di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

I libri devono andare incontro ai Lettori

z
Ha scritto in un post il giornalista e scrittore Gian Paolo Serino:

sono i libri a dover andare incontro ai lettori e non i lettori andare incontro ai libri.

Un pensiero che sento molto mio e in base al quale ho sempre pensato di portare i libri anche nei posti meno consueti . In base a questo ragionamento che domenica 14 ottobre siamo stati con una nostra selezione di libri a Colorno alla Festa del Tortèl Dòls, la rassegna dedicata allo storico primo piatto tipico della Bassa parmense ripieno di mostarda di frutti antichi, vino cotto e pangrattato. Davanti alla Reggia di Colorno abbiamo portato tanti libri di cucina e per bambini e ovviamente con la nostra Buona Letteratura di Qualità.

Per portare i libri incontro ai lettori è anche necessario non perpetrare in eterno presentazioni di libri in libreria come se fossero polverose messe cantate in una lingua che non si usa più. Nel nostro ultimo sabato dei Diari, ad esempio, abbiamo ospitato Michele Vaccari con “Un Marito”, edito da Rizzoli, con Jacopo Masini e Chiara Lecito a rendere brillante ed effervescente la serata.
_2010507Serate come la presentazione di questo libro finiscono per dare un senso anche al lavoro di librai indipendenti e sempre in trincea. Tante persone in libreria e l’abbraccio affettuoso dei lettori verso uno dei libri più belli e commoventi che io abbia mai letto in vita mia. Io ho molto amato questo libro

“… conservare e mantenere erano diventati i verbi che dettavano il ritmo della sua volontà e lo spronavano a correre ogni giorno alla sua casa lavorativa, il solo luogo in cui accettasse di barattare la propria dignità di sopravvissuto con la commiserazione”.

Michele Vaccari dice di aver ascoltato il mio dolore e di essersi ispirato molto a me e alla mia vicenda personale. Io so solo che a ogni pagina di questo libro trovavo sensazioni e pensieri di Ferdinando che erano e sono gli stessi miei.
Nel romanzo ci sono Un marito. Una moglie. Ferdinando e Patrizia sono sposati da tanto e nella loro vita tutto si ripete uguale. C’è una rosticceria che gestiscono in simbiosi da tanti anni, come in simbiosi è la loro vita da trentadue. In simbiosi. Solo chi ha vissuto per tanti anni in simbiosi con qualcuno può capire di cosa stiamo parlando. Questa rosticceria è in un quartiere preciso di Genova, a Marassi, in quella periferia dove il mare s’intravede da lontano e la luce, per sopravvivere, è costretta a farsi strada tra muraglie di cemento. Quel quartiere diventa la culla del loro amore. Nel negozio, la routine è consolidata: lui sorride ai clienti, lei si divide tra cucina e cassa; le ricette sono quelle della tradizione ligure, intoccabili; gli orari d’apertura fissi, impensabile concedersi ferie. E Io, a dire il vero, mi sono spesso identificato, alternandomi, con l’uno o con l’altro. Questo fino alla Tragedia. È Ferdinando a sconvolgere i piani con una proposta: presto compirà cinquantanni e ha voglia di fare “qualcosa di pazzo”. Una vacanza, la prima e l’unica, tre giorni a Milano per concedersi un po’ di svago. Una vacanza, la prima di sempre per i cinquantanni del marito. E poi la tragedia. Quando arrivano in piazza Duomo, con la cartina in tasca e gli occhi rivolti alle guglie bianche, una bomba esplode sotto la cattedrale: un attentato, che si lascia dietro una scia di fumo, paura e caos. Quel giorno diverso segna l’inizio di un cambiamento inevitabile. Per tutti, Patrizia è una delle tante vittime della Tragedia. Per Ferdinando no: adesso non ha più nulla da temere, perché i suoi incubi si sono trasformati in realtà. “Un marito” è un romanzo provocatorio e originale, la storia di un amore ostinato che difende anche ciò che la realtà, nella sua follia, vorrebbe distruggere. L’inferno che non tutti conoscono e non tutti possono, lontanamente, capire. Io ho familiari e amici stretti, che a distanza di due anni, fanno finta di nulla. Senza mai fare un accenno o chiedermi come stai, come ti senti. Come se io fossi sopravvissuto a un gattino qualsiasi. Sì, a un gattino qualsiasi. Faccio finta di nulla, di fronte a tanto cinismo, e provo a ostentare sempre bei sorrisi di circostanza. Ma quello che ogni giorno mi passa dentro, pochi possono capirlo. Michele Vaccari ha composto un meraviglioso inno all’amore. Un amore di quelli che resistono veri e sinceri anche dopo tantissimi anni, nonostante stanchezza, abitudini, testardaggini. Ma unico, fino ad adesso, Michele Vaccari ha capito, con una sensibilità impressionante, quello che passa dentro a ognuno di noi che siamo sopravvissuti al più grande torto che la vita ti può fare: strapparti una parte di Te. Rivelando angosce e inquietudini che appartengono a tutti noi, Michele Vaccari ci ha raccontato cosa succede quando la paura di cambiare si scontra con il bisogno di andare avanti.

