociobiologia, nel suo nuovo libro “Il formicaio intelligente”, edito da Zanichelli Editore, descrive e racconta l’universo in miniatura di questi insetti. E noi esseri umani che cosa possiamo imparare?
Lo abbiamo scoperto proprio mercoledì scorso in libreria alla presentazione del libro assieme all’autore e al biologo Mauro Orlandini.

Le formiche costruiscono nidi complessi, coltivano, allevano, sanno combattere come un esercito addestrato ma senza capi.Le nostre società di Homo sapiens sono molto diverse da quelle delle formiche.Possiamo però studiare il successo evolutivo di questi insetti per inventare applicazioni pratiche utili alla nostra specie. Gli algoritmi che si ispirano alle regole di un formicaio sono utili in molti ambiti, dall’ottimizzazione di Internet alla gestione del traffico stradale. Le formiche sanno bene come trovare la via più breve ed evitare ingorghi.Le zattere che formano intrecciando i loro corpi quando il nido viene alluvionato potrebbero ispirare la progettazione di nuovi materiali e di robot autoassemblanti. Alcune specie di formiche potrebbero essere usate nella lotta biologica agli insetti nocivi. Nuove molecole che sono state isolate dal veleno delle formiche potrebbero risultare efficaci contro i ceppi di batteri patogeni super resistenti. Ci sono migliaia di modi diversi di essere formica: frammenti di natura che nascondono tesori preziosi di inimmaginabile bellezza.

”Le persone possono vivere per decenni in una strada costeggiata di olmi e non aver mai notato com’è un olmo quando fiorisce”.

Esattamente 100 anni fa moriva Rosa Luxemburg. Un’esistenza indomita, una passione inestinguibile.
Rosa Luxemburg fu assassinata in circostanze ancora poco chiare da sicari del governo nel corso della rivolta spartachista, il 15 gennaio del 1919, anno in cui le donne in Germania ebbero l’accesso al voto. Fu fondatrice del Partito Comunista. Trascorse l’ultimo anno della sua vita a Berlino, in una prigione.

Icona della rivoluzione, Rosa Luxemburg ha sempre difeso – dal carcere come sulle barricate – le ragioni degli ultimi. Nelle lettere ai compagni e alle amiche dà voce a una libertà indomita e felice, un’arte della gioia curiosa e stupita, e ci consegna il ritratto di una donna che ha scelto la verità battendosi con geniale passione perché assomigliasse alla bellezza.

Si è a lungo battuta per le donne e i lavoratori e le lavoratrici. Non ebbe vita facile ma continuò a essere sempre quella grande pensatrice e intellettuale per la quale oggi la ricordo. Con parole precise e infuocate di passione ha immaginato un futuro di uguaglianza e giustizia, una donna che ha saputo scorgere la bellezza e la speranza anche (e forse soprattutto) nei tempi più difficili.
In libreria è arrivato l’ultimo libro edito da L’Orma su Rosa Luxemburg: “Dappertutto è la felicità. Lettere di gioia e barricate” di Rosa Luxemburg, a cura di Eusebio Trabucchi e con un’introduzione a quattro mani con Cristiano Armati.
Passione è consigliare fortemente una lettura a chi ha amato un libro bello come “La morte dei caprioli belli” di Ota Pavel e a chi ama l’ironia della letteratura ceca. Un libro come “Dalla parte del bene” di Martin Fahrner, Keller editore nella traduzione dal ceco di Laura Angeloni.

In un piccolo paese al confine con la Polonia, posto su un valico tra due montagne, l’esistenza può scorrere pacificamente, segnata soltanto dall’agognato passaggio da un triciclo a una Pionýr o a un’Eska, una bicicletta disponibile in tanti colori e con le marce. Poi quando le gambe si allungano a dismisura e si è molto fortunati, si può pure ricevere una Favorit, per tutta la vita.
Eppure per il figlio del capitano della squadra di calcio di Kostelec questo rituale non è scontato e il triciclo può finire, ad esempio, in cima alla barricata allestita per fermare i carri armati pronti a invadere la Cecoslovacchia nel 1968.
Comincia così un racconto magico in cui ci guida la voce di un bambino che prima narra le gesta di un padre, fuoriclasse del pallone, e poi quelle di un protagonista che fa i conti con il crescere e il diventare adulto proprio nel periodo più tragico della recente storia cecoslovacca: dall’invasione sovietica che mette fine alla Primavera di Praga nel 1968 fino alle manifestazioni studentesche e alla caduta del regime comunista nel 1989. Nel mezzo, vent’anni con una famiglia particolarissima, un padre che conosce i fasti e il declino della propria stella, gli amici, le scelte, lo sport, il tutto alla ricerca di una bussola capace di indicare la strada giusta, che sempre torna a coincidere con quella di un’intera generazione.

Leggero e ironico, Martin Fahrner si inserisce nella migliore tradizione della letteratura ceca che affronta i grandi temi del vivere e della storia con una levità rara.

