Verdeto

Immagino una chiacchierata con te verso sera, sedute sui gradini di pietra della chiesa di Verdeto. Davanti a noi l’intera vallata e, sullo sfondo, il castello di Boffalora e il sole che tramonta oltre le colline. 

Quelli indicati da Laura Fusconi come scenario ideale per la chiacchierata che segue sono i luoghi in cui è ambientato “Volo di paglia”, suo esordio per Fazi, romanzo dal palpito vitale di grande fascino. La narrazione, seppure in terza persona, è affidata ai bambini: Tommaso Camillo e Lia nella prima parte, ambientata nella campagna di Agazzano, un paese in provincia di Piacenza, tra il 1942 e il 1946; Lidia e Luca nella seconda parte, ambientata alla fine degli anni Novanta. 

Volo di pagliaLaura Fusconi riesce a conservare una grande coerenza, prova di maturità stilistica, non solo nel dare la voce a minorenni, che soprattutto per Tommaso Camillo e Lia conservano l’ingenuità dei loro anni di fronte alla tragedia della violenza fascista e familiare, ma anche nel ritrovare nei tempi diversi in cui il romanzo è ambientato, gli anni Quaranta e Novanta del Novecento, quel tono universale che caratterizza la fanciullezza, pur calandolo nelle diverse realtà storiche.

Che cosa rappresenta l’infanzia nell’universo narrativo del romanzo e quale ragione ti ha spinto a raccontare una storia non facile e di certo dolorosa, attraverso uno sguardo fanciullesco e semplice?

FusconiMi ha sempre affascinato lo sguardo schietto dei bambini: non ha pregiudizi né mezze misure, non ci sono grigi, c’è solo il bianco o il nero. I bambini giocano, litigano, si urlano addosso, fanno pace. Possono essere buonissimi o cattivissimi. Ma soprattutto sono capaci di trasfigurare la realtà, di modellarla coi loro strumenti: tutto è fiaba, gioco, immaginazione. Anche ciò di cui hanno paura. Camillo, Tommaso e Lia da una parte e Luca e Lidia dall’altra: a cinquant’anni di distanza fanno gli stessi giochi, provano le stesse emozioni, si arrabbiano allo stesso modo.

La sfida è stata cercare di restituire questo sguardo, di mostrare come l’infanzia sia un momento cruciale, delicato, a prescindere dall’epoca storica: un dolore inferto ai bambini non finisce con l’infanzia ma continua nell’età adulta, e come un morbo infetta altri bambini e poi altri ancora finché non ci si decide a risolvere ciò che del passato è rimasto irrisolto. 

 

Nel mezzo di questi cinquant’anni un vuoto narrativo, che racchiude al suo interno, la storia di Mara e Stefano. Un amore breve, eppure tenace, che tiene avvinta Mara a distanza di tempo. Un salto temporale, che è anche un tornare su passi già compiuti e valutarne la portata.

Passato e presente, che si intrecciano e si scompongono. Credo che il tempo sia una delle categorie più importanti nella costruzione di una storia. Sia in termini di ambientazione: avrai dovuto documentarti e studiare per ricostruire quale poteva essere l’aspetto della campagna piacentina durante la Seconda Guerra Mondiale, che pure rimane sullo sfondo per lasciare spazio alla crudeltà umana, ancora più ingiustificabile quando la barbarie del tempo è lontana e remota; sia in termini più strettamente strutturali: le generazioni si confondono nel tuo romanzo e si mescolano, fino a trovare una sintesi nella pazzia di Camillo, che è ancorato alla sua infanzia e a quel groviglio di sentimenti contraddittori che lo paralizzano e immobilizzano, non concedendogli di essere adulto. Nel mezzo Mara, con la ventata della sua giovinezza a fare da collante tra una generazione e l’altra.

Forse è proprio nella complessa gestione del tempo che dimostri una maturità piena nella scrittura. Difatti “Volo di paglia” è il tuo primo romanzo, preceduto da vari racconti in diverse riviste.

