di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

#CHIAMAIDIARI #SOSTIENEIDIARI.

000000001Sabato 29 settembre ai Diari abbiamo festeggiato i 4 anni di vita e resistenza della nostra piccola realtà culturale. Abbiamo chiamato a raccolta nel nostro piccolo avamposto tutto il popolo dei Diari. Tanti sono stati i libri venduti e, pare quasi brutto dirlo, ma c’è stato un buon incasso. Con estrema dignità, dalla fine dell’estate, lo avevamo fatto capire dalla che era importante esserci in questa festa per acquistare libri, necessari a continuare. Era questo il regalo di compleanno da fare ai librai e da fare, soprattutto, a sé stessi. L’affetto, la stima, la solidarietà e la vicinanza si toccavano con mano nella nostra bella festa del sabato sera. La serata è iniziata con una presentazione magnifica, con Andrea Tarabbia e Alessandro Zaccuri e un libro non semplice come “Il peso del legno”, NN Editore. Tante sono state le copie vendute. La libreria traboccava di gente fino quasi a esplodere e tutti, ma proprio tutti, avevano un librino in mano. Il Borghetto di Santa Brigida si era animato con le chiacchiere e le biciclette in questa bella serata di sabato. Le canzoni di Elisa Borchini nel finale toccavano il cuore. Le cose buone da mangiare preparate dalla Gente dei Diari. Gli amici da Bologna. Lo scrittore Stefano Corbetta passato a salutare per festeggiarci che firmava le copie del suo libro appena uscito per Hacca, “Il sonno bianco”. I baci e l’affetto sincero. Miss Ely che faceva capolino dal bel quadro di Anna Be. L’abito e le scarpe della festa… e la consapevolezza di poter continuare a progettare, avendo pure un microfono con la cassa in dotazione, dopo il telo e il proiettore. Piano piano stiamo diventando una libreria seria. Avevamo creato un hashtag, #CHIAMAIDIARI #SOSTIENEIDIARI, per i nostri giorni di festeggiamento della libreria. Una libreria che a Parma si è fatta molto social, pur di tenere botta e sopravvivere. Ai Diari abbiamo creato un posto che, sicuramente, mancava in città. Siamo sopravvissuti e non abbiamo chiuso, dopo quattro anni, anche perché ci siamo inventati un modo nuovo di fare Libreria. Accanto al negozio fisico di Borgo Santa Brigida ne abbiamo associato un altro grande quanto il mondo intero, dialogando costantemente con la community sui social e ogni giorno consigliando e promuovendo libri e proposte culturali. Per questo modo nuovo che abbiamo di intendere la Cultura e i Libri che abbiamo deciso di festeggiare questi quattro anni dalla nascita di un sogno, con una serie di piccoli appuntamenti spalmati lungo tutto il mese di Settembre. Abbiamo chiamato all’appello lettori e gente dell’editoria per renderli consapevoli del peso e del privilegio di essere totalmente liberi nel proporre e presentare solo libri in cui crediamo. Quella precisa responsabilità verso il lettore noi vogliamo continuare ad averla e compiere scelte che, anche se a volte potranno essere meno remunerative di altre, terranno sempre alto quell’impegno morale verso il lettore vero. Per quanti vivono i Diari di bordo come un piccolo e prezioso bene della comunità, l’invito è stato quello di unirsi a noi e contribuire a queste giornate di festa con un acquisto. Farlo in giorni così significativi per una realtà coraggiosa e indipendente rappresenta anche un sostegno significativo fondamentale per la libreria, per quel presidio che vuole continuare a essere un piccolo e prezioso bene della comunità. Regalarsi un libro per sostenere i nostri sogni di carta.

