Questa estate ho scritto tre articoli per “Roma Cronache Lucane“, gentilmente ospitata da Leonardo Pisani. Ho cercato di coniugare tre elementi: quello cromatico, il territorio lucano e un libro di recente in libreria.

Vi ripropongo il primo dedicato al Giallo.

 

 

GIALLOIl colore giallo in Italia identifica un genere letterario specifico: il poliziesco.

Cosa risaputa: essendo il giallo uno dei generi più amati dai lettori e di più successo. Il riferimento del colore è da attribuire alle copertine gialle della collana di romanzi polizieschi che la Mondadori cominciò a dare alle stampe a partire dall’estate del 1929, e che si aggiunse alle tre collane che fino a quel momento costituivano il catalogo della casa editrice: l’azzurro per la narrativa italiana, il verde per i romanzi storici, il nero per le storie tragiche.

Ma chi fu a creare l’equazione tra il colore giallo delle copertine e il genere letterario?

Lo svela come un esperto detective filologico, Biagio Russo, saggista e direttore della Fondazione Leonardo Sinisgalli, in  Il “Giallo Sinisgalli” tra Andrea Camilleri e Arnoldo Mondadori, apparso sulla rivista Appennino, n.6, anno III, dicembre 2017, pp. 52-65.

Come ci ricorda Camilleri, il primo a chiamare “gialli” quei libri, traslando il colore della copertina nel significato di “narrativa poliziesca” (altre collane non videro l’equazione colore = genere) e ad aggiungere addirittura il termine “romanzi”, fu Leonardo Sinisgalli. In fondo la sensibilità poetica e quel gusto per l’analogia e la metonimia, che avrebbe esaltato anche nel campo pubblicitario, nel suo lungo rapporto con le grandi aziende (Olivetti, Pirelli, Finmeccanica, Eni, Alitalia, Alfa Romeo), lo portò a sintetizzare l’elemento percettivo e sensoriale con il particolare contenuto dei quattro volumi che lesse e che decise di recensire.

Il merito di Sinisgalli, continua nel saggio Biagio Russo, non è solo quello di aver definito un genere letterario, ma anche aver espresso, tra i primi, valutazioni positive sul genere poliziesco, mentre la maggior parte dei critici e letterati, lo considerava paraletteratura. Un giudizio di valore di cui il genere paga ancor oggi le conseguenze, se per esempio consideriamo che nessuno scrittore giallo tout court, a partire dal Maestro italiano del genere, Andrea Camilleri, ha mai vinto il Premio Strega.

Il metodo CatalottiClassico vivente all’interno del genere giallo, Camilleri è da poco ritornato in libreria con una nuova avventura del commissario Montalbano: “Il metodo Catalanotti”, sempre per Sellerio, in cui sembra condensare tutte le sue passioni, letterarie e civili.

Classico come la madre del giallo, Agatha Christie, e i suoi due protagonisti per eccellenza: Miss Marple e Hercule Poirot. L’estate potrebbe essere il momento più indicato per riprendere in mano uno dei suoi tanti romanzi, come il raffinato “Assassinio sull’Orient Express”, o di porre il geniale “Dieci piccoli indiani” nelle mani di un giovane lettore che ancora non conosce la signora in giallo.

Penelope Poirot, protagonista di tre romanzi usciti per la casa editrice Marcos y Marcos, nata dall’ironica inventiva di Becky Sharp, pseudonimo che rimanda al capolavoro di Thackeray, “La fiera delle vanità”, è la pronipote del famosissimo detective belga, che come ricorda la scrittrice Igiaba Scego su Illibraio.it era un rifugiato, come i tanti belgi che si affollarono in Inghilterra durante la prima guerra mondiale simile ai siriani, gli afghani, gli eritrei della nostra contemporaneità.

Penelope Poirot cambia mestiere in ogni romanzo, uno dei tratti eccentrici e lunatici del suo carattere. Famigerata e famosa critica gastronomica in “Penelope Poirot fa la cosa giusta”, in “Penelope Poirot e il male inglese”  si è trasformata in una tuttologa, acclamata firma del mondo giornalistico, dopo aver scritto la sua autobiografica “Una nipote” divenuto successo strepitoso con un mirabolante numero di copie vendute, per poi giungere in “Penelope Poirot e l’ora blu” alla vocazione di scrittrice di aforismi. In coppia perfetta con la segretaria Velma Hamilton: ingenua, timida, protetta dai nonni durante la crescita e quindi poco avvezza alle cose del mondo, che rappresenta la parte più timida e discreta di ciascuno. Nei tre romanzi attraversiamo l’Italia “all’inglese”: una villa in Toscana con “Penelope Poirot fa la cosa giusta”; Portofino dove Penelope ha trascorso parte della sua giovinezza con “Penelope Poirot e il male inglese” e infine Corterossa, uno sperduto paesino lacustre, dove sono nati i nonni di Velma, e dove lei stessa ha trascorso le vacanze estive della sua infanzia.

Becky Sharp

Sarà il cognome importante, ma in ciascun luogo Penelope si trova alle prese con un delitto, che ogni volta si illude di poter risolvere, tanto che in “Penelope Poirot e l’ora blu” nasce implicita una domanda: non è che la presenza di Penelope sia voluta dall’assassino?

I romanzi presentano una narrazione bipartita affidata nella prima parte a Velma, nella seconda a Penelope. Nel variare la voce, cambia anche il tipo di ironia: più mordace quella di Penelope, più acuta quella di Velma; e muta anche lo sguardo che è lo strumento principe dell’ironia, più attento quello di Velma più superficiale quello di Penelope.

Per tutta la narrazione, in ogni romanzo, sono presenti delle parti in corsivo, in cui si abbandona l’ironia e si inspessisce l’introspezione, che diviene più varia e complessa di quella palleggiata tra Velma e Penelope.

Becky Sharp
Becky Sharp

I gialli di Becky Sharp posseggono un’ironia sorniona e intrigante e la leggerezza di una scrittura fluida, intrisi e impastati di letteratura con grande consapevolezza e dedizione, in un composito gioco narrativo. Tutti e tre i romanzi nascono da una chiara, lucida, raffinata volontà letteraria, e la felicità di Becky Sharp è di rendere questo disegno brillante, giocoso, piacevolissimo. I tre romanzi dedicati a Penelope Poirot non si leggono nella smania di svelare il colpevole e scoprire l’assassino. Bisogna lasciarsi contagiare dall’atmosfera, che la scrittrice riesce sempre a rendere così impalpabile e incisiva nello stesso tempo; godersi le reazioni e gli atteggiamenti di Penelope, sorridendo, senza farsene avvedere, perché la signora è molto permalosa; prendere le parti ora dell’uno ora dell’altro personaggio e infine parteggiare spudoratamente per Velma Hamilton, che è emotivamente più vicina al lettore, concedendosi note di nostalgia e malinconia, dovute alla sua oscura storia familiare, che la scrittrice non svela neppure in questo ultimo romanzo ambientato nei luoghi dell’infanzia.

I colori dell’estate: il Giallo