zzzPer avvicinare i lettori ai libri nelle presentazioni è necessario saper essere brillanti e conservare anche un certo rigore, essere seri scherzando. Sempre Jacopo Masini il Mercoledì precedente, il 17 ottobre, aveva presentato con Roberto Camurri il nuovo libro di Ivano Porpora, “L’Argentino”. La copertina bellissima del libro è di Giulio Rincione. L’editore è Marsilio. Porpora è un vero amico della libreria. Era il 12 dicembre del 2015 quando Jacopo Masini ci portò per la prima volta Ivano Porpora in libreria. Da allora è iniziata una solida amicizia che si è concretizzata in tante cose belle fatte assieme. Tante presentazioni di tanti libri e tanti autori che hanno conosciuto i Diari e i suoi librai, Antonello e Alice. Ivano e Jacopo sono state care presenze anche e soprattutto nei momenti più critici e difficili della libreria. Nei giorni più brutti della fine del mondo loro erano con noi. Ed è sempre bello ritrovarli quando c’è da festeggiare un nuovo arrivo e così è stato anche questa volta con “L’argentino”.
Nel 1958, in un paesino della Spagna franchista popolato da contadini, artigiani, piccoli commercianti e famiglie che dominano su tutte le altre, l’arrivo di uno straniero male in arnese – l’Argentino – desta curiosità. Nessuno sa di preciso chi sia, lo straniero male in arnese che tutti chiamano l’Argentino; ma il capo di una banda di ragazzini, Rosario, non ha esitazioni e lo riconosce subito: quell’uomo altri non è che Gesù, tornato in terra per attraversare il male e farsi, di nuovo, carico del peccato del mondo. Rosario può riconoscerlo perché lui è, appunto, il male, il diavolo. E anche l’Argentino lo riconosce a sua volta, trasformando così il paesino in un campo di lotta.
Come già avveniva in “Nudi come siamo stati”, quello che Ivano Porpora crea nei suoi microcosmi paesani – sempre piccoli paesi, quasi villaggi – è un mondo nel quale ogni gesto, ogni parola si riduce a una questione di perdizione o salvezza, affrontando di petto il tema meraviglioso (e eterno e universale) della lotta tra la Vita e la Morte.