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La Festa è iniziata, dicevamo, con la presentazione del libro di Andrea Tarabbia “Il peso del legno”. A dialogare con l’Autore è stato il curatore della serie CroceVia: Alessandro Zaccuri. Bello vedere come persone a cui mai avrei consigliato questo saggio narrativo, dopo aver ascoltato Zaccuri e Tarabbia, lo abbiano acquistato con grande convinzione.
CroceVia è una serie di libri di NNE attorno al senso e al significato di alcune parole fondamentali nella nostra cultura e nella nostra storia. Avevamo già ospitato in maggio Laura Pariani con il libro “Di ferro e d’acciaio” e a cui era stata affidata la parola Passione. Sono parole antiche, quelle affidate da Zaccuri a questi autori contemporanei. Sono le parole che usiamo tutti i giorni, e che cerchiamo di addomesticare disabitandole di una parte del loro significato, che continua a riverberare come un’eco sommessa. A Andrea Tarabbia è stata assegnata la parola Croce e anche per questo libro l’illustrazione di copertina è di Elisa Talentino.
Ne “Il Peso del Legno”, Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la Croce, divenendo il simbolo del dolore e della fatica dei cristiani. In Il peso del legno, pubblicato da NN, Andrea Tarabbia s’interroga su questa figura e su quelle di Giuda e Ponzio Pilato. Tarabbia ripercorre i Vangeli, sulla scorta degli scrittori che l’hanno fatto prima di lui, alla ricerca dei significati simbolici delle varie figure che circondano Cristo nei suoi ultimi giorni di vita. Dalla riflessione sulla religione cristiana alla riflessione sul soffrire umano, che è il filo rosso dell’opera narrativa e saggistica di questo autore. Così scrive l’autore a proposito del libro:

“Mi sono messo a studiare, ho riletto le Scritture, le ho confrontate: ne è uscito un libro che è prima di tutto un saggio, poi un esercizio di riscrittura e commento, ma anche un’opera in parte autobiografica dove si indaga il senso del dolore, si pongono domande sulla giustizia di Dio nei confronti degli uomini e sul comportamento di Cristo davanti a coloro ai quali diede una croce. Contiene anche due racconti, due piccoli apocrifi che riassumono il senso del discorso. Penso di poter dire che è il libro di qualcuno che capisce la grandezza di Cristo ma non ha la forza di credere fino in fondo”.

Per chi ha scelto di fare il Libraio, e farlo in maniera diversa e innovativa, non c’è soddisfazione o festa più grande che avere la Libreria piena piena di persone e argomenti validi e alternativi da proporre. Ed è quello che era già accaduto con l’inizio della nostra piccola rassegna di festeggiamento e con la “NOTTE DEI RICERCATORI AI DIARI”, Mercoledì 19 dove abbiamo presentato “La cultura siamo noi! Editoria, cinema, tv e arti visive. Quando l’industria culturale cambia la società”. Una tavola rotonda interdisciplinare in cui i partecipanti hanno raccontato casi celebri di progetti dell’industria culturale (editoria, critica d’arte, pubblicità, piattaforme web…) che hanno cambiato l’immaginario della nostra società (nel bene e nel male). Gli interventi proposti dai ricercatori sono stati quelli di Isotta Piazza che ci ha illustrato gli Oscar Mondadori (1965): l’avvento osteggiato della modernità, di
Sara Martin con “Il problema è quello di chi riesce a farsi sentire”, dalla storia del programmator, scrittore e attivista Aaron Swartz alla nascita di youtube, Davide Colombo con “Come l’arte si insinua nella pubblicità: quando la vediamo e quando no”, e infine Federica Veratelli con “Un critico d’arte in salotto: come Sgarbi e Daverio sono entrati nelle nostre vite”. Tanti i giovani e gli studenti presenti e vederne di seduti a terra a prendere appunti, è stato davvero un gran bel colpo d’occhio.

Per il Quarto anno di fila, Settembre ai Diari è anche Fotografia. E la nostra mini rassegna di festeggiamenti è continuata all’interno di Stop, piccolo festival indipendente della fotografia, organizzato a Parma dall’associazione di documentazione sociale Le Giraffe in collaborazione con Witness Journal, che ha inaugurato appunto la quarta edizione della rassegna Gente di Fotografia. Un’edizione tutta al femminile, che vede alla Libreria Diari di Bordo, per tre venerdì consecutivi tre fotografe emergenti che hanno nel loro portfolio esperienze e riconoscimenti di rilievo e che verranno a raccontarci il loro mondo e le loro Fotografie. Venerdì 21 settembre ha aperto Rosy Sinicropi, con la conversazione per immagini Ti racconto io chi sono! Venerdì 28 settembre sarà la volta di Valeria Ferraro con Frontiera urbana e chiude la rassegna Anna Campanini con Impersonae il 5 ottobre, che contestualmente inaugura la mostra omonima, in allestimento fino al 5 novembre. Nel corso degli anni abbiamo ottenuto assieme a Le Giraffe un grande riscontro e consenso di pubblico,riempendo sempre la Libreria, sul serio, di gente appassionata di fotografia.