Passione è anche consigliare un libro di cui il nostro paese era orfano come “Vicini di casa” di Thomas Berger, un piccolo gioiello di black humour, nella traduzione di Andrea Asioli per BigSUR, arriva in Libreria a partire da Giovedì 17 Gennaio.

Questo romanzo «divertentissimo e misterioso», come lo ha definito il New York Times, si svolge tra le case di un sobborgo residenziale americano, popolato da vite sonnecchianti e avvolte in un manto borghese di stabilità. Earl Keese, un uomo di mezza età anonimo e sovrappeso, vive qui con la moglie Enid; sono felicemente soli, perché da qualche tempo la loro figlia ventenne, Elaine, si è trasferita al college. Quando nel vicinato trasloca una giovane coppia, Harry e Ramona, la routine di Keese viene improvvisamente sconvolta: Harry è un omone all’apparenza bonario che nasconde però un lato aggressivo e calcolatore, mentre Ramona, sensuale e sicura di sé, inizia da subito a provocare Keese. Semplici eccentrici o abili impostori? Enid nonostante tutto sembra subire il carisma dei vicini, gettando ulteriormente in crisi il marito. I quattro diventano protagonisti di una rocambolesca guerriglia di piccole violenze reciproche, sotterfugi, manipolazioni e trucchetti. Incapace di distinguere tra alleati e nemici, tra realtà e allucinazione, Keese dovrà fare appello a tutte le sue risorse per non perdere la sanità mentale e resistere all’assalto dei nuovi arrivati.Vicini di casa, qui tradotto per la prima volta in italiano, è un piccolo gioiello di black humour: un romanzo in crescendo che tiene il lettore sulle spine fino all’ultima pagina, divertito e frastornato dalle stesse fantasie paranoiche del protagonista.
Thomas Berger (Cincinnati, 1924 – New York, 2014) è stato finalista al Premio Pu­litzer nel 1984. Autore di più di venti romanzi, oltre a racconti e opere teatrali, nella sua carriera letteraria ha spaziato tra i generi più diversi, dal western alla fantascienza alla commedia. Dal suo Il piccolo grande uomo (1964) Arthur Penn ha tratto nel 1971 l’omonimo film con Dustin Hoffman e Faye Dunaway. Anche Vicini di casa, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1980, è diventato l’anno dopo un film di successo, interpretato da John Belushi e Dan Aykroyd.

Ultimo consiglio appassionato: “Il posto perfetto per l’infelicità” di Damir Karakaš nella traduzione di Elisa Copetti, pubblicato da Nutrimenti edizioni lo scorso novembre.

Un giovane scrittore croato si trasferisce a Parigi con l’ambizione di trovare un editore che possa dargli fama internazionale. Sotto il braccio ha il suo ultimo manoscritto: Il posto perfetto per l’infelicità. Per sbarcare il lunario disegna caricature ai turisti nella piazza davanti al Beaubourg, cercando di farsi largo tra bande di disegnatori di ogni nazionalità. A causa di un suo tradimento è stato cacciato di casa dalla donna con cui era venuto a Parigi, e adesso condivide un appartamento fatiscente con altri immigrati dell’Europa dell’Est. Questa è la sua vita di straniero a caccia di fortuna: disegna in strada, cerca un editore, passa da un’avventura all’altra senza troppo coinvolgimento. Ogni volta che l’occasione sembra dietro l’angolo, è soltanto l’ennesima illusione. In un crescente disincanto, l’entusiasmo dei primi tempi lascia lentamente il posto alla frustrazione. Servirà un esito rocambolesco a metterlo di fronte a un’amara constatazione: forse Parigi non era la terra promessa che sperava.Con scrittura viva e originale, Damir Karakaš racconta il fallimento di una generazione di giovani che, in fuga dai Balcani martoriati dalla guerra, hanno cercato un futuro nei paesi occidentali uscendone sconfitti. Un intenso romanzo delle illusioni perdute, che restituisce anche un ritratto inedito, a tratti scomodo, di un’Europa in cui è sempre più difficile essere integrati e accolti. Karakaš descrive la vita degli immigrati, i nuovi ‘miserabili’ venuti dai quattro angoli del mondo, alle prese con la povertà, la legge del più forte, la criminalità. Alla ricerca della loro parte di felicità. Il tutto descritto con un’energia impetuosa, immagini forti, frasi brevi, espressive e coinvolgenti, e uno sguardo penetrante e acuto sulla realtà”. (Večernji list)
Damir Karakaš è stato reporter di guerra in Croazia, Bosnia e Kosovo. Ha vissuto per cinque anni a Parigi, dove si è mantenuto suonando la fisarmonica. Nel 2000 ha pubblicato il suo primo romanzo, Kombëtari, seguito dalla raccolta di racconti Kino Lika, che lo ha fatto conoscere nell’ambiente letterario balcanico e da cui è stato tratto anche un film. I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi.

 

Nello Zaino di Antonello: Passione
Tag: