di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Uno tranquillo zainetto che diventa … ZAINACCIO

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Di questa estate appena trascorsa mi voglio portare dentro lo Zaino un rinnovato benessere.
Ma dopo due anni di onorato servizio divulgativo su questo Blog non avrei potuto continuare soltanto facendo l’elenco settimanale delle nuove uscite e della cronaca in libreria. Sentivo l’esigenza di una grossa novità di rottura, che mettesse il pepe in bocca al mondo editoriale e, settimanalmente, potesse tirare secchiate di aceto contro le porte dell’immobilismo. Da qui l’idea di coinvolgere il mio nemico n. 1, 2 e 3 dentro lo Zaino, vale a dire Antonio Vena. Nel finale di ogni tranquillo e innocuo Zainetto ci troverete da questa settimana in poi un calabrone che punge. Ci penserà lui, con il suo pungiglione, a punzecchiare e a trasformare lo Zaino nel temibile e ruvido “Zainaccio”.
20180822_1901411Questa è stata per me l’estate della ripartenza, segnata dai libri letti nella casetta gialla di Tramutola. Se chiudo gli occhi,però, a ogni libro letto o postato o suggerito in questi giorni di vacanza, associo perfettamente i volti delle persone incontrate, i contorni dei visi di chi ha interagito con me. Chiudo gli occhi e comincio, con la mente, a disegnare corpi e facce di chi mi ha tenuto compagnia e solo dopo vedo luoghi e posti visitati. Sono facce che ridono e mi accolgono e alleviano i dolori, al corpo e al cuore, che ho accumulato negli ultimi anni. Attraverso i libri e queste persone ho cercato di fare pace per un po’ con me stesso. Ed è con quei libri e con quelle persone sorridenti che voglio iniziare il nuovo anno dello Zaino, dimenticando tutte le angherie delle altre stagioni passate.

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La mia estate ha bei nomi, quindi. Ha il nome di AnnaMaria Grieco e del libro “Particella 131” di Rocco Catalano. La mia estate ha il nome di Rosetta Notaroberto che in piscina mi chiede di fare una lettura ad Alta Voce per una Notte Sotto le stelle e io scelgo di leggere le parole di Zelinda di “Casa d’altri” di Silvio D’Arzo con l’innesto di una poesia di Giuseppe Pierri (1872-1947) letta da Rosa Tavolaro. La mia estate ha il volto di Giuseppe Caridi e la presentazione del suo libro “Sette Passaporti”. Ma la mia estate ha anche i volti degli amici e delle persone care con cui ho fatto tante gite ed escursioni ogni giorno. E le facce di Leonardo, Michelina, Roberto, Raffaele, Donatella, Mimma, Davide, Camilla, Hilde, Antonio, Mario, Elisabetta, li associo ai libri di quella giornata…