Mercoledì 26 settembre la nostra festa ha visto la presentazione del Libro “Emma. Screen saver. Parole per il teatro” di Alma Saporito, edito da Epika Edizioni. A dialogare con l’Autrice è stato il professor Paolo Briganti dell’università di Parma, mentre le letture sceniche tratte dal libro sono state fatte da Mirella Cenni, dallo stesso Paolo Briganti e dall’attore e performer Raffaele Rinaldi. Non un libro a caso e non un autrice a caso per i nostri quattro anni di vita. Era il quarto libro di Alma Saporito che veniva presentato da noi. Uno per ogni anno di vita della libreria.
Un triangolo che non c’è o che potrebbe esserci. Emma è un testo che tratta di assenze, presenze e prospettive, elementi che è meglio condividere quando accadono per non cercarli inutilmente nei cassetti delle occasioni smarrite. Emma tratta con leggerezza il paradosso delle nostre vite avvitate, dove le azioni quotidiane risultano spesso sfocate, senza un senso o un contorno. D’altronde è difficile inquadrare le azioni mentre le facciamo, ci vorrebbe un regista al nostro fianco o almeno un fotografo per metterci a fuoco. Il gioco attorale è un gioco di corde che cambiano vibrazione in pochi istanti, è una caccia ai ricordi che non danno sollievo ma almeno riempiono i vuoti. Screensaver. Vedersi o non vedersi? La difficoltà, molto attuale, di mostrare se stessi, preferendo il proprio avatar per mascherare la fragilità umana.

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In queste gionate di Festa e Festeggiamenti e rassegne anche tanti nuovi arrivi in Libreria ai Diari per sottolineare la vivacità della scelta e della nostra proposta culturale. Tra le tante nuove uscite segnaliamo:

“AMULETO CELESTE” di HELEN HUMPHREYS nella
Traduzione di Monica Capuani. Un romanzo molto intenso, singolare e affascinante e struggente come tutti i romanzi di questa autrice canadese, edito da Playground Libri con la splendida copertina di Maurizio Ceccato.
Presentato in anteprima a Mantova il 6 settembre al Festival della Letteratura alla presenza di questa importante autrice di quattro libri di poesia, sette romanzi e due opere di non-fiction. Helen Humphreys è un esponente di spicco della letteratura anglo-canadese contemporanea. Nata in Gran Bretagna a Kingston-on-Thames e trapiantata a Kingston, in Ontario, si è distinta agli occhi della critica anglofona sin dai tempi del suo primo romanzo, “Leaving Heart”, pubblicato nel 1997 e vincitore del Toronto Book Award 1998. Agli anni Ottanta e Novanta risale buona parte della sua opera poetica, che parte dalla raccolta “Gods and Other Mortals” (1986) e prosegue con “Nuns Looking Anxious, Listening to Radios” (1990), “The Perils of Geography” (1995), fino al più recente “Anthem” (1999), che nel 2000 è valso alla scrittrice il Canadian Authors Association Award for Poetry ed è stato selezionato dalla giuria del Pat Lowther Award come miglior libro di poesia dell’anno. Il suo secondo romanzo, “Afterimage”, segnalato dal “New York Times”, si è aggiudicato il Rogers Writers’ Trust Fiction Prize. Nel 2002 la Humphreys pubblica “Il giardino perduto”, un inno alla bellezza ambientato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale, che è stato selezionato dalla Canadian Broadcasting Corporation e dal Canada Reads Selection. Nel 2008 è la volta di “Coventry”, seguito nel 2011 da “La verità, soltanto la verità”, romanzo che ripercorre le tappe del sofferto legame tra il poeta Sainte-Beuve e Adele Hugo. Nel 2013 esce “Notturno”, un testo autobiografico legato alla drammatica scomparsa del fratello pianista, seguito nel 2015 dal romanzo “Il canto del crepuscolo”, ambientato anch’esso durante il secondo conflitto mondiale e giudicato da scrittori del calibro di Richard Bausch come «un’opera avvincente, una canzone da ascoltare».