Da dove sei partita? L’idea di un tempo che non procedesse in maniera lineare, ma con balzi e saltelli, è nata insieme ai personaggi? è legata all’idea di conservare lo sguardo bambino? o da altro?

FusconiCi sono almeno tre piani temporali nella storia, ma nella mia testa è come se ce ne fosse soltanto uno. Non ricordo chi diceva che viviamo sulla cresta di due tempi: un tempo fisico, che scorre e che coinvolge tutti, e un tempo interiore, capace di saltare in avanti e indietro senza soluzione di continuità e di riannodare a piacimento i ricordi. Credo che mi succeda lo stesso con i luoghi. La valle di Verdeto è lì, impressa nella mia testa: negli anni si sono stratificati i ricordi, i racconti di mia madre, le storie che ancora sopravvivono, come i giochi dei bambini che si divertono allo stesso modo da sempre, lontani nello spazio e nel tempo da tutto. Verdeto è un luogo della mente, ma non volevo farlo diventare immacolato, non volevo sterilizzare il dolore. Lo sguardo bambino è quello che mi è venuto naturale immaginando le storie dei miei personaggi perché è uno sguardo diretto che, al di là dell’immaginazione, coglie il significato reale delle cose.

 

I luoghi hanno un’importanza notevole in “Volo di paglia”: sia per la prima parte che per la seconda.  La campagna piacentina di Verdeto è un posto isolato e marginale, chiuso in se stesso ma non in senso claustrofobico quanto intimo e riposto, in cui la stessa natura con il bosco delle fate e quello delle streghe si fa interprete della dicotomia tra bene e male, ma soprattutto di quanto non sia facile né univoco separare, o anche solo riconoscere, l’uno dall’altro.

Soprattutto nella prima parte, quella ambientata durante gli anni di guerra, che è un suono lontano, e del fascismo, rappresentato da Gerardo Draghi, mi sembra che il luogo si innesti in un nodo centrale del romanzo: la visione di un fascismo non ideologico, ma personale e individuale, e in questo ancor più brutale e violento. Uno scardinamento importante nel tuo romanzo, che non è un romanzo storico, ma che giovandosi dell’ambientazione storica propone un’interpretazione sottile e acuta di quello che è stato il “fascismo”, e che ancora è, se spogliamo il termine della sua valenza ideologica e lo prendiamo invece come un’indicazione di metodo: cosa che straordinariamente fa Michela Murgia nel suo nuovo pamphlet, “Istruzioni per diventare fascisti”.

Che ruolo ha Gerardo Draghi e la sua violenza privata e brutale nel romanzo?

FusconiLa tua domanda più che al libro di Michela Murgia, che purtroppo non ho ancora letto, mi fa pensare a un altro pamphlet, quello di Umberto Eco, “Il fascismo eterno”, in cui si sottolinea la debolezza filosofica dell’ideologia fascista e, dall’altra parte, la presenza di alcune caratteristiche che compaiono anche in Gerardo Draghi: il suo macismo, che lo porta a disprezzare le donne, e la sua violenza verbale. Draghi appare come un uomo frustrato in cerca di affermazione; può contare su un ampio seguito, grazie alla paura che è capace di incutere: la sua disumanità è un tutt’uno con il suo ruolo politico. Il delirio di potere gli fa credere di avere il diritto di soddisfare le sue pulsioni più animalesche e lo rende cieco di fronte al dolore delle sue vittime e all’affetto che, nonostante tutto, sua moglie e sua figlia provano per lui.  

Credo che il fascismo continui ad avere successo perché giustifica e sdogana gli istinti peggiori che ognuno si ritrova dentro. Nel caso di Draghi il fascismo non ha niente di ideologico ma è semplicemente la possibilità di spadroneggiare, affermarsi come altrimenti non potrebbe fare.