La mia estate dei libri e delle persone è iniziata il 7 agosto in Largo Fontana a Tramutola, in una serata in cui abbiamo raccontato di Sergio, il protagonista di “Particella 131” di Rocco Catalano, editrice Universosud.
Un ragazzino della provincia italiana degli anni 80/90 questo Sergio, esuberante, curioso, scapestrato e timido seduttore sin da bambino; passa la sua età dell’innocenza tra un giro sul motorino del suo migliore amico, la comitiva e l’istinto di dover cercare un posto per sé nel mondo. Certo, Sergio ha sempre vissuto con la leggerezza tipica di chi vive senza troppi pensieri e aspettative, ma qualcosa lo spinge silenziosamente alla ricerca di sé. Così approda all’università e alla sua prima esperienza da adulto tra episodi esilaranti, viaggi per sbarcare il lunario e donne su cui, ora, ha un forte ascendente che lo ripaga delle timide esperienze adolescenziali. È in questo momento che Sergio incontra la scrittura e il grande amore ma poi il suo mondo si capovolge e si rovescia portandolo a dover ripartire da zero. Inizia il vero viaggio dell’uomo, dal ritorno alle proprie radici, fino allo Champagne francese, passando per la fredda Scandinavia, accompagnato da un catalogo di personaggi fuori dall’ordinario. Sergio ruzzola ed inciampa in tutto questo, lotta per mantenere l’equilibrio con la sola forza della sua autoironia sempre alla ricerca del centro di gravità permanente anche quando tutto sembra irrimediabilmente perduto. La vita di un giovane ragazzo che tra gioie e dolori è pronto per entrare in una realtà per lui completamente nuova, quella degli adulti. Un romanzo di crescita e formazione in cui si mescolano con maestria momenti di pura allegria ed attimi di intensa riflessione. Da leggere tutto d’un fiato perché, in fondo, come Sergio, siamo tutti alla ricerca del nostro posto nel mondo.
La mia estate si è conclusa il 24 Agosto, giorno del mio cinquantesimo compleanno, in cui ho tenuto a battesimo a Gallipoli l’esordio letterario di Giuseppe Caridi e il suo “Sette Passaporti”, edizioni Diabasis, presso l’oratorio della chiesa di San Lazzaro.
In questo libro si va in viaggio con Giuseppe Caridi, fotografo e amante dell’avventura, e seguendo le narrazioni racchiuse nelle quattro sezioni cominciamo a seguire le sue straordinarie testimonianze. Veniamo immersi nei suoi appassionanti viaggi tra il Sud est asiatico e la Russia e capiamo che l’irrequietezza è una parola positiva, una qualità da avere, un modo di stare al mondo. Con il cuore di un avventuriero, tra i luoghi descritti, seguiamo le suggestioni date dagli incontri che hanno accompagnato e scandito i ritmi di un percorso di vita del viaggiatore appassionato e del vagabondo curioso. Dal Tinian, l’isola da cui sono decollati i bombardieri per Hiroshima e Nagasaki, all’estremo oriente russo, dalla Birmania Myanmar alle isole Salomone assistiamo ad un elogio della vita come eterno viaggio. Giuseppe Caridi, Fotografo, viaggiatore, amante dell’avventura, è stato insignito di numerosi riconoscimenti letterari per i suoi racconti di viaggio.

Ma la mia estate era iniziata qualche settimana prima a San Vito Chietino, e a quella località associo il libro Libro “Verde Limone” dello scrittore cubano Marcial Gala. Ambientato in pieno período especial, uno dei periodi più drammatici della storia cubana, si tratta del primo romanzo della trilogia di Cienfuegos, che racconta a ritmo di jazz la vita di una cittadina di provincia e dei suoi protagonisti in un mix di amore, sesso e droghe. Una cittadina di provincia e uno dei peggiori capitoli della storia cubana, quando il bisogno di sopravvivere rendeva tutti inumani, quasi fantasmi. Ecco dunque Ricardo, un pittore spiantato, e Kirenia, che ancora ragazzina s’innamora di Harris Sanzo, geniale saxofonista alcolizzato molto più vecchio di lei: due uomini,una giovane donna e la morte volteggiano come fantasmi per le vie di Cienfuegos, cercando conforto nell’alcool e nelle droghe; sullo sfondo, una Cuba poverissima e spietata raccontata a ritmo di jazz.

Alla spiaggia de Le Morge, sempre in Abruzzo, associo invece il libro di Ornela Vorpsi, “Il paese dove non si muore mai”. Un compendio tragico della condizione femminile, in un’Albania trasfigurata. Siamo in Albania, terra di polvere e fango, ai tempi della dittatura, ma il paesaggio di Ornela Vorpsi è un territorio letterario per eccellenza: esemplare, metaforico, universale. Siamo sotto la dittatura e in un paese dove una ragazza bella è considerata facile, dove l’affetto di una madre o di una nonna passa attraverso un’educazione ferrea, perché chi è fragile non sopravvive. Un romanzo limpido e duro, che racconta quanto, soprattutto per le donne, sia difficile difendere la propria libertà. In una società che reprime la libertà individuale, le donne diventano un bersaglio facile. Se si espongono alla vergogna, sono vittime della violenza della comunità. Se vogliono sopravvivere, devono piegarsi a regole spietate e disumane. Minimum Fax ha deciso di ripubblicare questo romanzo perché, purtroppo, sembra sempre più attuale. Esordio letterario nel 2005 con Einaudi, Il paese dove non si muore mai di Ornela Vorpsi è uno dei libri capofila di una nuova generazione di scrittori immigrati. Nel paese dove non si muore mai, per le donne la morte è invece sempre presente. Muoiono in seguito ad aborti domestici oppure impiccandosi insieme a un’amica, con un filo elettrico che i bambini usano per giocare. O si annegano in un lago, per una storia d’amore disperata. Gli uomini spariscono soltanto e non vengono sepolti; forse sono stati fucilati, o forse no. Scritto in un italiano adottato come si adotta una speranza, e carico di espressività e di dolore, Ornela ci racconta l’antieducazione sentimentale di tutte le donne in mezzo alla violenza e alla solitudine, le loro storie di puttaneria e vergogna, di proverbi e cucine seminterrate, con una lingua simile a un bisturi.