Appena uscito in questi giorni “Come si sta al mondo”, l’esordio di Davide Martirani per Quodlibet nella collana In ottavo grande.
zzzzMaria non è una ragazza religiosa: è una ragazza che crede nel demonio. Ne ha avvertito la presenza fin da bambina, e ora sa che si nasconde nel palazzo dove lavora, nell’atmosfera tiepida e malsana in cui è immersa l’anziana signora che per contratto deve accudire. Timorosa di tutto, Maria vorrebbe solo poter vivere un’oscura esistenza fatta di abitudini, rinunce e abnegazione; ma deve tenere a bada il diavolo, beffardo e incalzante interlocutore che cerca – pietosamente – di riportarla sulla cattiva strada, quella delle tentazioni, della carne, del peccato, senza i quali ogni vita è solo spreco.Sarà però l’inevitabile rapporto con gli altri – la badante Alina, cinica e avvezza al mondo, l’irresponsabile cugina Roxana, le benefiche prostitute – a far precipitare gli eventi, scaraventando Maria in situazioni mai previste e costringendola a mettersi in gioco. E il diavolo continuerà ad affacciarsi nel corso della storia: pungolando e irridendo, lusingando e sferzando, contento di poter vedere con i propri occhi la «santarellina» che sprofonda nell’abisso.
Scritto magistralmente, questo romanzo d’esordio ci proietta in un paese che «brulica di vecchi, carico come un albero pieno di frutti già marciti», dove tutto è solitudine o incontrollabile violenza, tra situazioni e personaggi della nostra quotidianità che vorremmo relegare alla periferia della vita. E che invece, con prepotenza, chiedono di essere narrati.

Nato a Perugia nel 1982, Davide Martirani vive a Roma da vent’anni. Con questo romanzo è stato finalista alla trentesima edizione del Premio Calvino.

Molte segnalazioni per “I quattro libri di Yan Lianke”, Nottetempo, nella traduzione di Lucia Regolo.
Un romanzo lirico ed epico insieme, in cui il crescendo drammatico di eventi è scandito da quattro modi diversi di raccontare la follia umana, quattro tonalità in cui l’autore declina il suo racconto ed esprime, nonostante tutto, la sua fiducia verso l’umanità, fragile e resiliente.
Un libro di carne e sangue, rivoluzione e cannibalismo. Fine degli anni 50, la Cina del Grande Balzo in Avanti: alcuni intellettuali sono mandati in un campo di rieducazione sulle rive del Fiume Giallo e la loro vita ora è raccontata da quattro voci. Un libro di satira ferocissima, di punizione ed espiazione collettiva. Il racconto a quattro voci rende la lettura impegnativa ma comunque affascinante. Con “I quattro libri Yan Lianke” torna alla satira politica, che lo aveva caratterizzato, e gli aveva portato meritata fortuna in “Servire il popolo”. Il racconto è condotto infatti sul filo di un registro leggero, tanto distante dalla retorica del dolore quanto capace di rendere al lettore la banalità del male. Siamo nella zona 99 di un campo di rieducazione per intellettuali nel nord della Cina alla fine degli anni sessanta, durante l’epoca del Grande balzo in avanti, Mao ha deciso che la Cina raggiungerà i livelli di produzione di acciaio dell’Inghilterra in soli quindici anni. I quattro libri sono quattro voci: quella del bambino che comanda il campo incoraggiando la violenza e le delazioni, quella dello scrittore e del filosofo costretti a lavorare lì sodo, più la voce di un narratore onnisciente. Quattro modi diversi di raccontare la follia umana, quattro tonalità in cui Yan Lianke declina la sua voce – sempre poetica – ed esprime, nonostante tutto, la sua fiducia verso l’umanità. “I quattro libri” è entrato nella selezione di The Booker International prize 2013.

Yan Lianke, nato in Cina nella provincia contadina dell’Henan nel 1958, a 20 anni, non potendosi permettere di proseguire la sua istruzione, sceglie la carriera militare e si occupa di redigere i testi della propaganda comunista. Laureatosi nel 1985, torna poco dopo alla vita civile, e comincia la sua carriera di scrittore, premiata con i due più prestigiosi premi letterari cinesi. Molti dei suoi lavori, tra i quali “Servire il popolo” (Einaudi, 2006) in cui prende in giro i precetti maoisti e “Il sogno della città dei Ding” (Nottetempo, 2011), nel quale denuncia l’epidemia di AIDS nelle campagne cinesi, sono stati sottoposti a censura in patria. Sempre per Nottetempo, ha pubblicato nel 2013 “Pensando a mio padre”.