“L’amuleto celeste” è un affascinante romanzo nel quale mescola verità e finzione nel tentativo di raccontare l’incredibile e misteriosa vita di Megan Boyd, la più importante e influente artigiana di esche per salmoni, amica personale del principe Carlo d’Inghilterra e insignita di una delle più alte onorificenze britanniche dalla Regina Elisabetta. Una vita straordinariamente appartata, quella di Megan Boyd, in simbiosi con la natura, prima nel sud dell’Inghilterra e poi sulle coste scozzesi, dove fino agli anni Novanta Megan Boyd ha vissuto e lavorato in solitudine, in una casa senza elettricità e acqua corrente, vivendo di nulla, creando delle esche meravigliose, ricche di colori (capaci di attrarre i salmoni) e di incredibili riflessi, e contemporaneamente divenendo oggetto della venerazione dei pescatori più noti e ricchi del mondo, e circondata da una fama mondiale. Ma è stata davvero una donna così sola Megan Boyd? Non ha mai davvero conosciuto l’amore? Ed ecco che Helen Humphreys, combinando brandelli di notizie, brevi testimonianze, immagina che la vita di Megan Boyd sia stata illuminata da due relazioni, difficili da definire, ma che potrebbero essere state d’amore. E con la consueta e straordinaria sapienza stilistica Helen Humphreys riesce a raccontarcele, nell’intreccio con le eccentricità di questa donna fuori del comune.

Della stessa autrice canadese ai Diari trovate “CANI SELVAGGI”, sempre edito da Playground. In una piccola città della provincia canadese, la chiusura di un mobilificio vero centro economico dell’area – genera inquietudine. Le vittime di un clima particolarmente pesante sono soprattutto i bambini e i cani. Proprio sei cani, senza apparenti avvisaglie, fuggono o sono spinti a fuggire dalle case dove sono cresciuti e dove sono stati nutriti, scegliendo di vivere nel bosco, di essere selvaggi, liberi. I loro padroni – Alice, Jamie, Lily, Walter, Malcolm e una misteriosa biologa – ogni sera si ritrovano in un campo ai margini del bosco e chiamano i loro cani nella speranza che tornino a casa. Fra i sei padroni si stabilisce un legame molto stretto, che sovrappone all’attesa del ritorno dei cani, speranze d’amore, di amicizia e di risoluzione delle proprie solitudini, mentre sullo sfondo si prepara la resa dei conti, la dolorosa soluzione alla incomprensibile vicenda dei cani che hanno scelto di diventare selvaggi.

Sempre di Helen Humphreys anche “IL GIARDINO PERDUTO”. 1941, la Seconda Guerra Mondiale imperversa in Europa, e l’Inghilterra è il bersaglio dei micidiali bombardamenti degli Stuka tedeschi. Gwen Davis decide di lasciare Londra e il suo lavoro alla Royal Horticultural Society per entrare a far parte del Land Army, un corpo paramilitare incaricato di coltivare la terra per meglio sostenere lo sforzo bellico. Dirigerà una squadra di sette Land Girl, agricoltrici volontarie, in una tenuta della campagna del Devon. L’arrivo nella tenuta di Mosci riserverà da subito a Gwen numerose sorprese. Innanzitutto la presenza di un reggimento di soldati canadesi in attesa di essere inviati sul fronte europeo, alloggiati nella villa padronale e guidati da un giovane e affascinante capitano, Raley. Quindi l’ostilità delle Land Girl, riluttanti ad accettare la sua autorità e, al contrario, devote alla più grande di loro, Jane, una ragazza orgogliosa, ma fragile, reduce da un esaurimento nervoso e in attesa del fidanzato “disperso in guerra”. Infine, la scoperta, tra gli orti e i frutteti abbandonati, di un giardino nascosto, che Gwen decide di voler decifrare, intimamente convinta che contenga un messaggio d’amore misterioso. Donna solitaria, prudente, segnata dal difficile rapporto con la madre, Gwen troverà, grazie all’incontro con il capitano Raley e con la tormentata Jane, la forza di osare, di inseguire i propri desideri e di affrontare l’amore, incarnato dal misterioso giardino perduto.