La spiaggia di Fossacesia è per me il romanzo scritto da José Ovejero e dal titolo “L’invenzione dell’amore” nella traduzione di Bruno Arpaia e pubblicato nella collana Intrecci dalla casa editrice Voland. Dalla terrazza del suo appartamento a Madrid, Samuel, il protagonista del libro, osserva con distacco il viavai quotidiano della città. Samuel è un uomo che non ama impegnarsi, vive da solo e passa da una relazione all’altra. Una mattina però qualcuno lo chiama e gli annuncia al telefono che Clara è morta in un incidente stradale. Sebbene non conosca nessuna Clara, Samuel decide di partecipare al funerale, spinto da un misto di noia e curiosità, decide di partecipare al funerale. Affascinato dalla possibilità di sostituire la persona per la quale lo scambiano, Samuel s’inventa una relazione con Clara, entrando così in un gioco di cui a poco a poco perderà il controllo.

La penna finissima dello scrittore brasiliano Daniel Galera mi ha fatto compagnia nel mio viaggio in treno a tappe dall’Abruzzo alla Basilicata, passando per Vasto e Foggia. “Barba intrisa di sangue” nella traduzione di Patrizia Di Malta per Sur, racconta di un ragazzo affetto da un raro disturbo che gli impedisce di ricordare i volti, una cittadina di mare fuori stagione, un mistero da svelare, la sola compagnia dell’oceano e di una cagnetta di nome Beta. Questi sono gli elementi intorno ai quali Daniel Galera, con una penna finissima, costruisce una storia sulla ricerca dell’identità, di un posto nel mondo e nella propria famiglia. Poco prima di suicidarsi, il padre rivela al protagonista una scomoda verità sul passato di Gaudério, suo nonno. Il ragazzo decide quindi di trasferirsi a Garopaba, idilliaco villaggio di pescatori, dove il nonno è morto in circostanze poco chiare anni prima, per far luce sulla vicenda. Qui la narrazione prende i ritmi del mare in autunno, mentre l’alone di mistero che avvolge il villaggio si fa più fitto: ben presto, il protagonista scopre il lato nascosto di una comunità felice solo in apparenza, dove viene trattato come un intruso. Tutti sembrano ricordarsi di Gaudério, eppure nessuno vuole parlare di lui. In bilico tra due relazioni e due donne che sembrano guidare le sue scelte, il ragazzo riuscirà poco a poco a stringere il cerchio, fino a portare a galla una verità del tutto inaspettata. SUR si affaccia alla narrativa brasiliana contemporanea con un romanzo forte e delicato insieme, che esplode in un finale potentissimo capace di spiazzare piacevolmente il lettore.

