di Salvatore D’Alessio

Salvatore D'Alessio, libraio di Ubik Foggia e curatore di "Leggo Quindi Sono" con la rubrica "Piccoli già grandi"
Salvatore D’Alessio, libraio di Ubik Foggia e curatore di “Leggo Quindi Sono” con la rubrica “Piccoli già grandi”
Foto di Salvatore D'Alessio
Foto di Salvatore D’Alessio

Tornare in libreria dopo un libro sorprendente non è mai semplice, né per chi scrive e né per i lettori che hanno amato un esordio, quattro anni fa Nadia Terranova usciva con gli “Anni al contrario”, una storia incisiva e commovente, in questo tempo l’abbiamo aspettata, curiosi di capire se l’incantesimo si sarebbe ripetuto e oggi eccolo qua, si chiama “Addio fantasmi”, pubblicato da Einaudi Stile Libero.

Addio fantasmiUn romanzo dedicato ai sopravissuti, quindi a tutti, perché tutti siamo orfani di qualcosa o di qualcuno. Nadia Terranova ha scritto una storia che tiene sospesi, tra la vita e la morte, tra due città, tra il passato e il presente, tra l’infanzia e la maturità, tra la malinconia e la gioia.

La storia è quella di Ida che racconta in prima persona le sue radici, è convinta di averle estirpate lasciando Messina per trasferirsi a Roma, anni prima è fuggita per affermarsi ma sopratutto per lasciare in mezzo al mare un dolore. Ha abbandonato una casa e in quelle mura lì è rimasto intrappolato un pezzo d’anima troppo grande da chiudere in valigia.

Suo padre è scomparso quando lei era bambina, non è morto, un giorno ha tirato dietro di sé la porta d’ingresso e non ha lasciato nessuna traccia, nessun biglietto, solo un grande vuoto.

Anni dopo da quella perdita, Ida cerca di colmare quella lacuna con un amore, quello di Pietro, la loro è un storia solida e statica come una casa, così rassicurante da diventare un legame fraterno e scevro di desiderio, quasi un surrogato dell’affetto che il padre le ha negato. Attorno a quella mancanza girano le lancette della sua vita.

Con una voce precisa, ricercata e intima, Nadia Terranova ci racconta una storia concreta ed onirica insieme.

-Gli avevo rimproverato di interessarsi poco ai miei incubi, quando ero bambina mia nonna paterna mi esortava a raccontarli, se non li racconti non ti liberi, diceva, e ora che lei non c’era più se lui non chiedeva io non potevo raccontare e non mi sarei liberata di niente.-

A volte però, per liberarsi dai fantasmi non bastano le parole, servono gesti concreti.

Ida un giorno riceve la telefonata di sua madre e le offre la possibilità di affrontare i mostri del passato chiedendole di sgomberare la casa in cui è cresciuta, quella da cui lei e suo padre, seppure con modi diversi, sono scappati.

Sua madre vuole vendere la casa di famiglia, liberarla dalla polvere, dal dolore e dagli scatoloni, vuole andare via da quelle mura per cercarne di nuove in cui coltivare la solitudine della sua maturità. Ida rientra nelle stanze della sua infanzia, e in quella condizione si accorge che nessun oggetto è inutile quando c’è un nodo irrisolto, che siamo tutti gli atomi delle cose che ci hanno visto crescere, è lì fa i conti con l’irrisolutezza di un padre che non c’è.

-La morte è un punto fermo, mentre la scomparsa è la mancanza di un punto, di qualsiasi segno di interpunzione alla fine delle parole. Chi scompare ridisegna il tempo, e un circolo di ossessioni avvolge chi sopravvive.-

Questo libro è una parola, una locuzione tedesca che Ida incontra da piccola, per caso in una lezione di tedesco a scuola, e in cui si ritrova intera, anni dopo, da grande.

-Augenblick, un battito di ciglia (…) passiamo l’esistenza a sbattere ciglia e poi un battito, uno solo fra i tanti, cambia direzione e scompiglia chi siamo.-

Sulla copertina la casa editrice ha riportato gli elogi che Annie Ernaux fa alla scrittura di Nadia Terranova, e in questa storia troviamo tanti temi cari alla grande scrittrice francese, a partire dalla consapevolezza delle donne, quelle che vogliono il loro posto nel mondo e sanno prenderselo, un pezzo alla volta, generazione dopo generazione.

Ida e sua madre sono uguali ed opposte, hanno condiviso il passato ma non hanno la stessa visione di futuro, viaggiano su due binari paralleli che non si incontrano, hanno opinioni diverse sulla propria affermazione di genere, hanno punti di vista diversi sulla maternità e raccontano due modi diversi di sentirsi e di essere donne.

-Capii in quel momento cos’è davvero una madre: qualcosa da cui non esiste riparo. Dicono che una madre dà tutto e non chiede niente; nessuno dice invece che chiede tutto e dà ciò che non chiediamo di avere. (…) A mia madre avrei dovuto rispondere ciò che sapevo. Non voglio figli perché ho paura che muoiano, che scompaiono, perché ho paura che tra me e Pietro frani l’amore, non ho figli perché non sono arrivati e non siamo andati a cercarli. Non ho figli perché non voglio che un essere umano si generi dentro di me e mi abiti a suo piacere. Non ho figli perché passano attraverso il corpo, il luogo su cui posso esercitare ogni controllo, perfino convincermi che se è successo al corpo non è successo davvero.-

Nadia Terranova scrive che -ognuno di noi ha una casa soltanto- e poco importa se quella casa è un corpo, un appartamento o un ricordo, in quello spazio che sentiamo casa cerchiamo di essere felici, e tutta la storia di Ida è una ricerca verso la tranquillità, la pace.

-La felicità non esiste ma esistono i momenti felici-

La gioia di Ida è racchiusa in una scatola rossa di latta, torna a Messina solo per cercarla, è l’unico tesoro che le interessi salvare dalla macerie della sua vita e dai calcinacci della casa di famiglia, l’unico ricordo che valga la pena possedere, vivere ancora una volta.

-Gli oggetti non sono affidabili, i ricordi non esistono, esistono solo le ossessioni. Le usiamo per tenere la crepa aperta e ci raccontiamo che la memoria è importante, che noi soltanto ne siamo i guardiani. Teniamo la ferita larga perché ci stiano dentro tutti i nostri mali, i nostri timori, stiamo attenti che sia profonda abbastanza da contenere il nostro dolore, guai a lasciarlo vagare. Esistono solo le ossessioni, e intanto il tempo le ha rese più vere di noi.-

La moda new age vuole insegnarci a buttare il superfluo ma non c’è nessun manuale che ci insegni a riconoscere i ricordi davvero indispensabili, ognuno è diverso e solo la consapevolezza ci salva.

-Crescere significa sapere di chi puoi fare a meno- ed Ida ci dice che l’unico modo per liberarci dai fantasmi è trovare la propria scatola di latta, aprirla senza paura, affrontarli tutti gli spettri che ci spaventano, guardarli, e poi dar loro un nome, un corpo ed una voce, renderli vivi di nuovo e solo allora liberarli, e in un mare di dolore traghettarsi verso l’unica casa che abbiamo, quella in cui sentiamo di essere felici.

#SalvaConNome: Questo libro è una casa!