Animali in salvoE’ uscito per NN Editore in questi giorni e si intitola “Animali In Salvo”, la prima raccolta di racconti di Margaret Malone, tradotta Gioia Guerzoni. Si tratta di nove racconti, uno per ognuna delle protagoniste, in quello che dà il titolo alla raccolta c’è un’anatra che si chiama Anatro, in tutti si parla di crisi e di scelte, di quei momenti cruciali della vita in cui il futuro che immaginiamo o che ritroviamo ad aspettarci dietro l’angolo magari non è proprio il migliore o quello che desideravamo di più, eppure andiamo avanti lo stesso, sempre, perché le storie di questi racconti sono le nostre storie.Le protagoniste dei racconti di Animali in salvo siamo noi. Siamo noi Cheryl, che cerca invano di avere un figlio e trascina controvoglia il marito a una festa,
per poi rubare i palloncini e chiudersi con lui in bagno. Siamo noi Mindy, che abita nella mansarda dei genitori e non esce mai, finché una sera viene coinvolta dal suo capo nel rocambolesco salvataggio di un’anatra.
E siamo noi Sylvie, che dopo la separazione dei genitori non riconosce più se stessa, tanto da rinunciare a lavarsi pur di non vedersi nuda allo specchio. Siamo noi anche Delilah, che teme di non amare il bambino che porta in grembo, e si rifugia di tanto in tanto nel suo vecchio quartiere per bere una birra. E siamo noi anche Caroline, Gladys, Marianne e tutte le altre donne di queste storie.
Con sguardo tenero e ironico, a tratti incantato, Margaret Malone mette in scena la vita così come accade, illuminando il momento successivo a una svolta cruciale, quando è possibile immaginare un futuro che non è sempre il migliore e il più desiderato, e rischiamo di trovarci goffi e insoddisfatti, o impreparati al dipanarsi degli eventi.
Margaret Malone vive a Portland e insegna al Literary Arts e all’Indipendente Publishing Resource Center. I suoi racconti e saggi sono apparsi su The Missouri Review, Oregon Humanities, Swink, Propeller Quarterly. “Animali in salvo” è il suo libro d’esordio, finalista al PEN Hemingway Award del 2016 e vincitore del Balcones Fiction Prize nello stesso anno.

In vista del ritorno a Parma dello scrittore Alessandro Raveggi per uno dei suoi mitologici corsi di scrittura ne abbiamo approfittato per segnalare questa settimana un magnifico libro edito da La Nuova Frontiera,”Panamericana. Scrittori italiani raccontano scrittori latinoamericani”, curato da Alessandro Raveggi, è un viaggio – dal Messico alla Patagonia, ma anche oltre – che nove scrittori italiani ci invitano a percorrere. Un omaggio ai loro maestri latinoamericani che testimonia l’affermazione di un nuovo grande fermento di quelle letterature in Italia. Una galleria di personaggi, un album di fuoriclasse, un atto di smisurato amore: ecco una raccolta dove il destino spesso aggrovigliato di nazioni e città delle Americhe s’intreccia a incontri immaginari e presenze emblematiche, e dove il realismo più acuto si fonde con la fantasia più danzante.
Laura Pugno su Adolfo Bioy Casares,
Vanni Santoni su Jorge Luis Borges,
Alessandro Raveggi su José Emilio Pacheco,
Paolo Piccirillo su Manuel Puig,
Igiaba Scego su Osvaldo Soriano,
Alessio Arena su Reinaldo Arenas,
Matteo Nucci su Roberto Arlt,
Laura Pariani su Silvina Ocampo,
Fabio Stassi su Vinicius de Moraes.

Nello Zaino di Antonello: I libri devono andare incontro ai Lettori