L’arrivo a Potenza, Basilicata, ha il volto inaspettato dell’amico Gianluca Caporaso, incontrato in stazione casualmente, e di mio cugino Raffaele Ciorciari. E il libro da associare è il bellissimo romanzo d’esordio di Sigal Samuel, “I mistici di Mile End” nella traduzione dall’inglese di Elvira Grassi per Keller editore. Un libro di grande umanità, intelligente, tenero, folle. I fratelli Samara e Lev Meyer abitano a Mile End, un quartiere di Montreal in cui convivono hipster ed ebrei chassidici. Qui hanno passato la loro infanzia, non certo una delle più semplici, visto che la loro madre è morta in un incidente stradale e il padre, professore di misticismo ebraico, è perennemente distratto e assorbito dal lavoro. Qui vive anche il bizzarro signor Katz, intento a ricreare nel suo giardino l’Albero della conoscenza con foglie, rotoli di carta igienica e filo interdentale.
Quando al padre viene diagnosticato uno strano soffio al cuore lui si convince che sia il sussurro di segreti divini. Non ci vorrà molto perché la sua ricerca volga in tragedia ed è allora che Samara e Lev cercheranno di finire, ciascuno chiuso nel proprio mondo, ciò che era stato cominciato dal padre. Spetterà al vicino di casa, Chaim Glassman, ebreo sopravvissuto all’Olocausto, tentare di rompere il silenzio impenetrabile che divide i membri della famiglia Meyer e soprattutto di salvare Samara. Ma riuscirà a farlo in tempo?
Questo toccante e intelligente romanzo della canadese Sigal Samuel ha conquistato critici e lettori. È stato selezionato per l’International Dublin Literary Award, si è aggiudicato il Fiction Prize ai Canadian Jewish Literary Awards e il Trade Fiction Book of the Year all’Alberta Book Publishing Awards. I mistici di Mile End è un viaggio immaginario nel misticismo ebraico e il surreale ritratto di una famiglia ebrea disfunzionale, dei delicati equilibri che la regolano, della ricerca solitaria e disperata del senso della vita e della felicità.

“I cani romantici” di Roberto Bolaño nella traduzione di Ilide Carmignani appena pubblicato da Sur è il libro di poesie che associo alla serata in Pizzeria con la mia insegnante del liceo Camilla Schiavo. Nelle poesie che compongono “I cani romantici” – scritte in Catalogna tra il 1980 e il 1998 – convivono gli elementi narrativi che qualche anno più tardi avrebbero reso Roberto Bolaño immortale nelle Lettere: entriamo in un mondo fatto di detective e poeti, dove fanno capolino allo stesso modo Daniel Defoe, Nicanor Parra e Sam Peckinpah, in cui Barcellona e Città del Messico appaiono come poli opposti e sempre coesistenti nell’immaginario dell’autore. Tanto poetica è la prosa di Bolaño, quanto narrativa è la sua poesia, in una commistione di generi che punta a un unico obiettivo: la parodia dei generi stessi, a favore di un’immaginazione che è al tempo stesso quotidiana e visionaria. Così, i quarantatré componimenti che formano il volume raccolgono e ricostruiscono in modo caleidoscopico le riflessioni e le esperienze dello scrittore alla luce dei suoi spostamenti tra Cile, Messico e Spagna, donando al lettore l’immagine perfetta della fucina di idee che negli stessi anni avrebbe dato vita ai Detective selvaggi.

Montalbano Jonico è Francis Scott Fitzgerald, autore di grandi romanzi, costantemente oppresso dai debiti e consumato dalla sua relazione con Zelda Fitzgerald, ma dedito fino alla fine al suo lavoro, la scrittura, in tutti i suoi aspetti. Montalbano Jonico è Mimma Morena, la mia storica amica da oltre trent’anni e la lettura di tre classici appena ristampati da Minimum Fax in una nuova edizione “Di qua dal paradiso”, “Belli e dannati” e “Il grande Gatsby” .
Ma Mimma è anche le belle giornate in piscina con Antonio e «L’amore è potere, o almeno gli somiglia molto» di A. Igoni Barrett. Il libro di racconti di questo grande Autore Nigeriano è stato tradotto da Michele Martino per 66thand2nd ed è sempre l’amore al centro di questi racconti ambientati tra la vivace umanità di Poteko, una comunità immaginaria dove si mescolano il fascino e le contraddizioni di Lagos, Port Harcourt, Ibadan, luoghi di cui Barrett è il cantore come Joyce lo è stato di Dublino e Cechov di San Pietroburgo. Nove racconti abitati da ladruncoli di strada, pirati informatici, studentesse ninfomani, ragazzine pazze per Shakira, adulteri impuniti, esorcisti ciarlatani. Nove storie intrecciate con maestria in cui Barrett dimostra ancora di più – dosando «parole di zucchero filato», scene esilaranti e scoppi di indicibile violenza – che l’arte del racconto può essere più esatta di quella del romanzo. E che oggi nessun paese al mondo ha una letteratura più feconda e vitale della Nigeria, nazione inquieta, sempre in bilico tra tecnologia e tradizione, dove l’amore è potere. O almeno gli somiglia molto.