Altro titolo Playground di Helen Humphreys è “IL CANTO DEL CREPUSCOLO”. Nel 1940, James e Rose sono una giovane coppia inglese che la guerra separa subito dopo il matrimonio. Lui, pilota della Raf, viene catturato dai tedeschi e spedito in un campo di concentramento per ufficiali dell’esercito Alleato, mentre lei si ritrova sola in un piccolo villaggio del Sussex, a svolgere il lavoro di sorveglianza per il mantenimento del coprifuoco. Sicuro dell’inutilità dei tentativi di fuga dei compagni di prigionia James combatte la noia della vita del campo studiando una coppia di uccelli, due codirossi, che hanno costruito il nido nelle vicinanze del campo, incoraggiato in questa attività dal Kommandant tedesco. Rose, intanto, costretta a una vita di solitudine, si innamora di un giovane soldato in attesa di partire per il fronte. All’improvviso, però, nella vita di Rose irrompe la sorella del marito, Enid, costretta ad abbandonare Londra dopo un bombardamento tedesco che le ha distrutto la casa. I tre protagonisti sopravviveranno alla guerra, ma le ferite dell’animo saranno molte e difficili da rimarginare.

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“TRADURRE LA PAROLA AMORE”. Rimaniamo sempre in zona Canada con il romanzo d’esordio della scrittrice nippo-canadese Lynne Kutsukake, “Tradurre la parola Amore” pubblicato da Nuova Editrice Berti nella traduzione dall’inglese di Francesca Cosi e Alessandra Repossi.
Tokyo, 1947. Durante l’occupazione americana, i giapponesi vengono incoraggiati a inviare lettere al generale MacArthur: “Se avete un problema, scriveteci: così funziona la democrazia”. Arrivano oltre 500.000 lettere con ogni genere di richiesta, insieme a esternazioni di rabbia, gratitudine, protesta, persino adorazione. Anche la dodicenne Fumi Tanaka ha un problema: sua sorella Sumiko è scomparsa (forse è scappata con un soldato americano? forse è in pericolo?). Decisa a ritrovarla,Fumi chiede aiuto alla nuova compagna di classe Aya, appena rimpatriata dal Canada. Insieme, scrivono una lettera e la consegnano al soldato Matsumoto, che ha l’ingrato compito di tradurre la posta personale indirizzata a MacArthur da ogni angolo del paese.”Tradurre la parola amore” ha conquistato pubblico e critica in Canada e negli Stati Uniti. Un Romanzo corale, basato sullo studio attento e minuzioso di fonti originali, racconta il dopoguerra nel Giappone sconfitto e devastato. Sono gli anni dell’occupazione americana e dello scontro tra tradizione e innovazione. Mentre ognuno cerca di trovare il proprio modo per tornare a vivere, emerge l’eterno e attualissimo dramma del migrante, alla ricerca di una propria identità. Lynne Kutsukake è nata in Canada da una famiglia giapponese e ha lavorato per anni come bibliotecaria all’Università di Toronto. La scrittrice scrive:

“L’idea mi è venuta dal libro Dear General MacArthur, dello storico giapponese Rinjir Sodei, in cui sono raccolte e analizzate molte delle lettere scritte dai giapponesi nel dopoguerra, durante l’occupazione americana: alcune di denuncia, altre molto personali. Così mi sono chiesta che genere di persona potesse decidere di rivolgersi a lui, e perché. Ho optato per una ragazzina di dodici anni. Non è un’età casuale, perché il generale MacArthur si è spesso riferito al Giappone come a ‘una nazione appena dodicenne’…Ho anche voluto raccontare la storia, poco nota, delle famiglie giapponesi residenti in Canada e costrette a tornare a vivere in Giappone dopo la guerra: un’esperienza adir poco scioccante. Le città erano devastate, la gente moriva di fame, ovunque imperavano miseria e disperazione. Mio padre e mia madre sono nati a Vancouver e sono stati internati con i loro genitori nei campi di prigionia. Dopo la guerra, i miei nonni materni sono stati costretti a tornare in Giappone, episodio così traumatico che nessuno in famiglia me ne ha mai parlato. È una realtà con cui sono venuta in contatto solo da adulta, durante le mie ricerche in biblioteca. Credo che in questo delicato passaggio storico la traduzione abbia avuto un ruolo chiave: i Nisei (la seconda generazione di cittadini americani d’origine giapponese) hanno fatto da ponte non solo nel colmare le lacune linguistiche ma anche quelle culturali tra due popoli molto diversi, traducendo il significato di parole e concetti con tutte le loro sfumature.”

