di Federica

Federica

 

 

 

Nella terra di nessuno

Foto di Federica Pergola
Foto di Federica Pergola

All’estremità dello Yorkshire, dove si estendeva Elmet, l’ultimo dei regni celtici indipendenti d’Inghilterra, abitano Daniel e Cathy, due fratelli senza madre, sparita tempo prima in circostanze a loro ignote. Il padre, John, è un pugile con pochissimi amici, che ha deciso di vivere nei boschi evitando qualunque contatto con il mondo esterno. Per questo i ragazzi hanno costruito con lui la loro casa, dormendo nel frattempo all’aperto e nutrendosi di caccia e raccolta. Per questo non vanno a scuola, e cominceranno a conoscere il mondo dei libri e delle riflessioni a casa di Vivien, una vecchia amica di John, tra un tè e una passeggiata in giardino…

Fiona Mozley, trentenne esordiente (Elmet è il suo primo romanzo) definita l’”astro nascente della narrativa inglese” (The Economist) è riuscita in un piccolo miracolo: Elmet è stato infatti finalista al Man Booker Prize; è stato definito” libro dell’anno” dalle testate più autorevoli; ha venduto più di 70.000 copie, conquistando tutti.

E certo il romanzo incuriosisce: per il talento della scrittura, le atmosfere senza tempo che ci riportano alle favole tradizionali (colme anche quelle di violenza e sangue), l’attenzione lirica verso la natura, la costruzione moderna e classica insieme.

L’incipit è una corsa disperata:

Non mando ombra. Il fumo indugia alle mie spalle, soffocando la luce del giorno. Conto le traversine, e i numeri scorrono in fretta. Conto i rivetti e i bulloni. Cammino verso nord. I primi due passi sono lenti, fiacchi. Non sono sicuro della direzione, ma questa scelta iniziale mi inchioda. (…) Resta sempre il dubbio. Se quando ha raggiunto la ferrovia è andata a sud, allora è tutto inutile. (…) Se è andata a sud, allora l’ho perduta”

La storia sembra riemergere da un classico western, o da certa filmografia di Clint Eastwood, dove qualcosa di leggendario e grandioso si dipana davanti allo spettatore, rapito e partecipe della sorte del -o dei- protagonisti, in genere lasciati soli contro il male o il destino…

Una volta papà ci aveva raccontato che le battaglie venivano combattute sempre e soltanto da due persone alla volta. Potevano anche coinvolgere eserciti, governi e ideologie, ma in qualunque momento c’erano solo due persone, una sul punto di uccidere e l’altra di essere uccisa. Gli altri, gli uomini e le donne che erano con te o contro di te, svanivano. C’eravate solo tu e un altro, fermi su un campo coperto di fango, con la pelle nuda sotto i vestiti (…) Papà ci aveva spiegato che dovevamo ricordare che in qualunque momento è possibile guardare dritto negli occhi una persona soltanto”

Ma il tono narrativo è mutevole, si concede delle pause dedicate alla natura in cui sono immersi i ragazzi

“I rondoni erano troppo leggeri per opporsi alle raffiche come i gabbiani e i corvi, e grazie a loro vedevo il vento come un mare. Onde dense e soffici che si infrangevano contro coste di terra coperte di boschi (…) I rondoni cavalcavano, si tuffavano e attraversavano quella massa invisibile, che per loro probabilmente ruggiva e ululava fragorosa come gli oceani sulla terra; poi intercettavano di nuovo una corrente ascensionale e salivano fino alla cresta”.

“Spicchi di luce filtravano dalle nuvole, simili al becco di un merlo che cantava”

Per poi tornare alla violenza degli uomini:

“papà era allo stesso tempo più cattivo e più buono di qualunque leviatano dell’oceano. Era un essere umano, e la gamma su cui vibrava la sua vita interiore spaziava dalla superficie semitrasparente ad abissi al di là delle fosse più profonde di qualunque mare. La sua musica si spingeva al di sopra dell’udito dei segugi e al di sotto del fremito degli alberi”.

Come dice David – il meno impetuoso, fanatico e violento della storia -:

Sentivo tutto perché ascoltavo attentamente

Così viene da pensare dell’autrice. Che non ha ancora trent’anni, e adesso scrive il suo secondo romanzo.

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Elmet, di Fiona Mozley, traduzione di Silvia Castoldi, Fazi Editore, pp. 276, euro 18,00

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