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Una escursione fatta al Sacro Monte di Viggiano, alla chiesetta mistica della Madonna Nera, è legato ad “Avviso ai naviganti” di Annie Proulx. Tornato da poco in libreria con Minimum Fax, dopo quasi vent’anni dalla sua pubblicazione, il capolavoro di Annie Proulx è un romanzo carico di umorismo ed empatia, e una delle poche opere nella storia della narrativa americana ad aver ottenuto i due premi letterari più importanti degli Stati Uniti: il Pulitzer e il National Book Award. Quoyle vive a Brooklyn, sbarca il lunario facendo il giornalista, ha una moglie e due figlie. Una vita come tante, tra piccole gioie e grandi frustrazioni: finché, un giorno, viene licenziato dal quotidiano per cui lavora e, tornato a casa, trova ad attenderlo la babysitter con un messaggio da parte di sua moglie: ha deciso di abbandonarlo definitivamente per fuggire con un amante. Si ritrova così da solo, senza soldi e con due figlie da mantenere. Chiunque, davanti a due catastrofi di questa portata, si lascerebbe andare, tanto più se, come Quoyle, ha sempre vissuto di piccoli e grandi compromessi. E invece accade l’inverosimile. Ribellandosi a un destino che sembrerebbe già scritto, e facendo appello a un coraggio che ignorava di avere, prende il primo traghetto per Terranova insieme alle figlie e a un’attempata zia e va a stabilirsi in un villaggio coperto di neve quasi tutto l’anno, ai confini del mondo. Un luogo aspro ed estremo, permeato da legami antichissimi e oscure superstizioni, che si trasforma nell’ultima occasione per ritrovarsi, e impossessarsi, forse per la prima volta, della sua vita.

Annie Proulx nata nel 1935 nata a Norwich, Connecticut, è considerata, insieme a Joyce Carol Oates, la più grande scrittrice americana vivente. Tra le sue opere più significative, oltre ad “Avviso ai naviganti”, vanno ricordati i romanzi “Cartoline” e “I crimini della fisarmonica” e la raccolta di racconti “Gente del Wyoming”, che Minimum fax riproporrà e che include quel «Brokeback Mountain» dal quale Ang Lee ha tratto l’omonimo e celebre film. Anche “Avviso ai naviganti” è stato trasposto per il cinema, da Lasse Hallström, con Kevin Spacey nel ruolo di Quoyle.

“Una frase, un rigo appena” di Manuel Puig, edizioni Sur, è
il delicato, feroce e commovente romanzo che ho sfogliato durante la gita sulla Costiera Amalfitana e a Positano. Juan Carlos Etchepare è un uomo bellissimo. Intorno a questo dongiovanni di provincia, da tempo marchiato dalla tisi, si intrecciano le vicende di un universo femminile che frequenta i cinema, ascolta gli sceneggiati radiofonici e le canzonette alla moda nel tentativo di trovare quella stessa musica nella vita reale. C’è Nené, la fidanzata tradita; Mabel, l’amante ricca e libertina; la vedova Di Carlo – pronta a rompere ogni convenzione sociale pur di stare accanto all’uomo che desidera; e Celina, la sorella di Juan Carlos, ormai considerata da tutti una zitella facile.

Pubblicato per la prima volta nel 1969 e qui riproposto nella traduzione di un grande ispanista come Angelo Morino, “Una frase, un rigo appena” è una rivisitazione letteraria del classico feuilleton; un romanzo in cui Manuel Puig fa quello che sa fare meglio: registrare frammenti di vita che tendono a passare inosservati – conversazioni private, album fotografici, verbali di polizia, lettere e diari –, raccontando la provincia argentina degli anni Trenta, con le sue ipocrisie e le sue contraddizioni, e regalandoci al tempo stesso una storia dal sapore universale.