“IL DINER NEL DESERTO” di James Anderson nella traduzione di Chiara Baffa, è una delle nuove uscite di NN Editore.

James Anderson è uno scrittore e poeta americano nato a Seattle, ed è stato l’editore della rinomata casa editrice Breitenbush Books. Il diner nel deserto è il suo romanzo d’esordio, che ha ricevuto moltissimi riconoscimenti di pubblico e di critica. NNE pubblicherà anche “Lullaby Road”, il secondo capitolo della Serie del Deserto.
Ben Jones è un camionista sull’orlo della bancarotta che effettua consegne lungo la statale 117 del deserto dello Utah, una terra ospitale solo per chi ha scelto di isolarsi dal mondo. Un giorno Ben incontra Claire, che si nasconde dal marito in una casa abbandonata e suona le corde di un violoncello invisibile. L’amore per Claire porta Ben a stringere amicizia con Ginny, un’adolescente incinta in rotta con la madre, e a fare i conti con il burbero affetto di Walt, il proprietario di un diner nel deserto chiuso da anni in seguito a un terribile fatto di sangue. Tra rivelazioni inaspettate, scomparse improvvise e il furto di un prezioso strumento musicale, tutti incontrano il proprio destino, cieco come le alluvioni che allagano i canyon rocciosi.
Con dolce e disincantata ironia, James Anderson ci consegna un avvincente noir on-the-road, in cui il male e il desiderio di vendetta svaniscono di fronte alla lealtà che unisce i personaggi: impalpabile come l’ombra di un miraggio, intensa come la luce che abita il deserto.
IL CALABRONE

di Antonio Vena

Antonio Vena

 

 

 

 

 

Il Calabrone vuole anche essere amico di certi editori dinamici ma alla fine preferisce di più la verità.
Quindi tocca pungere “Il Grido”, Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh, del Moresco Nazionale.
Il gridoCome un ragazzo con potenzialità ma rimasto fuori dal giro delle feste giuste per troppo tempo così è Moresco.
Fa di tutto per aggiornarsi sulla musica giusta (“il Dibattito”), vestirsi alla moda (“I Temi”) ed entrare nel mood giusto (“End of time”) per impressionare gli altri festaioli e le donne ma per quanto si impegni, per quanto brillante, riesce a interessare solo i ritardatari.
Moresco, spesso bravo prosatore anche in Ahhhhhhhhhhhhhhhhhh, provvede ad alcune pagine interessanti per poi ecco, tornare Moresco e raccontarci della sua vita, proporci moraleggiando il suo modo di vedere le donne, gli uomini, il mondo, parlare di robe di cui palesemente non sa nulla. Il dialogo, in Ahhhhhhhhhhhhhhhhhh, tra Moresco e Stephen Hawking, ne è un esempio. Lasciando poi stare quello tra Moresco e Houellebecq… che insomma fa capire come a Moresco serva più un amico sincero che un editor.
Già dalla Lucina sapevamo che Moresco ha letto davvero Emanuele Severino ed ecco, lì il dialogo in Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh, è decoroso e interessante.

Altrimenti buon scrittore, pensatore inesistente, tuttologo, nichilista infantile in questo Ahhhhhhhhhhhhhh si conferma un grande autore italiano.
Sì, italiano, nel senso di risentito per il successo altrui, spregiatore del mondo andato avanti, esperto di tutto, guru senza masse indiane a seguito.
Qualunque Morescocene è possibile, ma soltanto in una ridotta arretrata come l’Italia.

Lo Zainaccio e il Calabrone: #CHIAMAIDIARI #SOSTIENEIDIARI.