Gerardo Draghi è inscindibile dai luoghi del romanzo: sembra abitare ancora le stanze della Valle nonostante sia morto da tempo. Diventa un fantasma tangibile e presente. Lidia e Luca sono attratti e terrorizzati insieme dalla Valle: giocano nelle sue stanze immaginando la presenza di un’Ombra che acquista sempre maggior concretezza nella loro mente e nei loro giochi. Il grido “Dio è un bugiardo” e il rosso delle pareti sembrano tenere in vita il ras fascista, che rappresenta tutto ciò che di peggio un adulto può essere.

Grazie a Don Antonio, però, gli si offre la possibilità di redimersi. 

 

Don Antonio è una delle figure adulte più positive del romanzo. Incarna la ragionevolezza e il coraggio, il senso del dovere coniugato con il sentimento dell’umanità. Una figura di prete presente e non assillante, accogliente e partecipe, che si fa carico del Bene come con Luigi, e combatte il Male, tanto da essere pestato dalle camicie nere. 

Si nasconde un personaggio reale, o un modello letterario dietro la sua figura? 

FusconiDon Antonio è esistito davvero: era il parroco di Verdeto durante il fascismo. Riuscì ad aggregare un buon numero di compaesani nella sezione locale dell’Azione Cattolica che si opponeva ai fascisti. Chi lo ha conosciuto mi ha detto che era una persona decisa e coraggiosa. Come nel romanzo, anche nella realtà venne picchiato dalle camicie nere perché temevano la sua autorevolezza e l’influenza che aveva sulla gente. Ho deciso di mantenere inalterato il suo nome, in segno di apprezzamento e rispetto.

Immaginando l’ultimo incontro con il ras, ho voluto attribuirgli quella che ritengo che sia una delle doti più importanti di chi si professa cristiano: la capacità di sospendere il giudizio, lasciandolo a Dio, e di perdonare. 

La sua tomba si trova nel cimitero quadrato di Verdeto, l’epigrafe è:

antonio tagliaferri

1876-1960

per 44 anni arciprete di verdeto

qui con i parrocchiani 

per sempre

 

Nel libro l’ho riportata identica. 

 

Non ci siamo soffermate su Mara, che è il personaggio che fa da congiunzione tra le generazioni: un anello tra Lia, Camillo e Tommaso da una parte e Luca e Lidia dall’altra. Non a caso nel finale c’è lei, e a lei spetta la costatazione che non ci sono più ombre.

Chi è Mara nell’economia di “Volo di paglia”?

FusconiMara è, di tutto il romanzo, il personaggio risolutivo: con la sua consapevolezza e con la forza di guardare in faccia i fantasmi del passato rende possibile il futuro e accettabile la speranza.

Se nel passato resta qualcosa di irrisolto, da lì scaturisce inevitabilmente dolore. Dolore per Camillo che si è fermato al drammatico volo di Lia, dolore per Mara stessa che non ha mai superato un lutto, dolore per Luca e Lidia che non riescono a essere amici come vorrebbero. Grazie a Mara tutto giunge a compimento e trova un suo senso.

 

Aggiungo anche una domanda bis:

sarà per la presenza di tanti personaggi giovani, e dell’abilità con cui tratti il tema dell’adolescenza, dei sogni e delle reticenze, dei timori e dei sospetti, degli amori e delle amicizie, ma “Volo di paglia” si presta particolarmente a un pubblico giovane. Hai pensato che il romanzo potesse essere adatto a lettori se non coetanei dei tuoi personaggi comunque giovani e in una fase esistenziale di transizione? Credi che loro siano adatti a conoscere il tuo romanzo?

FusconiSe devo dirti la verità quando scrivo non penso al pubblico, a chi mi leggerà. Quando mi rileggo sento però che sto scrivendo per un lettore che potrei essere io, io a sette anni, quindici, venti, adesso o tra dieci anni. Mi interessano storie universali, che possano essere lette da tutti. Non voglio nascondere chissà quali significati dietro le vicende, voglio che la forza del passato prema sul presente, e determini le nostre scelte. Credo nei mondi piccoli che ognuno si porta dentro, e penso che il recinto della mia narrativa conterrà sempre vicende di questo tipo. 

Chiacchierando con… Laura Fusconi
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