Pompei con gli scavi archeologici sarà per me per sempre associato al protagonista del nuovo romanzo di Richard Brautigan, “Sognando Babilonia”, fresco di pubblicazione per Minimum fax . Un investigatore privato fallito e squattrinato che passa la vita a sognare ad occhi aperti Babilonia, un mondo parallelo in cui le cose sono più cool. Un caso reale, che può svoltargli la vita, però strapperà C.Card al mondo dei sogni, portandolo, nell’arco di una giornata, ad affrontare una serie di avventure rocambolesche. C. Card, perennemente a corto di quattrini, a caccia di prestiti ma anche di un’arma e dei proiettili con cui caricarla, ha per giunta la perniciosa tendenza ad abbandonarsi a un sogno a occhi aperti, così ricorrente da diventare quasi una vita parallela. In questo sogno, Card si ritrova nella Babilonia di Nabucodonosor, dove, naturalmente, è il re degli investigatori privati, e risolve i casi più complessi con facilità irrisoria. Questo sistema di vita, pigro e sognante, viene sconvolto dall’entrata in scena della più classica dark lady da film noir: una cliente piena di soldi, una sventola dagli occhi azzurri che gli propone di trafugare dall’obitorio un cadavere che scotta. Brautigan rende omaggio all’hard boiled e al noir americano degli anni Trenta e Quaranta, ma lo fa ovviamente a modo suo, alternando con miracoloso equilibrio la parodia più scatenata e l’elogio della marginalità e della timida follia sul quale ha costruito la sua fama di scrittore.
Richard Brautigan, morto suicida a soli quarantanove anni, è stato un’icona del movimento hippie. Tra i suoi libri più famosi, oltre ad “American Dust”, vanno segnalati “Il generale immaginario”, “Pesca alla trota in America”, “102 racconti zen”.

La Certosa di Padula è il grande scrittore uruguayano Mario Levrero,entrato nella collana di classici moderni di il Basilisco della casa editrice La Nuova Frontiera con il romanzo “Lascia fare a me”.
Il volume è accompagnato da una bellissima introduzione di un grande cultore dello scrittore uruguayano, Luciano Funetta. La traduzione dallo spagnolo è di Elisa Tramontin. Mario Levrero (Montevideo 1940 – 2004) ha scritto racconti, saggi e una decina di romanzi. Prima di diventare un autore di culto e punto di riferimento per molti scrittori latinoamericani, Levrero ha svolto i mestieri più disparati tra cui il fotografo, il libraio, il direttore di riviste di enigmistica e lo sceneggiatore di fumetti. In Italia sono già stati pubblicati “Il romanzo luminoso” e “Nick Carter si diverte mentre il lettore viene assassinato e io agonizzo”, entrambi da Calabuig. Un manoscritto straordinario arriva in casa editrice. La redazione rimane incantata da quelle pagine magistrali e l’editore decide di inviarlo a una fondazione svedese. Anche loro concordano: è un capolavoro e va pubblicato subito. C’è solo un particolare che rimanda il lieto fine di questa fiaba letteraria. Il romanzo non è firmato e sulla busta non c’è il mittente. L’unico indizio è il timbro apposto dall’ufficio postale di Penuria, un paesino dell’entroterra uruguayano. Entra così in scena il protagonista di “Lascia fare a me”, uno scrittore squattrinato al quale l’editore affida la delicata missione di rintracciare il misterioso autore in cambio di una lauta ricompensa. Ritmo vertiginoso, situazioni kafkiane e dialoghi all’altezza del miglior Woody Allen sono gli ingredienti di Lascia fare a me, uno dei libri più divertenti di un narratore inclassificabile e “raro” come Levrero.
E infine Sarconi e la sua Sagra dei Fagioli e le stradine strette del centro storico e il mio amico del liceo Raffaele Rotondaro e sua moglie Donatella sono il libro di François Weyergans dal titolo “La demenza del pugile”, romanzo vincitore del Prix Renaudot, nella traduzione di Maria Baiocchi, edito da L’Orma.
Melchior Marmont è vecchio, la sua rubrica è piena di amici celebri – da Chaplin a Griffith, da Wells a Hitchcock – ormai morti. Solo lui resta in piedi, incassando o schivando i colpi della vita come un pugile suonato contro quell’avversario invincibile che è il tempo, imprigionato in migliaia di souvenir, esorcizzato in una fuga infinita su un ring vasto quanto l’intero pianeta. Melchior è un produttore che ormai lavora troppo per la televisione e troppo poco per il cinema, e ha deciso di colmare il suo debito di riconoscenza con la settima arte portando a compimento il suo tardivo esordio alla regia, “La demenza del pugile”, film citazionista e visionario come le pagine di questo romanzo. Incontenibile adolescente di ottantadue anni, allegro naufrago del Novecento, Melchior affastella progetti, fa e disfa testamenti, ossessionato dal tarlo di lasciare una qualche traccia di sé. E non getta la spugna neanche quando torna a visitare l’antica dimora tra le solitarie montagne del Borbonese in cui ha trascorso le luminose estati dell’infanzia e in cui, come in una sala di montaggio, ora ripercorre ogni fotogramma della sua esistenza tra appassionate malinconie e invettive sulfuree. Mentre gli amori scomparsi e i fantasmi del passato si addensano in un’allucinata nebbia di ricordi, questo protagonista sardonico e straripante ci coinvolge in un’indomita resa dei conti dando del tu alle paure e alle speranze di tutti.

zzzIn tutto questo vagare tra posti e soprattutto facce la presenza costante dall’inizio alla fine delle mie vacanze è stato Leonardo, il mio nipotino undicenne. Tra le tante tappe fatte ho voluto portarlo a visitare Teggiano, il paese di Giuditta, la tenutaria di questo blog. Il libro associato a questo magnifico paesino del Vallo di Diano è “Larchfield” di Polly Clark. L’essenza della poesia e dell’amore in questo libro edito da Atlantide e per la prima volta pubblicato in Italia nella raffinata traduzione di Federica Bigotti.
Dora e Wystan sono due persone che non appartengono. Due outsider che cercano a fatica il proprio posto nel mondo. Dora è una giovane scrittrice che ha abbandonato la carriera universitaria a Londra per occuparsi della bambina che sta per nascerle, Wystan è il poeta W.H. Auden, qui colto subito dopo gli studi a Oxford. Un grande romanzo, toccante e visionario al tempo stesso sul coraggio di essere se stessi. E di affrontare, nonostante tutto, la propria verità.Capitoli veloci, ciascuno dei quali intitolato in maniera bizzarra e accattivante, scrittura fluida, risate e divertimento a ogni pagina fino al finale disincantato. Un noir molto particolare per alcune buone ore di evasione.
Antonio VenaI L  C A L A B R O N E  ANTONIO VENA

Ronzando nella foresta dei libri consigliati dai librai della nobiltà libresca mi imbattei in un animale che sfidava il senso comune. In copertina una cerva e le sue corna staglianti e poi il titolo “Maestoso è l’abbandono”. Ho ovviamente pensato a quale bolla di pensiero analogico potrebbe essere così densa e impenetrabile per porgere corna e abbandono allo stesso sguardo ronzante e poi non aspettarsi grasse risate. Tra gli umani leggenti si dice, ma non si pensa, che un libro non vada giudicato dalla copertina quindi ho aperto e studiato secondo i migliori insegnamenti degli editor: qualche pagina iniziale e poi saltellare. Galassie ansimanti e pezzettini preziosissimi per tirar su di tono una vicenda dall’irrilevanza umanissima. Andando avanti nella lettura, quasi dimentico di corna e bolle, ecco giungere un altro mistero. Cito: “Eravamo troppo liberi, comunisti, disinvolti, aleggiava per casa un’atmosfera sensuale che mi faceva spesso ammalare di tonsillite”.
IMG_20180902_110731Gli insetti lettori magari saranno curiosi delle pratiche social-atmosferiche dell’animale comunista sembra così debilitanti per il sistema immunitario. Altri potrebbero essere interessati a una metafora banalissima strizzata verso massimi sistemi che non esistono. Per tutti gli altri, quelli che ridacchiano alle corna e cercano prosa e tema interessante in un romanzo alla peggio c’è Sebastiano Vassalli e il suo De l’Infinito. Sempre Hacca.

Lo Zainaccio e il Calabrone